SEMINARIO DELLA FLAI NAZIONALE


 

SEMINARIO DELLA FLAI NAZIONALE

“LA CONTRATTAZIONE DELLA SICUREZZA

ALIMENTARE – DEL LAVORO – DELL’AMBIENTE

 NEI SETTORI AGROALIMENTARI”.

ROMA 27 e 28 GIUGNO 2001

RELAZIONE DI

SALVATORE LO BALBO,

SEGRETARIO REGIONALE DELLA FLAI-CGIL DELLA SICILIA, SU:

LA CONTRATTAZIONE DELLA SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO

E’ opportuno, ad inizio di questa relazione, sottolineare ciò che lega questo seminario a quello da noi tenuto qualche mese fa sulla sicurezza alimentare, ed è altrettanto opportuno evidenziare che esso si tiene nell’ambito della iniziativa della CGIL che ha individuato il 2001 come anno della sicurezza nei luoghi di lavoro.  

L’attività di conoscenza, di analisi, di elaborazione è  indispensabile per un sindacato come il nostro che sulla sicurezza nei luoghi di lavoro deve recuperare un notevole ritardo.

Quindi facciamo bene ad organizzare questi momenti nazionali, tendenti ad unificare l’attività che si fa nei territori e nelle aziende e, nel contempo, ad alimentare un dibattito e una tensione politica che mette la nostra categoria nelle condizioni di trovare una propria identità politica.

 Non più, dunque, un sindacato per una categoria di “iurnatari”, come diciamo in Sicilia, cioè di lavoratori giornalieri, senza un futuro, senza una identità, senza l’applicazione di quei diritti e quelle regole che sono un dato certo per tutto il mondo del lavoro. Ma nemmeno un sindacato per un settore in continua ricerca delle calamità, delle integrazioni AIMA, del sostegno al reddito; né per un settore dove si vuole che esistano prevalentemente le piccole e piccolissime aziende che producono per il proprio focolare o al massimo per conferire il prodotto a strutture che senza l’intervento pubblico non vivrebbero nemmeno una giornata.

No. Oggi il sindacato, la FLAI, la CGIL, ma anche FAI e UILA devono fare i conti – malgrado tutto – con un comparto AGRO-ALIMENTARE-AMBIENTALE che produce prevalentemente per il mercato nazionale ed internazionale; che tende a produrre buoni prodotti; che asseconda e in alcuni casi orienta i gusti dei consumatori; che assieme al settore tessile-abbigliamento fa il made in Italy; che alimenta assieme con i beni culturali enormi flussi turistici; che sempre di più incide sulla prevenzione sanitaria e sul benessere psico-fisico di tutta la popolazione.

Lo spostamento dell’asse culturale, politico, economico, di identità mi sembra evidente: da un comparto definito prevalentemente marginale, specialmente al Sud, passiamo ad un comparto di mercato, che soddisfi le giuste richieste dei consumatori di avere una buona qualità dei cibi.

La consapevolezza di tutto ciò rende la FLAI del terzo millennio diversa dalla Federterra, dalla Federbraccianti e dalla Filziat. Tale consapevolezza, che si evolve in questi ambiti storici, senza abbandonare le origini, senza abbandonare il bracciante o l’alimentarista, deve essere in grado di dare rappresentanza al lavoratore agro-alimentare-ambientale, di dare contenuti ad una politica sindacale e contrattuale in grado di tutelare e migliorare le condizioni economiche dei lavoratori e di sicurezza nel lavoro. Ma deve essere in grado anche di tutelare e migliorare le condizioni dei consumatori e di incidere nelle scelte di una economia.

Non so se questo è un ragionamento giusto, completo; certamente ha bisogno di ulteriori approfondimenti, di correzioni, di un sostegno più di merito. La certezza, però, che ho maturato in questi mesi di positive discussioni interne alla FLAI e alla CGIL è quella che abbiamo bisogno di un forte colpo di reni per essere in grado di dare rappresentanza a centinaia di migliaia di lavoratori e impiegati nonché garanzie ai consumatori.

