l’Italia è una Repubblica democratica,


 


l’Italia è una

Repubblica democratica,

fondata sul lavoro!

 

 

Tutti voi sapete che questo è l’articolo 1 della Costituzione Italiana, documento che sancisce già dalle primissime parole la centralità e l’importanza del lavoro. Ognuno di noi ha diritto al lavoro perché esso è condizione e fonte necessaria per la nostra vita e la nostra dignità.

Ognuno di noi ha diritto al lavoro perché il lavoro è guadagno  quindi sostentamento per noi e per le nostre famiglie; ma è anche realizzazione, gratificazione, soddisfazione!

Ma perché il lavoro sia tutto questo, devono esserci le condizioni adatte. Sinceramente io non penso che un bracciante che torna a casa dopo 12 ore di lavoro parli di soddisfazione...O che quello stesso bracciante dopo essersi sentito dire : " Per il momento non c’è lavoro. Magari tra un mesetto o due ci risentiamo". Be, costui non credo proprio che si sentirà gratificato. E purtroppo, riferendomi alla Sicilia, ma più in generale al Meridione, di questi esempi ve ne potrei fare a diecine.

Nel Meridione il mondo del lavoro ha un substrato enorme, che è quello del sommerso. Mi viene in mente una cifra divulgata dall’ISTAT, che non ricordo se si riferisce all’anno scorso o a due anni fa,e cioè che il 25% dei lavoratori agricoli in Sicilia è irregolare.

Ora, io non voglio mettermi a dare cifre, sicuramente non è il mio mestiere, ma quello che vedo tutti i giorni, nell’ambito di tante aziende agricole piccole e grandi, certamente non corrisponde a quella percentuale, che definirei improbabile, o, quanto meno, molto ottimistica.

E questo ci porta inevitabilmente ad una domanda: ma se un lavoratore è irregolare, quale legalità ci potrà mai essere in quel rapporto di lavoro?

Quale punto di appoggio potrà avere quel lavoratore per far valere i suoi diritti?

Quale contrattazione si potrà mai fare per migliorare il suo contratto, se un contratto nemmeno esiste?

Come se non bastasse, bisogna fare i conti anche con una pseudo cultura: quella basata sulla disoccupazione agricola.

Tutti voi sapete che attualmente la previdenza è strutturata in modo da garantire una indennità di DS a quei lavoratori che sono impiegati solo in determinati mesi dell’anno: i cosiddetti stagionali, divisi in fasce di occupazione da 51, 101 e 151 giornate.

Ebbene in Sicilia, ma non solo, tale eccezione è diventata consuetudine, cosicché quell’azienda  che impiega operai per tutto l’anno o quasi, in ogni caso, li assume come stagionali con tutto quello che ne consegue: cioè contributi versati solo per le giornate dichiarate e… soprattutto facoltà di dire :  oggi mi servi domani puoi stare a casa .

Ma la cosa peggiore sta proprio in quella cultura che vi dicevo prima, che porta il lavoratore ad accettare questo stato di cose con un’alzata di spalle e la frase:  Be sì, ma tanto io prendo la DS, e poi così pago anche meno tasse.

E con questo abbiamo risolto tutto.

Da circa 7/8 anni, in Sicilia assistiamo ad uno sviluppo del settore agro alimentare. L'azienda in cui lavoro si è sviluppata in questo contesto di mercato.

E’ un vivaio che produce piantine per uso professionale, destinate alla serricoltura.

Nei mesi di maggior carico di lavoro impiega quasi 200 persone tra impiegati e braccianti, donne e uomini.

Bene, togliendo gli impiegati che hanno un regolare contratto a tempo indeterminato…tutti gli altri sono operai stagionali.

Anche se, con l'attuale organizzazione del lavoro, sono, di fatto, in gran parte, operai a tempo indeterminato (OTI).

Purtroppo, quando capita di parlare della situazione con qualcuno dei colleghi, molti, troppi, si dicono soddisfatti della stagionalità.

