La relazione integrale


La relazione integrale

Il profilo di un nuovo sviluppo dell’agroalimentare siciliano è rappresentato dalla capacità di accettare e vincere la sfida lanciata dalla nuova frontiera

 della qualità,della sicurezza alimentare,della conquista dei mercati europei ed extracomunitari, dalla capacità di produrre rispettando l’ambiente

Produrre per il mercato sotto casa, oppure una produzione senza sbocchi nella commercializzazione e nella

 trasformazione significa  fare i conti con settori in crisi e vivere solamente di assistenza.

L’obiettivo che la Flai CGIL si pone con l’iniziativa odierna è ambizioso, vogliamo fare un salto di qualità nell’

 azione del nostro sindacato puntando decisamente su un agroalimentare di qualità come risorsa per un nuovo

 sviluppo ecocompatibile della nostra isola.

Si tratta di cogliere tutte le potenzialità esistenti in questo importante segmento produttivo mettendo a punto

 una strategia che si ponga l’obiettivo di creare occupazione, tutelare l’ambiente, difendere gli interessi dei consumatori,innovare e modernizzare le imprese del settore.

Obiettivo ambizioso ma non impossibile, infatti non esiste Paese al mondo che possa vantare, come l’Italia, una

 tale varietà di gamma e di calendari nelle produzioni agricole e una tale ricchezza di produzioni tipiche e di alta qualità.

Esistono altri sistemi agricoli che possono vantare condizioni climatiche forse anche più favorevoli, ma sono privi della ricchezza della tipicità.

Il sistema agroalimentare italiano è potenzialmente il più importante sistema agroalimentare di qualità nel mondo.

Esistono tutte le condizioni di base quindi per impostare una strategia che veda in questo obiettivo un traguardo raggiungibile.

In questo panorama, forse non tutti sanno, che l’agricoltura siciliana è al secondo posto per valore aggiunto ai prezzi di base dopo la Lombardia, con circa 5600 miliardi, mentre l’industria alimentare siciliana per produzione, commercializzazione e trasformazione è al sesto posto.

Questo scarto la dice lunga su quanto ci sia ancora da fare per una vera politica di filiera, ma al tempo stesso ci dice che grandi sono le potenzialità.

Settori dove la Sicilia è competitiva sono quello: vitivinicolo, olivicolo, floricolo, vivaistico, ittico, ortofrutticolo,

 zootecnico, lattiero caseario.

38.000 sono le aziende agricole in cui lavorano 160.000 addetti di cui solo 2000 sono operai a tempo

 indeterminato.

Le aziende alimentari compresa la pesca sono 2.400 e danno lavoro a 16.000 addetti.

Una presenza diffusa nel territorio che spiega da sola il fatto che la Sicilia guidi la classifica nazionale con ben 24

 patti territoriali agricoli e della pesca per un investimento complessivo di 1327 miliardi di cui 900 a carico dello

 Stato.

L’agricoltura siciliana, in particolare il settore vitivinicolo, assieme all’industria elettronica e alla telefonia registra

 in questi ultimi tempi il maggior dinamismo soprattutto sul versante della innovazione, nonostante il gap che

 affligge la ricerca nella nostra isola.

 Ma non è tutto oro quello che luccica, ci sono anche le contraddizioni!

Restando con i piedi per terra si può dire che l’agroindustria è la metafora dello sviluppo siciliano dove convivono

 innovazioni e arretratezza, produttività e assistenzialismo, futuro e passato, lavoro tutelato e lavoro sommerso,

 punti di eccellenza e precariato.

C’è ampio spazio,quindi, per una qualità nuova dell’iniziativa sindacale, per questo parliamo dell’agroindustria

 come risorsa per un nuovo sviluppo della Sicilia.

 Non si tratta di inventare un modello di sviluppo,di scrivere l’ennesimo libro dei sogni,ma semplicemente di

 guardarsi attorno,analizzare le numerose iniziative che nascono e crescono contraddicendo il muro del pianto

 delle organizzazioni datoriali che solo qualche settimana fa hanno inscenato  l’ennesima

su rivendicazioni assistenziali.

 Per il sindacato si tratta di capire che è necessario uscire dalle piccole certezze quotidiane, riprendere il gusto di

 fare sindacato ,di sapere leggere le ansie,le aspettative,le aspirazioni che stanno dietro quelle migliaia di ds

 agricole che le nostre strutture compilano ogni anno con pazienza  certosina.

