CALTANISSETTA


 


CALTANISSETTA

 IV  CONGRESSO  PROVINCIALE

 AGRO-INDUSTRIA:

un’occasione di sviluppo

del territorio

nella legalità

 Antonino Giannone

  Segretario   Provinciale

 

RIESI

6 dicembre 2005

      Dall’ultimo congresso provinciale ad oggi, il contesto politico ed istituzionale del nostro Paese, si è profondamente modificato. La vittoria all’elezioni politiche del 2001 del centro-destra ha condotto l’Italia in una crisi profonda del sistema economico nazionale, ha modificato profondamente il sistema delle relazioni sindacali, ha ridotto la spesa pubblica nel settore della sanità, della previdenza, dei servizi sociali e pubblici, ha introdotto un sistema di precarietà nel mercato del lavoro chiamandolo con un eufemismo “flessibilità”, non ultimo, in questi giorni con la finanziaria, ha ridotto ulteriormente le prestazioni previdenziali in agricoltura con il taglio della disoccupazione agricola senza mai aprire un tavolo di discussione con le OO.SS. di categoria sulla riforma degli ammortizzatori sociali ed inserendo, invece, una riduzione dei contributi previdenziali per le imprese agricole, legandoli alla crisi del sistema produttivo e disconoscendo però, contemporaneamente, che gli stessi benefici possano essere applicati ai lavoratori con la proroga delle giornate negli anni in cui dette crisi si verificano. Per non parlare dell’ultima riforma costituzionale, tanto cara alla Lega, la cosiddetta “devolution” che rimette in discussione l’Unità del Paese e il suo assetto costituzionale e, nonostante alcune forze dello stesso Governo si dicessero contrarie alle suddette riforme, alla fine ha prevalso la difesa del potere, per non essere tagliati fuori dalla spartizione delle poltrone, e non l’idea. Il regalo che viene fatto alle regioni del Meridione con la succitata riforma istituzionale, nonché dalla finanziaria attualmente in discussione, è un ulteriore taglio dei finanziamenti per gli EE.LL. del Sud. Per non parlare della perdita del prestigio internazionale del nostro Paese in tutte le sedi Istituzionali Comunitarie.

     Celebriamo il nostro IV Congresso Provinciale nell’anno in cui viene celebrato il Centenario della fondazione della nostra Organizzazione. La storia della nostra categoria si lega in maniera inscindibile alla storia della CGIL. Qualche anno fa, qualcuno pensava che la nostra fosse una categoria che più che al presente appartenesse alla storia della CGIL, era una valutazione profondamente errata superata dalle vicende degli ultimi anni che hanno ridato una importanza fondamentale allo sviluppo agro-industriale del Paese e alla tutela dell’ambiente.

     La logica suddetta non ha pervaso soltanto la discussione esterna alla CGIL, ma  a volte anche la nostra organizzazione, se è pur vero che qualche anno fa ad una riunione indetta per discutere della crisi industriale della nostra Regione non fu invitata la FLAI CGIL, ritenendola, a torto, una categoria non rilevante per lo sviluppo industriale della Sicilia. Invero, negli ultimi decenni, ogni proposta incentrata sullo sviluppo di questa area, partiva da un’ipotesi di investimenti nei settori industriali, commerciali, turistici…, e tralasciava ogni elemento che riconducesse allo sviluppo del nostro sistema agricolo o alla salvaguardia del territorio. I guasti provocati da queste scelte, sono sotto gli occhi di tutti. Tanto è vero che, con lo sviluppo industriale degli ultimi anni si sono affermati concetti che hanno fatto acquisire al comune sentire dei cittadini che i lavori legati alla terra siano lavori socialmente ed economicamente di seconda categoria, quanto non addirittura marginali o di mera sussistenza.

