GIOVEDI’ 26 GIUGNO 2008


 


GIOVEDI’ 26 GIUGNO 2008

“LA CLASSE OPERAIA VA AL CIMITERO” 

INTERVENTO DI LIBORIO TROVATO, RAPPRESENTANTE DEI LAVORATORI PER LA SICUREZZA, DELL’AZIENDA FORESTE DI ENNA.

 

Salvatore Tumino, Salvatore Smecca - 47 anni entrambi-, Giuseppe Zaccaria -47 anni-, Giovanni Natale Sofia -37 anni-, Giuseppe Palermo -57 anni-, Salvatore Pulici -37 anni-, nei giornali e nei TG la notizia della loro morte è stata riportata come una fatalità crudele. In caso di incidente è colpa della fatalità e non dell’illegalità diffusa!! Eppure anche in questo caso sono morti, come alla Tyssen di Torino e alla Truck Center di Molfetta insieme, uniti, con quello spirito solidarietà che segna e contraddistingue i compagni di lavoro, nell’estremo e vano tentativo di aiutarsi. Al di là delle cause, il dato è, che ancora una volta si sono ripetuti eventi che hanno colpito lavoratori nel posto di lavoro e le loro famiglie. Sei morti sono davvero tanti, e a loro non può che andare la nostra solidarietà e il nostro più profondo cordoglio.Ma anche uno solo è tanto !!Eppure anche loro rientrano, cinicamente, entro le statistiche! E noi registriamo… , gelidamente, sbigottiti  e con assuefazione l’ennesimo caso che quotidianamente, ogni 7 ore, si replica nei luoghi di lavoro del nostro paese. E’ questa la statistica: un incidente ogni 3 minuti, un morto ogni sette ore e comunque sappiamo che il dato è sottostimato. Sottostimato perché mancano quei lavoratori, non solo immigrati, ma coloro i quali non sono registrati come tali, mancano quegli altri lavoratori che restano vittime di incidenti stradali perché stanchi e affaticati dalle percorrenze per raggiungere i posti di lavoro o dal lavoro precedente. Sottostimato ancora, perché mancano i lavoratori che muoiono vittime di esposizione ad agenti cancerogeni e tossici che quasi mai o fatica riescono a dimostrare che la causa della loro morte è l’esposizione permanente nel lavoro. Ogni giorno si compie una strage di persone per il lavoro, sempre più grave quanto più culturalmente accettata. Lo sdegno, la rabbia non bastano se pensiamo che le leggi nel nostro paese ci sono già dagli anni 50, e che le responsabilità nella loro applicazione è ascrivibile a molti ed in primo luogo a chi ha il dovere di salvaguardare la salute a norma di quel famigerato articolo 2087 del codice civile, e cioè al datore di lavoro e poi a coloro che non intervengono a vigilare, a denunciare e a condannare. Ma non solo, anche a chi dovrebbe produrre coscienza, organizzare iniziative e lotte contro questi serial killer. Sono un operaio forestale e designato “RLS”, iscritto alla FLAI-CGIL e penso che come sindacato abbiamo una forte responsabilità sociale: tutelare l’integrità fisica (meglio pisco-fisica) delle lavoratrici e dei lavoratori e rendere il lavoro un lavoro “degno”. Bene hai fatto, caro segr. generale “Epifani” e con te anche “Angeletti” e “Bonanni” a richiamarci più volte sul ruolo e le responsabilità che abbiamo nei luoghi di lavoro, “TORNIAMO A SPORCARCI LE MANI IN FABBRICA” ci hai detto……., ma noi le mani ce li abbiamo sporche….!! Ci mancano gli strumenti per operare o sono limitati. C’è l’esigenza di essere riconosciuti e supportati. Ogni giorno riscontriamo grandi difficoltà nel confronto con i nostri “Datori di Lavoro” e i mezzi di pressione e spesso di ricatto prevalgono ed in questo modo, nonostante le nostre denuncie, il fenomeno infortunistico in Italia  non si sconfigge. Voglio qui testimoniare, brevemente, l’esperienza nella mia azienda – l’UPA di Enna. La sorveglianza sanitaria nel mio comparto –che è l’agricoltura- è obbligatoria per tutti gli addetti, le visite mediche sono l’unico   isolato    momento – in una visione molto limitativa e di autotutela del DL - in cui si dovrebbe esplicitare la difesa della salute. Fino a poco tempo fa queste visite, sono state sempre svolte in non costanza di rapporto di lavoro, cioè prima dell’assunzione. Dopo una serie di incidenti, per fortuna di lievi entità, riscontrati nelle giornate predisposte per tali visite, al fine di tutelare i miei compagni di lavoro, ho posto la questione in termini di legittimità in quanto ci si trovava nelle condizioni di carenza di copertura assicurativa per eventuali incidenti in itinere. Non essendoci istaurato alcun rapporto di lavoro non possono essere aperte le posizioni assicurative e quindi oltre 2400 operai forestali abbiamo svolto le visite mediche previste sotto la nostra diretta responsabilità ed in contrasto con la norma che prevede ogni obbligo a carico del “Datore di Lavoro”. Per ottenere il riconoscimento di questo elementare diritto rivendicato in più sedi, ho dovuto alla fine minacciare il ricorso al magistrato. La questione sembra al momento risolta, nel senso che le visite mediche si svolgono dopo l’assunzione – in costanza di rapporto- e