Dietro quelle pratiche ci sono uomini e donne che chiedono al nostro sindacato qualche cosa in

 più dell’assistenza e proprio loro sono il filo rosso che ci consente,ripercorrendo all’indietro la

 loro strada di trovare le aziende,le fabbriche gli stimoli per mettere in piedi una politica di sviluppo.

Per troppo tempo ci siamo fatti rinchiudere nell’angolo delle cose sicure come la forestale o quei settori piu’ garantiti, categorie di lavoratori importanti

 ,ma che  pur sempre sono solo un pezzo del complesso mondo dell’agroalimentare.

Siamo il sindacato dell’occupazione delle terre e della riforma agraria,siamo il sindacato che intreccia la tutela degli interessi dei lavoratori con gli

 interessi più generali del Paese.

Abbiamo lasciato troppo spazio alle organizzazioni dei datori di lavoro, siamo assenti dai tavoli concertativi e dai tavoli verdi;nel migliore dei casi

 stiamo dentro i limiti angusti delle politiche contrattuali  che per il sindacalismo confederale non sono certo  l’unico terreno di confronto.

Lavoratori,consumatori,forze dell’ambientalismo sono nostri naturali interlocutori e alleati.

Bene ha fatto Franco Chiriaco a presentare alla segreteria confederale il progetto che fa della Flai il sindacato del

 territorio che vuole essere attore dello sviluppo sostenibile che fa della sicurezza alimentare,della difesa del

 suolo,dello sviluppo rurale,punti strategici della propria iniziativa,che individua nell’uso delle acque,nei rifiuti,

 nelle fonti energetiche,nella certificazione di qualità ambiti nei quali misurare le proprie proposte con quelle di

 altri soggetti a partire dagli stessi sindacati di categoria che si occupano della stessa materia.                                            

Attorno a quale tema fondare in Sicilia la nostra strategia?

La qualità come strumento dello sviluppo civile e moderno e come presidio dell’ambiente.

 I consumatori sono sensibilissimi a questo tema.

 Le vicende economiche mondiali possono fare lievitare il prezzo della benzina, il consumatore borbotterà, ma

 continuerà a fare il pieno nel proprio autoveicolo.

Se invece i meccanismi malati della produzione generano mostri come la mucca pazza, la reazione immediata dei

 consumatori è lo stop all’acquisto delle carni.

 In questa reazione non c’è solo isteria ma anche la richiesta forte di qualità e sicurezza alimentare, le due cose

 vanno sempre assieme.

 La qualità che è la caratteristica della nostra agricoltura è alla base della sicurezza alimentare.

Il tema della sicurezza alimentare è ormai all’ordine del giorno e non può più essere eluso.

La mucca pazza e lo scandalo dei mangimi alla diossina hanno turbato profondamente l’opinione pubblica

 Europea, hanno prodotto reazioni e paure alle quali i governi non hanno saputo dare risposte rassicuranti non per

 cattiva volontà politica ma soprattutto perché non sono in grado di contrastare in modo adeguato simili emergenze.

 Ciò è drammatico e angosciante!

Salutiamo positivamente la decisione assunta dalla Commissione europea di andare, entro il 2002, alla istituzione di una Autorità alimentare europea indipendente.

 A questa autorità saranno affidati compiti fondamentali che vanno dal parere scientifico su tutti gli aspetti

 relativi alla sicurezza alimentare, alla gestione di sistemi di allarme rapido, alla comunicazione e al dialogo con i

 consumatori in materia di sicurezza alimentare e di questioni sanitarie, e alla realizzazione di reti con le agenzie nazionali e agli organismi scientifici.

L’istituzione di un’Autorità indipendente dovrà essere accompagnata da tutta una serie di altre misure per

 migliorare e rendere coerente il corpus della legislazione concernente tutti gli aspetti dei prodotti alimentari “dai campi alla tavola”.

La Commissione ha già identificato numerose misure necessarie per migliorare gli standards di sicurezza alimentare.

 Il  libro bianco sulla sicurezza alimentare delinea più di 80 diverse azioni contemplate per i prossimi anni

 Un elemento importante sarà dato dalla capacità di prendere misure di salvaguardia rapide ed  efficaci onde

 rispondere ad emergenze sanitarie che si manifestano in qualsiasi punto della catena alimentare.

