3° Congresso Provinciale
FLAI-CGIL CATANIA
relazione di
Concetta Raia
Gentili Ospiti, cari Amici, Compagne e Compagni,
la Flai-Cgil di Catania oggi apre i lavori del suo III congresso compresoriale. Con le assemblee di base e con queste assise, siamo nel pieno delle riflessioni che si concluderanno ai congressi regionale e nazionale, con le quali si vuole ridisegnare una nuova strategia politico-sindacale della categoria. L’obiettivo prioritario è quello di assumere in modo definitivo la complessità del settore che rappresentiamo, in modo da definire un percorso in cui la Flai da soggetto sindacale del comparto, diventi protagonista dello sviluppo dell’intera filiera agroalimentare.
E’ chiaro che questo significa far assumere al nostro sindacato, a Catania, in Sicilia e nel Paese, il ruolo di principale attore per il rilancio del settore, indicando nella sicurezza alimentare, nella tutela dell’ambiente, nella qualità delle produzioni, nello sviluppo rurale i punti strategici del nostro agire, sapendo che ciò va fatto all’interno di un quadro chiaro e forte di tutela del lavoro e dei suoi diritti, e attraverso il confronto deciso e continuo con gli altri soggetti che operano nel settore.
Noi siamo consapevoli che l’agroalimentare è uno dei settori, insieme a quello delle comunicazioni e dell’energia strategicamente più importante per la nostra realtà e per l’intera nazione. Ma ciò non basta, è necessario che questa consapevolezza diventi patrimonio comune dell’opinione pubblica e delle nostre istituzioni, anche perché il nostro è un settore dove i processi di globalizzazione coinvolgono e coinvolgeranno sempre più le produzioni, i mercati ed i consumatori. Soggetti questi che devono vedere tutelato il loro diritto alla qualità e alla salubrità dei prodotti.
Sta qui la nostra sfida !
Lo scenario nel quale ci muoviamo e con il quale ci dovremo confrontare tutti è inedito specie dopo i fatti dell’11 di settembre. L’attentato alle torri gemelle di New York con il conseguente eccidio di migliaia di vite umane e la distruzione di quei simboli, ha prodotto una ferita profonda nella coscienza di tutti coloro che credono nella democrazia e nel rispetto della dignità umana. Quell’atto terroristico di inaudita violenza ha costretto il mondo a pensare a risposte che non potevano essere quelle del passato. Non a caso si è registrata una ampia convergenza di tutti gli stati occidentali, dei paesi arabi, della Russia, della Cina, sull'obiettivo di isolare e sconfiggere il terrorismo. L’occidente e le istituzioni internazionali, oltre all’impegno forte per la repressione del terrorismo devono affrontare i gravi problemi e le ingiustizie che permangono in gran parte del pianeta; fino a quando i problemi di quella parte di mondo che vive in condizione di indigenza, che soffre la fame, che vive nell’esclusione e nella povertà ai quali molto spesso vengono negati i diritti civili e ancor di più quello della vita, non vengono affrontati non vi è dubbio che la sicurezza mondiale è sempre a rischio, perché vi potranno essere sempre disperati pronti a compiere atti estremi. Ecco perché bisogna pensare a nuove e concrete politiche di inclusione e redistribuzione, ci si deve impegnare affinché si globalizzino i diritti e le tutele , si sostengano nuove strategie di sviluppo nei paesi poveri, anche attraverso la cancellazione del debito, ci si assicuri che la crescita sia economicamente, socialmente, ambientalmente sostenibile in tutto il mondo.
