Salvatore Tumino, Salvatore
Smecca - 47 anni
entrambi-, Giuseppe
Zaccaria -47 anni-, Giovanni
Natale Sofia -37 anni-, Giuseppe
Palermo -57 anni-, Salvatore
Pulici -37 anni-,
nei giornali e nei TG la notizia della loro morte è stata riportata
come
una fatalità
crudele. In
caso di incidente è colpa della fatalità e non dell’illegalità
diffusa!! Eppure anche in questo caso sono morti, come alla Tyssen di
Torino e alla Truck
Center di
Molfetta insieme, uniti, con quello spirito solidarietà che segna e
contraddistingue i compagni di lavoro, nell’estremo e vano tentativo
di aiutarsi. Al di là delle cause, il dato è, che ancora una volta
si sono ripetuti eventi che hanno colpito lavoratori nel posto di
lavoro e le loro famiglie. Sei
morti sono davvero tanti, e a loro non può che andare la nostra
solidarietà e il nostro più profondo cordoglio.Ma
anche uno solo è tanto !!Eppure
anche loro rientrano, cinicamente, entro le statistiche! E noi
registriamo… , gelidamente, sbigottiti e con assuefazione
l’ennesimo caso che quotidianamente, ogni 7 ore,
si replica nei luoghi di lavoro del nostro paese. E’ questa la
statistica: un incidente ogni 3 minuti,
un morto ogni sette ore e comunque sappiamo che il dato è
sottostimato. Sottostimato perché mancano quei lavoratori, non solo
immigrati, ma coloro i quali non sono registrati come tali, mancano
quegli altri lavoratori che restano vittime di incidenti stradali
perché stanchi e affaticati dalle percorrenze per raggiungere i
posti di lavoro o dal lavoro precedente. Sottostimato ancora, perché
mancano i lavoratori che muoiono vittime di esposizione ad agenti
cancerogeni e tossici che quasi mai o fatica riescono a dimostrare
che la causa della loro morte è l’esposizione permanente nel lavoro.
Ogni giorno si compie una strage di
persone per il lavoro, sempre più grave quanto più culturalmente
accettata. Lo sdegno, la rabbia non bastano se pensiamo che le leggi
nel nostro paese ci sono già dagli anni 50,
e che le responsabilità nella loro applicazione è ascrivibile a
molti ed in primo luogo a chi ha il dovere di salvaguardare la
salute a norma di quel famigerato articolo 2087 del
codice civile, e cioè al datore
di lavoro e poi a
coloro che non intervengono
a vigilare, a denunciare e a condannare. Ma non solo, anche a chi
dovrebbe produrre coscienza, organizzare iniziative e lotte contro
questi serial
killer. Sono un operaio forestale e designato “RLS”,
iscritto alla FLAI-CGIL e penso che come sindacato abbiamo una forte
responsabilità sociale: tutelare l’integrità fisica (meglio
pisco-fisica) delle lavoratrici e dei lavoratori e rendere il
lavoro un lavoro “degno”.
Bene hai fatto, caro segr. generale “Epifani”
e con te anche “Angeletti”
e “Bonanni”
a richiamarci più volte sul ruolo e le responsabilità che abbiamo
nei luoghi di lavoro, “TORNIAMO A SPORCARCI LE MANI IN FABBRICA” ci
hai detto……., ma noi le mani ce li abbiamo sporche….!! Ci mancano
gli strumenti per operare o sono limitati. C’è l’esigenza di essere
riconosciuti e supportati. Ogni giorno riscontriamo grandi
difficoltà nel confronto con i nostri “Datori
di Lavoro” e i mezzi di pressione e spesso di ricatto prevalgono
ed in questo modo, nonostante le nostre denuncie, il fenomeno
infortunistico in Italia non si sconfigge. Voglio qui
testimoniare, brevemente, l’esperienza nella mia azienda – l’UPA di
Enna. La sorveglianza sanitaria nel mio comparto –che è
l’agricoltura- è obbligatoria per tutti gli addetti, le visite
mediche sono l’unico isolato momento –
in una visione molto limitativa e di autotutela del DL - in cui si
dovrebbe esplicitare la difesa della salute. Fino a poco tempo fa
queste visite, sono state sempre svolte in non
costanza di rapporto di lavoro, cioè prima dell’assunzione. Dopo
una serie di incidenti, per fortuna di lievi entità, riscontrati
nelle giornate predisposte per tali visite, al fine di tutelare i
miei compagni di lavoro, ho posto la questione in termini di
legittimità in quanto ci si trovava nelle condizioni di carenza di
copertura assicurativa per eventuali incidenti in
itinere. Non essendoci istaurato alcun rapporto di lavoro non
possono essere aperte le posizioni assicurative e quindi oltre 2400 operai
forestali abbiamo svolto le visite mediche previste sotto la nostra
diretta responsabilità ed in contrasto con la norma che prevede ogni
obbligo a carico del “Datore di Lavoro”. Per ottenere il
riconoscimento di questo elementare diritto rivendicato in più sedi,
ho dovuto alla fine minacciare il ricorso al magistrato. La
questione sembra al momento risolta, nel senso che le visite mediche
si svolgono dopo l’assunzione – in costanza di rapporto- e
personalmente sono stato rimosso dai compiti che svolgevo e messo da
parte. Questo fatto, rientra in quel contesto più ampio della