Nello stesso tempo i consumatori devono essere tenuti meglio informati delle nuove preoccupazioni in materie di misure di sicurezza alimentare e dei rischi che certi alimenti particolari presentano per determinati gruppi di persone.

I consumatori hanno il diritto di attendersi informazioni sulla qualità degli alimenti e sui loro ingredienti e tale

 informazione deve essere utile e presentata in modo chiaro in modo da consentire scelte consapevoli.

Dare una risposta positiva al tema della sicurezza alimentare significa introdurre dei vincoli che avranno

 conseguenze sia nel modo di produrre che in quello della trasformazione e della commercializzazione.

 E’ un fatto importante che a Nizza sulla sicurezza alimentare si sia raggiunto rapidamente l’accordo tra i paesi della Comunità.

La Sicilia non ha nulla da temere da una politica che vuole mettere sotto controllo l’intera catena alimentare.

D’altra parte la nostra regione già fin da ora è una delle maggiori produttrici di agricoltura biologica.

 In Sicilia, al netto di quella componente di questa agricoltura, funzionale solamente ad avere gli incentivi

 pubblici, e che nella buona sostanza è agricoltura biologica falsa, si è allargata la platea dei coltivatori,che

 spesso sono giovani,molti dei quali laureati in agraria, veramente interessati a queste tipologie produttive.

 La Flai  li considera propri interlocutori e presto metterà a punto una iniziativa per valutare le potenzialità economiche e le problematiche di questa branca dell’agricoltura.

In questo quadro è necessario rivedere le modalità d’uso dei fitofarmaci,degli antiparassitari e dei diserbanti

 arrivando alla diminuzione della loro somministrazione ed eventualmente alla loro eliminazione.

 Ma i vincoli sulla sicurezza sono in primo luogo una sollecitazione forte alla ricerca scientifica e alla sua

 applicazione per un’agricoltura sana e di qualità.

La nostra, così come dice il libro bianco della UE sulla sicurezza alimentare, deve essere la politica “dai campi alla

 tavola”, una politica che copra tutti i settori della catena alimentare, compresa la produzione dei mangimi, la

 produzione primaria,la lavorazione degli alimenti, l’immagazzinamento,la logistica, il trasporto e la vendita al dettaglio.

L’istituzione di un’Autorità alimentare europea indipendente entro il 2002, sarà accompagnata da una serie di

 misure e di vincoli, che sicuramente introdurranno anche dei correttivi di qualità alla nostra agroindustria.

 Non bisogna mai dimenticare che la Comunità è il più grande importatore/esportatore di prodotti alimentari al mondo!

La qualità quindi come fattore che risponde alle aspettative dei consumatori e non solamente dei più attenti.

Ci dirà Carlo Petrini, che si intende di gusto e di buona cucina se questa è una carta vincente.

Ma al tempo stesso la qualità come mezzo di penetrazione nel mercato globale.

Negli ultimi due decenni l’Italia ha fatto enormi progressi sull’immagine che proietta sul resto del mondo; la

 favorevole immagine  del “made in Italy” ha consolidato una diffusa accettazione di modelli di consumo alimentare legati alla “dieta mediterranea”.

Le produzioni agroalimentari siciliane sono tipiche produzioni da  dieta mediterranea.

Anche per questo esprimiamo riserve sul modo con cui si vogliono imporre le biotecnologie in agricoltura.

La bioingegneria come qualsiasi altra scienza non è né buona né cattiva. dipende dall’uso che ne fa l’uomo.

 Se controllata e utilizzata in modo etico può anche contribuire a risolvere grandi problemi.

Le biotecnologie esistono da oltre un secolo, ufficialmente la loro data di nascita può risalire al 1857 quando

 Louis Pasteur spiegò i meccanismi di lievitazione e   di fermentazione,ciò che ci preoccupa maggiormente è l’uso che se ne vuole fare in agricoltura.

Come l’impiego delle sementi transgeniche che inducono una dipendenza funzionale verso le imprese titolari dei

 brevetti e tendono ad appiattire le differenze qualitative dei prodotti agricoli verso standard predefiniti.

Sul tema degli Organismi Geneticamente Modificati bisogna fare chiarezza anche al nostro interno.