 

Le questioni che sono alla base del seminario di ieri e di oggi sono tasselli essenziali per tutto ciò.

Il tema che mi è stato assegnato, e per ciò ringrazio il compagno Mazza e la Segreteria nazionale, è di notevole spessore sia per la qualità della contrattazione sia per la qualità del settore, dei processi produttivi e dei prodotti.

Non farò, ovviamente, una illustrazione del decreto legislativo 626/94 e nemmeno uno spaccato delle cose che le nostre controparti avrebbero dovuto fare. Penso sia utile approfondire la riflessione sui nostri comportamenti e su cosa sarebbe politicamente e sindacalmente opportuno fare per rendere più conveniente e interessante lavorare in questo comparto.

Ad oggi la situazione, per sommi capi è la seguente:

·    Nel 1994 viene emanato, dopo una diffida della Comunità Europea, il decreto legislativo 626/94; esso, pur essendo un ottimo provvedimento, è il frutto di ritardi ed omissioni di una classe politica asservita alle esigenze di un padronato miope che pensa al proprio portafoglio e non ai costi sociali di milioni di infortuni e di migliaia di morti sul lavoro;

·    I datori di lavoro, pubblici e privati, che sono individuati con chiarezza come i principali responsabili dello stato di salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro tendono, con la complicità di tanti, ad una applicazione cartacea delle norme e ad una sottovalutazione della qualità dei luoghi di lavoro, continuando a ritenere come costi poco utili alla ricchezza dell’azienda i sistemi di prevenzione e protezione

·    La pubblica amministrazione, intesa non come datore di lavoro, accoglie il decreto legislativo con estrema contrarietà. L’INAIL, il Sistema Sanitario, i soggetti indicati per la repressione e la prevenzione respingono a priori il sistema partecipativo e di chiara responsabilizzazione che mette in campo il decreto legislativo. Essi si sono formati negli anni non per prevenire ma per pagare gli infortuni. Penso che non sarebbe esagerato dire che la loro è stata una esistenza basata sulle disgrazie dei lavoratori;

·    Nel sindacato confederale e nelle categorie ci sono filoni di pensiero che continuano a tifare per la monetizzazione della salute e vedono con notevole fastidio le modalità applicative del decreto legislativo 626/94. Basti ricordare tutto il dibattito che c’è stato, e per alcuni continua ad esistere, sulla figura del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza: deve essere eletto, come sancisce l’art. 20, o deve essere nominato dal sindacato, basti ricordare il sostanziale silenzio che esiste sui Comitati Paritetici ai vari livelli.

 

Classe politica, datori di lavoro, pubblica amministrazione e sindacato sono i soggetti che con compiti e responsabilità diversi devono garantire, attraverso l’applicazione di norme e la contrattazione, che i lavoratori operino nei luoghi di lavoro con un indice di sicurezza che si avvicini il più possibile al 100%.

I dati sugli infortuni, il numero di orfani e vedove, il raffronto con gli altri paesi europei ci dice non solo che non ci avviciniamo al 100% di sicurezza ma che in confronto allo sviluppo del sistema produttivo ci allontaniamo sempre di più sia dal contesto europeo, sia da “tollerabili” indici di accettabilità del fenomeno.

Il nostro comparto, in particolare, continua ad essere tra quelli che guidano le classifiche negative degli infortuni e delle malattie professionali, sommando ai rischi tradizionali i nuovi rischi derivanti dalla meccanizzazione e dall’utilizzo di nuove tecniche di produzione. Le differenze sono anche geografiche e per singoli settori. Il Piemonte è diverso dalla Calabria e il settore della macellazione è diverso dal serricolo.