gestione della sicurezza nei luoghi di lavoro della PA e in
particolare dell’Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione
Sicilia. Pensate che il RSPP dell’UPA di Enna è forse l’unico caso
in cui, il funzionario designato è stato condannato per reato penale
a 5 giorni,
per violazione di norme sulla sicurezza nel lavoro. E non voglio
stancarvi con cifre in termini di costi che vengono sostenuti per la
sicurezza nei lavori. Tra oneri di sicurezza, falsi incentivi di
progettazione per i responsabili, convenzioni esterne con i medici
competenti la stima supera il milione di €. annuo, pari al
5% dell’assegnazione provinciale. L’esperienza che sto maturando non
mi scoraggia, ma mi porta a pensare al fatto che non bastano le
norme, anzi bisogna conquistarne di più coerenti, ma la questione
centrale resta la loro universale
applicazione in ogni
territorio, in ogni azienda ed in ogni luogo di lavoro di questa
Repubblica Italiana. In questo senso penso ai problemi che ci si
prospettano quando -e speriamo al più presto-, verrà recepito
il nuovo testo per la sicurezza nei luoghi di lavoro, in attuazione
del rimando contenuto per le regioni a statuto speciale. Se la causa
principale di queste stragi, che sconvolgono migliaia di famiglie, è l’organizzazione
del lavoro e ciò che
vi sta attorno, abbiamo visto come in questi ultimi anni, mentre da
un lato si facevano leggi rivolte a migliore tutela della sicurezza
nei luoghi di lavoro, dall’altro si sfornavano leggi che hanno
aperto la strada alla deregolamentazione del lavoro. Il “nuovo testo
normativo” sulla sicurezza atteso da oltre 20 anni,
pur rappresentando un passo in avanti per migliorare le condizioni
di tutela della salute e di sicurezza nei luoghi di lavoro non può
da solo emarginare e ridurre il fenomeno delle morti, degli
infortuni e delle MP. E’ necessario un nuovo patto par la tutela
della salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro recepito con norma
di legge e accolto nei nostri contratti collettivi. Il presidente
della Repubblica Giorgio
Napolitano, quando in
riferimento ai morti di Mineo ha detto che “Questa
ulteriore strage, quest’altro gravissimo episodio di carenza di
tutele e di misure di prevenzione, da parte di soggetti pubblici e
privati, ripropone l’imperativo assoluto di interventi e controlli
stringenti per la sicurezza sul lavoro e per spezzare la drammatica
catena di morti bianche”, ha messo a nudo la cruda realtà del
mondo del lavoro del nostro paese; dove le leggi non sono rispettate
e ispettori che dovrebbero controllare le aziende fanno i consulenti
esterni alle stesse. Mi chiedo: dove erano prima di Mineo e di tutti
gli altri incidenti verificatesi in Italia, l’INAIL, l’Ispettorato
del Lavoro, i V.FF, le AUSL con gli SPRESAL, gli altri soggetti
istituzionali coinvolti, dove era la magistratura quando si
compivano i delitti di omissione consapevole delle norme sulla
sicurezza? Il presidente della Camera -Fini- di
rimando alla tragedia di Mineo ha detto che “Quella delle
morti sul lavoro è un’emergenza
sociale assoluta”. Ma il ministro “Sacconi”
non ha iniziato lo smantellamento del nuovo testo approvato il 9 aprile
scorso, considerato che tra i primi provvedimenti che ha ritenuto
urgenti da prendere vi è quello di posticipare di un anno l’entrata
in vigore di alcune norme che nel nuovo decreto erano previste per
il prossimo 29 luglio ? Sarà questo il modo di rispondere
all’emergenza sociale? L’incoscienza e l’arretratezza, la scarsa
formazione, il mancato addestramento, che sottende comunque a grandi
interessi economici di chi sa che le conseguenze degli infortuni e
delle malattie professionali vengono fatte pagare alla collettività
e non a chi le ha provocate sono i motivi che ostacolano la crescita
di una cultura della prevenzione nei luoghi di lavoro e il costo
sociale incide pesantemente sul rilancio del sistema paese.
Credo che sia arrivato il tempo in cui è necessario rovesciare il
discorso.
Negli anni 70 si
diceva “LA
CLASSE OPERAIA VA IN PARADISO”
Oggi “LA
CLASSE OPERAIA VA AL CIMITERO”
Fermiamo le stragi rivendicando maggiore legalità e più potere ai
RLS, esclusivo e unico strumento a disposizione delle lavoratrici e
dei lavoratori. Smettiamola con linee guida e sistemi di gestione;
le norme devono essere chiare ed imperative,
ciò che va fatto e ciò che non va fatto, come va sanzionato, anche
con la sospensione dell’attività per chi non è in regola e con la
sospensione e l’allontanamento dei Dirigenti responsabili nella PA.
Si crei un’unica autority per la gestione di questa emergenza
nazionale che ci porta ad essere il fanalino di coda in Europa.
Si ripaghi così il sacrificio dei morti di Mineo e di tutti gli
altri caduti sul lavoro .