Le modalità con le quali alcune multinazionali,supportate dai propri centri di ricerca o da istituzioni pubbliche

 compiacenti,hanno introdotto le biotecnologie nel settore agroalimentare impongono una seria riflessione sui

 termini effettivi dl dibattito in corso sugli organismi geneticamente modificati(OGM).

E’ in atto una strategia di innovazione tecnologica in campo agroalimentare che,al di la di ogni possibile controllo

 dei governi eletti democraticamente,punta a colonizzare,con lo strumento delle biotecnologie,interi comparti di

 produzione agricola dei paesi in via di sviluppo.

La diffusione di queste tecnologie,invece di favorire lo sviluppo di questi paesi con il pieno utilizzo delle risorse

 locali,tramite la fornitura di sementi OGM,ha creato o sta creando nuove dipendenze e gravi rischi di impatto

 ambientali  sulla “biodiversita’”che è una delle ricchezze della Terra.

Si profila la possibilità di una marcata supremazia di alcuni grandi gruppi a scapito di un settore economico

 primario come l’agricoltura e il sistema alimentare nel suo complesso,con il fine di produrre profitti senza alcuna

 responsabilità in ordine agli impatti su sistemi ecologici,economici,etico-

morali,antropologici,sanitari,determinando inoltre un salto di qualità in negativo per quanto attiene alla

 standardizzazione ed omologazione dei processi produttivi,con ricadute deleterie sulla qualità del lavoro.

Crediamo che in un settore come quello delle biotecnologie la ricerca debba procedere secondo il “principio di

 precauzione”,poiché attualmente è molto difficile prevedere le innumerevoli variabili degli effetti delle

 modificazioni e delle ricadute sull’ambiente e sulla salute umana.

La sicurezza alimentare deve essere la priorità assoluta: riguarda,infatti,in primo luogo la salute dei

 consumatori,ma può anche,per il nostro paese soprattutto, rappresentare un importante elemento di convenienza economica.

I vincoli della moratoria,basati proprio sul principio di precauzione,e le regole che riguardano l’informazione ai

 consumatori e ai cittadini non sono un elemento di freno alla ricerca,ma possono diventare uno stimolo alla sua qualificazione.

Abbiamo appreso, a spese di tutti, che l’applicazione acritica delle conoscenze derivanti dalle ricerche scientifiche,

 può produrre disastri irreversibili.

 Non è quindi possibile prescindere dalla valutazione del rapporto che esiste, anche in questo campo, tra ricerca

  di base e il suo trasferimento nei processi produttivi.

E’ necessario invece che, prima di utilizzare su scala di massa i risultati delle ricerche scientifiche, si tenga conto

del rapporto tra democrazia e valutazione trasparente degli impatti  sociali, economici e ambientali derivanti dalla

diffusione degli OGM in campo agroalimentare.

Solo in questo quadro può essere definito lo sviluppo di una società che valorizza anche il senso etico della

ricerca scientifica , controllata e sperimentata sulla base del “principio di precauzione”.

 Non si può invece dare spazio a qualsiasi deregolamentazione  in un settore strategico per la vita delle popolazioni.

 

Garantire effetti standard di sicurezza significa sciogliere i troppi interrogativi ancora senza risposta nel campo

della sperimentazione biotecnologica, soprattutto in quello della diffusione delle biotecnologie nella produzione alimentare.

 A nostro parere non può che esserci una fermezza assoluta nell’interdire la sperimentazione di colture

transgeniche in pieno campo, che permette la diffusione non controllata di OGM, tramite l’ impollinazione e che

rappresenta un ulteriore e difficilmente controllabile rischio di contaminazione dei terreni.

Siamo invece convinti che vada rafforzato un modello di produzione basato sui prodotti tipici italiani, che colleghi

alla sicurezza, la qualità che può essere perseguita solo in un rapporto stretto tra ambiente ,  territorio e

tradizione , intesa in termini di trasferimento di conoscenze, competenze e procedure.

Si pone un problema di certificazione dell’innovazione biotecnologia e dei suoi effetti, che riguarda

esclusivamente la ricerca e che non deve implicare in alcun modo la diffusione delle biotecnologie nelle produzioni

alimentari, almeno fino a quando non saranno stati fatti tutti gli accertamenti necessari a garantire la sicurezza

alimentare.