Per questo ritengo sia utile discutere delle direttrici che mettano tutti noi nella condizione di poter  gestire con il coinvolgimento convinto dei lavoratori il decreto legislativo 626 e la contrattazione ad esso collegato in modo univoco, senza differenze o sconti verso il sistema delle imprese o verso la pubblica amministrazione. Senza dover affermare, e alcune volte anche in accordo con i padroni, che un infortunio o una morte si siano verificate “per responsabilità” del lavoratore o “per una tragica fatalità”.

Quando parlo di “noi” non parlo del singolo dirigente sindacale o della singola struttura. o solo della CGIL o della FLAI, ma di tutti i soggetti che fanno relazioni sindacali. E proporzionando i soggetti sindacali ai dati possiamo dire che qualcuno bara, che ci sono soggetti sindacali che predicano bene ma razzolano male.

Nel nostro comparto tra il 1995 e il 1997 si sono sottoscritti gli accordi nazionali con le controparti relativi alla applicazione degli art. 18, 19 e 20 del decreto legislativo 626/94, sui RLS e sui Comitati Paritetici per i contratti dell’industria alimentare, dell’associazione allevatori, dei consorzi di bonifica, dell’ortofrutta, dei consorzi agrari, degli operai e degli impiegati agricoli, della cooperazione agricola e industriale.

A seguito di ciò bisognava:

·        costituire i Comitati Paritetici a livello nazionale e territoriale;

·        indire le elezioni dei RLS;

·        aggiornare ed adeguare la contrattazione di 2° livello a questa nuova realtà;

·        definire i contenuti dei pacchetti formativi per i componenti dei comitati e per i RLS;

·        costituire e gestire le banche dati e fare fronte alle controversie tra lavoratori e datori di lavoro.

Bisognava, inoltre vigilare su una maggiore rispondenza dei documenti di valutazione dei rischi con gli obiettivi che il decreto legislativo, la contrattazione e il buon senso si erano posti, cioè eliminare o ridurre al minimo le fonti di pericolo e di rischio per i lavoratori.

Considerata la vastità del fenomeno era ovvio pensare ad una maggiore repressione da parte degli Ispettorati del Lavoro, del servizio sanitario, dell’Inail, dell’Ispesl, dei Vigili del Fuoco, della Magistratura.

Ci si poteva attendere anche una maggiore attività conflittuale e contrattuale del sindacato.

I numeri, sia quelli dell’Inail sia quelli sui Comitati Paritetici, che sui RLS, purtroppo ci dicono che tutto ciò o non è stato fatto, o le cose realizzate sono in un quadro nazionale di gran lunga insufficienti, o le singole iniziative non hanno determinato che la sicurezza nei luoghi di lavoro fosse assunta a sistema e a prassi consolidata..

In questo contesto dobbiamo inserire l’attuale fase contrattuale dei rinnovi dei contratti nazionali dei lavoratori agricoli, della cooperazione agricola e della forestazione e gli stessi rinnovi della contrattazione di secondo livello di gruppo e di azienda nell’industria alimentare.

Penso che sia importante partire con il piede giusto, non solo sulle questioni di merito delle piattaforme, ma anche su quelle di metodo. Anzi, sono convinto che il metodo assume un significato particolare. che riguarda il livello di coinvolgimento dei lavoratori a tutte le fasi della contrattazione, dalla approvazione delle piattaforme, alla trattativa, e alla approvazione dell’ipotesi di accordo.

Se ciò vale per la fase contrattuale ancora da costruire, a maggior ragione  vale per la applicazione reale e convinta del decreto legislativo 626/94. Saremmo poco credibili al tavolo delle trattative con le associazioni padronali o negli incontri con il Ministero della Sanità o del Lavoro se ci presentassimo con pochi Comitati Paritetici Nazionali, regionali o Provinciali esistenti e funzionanti, o con poche RLS esistenti e funzionanti, o – ancora – con una attività politico-sindacale poco visibile.

Penso che ci siano le condizioni per un forte recupero e per una adeguata iniziativa che ponga le basi per una forte fase di contrattazione nazionale che non sia di rimando ai successivi livelli o a commissioni e comitati che poi non si riuniscono.