Tutto ciò necessita di una radicale riforma delle istituzioni internazionali, in particolare l’ONU, in modo da far assolvere a queste il ruolo di governo democratico del pianeta per affrontare i punti di crisi che si registrano in molte regioni del mondo e regolare i processi di globalizzazione, facendo in modo che questi processi rappresentino nuove opportunità di crescita per tutti i popoli del mondo. Quanto accaduto nei giorni scorsi in Afganistan, con la presa di Kabul dimostra che serve oggi, più che mai, che l’Onu assuma questo non semplice compito, anche perché adesso in quella nazione vanno ripristinate le condizioni per garantire una transizione, che dovrà concludersi presto con la nascita di un governo stabile che riconosca a quelle popolazioni diritti di cittadinanza e di civiltà, a partire dal rispetto dei diritti delle donne e dei bambini che per troppo tempo sono stati loro negati. La grave crisi internazionale in questo periodo ha interessato tutti i cittadini del mondo; essa e’ stata oggetto di grande attenzione anche nelle nostre assemblee di base. Vi è grande preoccupazione ed è per questo che bisogna impegnarsi affinché la guerra abbia fine, evitando così il rischio che si precipiti in un vortice dal quale difficilmente si potrà uscire.
In questa direzione anche l’Europa potrà e dovrà assolvere un compito forte e da protagonista, sia per la sua posizione geografica sia per le sue tradizioni di dialogo tra l’occidente e il mondo arabo.
Dopo la realizzazione della moneta unica, che ha rappresentato uno straordinario ed importante fatto politico che cambierà la vita delle popolazioni di questo continente, i cui effetti saranno tangibili fra poche settimane, sarà necessario procedere alle tappe successive per determinare una vera unità politica. Cio potrà essere fatto, visto i cambiamenti futuri dell’Unione a partire dell’allargamento ad est, attraverso la definizione di una vera e propria costituzione che ne disegni i tratti di uno stato federale. Un primo passo in questa direzione è stato realizzato con l’adozione della carta dei diritti che è coerente con i valori del modello sociale europeo.
Com’è evidente ci si muove in uno scenario internazionale molto complesso. In questo quadro ci troviamo ad affrontare i problemi difficili del nostro Paese. Infatti la vittoria del centro destra e la politica che questo governo porta avanti in assoluta assonanza con le posizioni di confindustria, pone serie difficoltà per le prospettive e lo sviluppo economico e sociale della nazione.
La finanziaria approvata dal governo berlusconi non è all’altezza dei problemi che l’Italia ha di fronte. E’ inefficace perché si basa su ipotesi d’entrata poco credibili, basti pensare che circa il 50% dei proventi deve essere recuperato dalla cartolarizzazione della vendita di immobili pubblici da realizzare entro dicembre 2002. Una manovra economica che non tiene conto del rallentamento dell’economia mondiale, tant’è che è orientata solo a sostegno dell’offerta, e che addirittura prevede una crescita del Pil del 2,3% mentre autorevoli istituti ed economisti parlano di un incremento dall’ 1,8% al 2%. E’ evidente che vi saranno ripercussioni negative sui consumi, difatti mancano interventi anticongiunturali e l’incremento degli investimenti pubblici sul Pil è allo 0,1%. Non ci sono le risorse per i contratti pubblici e non vengono ridotte le aliquote Irpef come prospettato nell’ultimo Dpef e come previsto dalla scorsa legge finanziaria. Inoltre si fa una operazione propagandistica di aumento delle pensioni minime ad un milione e di riduzione delle aliquote previdenziali per i nuovi assunti, rischiando di mettere in serio pericolo l’equilibrio dello stesso sistema nel breve periodo. Si conferma l’assenza di una strategia di rilancio e di sviluppo del mezzogiorno; il riequilibrio tra nord e sud non è più una priorità, infatti alle aree depresse la finanziaria assegna risorse pari a 8 mila miliardi nel triennio 2002-2003 senza però prevedere stanziamenti per il 2002. Sarebbe stato necessario invece, proprio per dare continuità a quelle esperienze di sviluppo dal basso, mettere in campo politiche mirate di investimento facendo leva su quel dinamismo economico affermatosi negli anni scorsi in tante aree del mezzogiorno.
Il governo, invece, sta percorrendo altre strade con la Tremonti bis rendendo più conveniente investire al centro nord; non vi sono risorse per la programmazione negoziata mentre non si da indicazione chiara sulla copertura del credito d’imposta.