personalmente sono stato rimosso dai compiti che svolgevo e messo da parte. Questo fatto, rientra in quel contesto più ampio della gestione della sicurezza nei luoghi di lavoro della PA e in particolare dell’Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione Sicilia. Pensate che il RSPP dell’UPA di Enna è forse l’unico caso in cui, il funzionario designato è stato condannato per reato penale a 5 giorni, per violazione di norme sulla sicurezza nel lavoro. E non voglio stancarvi con cifre in termini di costi che vengono sostenuti per la sicurezza nei lavori. Tra oneri di sicurezza, falsi incentivi di progettazione per i responsabili, convenzioni esterne con i medici competenti la stima supera il milione di €. annuo,  pari al  5% dell’assegnazione provinciale. L’esperienza che sto maturando non mi scoraggia, ma mi porta a pensare al fatto che non bastano le norme, anzi bisogna conquistarne di più coerenti, ma la questione centrale resta la loro universale applicazione in ogni territorio, in ogni azienda ed in ogni luogo di lavoro di questa Repubblica Italiana. In questo senso penso ai problemi che ci si prospettano quando -e speriamo al più presto-, verrà  recepito il nuovo testo per la sicurezza nei luoghi di lavoro, in attuazione del rimando contenuto per le regioni a statuto speciale. Se la causa principale di queste stragi, che sconvolgono migliaia di famiglie, è l’organizzazione del lavoro e ciò che vi sta attorno, abbiamo visto come in questi ultimi anni, mentre da un lato si facevano leggi rivolte a migliore tutela della sicurezza nei luoghi di lavoro, dall’altro si sfornavano leggi che hanno aperto la strada alla deregolamentazione del lavoro. Il “nuovo testo normativo” sulla sicurezza atteso da oltre 20 anni, pur rappresentando un passo in avanti per migliorare le condizioni di tutela della salute e di sicurezza nei luoghi di lavoro non può da solo emarginare e ridurre il fenomeno delle morti, degli infortuni e delle MP. E’ necessario un nuovo patto par la tutela della salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro recepito con norma di legge e accolto nei nostri contratti collettivi. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, quando in riferimento ai morti di Mineo ha detto che “Questa ulteriore strage, quest’altro gravissimo episodio di carenza di tutele e di misure di prevenzione, da parte di soggetti pubblici e privati, ripropone l’imperativo assoluto di interventi e controlli stringenti per la sicurezza sul lavoro e per spezzare la drammatica catena di morti bianche”, ha messo a nudo la cruda realtà del mondo del lavoro del nostro paese; dove le leggi non sono rispettate e ispettori che dovrebbero controllare le aziende fanno i consulenti esterni alle stesse. Mi chiedo: dove erano prima di Mineo e di tutti gli altri incidenti verificatesi in Italia, l’INAIL, l’Ispettorato del Lavoro, i V.FF, le AUSL con gli SPRESAL, gli altri soggetti istituzionali coinvolti, dove era la magistratura quando si compivano i delitti di omissione consapevole delle norme sulla sicurezza? Il presidente della Camera  -Fini-  di rimando alla tragedia di Mineo ha detto che  “Quella delle morti sul lavoro è un’emergenza sociale assoluta”.  Ma il ministro “Sacconi” non ha iniziato lo smantellamento del nuovo testo approvato il 9 aprile scorso, considerato che tra i primi provvedimenti che ha ritenuto urgenti da prendere vi è quello di posticipare di un anno l’entrata in vigore di alcune norme che nel nuovo decreto erano previste per il prossimo 29 luglio ? Sarà questo il modo di rispondere all’emergenza sociale? L’incoscienza e l’arretratezza, la scarsa formazione, il mancato addestramento, che sottende comunque a grandi interessi economici di chi sa che le conseguenze degli infortuni e delle malattie professionali vengono fatte pagare alla collettività e non a chi le ha provocate sono i motivi che ostacolano la crescita di una cultura della prevenzione nei luoghi di lavoro e il costo sociale incide pesantemente sul rilancio del sistema paese.

Credo che sia arrivato il tempo in cui è necessario rovesciare il discorso.

Negli anni 70 si diceva “LA CLASSE OPERAIA VA IN PARADISO

Oggi “LA CLASSE OPERAIA VA AL CIMITERO

Fermiamo le stragi rivendicando maggiore legalità e più potere ai RLS, esclusivo e unico strumento a disposizione delle lavoratrici e dei lavoratori. Smettiamola con linee guida e sistemi di gestione; le norme devono essere chiare ed imperative, ciò che va fatto e ciò che non va fatto, come va sanzionato, anche con la sospensione dell’attività per chi non è in regola e con la sospensione e l’allontanamento dei Dirigenti responsabili nella PA. Si crei un’unica autority per la gestione di questa emergenza nazionale che ci porta ad essere il fanalino di coda in Europa.

Si ripaghi così il sacrificio dei morti di Mineo e di tutti gli altri caduti sul lavoro .