 In ogni caso, una volta fatta questa scelta di campo e avendo chiarito che questo è il problema prioritario, esiste

anche un problema di informazione: è indispensabile e urgente risolvere in modo corretto il nodo rappresentato

dall’etichettatura, che deve essere chiara e completa, mentre attualmente sono omesse le informazioni sui

contenuti di OGM.

E’ per questi motivi che la Flai siciliana come quella emiliana,della quale abbiamo apprezzato il documento sugli

OGM, si riconosce, quindi, nella piattaforma presentata dalle associazioni non governative al convegno di Genova:

1.     il pieno rispetto dei diritti fondamentali alla salute, all’ambiente integro e all’informazione per il bene comune;

2.     la piena applicazione del principio di precauzione con bando del libero uso e rilascio nell’ambiente di

OGM sino a quando siano state studiate in modo approfondito le interazioni ecologiche e adeguate misure

di salvaguardia;

3.     una valutazione dell’impatto ambientale che contempli la valutazione  delle ricadute sull’agricoltura e

sugli habitat naturali e seminaturali dell’introduzione di organismi geneticamente modificati;

4.     l’aumento degli stanziamenti pubblici nel settore della ricerca pubblica di base e applicata per una

scienza meno a servizio dei privati e più rispondente all’interesse collettivo;

5.     una chiara etichettatura dei prodotti e la costituzione di un Osservatorio indipendente sulla commercializzazione dei prodotti;

6

.     le definizioni di norme di legge chiare, frutto di un dibattito pubblico e di una procedura partecipativa che

coinvolga anche le organizzazioni non governative;

7.     l’individuazione da parte dell’Unione Europea e dei singoli paesi di misure concrete di sostegno

economico e di produzione dell’agricoltura biologica e dei prodotti tipici, facenti parte della cultura materiale dei popoli;

8.     il riconoscimento in ambito internazionale del divieto di qualsiasi forma di brevetto delle forme di vita

esistenti e di loro parti quali patrimonio comune dell’umanità.

Non si tratta,quindi, di un’alternativa tra innovazione e oscurantismo, né di bloccare in una logica neo-luddista tutta la ricerca nel campo delle biotecnologie.

Nessuno mette in discussione la ricerca di base e applicata sulle biotecnologie.

Per la sicurezza alimentare la moratoria basata sul principio di cautela rispetto agli eventuali impatti sulla salute è ragionevole e doverosa.

Credo sia anche necessario  porsi la domanda se gli OGM siano utili per un’agricoltura tipicizzata come la nostra.

La risposta mi sembra scontata!

So di non essere stato esaustivo,ma sono convinto che queste tematiche sempre di più torneranno nel nostro

dibattito e ci sarà modo di sviluppare il confronto e di approfondire.

Anche per la Sicilia credo che sia utile concentrarsi su quello che gli analisti chiamano il grande paradosso: mentre la dieta mediterranea e la moda alimentare italiana avanzano nel mondo, l’agricoltura non riesce a costituirsi in sistema, stenta a raggiungere livelli sufficienti di organizzazione economica,

Il grande paradosso è rappresentato da un settore economico che potrebbe essere uno dei punti di forza di tutta

l’economia ma che sembra non avere la percezione delle sue potenzialità, piegato così  com’è su richieste

assistenziali.

La produzione e il consumo di alimenti è un fatto centrale di ogni società e ha ripercussioni economiche,sociali

e,in molti casi ambientali.

 Nel sistema agroalimentare del Mezzogiorno questa situazione appare ancora più esasperata: se da un lato la

specializzazione e la tipicizzazione avanzano con grande forza (basti pensare al grande spostamento al sud della

frutticoltura di alta qualità, allo sviluppo qualitativo della viticoltura), ancora fortissimi restano la vischiosità e i

ritardi organizzativi in altri comparti, penso ad esempio agli agrumi dell’area geografica che ci ospita.

I punti di debolezza del sistema sono dati dalla frammentazione fondiaria e dalla orografia del territorio.

Il fenomeno della ridotta superficie agricola media aziendale potrebbe essere superato da una efficiente rete

organizzativa tra imprese.

Le diseconomie non riguardano solo la produzione ma anche il commercio e ovviamente tutti i servizi che

mancando di una domanda aggregata si caratterizzano per scarse finalizzazioni, ripetitività e scarsa efficienza.