Se a questo aggiungiamo la mancata copertura finanziaria per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego ( i miliardi stanziati coprono a stento solo l’inflazione programmata) o quelli della scuola dove l’intervento ha l’obiettivo di un risparmio di circa 2 mila miliardi, per non parlare della decurtazione dei fondi sulla ricerca, appare chiara l’intenzione di questo governo: da un lato approvare una finanziaria iniqua, inefficace e non di qualità, dall’altro ridurre i diritti sociali e di cittadinanza. Le affermazioni e i provvedimenti di alcuni Ministri sulla scuola e sulla sanità mettono in serio pericolo non solo la laicità dello Stato, ma anche minano quei diritti alla istruzione ed alla salute, che sono alla base della nostra Costituzione. L’altro aspetto riguarda la concertazione. Anche dopo i vari richiami fatti dal Presidente della Repubblica, il governo ha deciso il de profundis di tale strumento,sostituendolo con un non meglio precisato dialogo sociale che significa in realtà mettere in discussione il ruolo contrattuale del sindacato. Infatti il libro bianco di Maroni che interviene per destrutturare il mercato del lavoro consiste nella scelta di dare più forza alle imprese riducendo in modo considerevole i diritti del mondo del lavoro. Questa è la loro idea di flessibilità!
Infatti l’obiettivo è quello di aumentare sempre più il lavoro precario, superare l’attuale sistema contrattuale basato su due livelli per determinare condizioni che facciano saltare conquiste storiche per i lavoratori, attivare i contratti regionali con il rischio di reintrodurre le odiose gabbie salariali, mettere in discussione l’art.18 dello statuto dei lavoratori con tutto quello che ciò rappresenta, cioè un attacco pesante ai diritti e alla dignità del lavoro. Su questi argomenti il governo continua a sfidare il sindacato. E’ perciò importante che Cgil, Cisl, Uil recuperando una azione unitaria e superando le divisioni degli ultimi mesi, preparino risposte adeguate per contrastare un progetto che rischia di portare indietro di trenta anni le condizioni di vita e di lavoro di milioni di lavoratori.
Essere riusciti a far cambiare opinione al governo circa la volontà di utilizzare la delega sulle questioni previdenziali, è frutto della capacità di tenere una posizione unitaria delle tre confederazioni; ciò permetterà di avviare una trattativa di merito seria sull’argomento.
Lo sciopero della Fiom che ha avuto una grande partecipazione ha dimostrato la grande volontà di contrastare decisioni e posizioni sulle quali i lavoratori non siano pienamente coinvolti; la manifestazione rappresenta, quindi, un forte segnale al governo ed alla confindustria ma deve anche servire da sprone a tutti per riprendere le necessarie iniziative unitarie.
Anche la nostra vertenza contrattuale del settore agricolo si colloca dentro questa situazione politica complessa.E’ già stata presentata nei mesi scorsi la piattaforma unitaria per il rinnovo del contratto dell’agricoltura che scade il 31 dicembre. Essa si pone l’obiettivo politico di dare una nuova e più adeguata strumentazione normativa per determinare un maggior sviluppo quantitativo e qualitativo della contrattazione articolata, valorizzando la funzione unificante del contratto per tutelare gli interessi di tutti i lavoratori.
Come Flai ci auguriamo che nella trattativa si
riesca unitariamente a mantenere l’impianto che abbiamo dato al contratto,
che nessuno si lasci trascinare dal “canto delle sirene”. Dalla controparte
agricola sono già arrivati i primi segnali non positivi. Ci si chiede
maggiore flessibilità, applicando il lavoro interinale,il part-time e
l’apprendistato in agricoltura; è chiaro che si tenta di prendere a
riferimento alcune indicazioni provenienti dal libro bianco.
Per noi sviluppo rurale, qualità del prodotto,
sicurezza alimentare, sostenibilità, saranno i punti strategici di una nuova
visione dell’agricoltura italiana ed europea, anche perché non potremo
certamente sottrarci ai nuovi scenari che verranno a determinarsi nel
prossimo futuro. Ciò che è accaduto nel Wto la scorsa settimana con
l’ingresso della Cina nell’organizzazione mondiale del commercio, per citare
sola la più eclatante delle novità insieme alla sospensione dei servizi
all’export agricolo,è destinato a cambiare in modo significativo le
politiche di intervento nel settore; se a questo aggiungiamo le conseguenze
dell’allargamento dell’UE ai paesi dell’est, all’avvio dell’area di libero
scambio del Mediterraneo si capisce che siamo di fronte a sfide che possono
essere affrontate e vinte solo con scelte nette che non si limitano alla
pura immagine per la qualità, la sicurezza, la salubrità delle nostre
produzioni, ma ne affermino il loro significato e la loro pregnanza.