     Il gruppo dirigente della Flai ai vari livelli nazionale e regionali, ha riproposto, in questi anni, l’esigenza di una svolta nella produzione alimentare del nostro paese legandola sempre più alla qualità del prodotto, alla trasformazione e conservazione dello stesso nonché alla fase di commercializzazione e pubblicizzazione dei prodotti. Il rimettere in discussione un sistema produttivo guardando alle richieste che vengono dal mercato di consumo, sempre più attento non solo ai costi del prodotto ma anche alla sua qualità e alla sicurezza alimentare, ha posto una discussione di merito sul tipo di sviluppo sostenibile in agricoltura per accelerare l’abbandono di pratiche di produzione agricola legate a un contesto sociale ed economico completamente diverso.

     La produzione alimentare dell’immediato dopoguerra, puntò tutto sulla quantità del prodotto in un contesto in cui larghe fette della popolazione europea non disponeva di cibo sufficiente per soddisfare le proprie esigenze. Nel corso degli anni si è assistito, grazie alla rivoluzione tecnologica basata essenzialmente sulla meccanizzazione, la chimica agraria, le sementi eletti,  ad un forte aumento della produzione agricola, trainata a sua volta dalla crescita potere di acquisto di massa e sostenuta da una politica agricola comunitaria protezionista, questo ha permesso il passaggio dalla scarsità all’abbondanza degli alimenti, a scapito –per lo più- della sicurezza alimentare. L’eccesso produttivistico ha forzato in modo inappropriato e innaturale la riproduzione di specie animale e vegetale, ha ridotto le capacità autoimmunizzanti di vegetali e animali, ha costruito artificiosi veicoli di diffusione di malattie in grado di minacciare la salute dei consumatori ma anche di chi semplicemente vi entra in contatto, ha danneggiato le condizioni ambientali e le caratteristiche più genuine dei terreni dedicati all’attività agricola. A queste gravi caratteristiche vanno aggiunte due considerazioni: l’eccessivo uso fino allo spreco di una risorsa naturale essenziale come l’acqua e l’eccessivo utilizzo di energia senza porsi obiettivi di efficienza ne, tanto meno, di autoproduzione. Ma la nuova filosofia nutrizionale ha riscoperto la qualità del prodotto, con la ricerca dei suoi sapori semplici e genuini, legandoli sempre più alla sicurezza alimentare. La rivalutazione della “dieta mediterranea” costituisce un elemento su cui puntare per la ripresa di produzioni agricole accantonate nel passato e che oggi sono fortemente richieste dal mercato. La produzione va strettamente legata alla capacità che deve essere presente nel territorio, di conservazione e trasformazione dei prodotti ed ad una efficiente politica di commercializzazione degli stessi. La Sicilia, che pure vanta il secondo posto tra le regioni italiane per  capacità di produzione agricola, si colloca solo al sesto posto nel settore dell’industria di trasformazione e conservazione dei prodotti alimentari: molti di tali prodotti, che troviamo sui banchi dei supermercati, provengono sì dalla Sicilia ma sono trasformati altrove.  

     Enormi potenzialità di costruire ricchezza nel territorio e dare risposta ai pressanti problemi occupazionali di migliaia di lavoratori, in un area che conosce alti tassi di disoccupazione, sono così  abbandonate a se  stesse.