Per rendere visibile ed esigibile dai lavoratori l’indicazione che la Confederazione ha dato del 2001 come l’anno della sicurezza nei posti di lavoro dobbiamo  lanciare una forte campagna di applicazione del decreto legislativo 626/94, a partire da uno o più momenti nazionali di coinvolgimento dei delegati aziendali, dei RLS e dei quadri sindacali in grado di dare una forte spinta ideale a tutta l’organizzazione.

 Il prossimo mese di settembre può essere indicato dal prossimo Comitato Direttivo Nazionale come il mese della sicurezza dei lavoratori del nostro comparto. Meglio se coinvolgiamo anche FAI e UILA, altrimenti va bene anche solo come FLAI insieme con la CGIL.

Una forte e coerente iniziativa sindacale deve mettere la categoria sui binari di un protagonismo positivo in contrapposizione ad un protagonismo negativo che ci vede tra i primi posti delle classifiche settoriali per incidenti e infortuni mortali.

Mi sembra inoltre utile lanciare una forte campagna di informazione e di produzione di materiale informativo, insieme alla costituzione di un centro di documentazione da pubblicare nel nostro sito che raggiunga il duplice obiettivo di divulgare quello che già abbiamo prodotto e che produrremo, e di farlo conoscere a tutta la FLAI, alla CGIL e alla società. Curare l’informazione sia quella tradizionale sia quella in rete, mi sembra uno dei nodi principali da dipanare.

 Maggiore è la visibilità, maggiore è la popolarità delle questioni che mettiamo in campo, maggiore è il livello di partecipazione dei lavoratori, maggiore è il coinvolgimento positivo di tutti quei soggetti pubblici coinvolti dal decreto legislativo. Per ultimo penso alle conseguenze positive che diamo sul fronte aziendale sia per migliorare i processi produttivi sia per innalzare il livello di qualità dei prodotti.

Deve essere chiaro, che la nostra attività non deve essere finalizzata a se stessa, tanto per partecipare. Dobbiamo prevedere per i prossimi mesi una intensa attività formativa in grado di allargare in tutto il territorio nazionale e in tutti i settori della nostra categoria il livello di coinvolgimento dei quadri e dei delegati.

Ma dobbiamo essere anche in grado di lanciare una forte campagna di denuncia delle omertà, delle omissioni, delle false applicazioni del decreto legislativo e delle applicazioni cartacee, dei forti interessi speculativi che in questi anni si sono formati attorno al decreto, delle false efficienze degli istituti pubblici come l’INAIL e le Aziende Sanitarie, della non visibilità della magistratura e delle forze dell’ordine.

Dobbiamo anche denunciare la scarsa utilità della politica nei confronti degli imprenditori, basata sulla erogazione di risorse finanziare senza che a ciò si affianchi una forte azione repressiva e di controllo.

Due sono i principali soggetti pubblici che sono preposti alla repressione: l’INAIL e le Aziende Sanitarie.

Il primo, pur continuando a riscuotere i contributi assicurativi dei lavoratori, pur essendo stato difeso nel proprio ruolo di soggetto indispensabile nella assistenza e nella prevenzione degli infortuni dagli attacchi che venivano  da settori di destra e del padronato, continua ad avere un ruolo a dir poco ambiguo sia nei confronti dei lavoratori infortunati sia delle aziende. Nei confronti dei  lavoratori assistiamo ad una ambiguità tutta negativa; infatti pur chiamandoli utenti o clienti, esso ha nei loro confronti un atteggiamento che si manifesta in una pessima e burocratizzata erogazione di servizi e in una gestione dei singoli eventi fatta con distacco ed inefficienza. Invece   un ruolo ambiguo,tutto in positivo, è riservato ai datori di lavoro attraverso una sostanziale mancanza di controlli sia sulla prevenzione nelle aziende, sia sulla repressione post infortunio. Malgrado il lungo elenco di morti e feriti presenti  nel nostro paese i rapporti con le aziende (potremmo dire con i carnefici) sono improntati sulla cordialità, sulle opportunità informative, sui condoni, sulla erogazione anche di risorse economiche che non fanno diminuire né i morti né i feriti. Sono troppo pochi i datori di lavoro che pagano il conto con la giustizia