Ciò comporta un forte incremento della ricerca e
dell’innovazione sia nei processi sia nelle produzioni, ma anche verso la
qualificazione e la professionalità del lavoro per tutto il settore
agroalimentare.
Questi sono i temi sui quali la Flai si è spesa
negli ultimi anni, ricercando un confronto sia con le parti datoriali sia
con le istituzioni regionali ,nazionali ed europee.
Siamo convinti che vi sono tutte le condizioni
per creare un nuovo sviluppo dell’agroalimentare in Sicilia e nella nostra
provincia; si tratta solo di cogliere tutte le potenzialità esistenti in
questo importante settore produttivo mettendo a punto una strategia che si
ponga l’obiettivo di creare occupazione, innovare e modernizzare le imprese
del settore, di tutelare l’ambiente e difendere gli interessi dei
lavoratori. Forse a qualcuno sfugge che l’agricoltura siciliana vanta, come
in nessun altro paese al mondo, una varietà e ricchezza di produzioni
tipiche e di alta qualità, tant’è che proprio nel settore dell’agricoltura
si registra il maggior dinamismo nonostante il gap infrastrutturale e di
ricerca che affligge la nostra isola.
A tal proposito i dati che ci provengono dal
rapporto elaborato nello scorso settembre dalla Fondazione Curella ci dicono
che “ quello dell’agroalimentare è un settore che si va modernizzando, ma
non con la giusta velocità; è un vena d’oro non completamente utilizzata “.
Il rapporto evidenzia come a fronte di alcune produzioni decisamente in
crescita come il vino che raggiunge un incremento del valore medio unitario
del 7% e l’olio del 10,6% , vi sono altri settori come quelle agrumicolo in
netta regressione . La considerazione che viene fatta è che “ tale crisi
trae origine dalla limitata capacità competitiva degli agrumi italiani
sostanzialmente contraddistinta dai costi superiori rispetto agli altri
competitori e dalla ridotta capacità degli operatori della filiera di
valorizzare le produzioni tipiche del territorio regionale vedi arancia
rossa pigmentata”.
Appare chiaro, che fino a quando non si
abbandona l’atteggiamento questuante e assistenziale che ha caratterizzato
il mondo dell’agricoltura
e non si rivendicano invece politiche mirate,
non si favorirà mai lo sviluppo di questa terra.
Al governo della Regione Siciliana abbiamo
presentato una nostra piattaforma, elaborata in occasione dello sciopero
generale del comparto agro-alimentare-ambientale indetto da Flai Fai e Uila
nello scorso mese di marzo. A quella iniziativa bisogna dare continuità. I
punti più importanti che qui voglio ribadire sono: apertura di un tavolo
verde sulla programmazione negoziata, la costituzione di una consulta
regionale dell’agroalimentare, l’istituzione dell’osservatorio sulla pesca
nel mediterraneo, il potenziamento delle infrastrutture, il rilancio dei
consorzi di bonifica, il rilancio della forestazione produttiva, il piano
agrumi. Tutti temi aperti, che possono trovare una definizione positiva se
la politica volta pagina, se vi è la consapevolezza di tutta la filiera che
gli individialismi non pagano, e se si pensa ad uno sviluppo di qualità. Per
tale scopo vanno programmate e utilizzate tutte le risorse messe in campo
dalla UE, 18 mila miliardi assegnati alla Sicilia per agenda 2000 da
utilizzare entro il 2007 per ammodernare, riqualificare, costruire
infrastrutture. Lavorare in questa direzione vuol dire non farci trovare
impreparati nel 2010,quando il Mediterraneo diventerà zona di libero
scambio, comprendente una quarantina di paesi e un mercato di 600/800
milioni di abitanti.
E’ indubbio che bisogna cogliere l’occasione
rappresentata dalla nuova centralità che il bacino del Mediterraneo
riacquisterà dal punto di vista geopolitico , e Catania ne potrà essere il
centro propulsore.