     La Flai Regionale con la sua proposta politica, meglio esplicitata sia nel convegno di Catania –con la presenza di Cofferati- sia in quello di Palermo –con la presenza di Epifani- ha posto con forza l’esigenza di un rilancio della produzione agricola siciliana, legata sempre più alla qualità del prodotto alimentare facendo proposte articolate per tutti i segmenti della produzione agricola, così come ha inteso sottolineare che il problema non è solo quello che produci ma la capacità di fare sistema, sviluppando contemporaneamente un sistema industriale che ponga l’esigenza della conservazione del prodotto e della sua commercializzazione. E’ in questo contesto che come Flai Provinciale ci siamo mossi con i due convegni di Butera del dicembre 2003 e di Milena del dicembre 2004. Nel primo abbiamo sostenuto che la strada da perseguire per uno sviluppo sostenibile è quella introdotta con il contratto d’area di Gela che prevede l’insediamento di diverse strutture di trasformazione e conservazione dei prodotti alimentari in una zona che aveva visto, negli anni precedenti, grossi investimenti nel settore agricolo con la presenza di aziende –come Zonin, Ecofarm, Ilva…- che avevano già iniziato un percorso di trasformazione e innovazione delle produzioni agricole dell’area. L’ulteriore presenza di aziende di trasformazione dei prodotti rappresenta sicuramente un’ulteriore possibilità di sviluppo per l’area e di collocazione dei prodotti agricoli dell’orto-frutta della fascia costiera trasformata. D’altronde, la crisi che ha vissuto nel recente passato la produzione orto-frutticola della fascia costiera siciliana ci fa comprendere come sia ormai urgente indirizzarci verso tale tipo di soluzione. Butera rappresenta, altresì, un’esperienza positiva anche sul versante delle produzioni viti vinicoli. In questi ultimi anni il settore viti vinicolo aveva conosciuto, prima una fase di espansione legata sempre più alla quantità con conseguente trasformazione degli impianti verso la produzione cosiddetta a “tendone” e, successivamente, una fase di crisi per mancata commercializzazione del prodotto, all’interno della quale si collocano diverse vicende di sofisticazione del vino, non ultima quella del vino al metanolo. Sembrava che questa produzione si avviasse verso una crisi irreversibile eppure imprenditori fantasiosi ed onesti sono riusciti ad invertire la tendenza puntando su produzioni di qualità, sui vini IGT e DOC e, principalmente, sulla sicurezza alimentare.

     Tale processo di trasformazione che ha interessato anche la nostra provincia con alcune aziende che si collocano nel territorio di Butera vedi Zonin ed ILVA, dimostra che questo è un settore che ha grandi prospettive di sviluppo. Le succitate esperienze non si sono limitate solamente alla produzione di uve di qualità, ma anche alla trasformazione, all’imbottigliamento e alla commercializzazione del vino. Tutto ciò ha consentito non solo un maggiore utilizzo di forze lavoro ma anche la realizzazione di più lauti guadagni per le aziende.

     Nel convegno di Butera  si è altresì riaffermato da parte nostra l’esigenza che l’insediamento valorizzi la produzione locale, utilizzi al meglio la manodopera e le professionalità esistenti nel territorio, si rispettino altresì i contratti di lavoro e la contrattazione aziendale, e nella fase di insediamento e quella immediatamente  successiva si mantengano corrette relazioni sindacali.

     Nel convegno di Milena, abbiamo prospettato un’ipotesi di sviluppo delle aree interne tese a valorizzare da un lato le produzioni locali –vitivinicola, olivicola, cerealicola- alle quali è vocato il territorio; e dall’altro ad un’attenta politica di recupero e salvaguardia dell’ambiente che è un elemento essenziale per la sopravvivenza di intere aree del territorio interno della provincia di Caltanissetta. In questo contesto si inserisce, con forza, la proposta di modifica della l.r. 16/96. Da anni inseguiamo il Governo della Regione per la discussione della piattaforma sindacale presentata nel 2002, soltanto qualche giorno fa è stato firmato un protocollo d’intesa dalle Segreterie regionali con l’ass. Leontini che recepisce in larga parte le nostre proposte. Il suddetto protocollo che prevede il passaggio di tutti i 151isti a tempo indeterminato, dei 101isti a 151isti, dei 51isti a 78 giornate con l’elemento di garanzia del turno fissato per legge, non va considerato in senso positivo solo per l’aumento delle suddette giornate, ma in quanto cambia radicalmente il modo di vedere e pensare nel sistema della forestazione siciliana.