 Ciò vale anche per la promozione e la valorizzazione commerciale.

 Se fossero aggregati tutti i fondi pubblici per la promozione si raggiungerebbero dimensioni di cofinanziamento

tali da potere affrontare anche i mercati più difficili.

Tra i servizi meno efficienti i trasporti meritano un posto a parte trattandosi di inefficienze che si riflettono

direttamente sui costi e sulla competitività.

 E mentre dibattiamo sul ponte perdiamo di vista il fatto che fin dai tempi dei Fenici le isole si collegavano col

mondo con le navi e oggi anche con gli aeroplani!

Sarebbe utile chiedere allo Stato e alla Regione uno sforzo sinergico per l’internazionalizzazione del sistema non

solo per le fasi di commercializzazione ma anche di produzione assicurando alla Sicilia mezzi,strumenti,risorse

finanziarie per essere competitiva nel mercato globale.

Sarebbe ora di dotare l’isola di un grande centro agroalimentare.

 Ciò che fa Israele per gli agrumi, Francia, Olanda e Belgio per le ortive e i fiori.

Le politiche assistenziali che rivendicano le organizzazioni degli agricoltori condannano la Sicilia a essere mercato

di consumo e sono un ostacolo alla trasformazione in mercato di produzione che punta alle esportazioni.

 Sono pochi gli operatori che hanno tentato la strada dell’internazionalizzazione.

Agli agricoltori diciamo che il prodotto agroalimentare siciliano,il “sistema Sicilia” non può vincere la sua

scommessa nella competitività sui costi di produzione, può essere competitivo solo sui servizi incorporati ed in

particolare sulla carica “ipersimbolica” dei suoi  prodotti, considerata anch’essa come servizio.

Da una fase di orientamento al prodotto nella quale era determinante il fattore prezzo e quindi i costi di produzione si è passati ad un’era di orientamento al mercato.

 I fattori di successo sono oggi accanto al prezzo, la qualità del prodotto e la sua riconoscibilità ovvero il marchio.

Lavorare in questa direzione vuol dire tenere conto dell’orientamento della Commissione Europea di creare entro il

2010 una zona di libero scambio che comprenderà una quarantina di Paesi e un mercato di 600/800 milioni di

abitanti

 

 Significa cogliere l’occasione rappresentata dalla nuova centralità che il bacino del Mediterraneo riacquisterà dal

punto di vista geopolitico.

Il nostro obiettivo deve essere quello di fare della Sicilia la grande piattaforma specializzata europea per

l’agroalimentare mediterraneo intendendo con questo non solo la base logistica (porti, linee di navigazione,

trasporto intermodale, centri di lavorazione e stoccaggio, ecc.) ma anche la base dei servizi collegati al sistema

agro alimentare mediterraneo.

Nuovo sviluppo e’ quindi la trasformazione del nostro mercato da mercato di consumo a mercato di produzione e

di proiezione internazionale.

Nel prossimo mese di gennaio insedieremo il comitato scientifico della Flai siciliana,coinvolgeremo le tre

 

università,i centri di ricerca presenti in Sicilia e rilanceremo quel proficuo rapporto di collaborazione con gli

studiosi  che e’  da tempo patrimonio del nostro sindacato.

Con loro verificheremo la fattibilità dei nostri ragionamenti e metteremo a punto la nostra piattaforma.

Siamo fermamente convinti che gli ingredienti di un nuovo sviluppo siano tutti sotto i nostri occhi, e devo

confessare che mi stupisce quel deficit di interpretazione della societa’ e della realtà economica siciliana che

verifico intorno a noi .

In questi anni a fronte di una staticita’ dell’istituzione regionale, di una sua incapacita’ a dare risposte ai

numerosi problemi dell’isola,c’è stato un forte dinamismo dei comuni riformati che hanno cominciato  a porsi

l’esigenza dello sviluppo locale utilizzando,anche, quelle strumentazioni che il sindacato è riuscito a conquistare

con le proprie battaglie.

I patti territoriali fanno parte di questa strumentazione,in particolare per quel che ci riguarda,i patti territoriali

verdi che sono il frutto del decreto legislativo173/98,che ha esteso all’agricoltura gli strumenti della

programmazione negoziata.