Il nostro obiettivo deve essere quello di fare
della Sicilia la grande piattaforma specializzata europea per l’agroalimentare
mediterraneo, intendendo con questo non solo la base logistica ( porti,
linee di navigazione, trasporto intermodale, centri di lavorazione e
stoccaggio ecc..) ma anche la base dei servizi collegati al sistema
agroalimentare. Tutto ciò richiede un grosso impegno non solo della
categoria, ma anche della confederazione. E’ per questa ragione che il
mercato agroalimentare a Catania deve essere presto realizzato; esso può
rappresentare una vera e propria “ borsa” dei prodotti agroalimentari di
tutta la Sicilia.
La nostra realtà agricola è contrassegnata, così
come il resto della Sicilia da chiari e scuri, da arretratezza e
innovazione, da produttività e assistenzialismo, da lavoro tutelato e lavoro
sommerso, punti di eccellenza e degrado diffuso. La Flai in questi anni
insieme a Fai e Uila ,ha voluto ribadire alle istituzioni e alle controparti
che bisogna cambiare strategia per rilanciare il settore agricolo e
agrumicolo e per affrontare le sfide che ci vengono imposte da un mercato
sempre più libero. Per fare ciò vanno eliminate quelle sacche improduttive
che pur minoritarie sono ancora esistenti, valorizzando, invece, quelle
produzioni di qualità per le quali la nostra terra è vocata. Produzioni come
quelle del ficodindia, dell’uva, del pistacchio, delle pesche, delle
pere,dell’olio del miele ecc.., senza parlare poi del settore vitivinicolo
che sta conoscendo un periodo di grande espansione, sul quale stanno
puntando aziende ed imprenditori non solo locali, a dimostrazione delle
potenzialità che ha questa produzione. E’ da sottolineare l’importanza che
hanno alcune industrie di trasformazione collegate alla nostra agricoltura,
con una presenza significativa nel settore lattiero caseario che vede ben
due aziende con caratteristiche ultraregionali, anche se segnali di crisi
cominciano a manifestarsi in alcune di queste aziende.
E’ chiaro però, che se l’agricoltura in generale rappresenta uno dei settori principali per l’economa di moltissimi comuni della nostra provincia, basti pensare che nel comparto lavorano oltre 30 mila addetti tra braccianti e lavoratori dell’industria e vi operano migliaia di aziende grandi e piccole. Importanza strategica assume il comparto agrumicolo per quello che rappresenta per la qualità dei suoi prodotti ( vedi arancia rossa )e per le potenzialità che esso possiede. Voglio ricordare che a Catania è presente l’azienda agrumicola più grande del meridione, la coop. Costantina; l’impegno profuso dal sindacato e dai lavoratori per il rilancio di questa azienda, anche recentemente, ha permesso di sbloccare il finanziamento di 8 miliardi. Questo settore vista la crisi strutturale ha bisogno di interventi mirati, selettivi non a pioggia e non assistenziali . L’applicazione in Sicilia del piano agrumi, che pure abbiamo conquistato unitariamente dopo anni di manifestazioni, convegni e viaggi a Roma, non può restare carta straccia, infatti per le proposte e le risorse che contiene (circa 110 miliardi) deve diventare tempestivamente operativo. In una fase nuova come quella che si sta aprendo (Wto, area di libero scambio, nuova Pac, all’argomento dell’Europa ai paesi dell’est) le imprese agricole se vogliono competere adeguatamente in un mercato globale devono riorganizzarsi e ristrutturarsi, partendo dai punti di debolezza, che sono la frammentazione fondiaria e commerciale.In questo senso sono significativi i dati che ci provengono dall’Inps di Catania: 8 mila ditte attive, 300 cooperative,250 imprese commerciali ( in Sicilia ne esitono 800) totale assenza di strategia commerciale in grado di promuovere e sostenere le produzioni tipiche, carenza generale di sperimentazione di nuove tecniche di produzione, mancanza di un progetto di filiera agroalimentare. A questo si aggiunga la mancanza di una sistema infrastrutturale e di