 Il secondo soggetto pubblico, cioè il Sistema Sanitario, quello presente nei territori, quello che dovrebbe ricevere e analizzare i documenti di valutazione dei rischi, quello che dovrebbe controllare i rumori, le fonti di luce, le fonti di calore, gli ambienti di lavoro, la efficienza dei dispositivi di protezione individuali, le fonti di pericolo e di rischio materiali e immateriali, quello che dovrebbe controllare i macelli, i vivai, le serre, le stalle, i magazzini ortofrutticoli, i pastifici, le linee di imbottigliamento o di briccaggio o di conservazione, i pescherecci,  i trattori, etc…, questo soggetto raramente è visibile nelle aziende.

 In questo contesto dobbiamo sviluppare sia la nostra iniziativa generale, sia quella contrattuale.

 Avendo le carte in regola, o avendo messo in moto il processo di “regolarizzazione” sindacale nella nostra categoria siamo in grado di produrre una concreta, coerente ed esigibile attività  contrattuale a partire dai prossimi rinnovi contrattuali.

Mi sembra utile partire da una messa a regime dei comitati paritetici. Già un passo in avanti è stato fatto in queste settimane per il Comitato paritetico nazionale dei lavoratori e degli impiegati agricoli.

La nostra è una categoria dove la centralità è rappresentata dal lavoro stagionale, flessibile e a tempo determinato ed è pertanto opportuno che nelle piattaforme contrattuali vengano affrontati i seguenti argomenti:

·        merito del funzionamento dei Comitati Paritetici;

·        reperimento delle risorse relativo al funzionamento dei comitati ( una strada può essere rappresentato dall’utilizzo dei canali dell’assistenza contrattuale);

·        istituzione dei RLST;

·        previsione di risorse economiche gestite dai Comitati Paritetici per il sostegno ai RLST, sia per la contribuzione che per la retribuzione;

·        individuazione di competenze vincolanti per i soggetti contrattuali sulle questioni della formazione ai RLS, ai RLST e della informazione ai lavoratori;

·        costruzione di un modelle di relazioni costanti delle attività tra i Comitati Paritetici e i soggetti pubblici previsti dal decreto legislativo;

·        possibilità da parte dei Comitati Paritetici superiori (nazionale) di sostituirsi ai Comitati Paritetici inferiori (provinciali) al fine di garantirne comunque la funzionalità;

·        istituzione di banche dati settoriali a livello nazionale;

·        unificare le diverse aree contrattuali dei Comitati Paritetici o per determinazione contrattuale e/o per omogeneità previdenziale.

Per ultimo, dobbiamo avere ben presente che fino a questo momento ho parlato dei lavoratori ufficiali, di quelli messi in regola, di quelli verso i quali si applicano leggi e contratti. Esiste un altro spaccato della nostra categoria che è rappresentato dai lavoratori in nero, dai clandestini, da quelli ai quali l’applicazione di leggi e contratti è negato.

Si può dire che ad ogni lavoratore legale corrisponde un lavoratore in nero. Ad ogni infortunio denunciato né corrisponde uno non denunciato. Anche per questi lavoratori la FLAI deve essere in grado di porsi come punto di riferimento capace di farli emergere dalla clandestinità e farli diventare soggetti in grado di esigere i diritti contrattuali e di legge.

Questi possono essere alcuni temi da sviluppare nella fase di preparazione delle piattaforme contrattuali e sono certo che gli interventi che ci saranno saranno in grado di arricchire  i temi indicati con ulteriori proposte.