     Con la l.r. 16/96, si era avuta una prima regolamentazione del settore, la costituzione dei distretti a livello provinciale, nonché la formazione dei contingenti con le relative fasce occupazionali, aveva rappresentato un passo avanti rispetto al passato, eliminando situazioni in cui si era inserito spesso e volentieri il peggior malcostume clientelare. Nel corso di questi ultimi anni si era sempre più ravvisata l’esigenza di dare all’intero sistema una regolamentazione diversa che ne facesse un punto di riferimento per tutte le politiche di salvaguardia e tutela dell’ambiente. Credo che vada vista positivamente l’inserimento nell’ ipotesi d’accordo del riferimento al protocollo di Kioto, nonché l’aumento della superficie boschiva senza il quale non si giustificherebbe l’aumento delle giornate di cui sopra, la riqualificazione e la valorizzazione delle risorse umane, l’utilizzo multifunzionali delle risorse agro-forestali-ambientali, la valorizzazione delle normative nazionali e comunitarie in materia di biodiversità, della tutela del suolo, dell’ambiente e della fauna. Questo accordo, sostanzialmente, tende a far uscire il settore da una pura logica di assistenzialismo ad una logica propositiva di sistema che ha la capacità di produrre beni e servizi e di salvaguardia del territorio siciliano. Lo stesso aumento del turno dell’antincendio da 101 a 151 giornate inserisce il turno di salvaguardia delle zone boschive in una logica più rispondente a una razionale ed effettiva esigenza di tutela, più appropriato alle condizioni atmosferiche del territorio siciliano. E’ evidente che, l’ipotesi di accordo siglata, se non viene trasformata in legge dall’Assemblea Regionale Siciliana, costituirebbe l’ennesima presa in giro di un potere politico sordo a qualsiasi proposta di riqualificazione della spesa pubblica, indirizzandola sempre più alla produzione di beni e servizi per la collettività. Il suddetto accordo dimostra in maniera inequivocabile che per anni l’ipotesi di modifica della l.r. 16/96, avanzata dal Sindacato, puntava non solo a tutelare i lavoratori ma a fare sempre più di questa categoria di lavoratori dei soggetti attivi del mondo del lavoro. Ci si augura, altresì, che le vicende del recente passato sia sui pagamenti delle spettanze ai lavoratori forestali, nonché dell’applicazione dei contratti collettivi di lavoro rappresentino sempre più un triste ricordo del passato e per l’avvenire si vada ad una corretta  applicazione dei contratti nonché del pagamento delle retribuzioni. Negli atri settori, di competenza del Governo Regionale, ESA e Consorzio di Bonifica, purtroppo si registra una stasi rispetto agli impegni che erano stati assunti, né si intravede la possibilità che le situazioni vadano a sbloccarsi in tempi brevi. Nonostante diverse autoconvocazioni ed incontri in Assessorato all’Agricoltura e alla Presidenza della Regione, il percorso di stabilizzazione dei lavoratori dell’Esa è fermo al punto di partenza. E’ evidente che va cambiata strategia affinché si possa pervenire ad un risultato positivo eliminando lo stato di precarietà dei suddetti lavoratori. Così come non decolla la riforma dei consorzi di bonifica che porti tra l’altro alla fine del commissariamento degli stessi e alla costituzione degli organi di gestione democratica, eliminando il sistema di nomina dei commissari che ha determinato finora soltanto una eccessiva precarietà ed una gestione che possiamo senza ombra di dubbio definire paternalistica e clientelare.

     La recente firma del contratto integrativo provinciale ha visto la nostra provincia rinnovare il contratto con due elementi peculiari: 1) la fine dei contratti di riallineamento così come ci veniva indicato dal Nazionale, anche perché ormai erano diventati più che uno strumento di riallineamento del salario del lavoratore a quello previsto contrattualmente, uno strumento che perpetuava il mancato rispetto dei contratti stessi, tanto che spesso e volentieri le aziende continuano a pagare i lavoratori con salari inferiori a quelli previsti contrattualmente oppure vige il malcostume di lavoratori qualificati e specializzati assunti quali lavoratori comuni. 2) gli aumenti previsti dal contratto provinciale sono pari al 6% così come richiestoci dalle Segreterie Nazionali. Tutto ciò, nonostante una controparte datoriale che chiedeva i contratti di riallineamento ed aumenti salariali intorno al 3-4%, sulla scorta di una crisi del settore che intendeva recuperare attraverso la riduzione dei salari, non comprendendo che con questo sistema non si supera la crisi ma si creano soltanto le condizioni per affossare il settore, che necessita di un nuovo e moderno assetto produttivo per affrontare la sfida dei mercati globalizzati e della concorrenza straniera sempre più agguerrita e pressante.  