servizi, compreso i trasporti, che gravano le imprese di costi impropri. L’emergenza dell’acqua è un altro dei nodi da affrontare e risolvere in tempi brevi, prima che un’altra occasione venga sprecata. L’attuale fabbisogno lordo è stimato in 115 milioni di metri cubi, mentre il volume medio annuo derivato ( calcolato dal dipartimento ingegneria agraria dell’università di Catania) è di 77 milioni di metri cubi. Se fossero completate e messe in esercizio le opere già realizzate ( esempio diga di Pietra Rossa) si potrebbero raggiungere in breve tempo i 100 milioni di metri cubi di acqua da erogare. I nodi principali sono l’invaso Ancipa che richiede urgenti interventi di ristrutturazione e l’invaso Pozzillo che alimenta il sistema irriguo della Piana di Catania , e che ha bisogno adesso di urgenti interventi per lo spurgo di 26 milioni di metri cubi di fango che oggi ne limitano fortemente la capacità di accumulo. Inoltre bisogna prevedere la riconversione delle reti di distribuzione per limitare l’entita ancora troppo elevata delle perdite idriche. Come si vede non si tratta di costruire altre mega opere, quelle esistenti possono essere sufficienti. Si tratta, però, di ultimare le dighe incomplete , effettuare le manutenzioni necessarie in quelle attive, collegare in rete i vari invasi in modo da garantire l’erogazione dell’acqua in tutto il territorio.Il governo della regione per quel che riguarda i servizi, sia per gli usi civili ,industriali e agroalimentari, deve avere un programma serio che nel contempo veda l’applicazione dell’accordo di programma quadro e la realizzazione delle opere per l’emergenza idrica insieme alla riforma degli enti preposti per dare una risposta positiva all’esigenza di riequilibrio, di tutela degli ecosistemi riducendo l’impatto delle alluvioni e delle siccità. Tutto questo insieme a quanto previsto dalla legge Galli potrà senz’altro contribuire alla soluzione di questo gravissimo problema per l’agricoltura.
In questo quadro si colloca , a nostro avviso,
la possibilità di creare quelle condizioni ambientali e di tutela che sono
proprie del bosco.
Nella società forse si sta acquisendo una
maggiore consapevolezza che l’ambiente è una delle risorse indispensabili
per questo pianeta. I disastri sono sotto gli occhi di tutti: frane ,
smottamenti, alluvioni, buco nell’ozono. E’ proprio per queste
considerazioni che le nostre battaglie sempre unitarie in questi lunghi
anni, sono state rivolte non soltanto a garantire e a creare occupazione ,
cosa che abbiamo assolto egregiamente, ma l’obiettivo principale era e resta
quello, da un lato di rendere produttivo il bosco ( piena applicazione della
legge 16/96), dall’altro di incrementare la nostra superfice boschiva che
ancora oggi non supera nella nostra isola l’11% rispetto alla media
nazionale che è del 30%. In questo modo si potrà assicurare un assetto
idrogeologico capace di scongiurare i disastri dei quali troppo spesso siamo
testimoni. . Abbiamo chiuso nei mesi scorsi il rinnovo del contratto
integrativo regionale dei forestali, ci sembra corretto esprimere su di esso
un giudizio positivo perché se da un lato abbiamo regolamentato una serie di
norme che erano divenute terreno fertile di interpretazioni soggettive,
dall’altro sul piano economico abbiamo recuperato incrementi retributivi
notevoli. Dobbiamo aprire un confronto serio con il governo della Regione
Siciliana , in vista anche dei tagli preannunciati nel Dpef, per discutere
sugli interventi da attivare per realizzare una politica forestale ed
ambientale che affronti i nodi principali da noi posti ( recupero di terreni
incolti, rimboschimento, occupazione ecc..) Non vorremmo apprendere
attraverso la stampa di ipotesi demagogiche senza un progetto serio sul
settore, ma neanche che i tagli sono diretti solo e verso la forestale
considerata “ assistita”, mentre invece, si lasciano intatti sprechi e
assistenzialismi troppo presenti nella nostra Regione.