Come ho già detto  il governo nazionale ha finanziato 91 patti territoriali agricoli e della pesca e di questi ben 24

sono stati stipulati in Sicilia.

 E’ un risultato importante, che segnala il dinamismo degli enti locali, di una imprenditoria che tenta di misurarsi

uscendo dalla nicchia della protezione politica, di un sindacato legato al territorio.

Un dinamismo che rivela una grande voglia di fare, di innovare, di rompere con il fatalismo siciliano,una voglia 

che è figlia di quella grande riscossa antimafia che ha caratterizzato gli anni 90.

 Le imprese agricole e  della pesca potranno utilizzare agevolazioni, consentite dall’U. E. fino a un massimo del

75% e potranno competere sui mercati interni ed internazionali.

Nel momento in cui si comincia a puntare a fattori produttivi del  territorio crediamo sia utile lanciare anche una

idea suggestiva che ha come obiettivo il recupero dei terreni abbandonati, incolti o malcoltivati,nell’isola sono

circa 500.000 ha.

 La Flai siciliana propone l’istituzione di una “banca della terra” rivolta a coloro che vogliono misurarsi con la

realtà agricola.

 Si tratta di organizzare una triangolazione, anche con il sostegno della legislazione regionale, tra chi possiede la

terra ma non la coltiva, chi vuole coltivare la terra ma non ha terreni e una banca o un sistema di banche che

garantiscono entrambi i soggetti.

Il meccanismo può funzionare perché il nostro sistema agroalimentare ha bisogno di terreni poco sfruttati o

sfruttati con razionalità specialmente in quelle tipologie produttive a pieno campo molto competitive, ortofrutta,

floricoltura, vivaistica, ecc.

Se siamo in grado di fissare le coordinate  della nostra iniziativa abbiamo la necessità di vedere con quali

strumenti possiamo concretizzare le nostre idee ,per evitare di fare buoni ragionamenti senza essere in grado poi

di realizzare fatti concreti dei quali abbiamo bisogno.

A parere della segreteria regionale Flai due sono le questiono,tra le altre, sulle quali misurarsi concretamente:

programmazione negoziata e contratti di riallineamento.

Patti territoriali,Agenda 2000,sviluppo rurale sono il terreno sul quale si gioca  nei prossimi 5 anni una delle

partite decisive che potrà determinare importanti inversioni di tendenza.

Il punto è se le risorse che arriveranno dovranno ancora una volta essere sacrificate sull’altare della crescita

senza sviluppo,oppure essere volano di un’azione che chiudendo col passato faccia della Sicilia una moderna e

sviluppata isola del Mediterraneo e dell’Europa.

Purtroppo se guardiamo alle scelte che il governo regionale porta avanti grande è la preoccupazione di rivedere

vecchie sceneggiate.

Si ha la sensazione che le risorse aggiuntive della programmazione negoziata si vogliano utilizzare per finanziare

la spesa corrente  e per far fronte al deficit di bilancio.

La legge approvata la settimana passata dall’ARS per i fondi su Agenda 2000,sembra un insieme di norme con le

quali la regione promette tutto a tutti.

Non credo che la Regione si muova nella direzione richiesta da Agenda 2000 quella di ridurre significativamente il

divario economico-sociale delle aree del Mezzogiorno in modo sostenibile.

Si ha la sensazioni che ci si muova furbescamente per sfuggire ai regimi vincolistici richiesti dall’UE,che a mio

parere più che un impedimento sono una occasione per una rigorosa politica di investimento di risorse pubbliche e

private per lo sviluppo.

Il seminario che terremo con i compagni del dipartimento programmazione negoziata della Cgil regionale,che

stanno facendo un ottimo lavoro,ci consentirà di affinare la nostra iniziativa e di mettere questo tema al centro

della mobilitazione che abbiamo proposto agli amici di Fisba e Uila.

Assieme ad Agenda 2000 ed ai Patti territoriali dobbiamo utilizzare l’altro strumento di programmazione che è il

Piano di sviluppo rurale della Sicilia.

Si tratta di interventi per 1085 miliardi di cui 813 a carico della Comunità,che serviranno per accompagnare la

nuova politica agricola comunitaria (PAC):agroambiente,forestazione,prepensionamento,ecc..

Sulla base delle richieste si potranno sviluppare azioni per agricoltura e zootecnia biologiche,la riduzione dei

fitofarmaci,la tutela dei paesaggi agrari,l’abbandono dei seminativi,la salvaguardia della fauna a rischio di estinzione.