     La proposta in discussione della finanziaria per l’anno 2006 da parte del Governo Nazionale di abolire la disoccupazione speciale per i lavoratori agricoli colpisce ulteriormente le fasce più deboli della nostra popolazione e la sua riproposizione di anno in anno nella finanziaria senza che si sia mai aperto il tavolo di discussione per la riforma degli ammortizzatori sociali in agricoltura, dimostra chiaramente la volontà di questo Governo di colpire i lavoratori del settore. La manifestazione del 4 novembre ultimo scorso non ha sortito gli effetti sperati tanto è vero che domani avremo una manifestazione dinnanzi al Parlamento nazionale per spingerlo ad una modifica dell’art. 147, -mi corre qui l’obbligo di ringraziare i lavoratori della nostra provincia, alcuni dei quali presenti oggi al nostro congresso che questa sera partiranno per Roma per partecipare alla manifestazione.

     E’ evidente che questo è l’ennesimo regalo di questo governo, per altro molto prodigo nel concedere sgravi contributivi alle imprese, che parla sempre più spesso di condono previdenziale per le evasioni contributive degli anni precedenti, che intende eliminare negli anni in cui si riconosceranno gli eventi calamitosi alle imprese la possibilità di riconoscere per gli stessi anni ai lavoratori la proroga delle prestazioni.

     Tutto ciò nella nostra provincia, come d’altronde sta succedendo in tante altre province siciliane, avviene mentre assistiamo all’annullamento di migliaia di rapporti di lavoro in agricoltura. Non è certamente nostra intenzione difendere il sistema delle truffe nei confronti dell’INPS che hanno interessato diverse imprese, a volte anche completamente inesistenti, e che nel recente passato abbiamo denunciato con forza, ma ciò non giustifica ne è sufficiente per  criminalizzare un intero settore ed tutti i lavoratori che vi operano.

     I rapporti di lavoro inesistenti vanno colpiti ed annullati, le imprese fittizie o che si prestano a simili truffe vanno pesantemente colpite, il sindacato -come ribadito sopra- ha sempre denunciato questo sistema di corruzione e di malaffare,  denunciando le evasioni contributive in agricoltura, lottando per il mancato rispetto dei contratti di lavoro, anche da parte di imprese che hanno ricevuto consistenti finanziamenti pubblici, nonché la pratica mai morta del caporalato che affligge da anni il settore. Non si vuole comprendere che una grossa fetta delle evasioni contributive e salariali nonché delle truffe e della compravendita della giornate passa attraverso le imprese di intermediazione di manodopera istituite con la legge 30 e le cosiddette imprese senza terra; invero, molti dei rapporti di lavoro annullati, non dovevano esserlo, cito soltanto due casi eclatanti: 1) il lavoratore cui è stato annullato il rapporto di lavoro, per lo stesso periodo era agli arresti domiciliari ed aveva un permesso speciale del magistrato per recarsi in azienda; 2) il lavoratore il cui rapporto di lavoro era stato annullato per il 2004, all’inizio del 2005, prima della comunicazione dell’annullamento del rapporto di lavoro, era stato trovato durante una ispezione dell’ispettorato presente in uno dei cantieri  della stessa azienda in cui lavorava nel 2004. Se poi consideriamo che la stragrande maggioranza dei lavoratori che ha presentato ricorso tramite la nostra organizzazione ha dichiarato di non essere stato sentito dagli uffici ispettivi prima dell’annullamento del rapporto di lavoro, ed ha elencato dettagliatamente nel ricorso, periodo di lavoro, azienda, contrada, tipo di coltivazione aziendale e le mansioni svolte, si comprende meglio come superficialmente abbiano operato gli uffici ispettivi .