Catania ha una risorsa in più rispetto agli
altri territori, il vulcano e il suo Parco, che se valorizzati bene
potrebbero rappresentare una grande occasione di sviluppo ( agricoltura
biologica, turismo, prodotti tipici ecc..).
L’Etna patrimonio dell’umanità, vulcano attivo
più alto d’Europa, per il suo fascino, la sua storia, le sue risorse,può
assumere il ruolo di grande volano per l’economia turistico-ambientale. E’
per questo che il sindacato in continuità con quanto fatto nel passato,deve
riprendere l’inizitiva affinché si realizzino con equlibrio gli obiettivi di
tutela e fruizione di questo grande patrimonio, in questo quadro va definito
il piano territoriale del Parco.
Non credo sia necessario soffermarmi molto su
tutte le altre materie che interessano il settore agroalimentare, anche
perché sicuramente il dibattito sottolineerà i singoli pezzi della nostra
attività. Voglio solo dire che la Flai non può sottovalutare che nella
nostra provincia esistono realtà significative dell’industria alimentare (
lattiero caseario, industria di trasformazione, imbottigliamento ecc..),
nelle quali quotidianamente vengono affrontati non solo questioni
riguardanti la tutela contrattuale, ma anche problemi ben più corposi che
riguardano la riorganizzazione di queste aziende per essere competitive.
Stesso ragionamento va fatto per il settore della pesca. Qui l’iniziativa
della Flai attraverso la sua lega è stata continua ed incessante, si tratta
di costringere le istituzioni locali e regionali a sostenere questo
importante comparto.Bisogna rendere operativo il consorzio per il
ripopolamento ittico del golfo di Catania, in modo da garantire prospettive
di lavoro alle centinaia di lavoratori che vivono di questa attività.
Dopo una lunga trattativa durata quasi un anno è
stato siglato nel mese di marzo il nuovo contratto provinciale dei
lavoratori agricoli di Catania. Una trattativa difficile per le varie
diversità di posizioni incontrate con le controparti, ma anche tra Fai e
Uila su interpretazioni diverse circa gli accordi di riallineamento. Abbiamo
inserito novità importanti quali l’aumento salariale del 3%, la costituzione
di un osservatorio provinciale con compiti di studio, analisi e monitoraggio
del mercato agricolo provinciale, e la norma, vista la particolarità della
nostra realtà provinciale, che prevede di legare le responsabilità delle
aziende agricole con quelle commerciali nel momento in cui la vendita del
prodotto avviene sulla pianta, con l’obbligo di dare comunicazione oltre che
all’Inps anche all’osservatorio provinciale per permettere un controllo più
incisivo del mercato del lavoro. A fronte di tutto ciò resta comunque aperta
la questione della dignità del lavoro dipendente, che in primo luogo passa
attraverso il rispetto dei patti sottoscritti e conseguentemente
dell’applicazione del contratto di lavoro. Quello che molto spesso
riscontriamo dal confronto con i lavoratori e che a fronte di buste paghe
contrattualmente ineccepibili dal punto di vista della forma ,nella
sostanza il salario reale continua ad essere al di sotto di quello che
prevede il contratto stesso. Se a questo aggiungiamo che il riallineamento è
servito esclusivamente alle aziende per beneficiare di ulteriori sgravi,
senza cogliere appieno lo spirito di tale strumento che era quello di un
graduale avvicinamento, in termini salariali, al contratto nazionale, la
conclusione ultima per la Flai non può che essere quella di un superamento
di questo strumento, e proprio per tali ragioni chiediamo all’Inps di
adoperarsi per verificare se vi siano a partire dal 2000 aziende che hanno
chiesto impropriamente il riallineamento. A tutto questo si lega il fenomeno
della illegalità, dei diritti mancati sia a Catania sia nel resto della
regione. La battaglia contro il lavoro nero, sommerso e grigio per la Flai è
sicuramente una delle priorità fondamentale assieme a quelle dello sviluppo
e dell’occupazione. Nel settore agroalimentare e in particolare in quello
agricolo e agroindustriale, l’alta percentuale di lavoro irregolare, (
rapporto svimez settembre 2001 30,3%) sottopagato, e senza garanzie