La Flai non vuole essere spettatrice di questo confronto,faremo la nostra parte con la proposta,l’iniziativa,la

mobilitazione;ma ciò non è sufficiente.

 

Poniamo alla Confederazione la necessità della presenza del sindacato ai Tavoli Verdi dai quali siamo esclusi e

nei quali Cia ,Coldiretti,Confagricoltura,Associazioni cooperative fanno ciò che vogliono spesso con l’interlocutore

istituzionale che fa da sponda a richieste esclusivamente assistenziali.

L’altra grande questione è quella della dignità del lavoro dipendente che, in primo luogo,passa dall’applicazione

del contratto e nel caso del sommerso dai contratti di riallineamento.

E’ banale dirlo ma è necessario ribadirlo:la prestazione lavorativa deve essere regolata dal contratto di lavoro.

Al netto delle aziende alimentari ho già spiegato che nelle aziende agricole sono dichiarati solo 2000 operai a

tempo indeterminato(OTI),il resto sono braccianti e stagionali che lavorano saltuariamente per portare a casa un

mensile base  equivalente,mediamente, a 1.060.000 lire.

Nelle campagne siciliane c’e una questione salariale irrisolta!

C’è anche una grande questione di civiltà, di democrazia,di cultura:il riconoscimento del lavoro bracciantile.

Bene ha fatto la Flai di Catania a rompere ,su queste tematiche,il negoziato per il rinnovo del contratto integrativo provinciale.

Bene hanno fatto le strutture di categoria nazionale a protestare contro il governo che nel prevedere interventi

urgenti in materia di ammortizzatori sociali ha escluso i lavoratori stagionali e quelli agricoli dall’aumento al 40%

dell’indennità di disoccupazione.

“Tale provvedimento oltre a comportare una palese e ingiustificata discriminazione conferma la volontà

anacronistica di mantenere separati,sul piano dei diritti,i lavoratori agricoli per i quali invece sarebbe stato

necessario avviare nel contesto della riforma degli ammortizzatori sociali un’opera di riordino dei trattamenti di

disoccupazione agricola ordinaria e speciale”.

In Sicilia risultano stipulati 20.000 contratti di riallineamento:2/3 sono falsi!

I comitati provinciali INPS di Messina ed Enna hanno denunziato questa situazione insostenibile.

Abbiamo chiesto al nuovo presidente regionale INPS di attivarsi in questa direzione,abbiamo ricevuto risposta positiva.

Sono tre questioni diverse che la dicono lunga,appunto, sulla concezione, che c’è in giro,del valore della prestazione lavorativa in agricoltura!  

E’ necessaria un’azione sinergica di tutta l’organizzazione perché la lotta per l’applicazione dei contratti sia

intesa, oltre che lotta per un diritto, una questione di civiltà e di affermazione della legalità.

Ricorre fra pochi giorni il cinquantesimo anniversario della legge di riforma agraria,riforma della quale i dirigenti

sindacali che ci hanno preceduto sono stati protagonisti e grazie al loro impegno ,in Sicilia,la Cgil è nata come

organizzazione di massa presente su tutto il territorio,  la questione contadina è divenuta grande questione

nazionale.

La rottura del feudo è un passaggio fondamentale per la modernizzazione dell’isola.

Le parole d’ordine di quel movimento che fu chiamato “occupazione delle terre”risuonarono come rivendicazioni

utopistiche,ma gran parte di quelle  rivendicazioni divennero realizzazioni e possiamo oggi affermare che quei

contadini poveri e quei braccianti affamati scrissero una pagina della storia italiana.

A quella storia e a quella tradizione la Flai si richiama e a quella lezione di modernità si  ispira.

La nostra iniziativa si svolge in concomitanza di due importanti avvenimenti:il vertice ONU a Palermo contro la

criminalità, e il vertice di Nizza per delineare,ci auguriamo, il volto dell’Europa dei popoli.

Questi due  importantissimi avvenimenti  sicuramente non lasceranno le cose come stanno,ma determineranno

inversioni di tendenza la cui portata positiva e nelle mani di ciascuno di noi..

Anche questa nostra iniziativa vuole essere un contributo per cambiare le cose nell’interesse dei lavoratori.