     Se consideriamo, altresì, che nel settore per ogni effettiva giornata di lavoro dichiarata all’INPS corrisponde una giornata di lavoro in nero, comprendiamo meglio come sia necessario intervenire per modificare le norme che regolano il mercato del lavoro in agricoltura, il sistema di regole inerenti il versamento dei contributi da parte delle aziende, il sistema di controllo sull’effettiva applicazione dei contratti nel settore, nonché il corretto utilizzo dei finanziamenti pubblici. Alcune proposte credo che vadano fatte per rendere il settore meno permeabile alle truffe e alle evasioni contributiva e contrattuale:

a)     la maggior parte delle aziende coinvolte sono le cosiddette “aziende senza terra”, i cui registri d’impresa sono stati rilasciati con una certa facilità dall’Inps; essi invece vanno legati ai contratti di acquisto dei prodotti e va verificato costantemente l’utilizzo della manodopera che deve corrispondere al volume d’affari dichiarato, così come per le aziende di intermediazione di manodopera –che ci si augura possano essere superate con provvedimenti legislativi- devono essere monitorate in relazione alle prestazioni che effettuano per le aziende agricole che le richiedono (es. un costante controllo della fatturazione delle prestazioni potrebbe evitare molte delle truffe che sono state perpetrate negli ultimi tempi);  

b)     il rilascio del DURC anche per le imprese agricole, sia sul piano degli sgravi contributivi sia su quello dei finanziamenti pubblici, costituirebbe un processo di monitoraggio continuo nel settore;

c)      la modifica del versamento dei contributi agricoli che andrebbero versati mensilmente dalle aziende, applicando ad esse anche il sistema in voga negli altri settori della trasmissione telematica dei DM mensili e dei relativi versamenti, eviterebbe l’accumulo di un contenzioso relativamente al pregresso che ormai riguarda gli ultimi vent’anni, stante che nell’ultimo mese l’Inps ha inviato atti interruttivi della prescrizione per pagamenti che riguardano anche l’inizio degli anni ottanta.

d)     La comunicazione di assunzione dei lavoratori non deve essere più fatta entro cinque giorni agli uffici del lavoro, ma contestualmente all’assunzione stessa, invero da una verifica degli infortuni dichiarati in agricoltura emerge un dato sconcertante: la maggior parte di essi si era verificata prima della comunicazione dell’assunzione.

Queste sono alcune delle modifiche che potrebbero consentire un miglior controllo del mercato del lavoro in agricoltura.

     Così come nella riforma degli ammortizzatori sociali vanno previsti alcune ipotesi di percorso:

a)     non legare le prestazioni di disoccupazione a criteri rigidi sul numero delle giornate effettuate dal lavoratore: è mai possibile che in questo settore oltre il 99% dei lavoratori negli ultimi sessanta anni abbia lavorato per 51,101,151 giornate? ;

b)      il pagamento delle prestazioni relativo alla malattia o infortunio in costanza di rapporto di lavoro va effettuato dall’azienda con il relativo recupero sul DM mensile, così come vanno pagati mensilmente gli assegni familiari con lo stesso sistema di scarico mensile per i lavoratori assunti a tempo indeterminato;

c)       La costituzione dei CIMI in tutte le province con l’affidamento ad esse di compiti similari a quelle delle casse edili nel settore dell’edilizia, potrebbe portare ad un miglioramento delle prestazioni integrative per i lavoratori agricoli, nonché ad un controllo più  stringente alle imprese del settore.

Le proposte suddette nascono  da una analisi oggettiva delle problematiche insorte nel settore e vogliono essere un contributo alla discussione che certamente avverrà a livello nazionale nella speranza che si inizi finalmente il confronto con il governo sulla riforma degli ammortizzatori sociali in agricoltura.