contrattuali, previdenziali e infortunistiche, dimostra che il fenomeno è di
massa e pertanto difficile da far emergere. La Flai in questi anni si è
impegnata a promuovere iniziative di denuncia e di lotta sul problema della
legalità e dei diritti contrattuali negati in modo da sensibilizzare
l’opinione pubblica e le istituzioni, tutto ciò per determinare le
condizioni necessarie affinché si mettessero in campo tutti gli interventi
utile per arginare il fenimeno. Attraverso l’importante impegno del Prefetto
abbiamo chiesto un confronto continuo con le controparti e le istituzioni
per agire su due fronti, uno teso ad educare alla cultura della legalità,
centinaia sono infatti, le aziende che pensano di poter continuare ad
operare senza rispettare le regole contrattuali, cosa questa che danneggia
quelle aziende che rispettano i contratti; l’altro in direzione delle
istituzioni, affinché ponessero in essere tutti gli strumenti di controllo e
di azione necessari per reprimere un fenomeno così diffuso. La legge 608/96
voluta fortemente dal sindacato detta norme di fondamentale importanza circa
il controllo incrociato tra le previsioni di fabbisogno e di manodopera e le
giornate di occupazione dichiarate. L’inps che è l’istituto abilitato ad
attivare tale strumento, purtroppo non riesce a farlo decollare.Noi
sosteniamo che se tale controllo venisse attivato, scatterebbe per le
aziende non in regola le imposizioni contributive e con essa quelli fiscali
con notevole beneficio per le casse dell’Inps. Anche su questo si misura la
nostra capacità di intervento.
Da quanto fin qui detto,appare evidente
che molto vi è da fare, diversi sono gli interventi e gli obiettivi da
realizzare. Siamo convinti che essi potranno essere raggiunti con più
facilità se si coinvolgerà pienamente tutto il corpo della nostra
organizzazione insieme ai lavoratori e se saremo capaci di perseguire
costantemente l’unità del sindacato. E’ chiaro che questo non dipende solo
da noi, differenze notevoli esistono nella strategia di Cgil-Cisl-Uil. Sta a
noi, a partire dal nostro livello contribuire a ritessere le fila di un
ragionamento unitario, indispensabile per migliorare le condizioni di vita e
di lavoro della gente che rappresentiamo.Con questo congresso si sancisce la
nascita di due comprensori della Cgil nella nostra provincia. La Flai di
Catania in questi anni è riuscita a consolidare l’importante dato politico
di sindacato di tutto il territorio provinciale. Questa scelta di divisione
non vorremmo, anche per la specificità della categoria e del settore, che
producesse arretramenti sul terreno della iniziativa politica e di tutela di
tutti i lavoratori dell’agroindustria dell’intera provincia. E’ per queste
considerazioni che bisogna prevedere da subito la nascita di un
coordinamento delle due strutture per evitare questo rischio. Infine la
nostra attenzione va anche indirizzata a definire la struttura dell’Alpa,
quale associazione radicata nel territorio; essa può e deve diventare uno
strumento utile di servizio e di tutela delle figure miste nella nostra
realtà.
Siamo arrivati a questo congresso dopo
avere svolto decine di assemblee di base, coinvolgendo migliaia di
lavoratori. La nostra organizzazione è rappresentativa ed attiva, ha
intelligenze e risorse che vanno tutte utilizzate per migliorare la nostra
capacità di iniziativa e di intervento. Ciò va fatto a partire dalle aziende
dove è necessario un nostro più forte insediamento se vogliamo rendere
esigibile quanto pattuito nei contratti. Obiettivo di questa fase è per la
Flai quello di mantenere una presenza forte e capillare in tutto il
territorio provinciale ed insieme a questo di sviluppare la nostra presenza
in tutte le aziende eleggendo le Rsu. Ciò è necessario per garantire ancora
meglio insieme alla tutela individuale, storicamente molto forte nella
nostra realtà, quella collettiva e contrattuale nei luoghi di lavoro. Questo
impegno chiedo che venga assunto dal gruppo dirigente della Flai, che ha
operato molto bene in questi anni e che ringrazio per l’aiuto che mi ha dato
e per l’impegno che fin qui ha profuso.