Legalità:

     Da anni andiamo sostenendo, inascoltati, che  larghe fette del nostro territorio agricolo erano state abbandonate al controllo delinquenziale e mafioso; l’aumento vertiginoso dei furti, degli scassi, degli atti intimidatori, erano un segnale preoccupante, che risaltava in maniera evidente agli occhi di tutti e che qualcuno invece voleva rilegare ad un fenomeno di delinquenza spicciola magari legato alla presenza di lavoratori extracomunitari nelle nostre zone. Gli avvenimenti succedutesi negli ultimi giorni, proprio nel territorio dove celebriamo il nostro congresso, ci dimostrano esattamente il contrario. Lì dove vi sono finanziamenti pubblici, dove esistono aziende che producono ricchezza e guardano al futuro con le loro trasformazioni dei processi produttivi all’avanguardia, il sistema di potere mafioso intravede la possibilità di fare affari ed inizia progressivamente a condizionare l’impresa. Il nostro sistema produttivo necessita di trasparenza e legalità per espandersi e consolidarsi nelle sfide che il mercato europeo ci imporrà, gli investimenti devono essere utilizzati per lo sviluppo delle imprese e non per consentire illeciti arricchimenti. Lo stesso sistema di evasioni contributive e salariali, quando non viene utilizzato dalle imprese per illeciti profitti, è figlio di un sistema che consente il risparmio di risorse da distribuire diversamente per pagare estorsioni o tangenti al potere politico. Lo stesso rigido metodo di  controllo del  mercato del lavoro, da un lato, impone la presenza di uomini fidati che devono controllare e, dall’atro, consente di accontentare le varie pressioni dei potenti di turno. L’azione della magistratura e delle forze dell’ordine tendente a fare chiarezza ed a debellare il fenomeno, non può non trovare il nostro più convinto sostegno. La modifica dei meccanismi di controllo ed un più efficace intervento degli uffici ispettivi, che vanno potenziati in termini di risorse umane e finanziarie, condizionerebbe di molto il fenomeno delle truffe e delle evasioni, limitando il recupero di denaro da destinare a pagamenti illeciti.

    Ed è in questo clima che vedo in positivo la vittoria di Rita Borsellino per le primarie dell’Unione alla Presidenza della Regione. In un momento in cui l’immagine della Sicilia è fortemente compromessa, c’ è bisogno di un volto credibile che ispiri fiducia e convinca nuovamente imprenditori- nazionali ed internazionali- a tornare ad investire in Sicilia, regione geograficamente strategica al centro del Mediterraneo. Non è un dettaglio, per un operatore economico, culturale, turistico..., la credibilità e l’affidabilità dell’interlocutore istituzionale. E, per far ciò, è indispensabile che "d'impatto" il candidato che si oppone a Cuffaro sia percepito radicalmente alternativo a lui e al suo modo di concepire e praticare la politica.  Ma la scelta di candidare Rita Borsellino non la si deve considerare solo perché legata a un "cognome-simbolo", frutto di una certa retorica antimafia, come qualcuno vorrebbe sostenere. La candidatura di Rita Borsellino và al di là del suo cognome. Ritengo che la sua storia personale, possa segnare davvero una svolta e contribuire a costruire fiducia nel futuro e speranza nella nostra terra, poiché la sua storia parte sì da quel tragico giorno in via d’Amelio, ma si snoda attraverso un’attività che l’ha vista protagonista in tutti questi anni in ogni parte d’Italia, girando l’isola in lungo e in largo, incontrando ragazzi ma anche associazioni, sindaci, categorie produttive, esponenti del mondo della cultura e lavorando a progetti di sviluppo all’interno di associazioni come l’Arci e Libera. Lungo la strada di questi ultimi tredici anni ha conosciuto tanti siciliani che come lei volevano e vogliono voltare pagina. La sua, è una candidatura in grado di costruire unità tra società politica e società civile e mondo del lavoro, cosa di cui abbiamo bisogno, come organizzazione sindacale, come lavoratori che operano in questa nostra terra. Rita Borsellino ha, dunque, una storia tutta sua ed un percorso che a parer mio, scegliendola come candidata alla Presidenza della Regione, noi siciliani facciamo senza dubbio un grosso investimento morale e, per ciò stesso, anche un grosso "investimento economico”.