Anche se qualcuno proporrebbe loro di passare OTI, non sarebbero disponibili.

Considerate che l’azienda dove lavoro io rappresenta, in provincia di Ragusa, una delle migliori realtà, sotto questo punto di vista.

Lo scorso anno, al rinnovo (sofferto) del contratto provinciale, è stata la prima azienda in provincia a recepire ed applicare in pochi giorni il nuovo contratto integralmente, ma io credo che bisogna puntare alla contrattazione aziendale.

C’è una particolare attenzione alla sicurezza nei luoghi di lavoro, con un servizio di prevenzione e protezione interno, nel pieno rispetto del Decreto legislativo 626.

Aziende di queste dimensioni, in Sicilia, come in tutto il Meridione, ve ne sono molto poche, e tutta questa serie di cose rende, sicuramente, molto difficile il compito di chi vorrebbe far diminuire quelle percentuali di illegalità.

Nella grande maggioranza delle aziende, invece, abbiamo problemi opposti fra cui anche il diritto alla busta paga, infatti, l'obbligo di corrispondere la retribuzione, attraverso il prospetto paga, è solo fittizio.

Detto fenomeno è molto esteso, nel settore. 
Le cause sono diverse a cominciare dai meccanismi esterni che rendono complici i soggetti interessati al fine di ottenere vantaggi di diversa natura.

Penso che tali meccanismi determinano, sia per le aziende (pagamento di minori contribuzioni) e sia per i lavoratori (recupero massimo delle prestazioni previdenziali), un disincentivo al passaggio al tempo indeterminato.

Questa filosofia deve essere cambiata se vogliamo dare maggiore dignità ai lavoratori e al lavoro.

In quest’ottica di legalizzazione, la FLAI è da tempo impegnata, anche se, purtroppo, non noto altrettanta attenzione nelle altre organizzazioni sindacali.

Probabilmente un ulteriore handicap è dato dalla mancata definizione del secondo livello, come livello aziendale, di gruppo o di filiera. Il salario minimo deve essere nazionale e non più di pertinenza anche territoriale.

La riforma della contrattazione deve avvicinare il contratto collettivo nazionale, l'integrativo provinciale e gli integrativi aziendali, ai lavoratori e alle lavoratrici, deve rappresentare per noi un momento di forte identità di categoria.

Ma questa non può essere considerata un'opportunità perché se da un lato dovrebbe esserci il coinvolgimento diretto dei lavoratori, nei fatti, invece, non possiamo non rilevare che presenta grosse difficoltà. A partire dal prossimo rinnovo del contratto dobbiamo essere coinvolti di più, dobbiamo partecipare a tutte le fasi dei rinnovi. 

Infatti, nel tempo, l'attuale modello contrattuale ha prodotto differenze tra provincia e provincia, tra territori e territori, tra lavoratori e lavoratori dello stesso settore.

Ciò, sicuramente, è dipeso dalla capacità e dalla volontà di mobilitazione dei lavoratori e dalla presenza più o meno organizzata delle aziende agricole (spesso di piccolissima dimensione).

Ma ciò è dipeso, pure, dalla capacità di produrre ricchezza e valore aggiunto del settore sottoposto a crisi ricorrenti che si verificano per effetto delle condizioni climatiche e, negli ultimi anni, per effetto della nota crisi di mercato che ha causato una differenza ancora maggiore tra i prezzi alla produzione e quelli al consumo. Se a questo aggiungiamo l'inadeguatezza del sistema delle imprese e della loro incapacità ad essere competitivi con i prodotti di qualità, allora il quadro si fa ancor più desolante.

Pertanto, l'obiettivo che il sindacato si deve prefiggere è quello di unificare le retribuzioni in tutto il territorio nazionale attraverso la conformazione al modello contrattuale di tutti gli altri settori, come bisogna unificare gli operai e impiegati, lavoro manuale e lavoro intellettuale.

La divisione fra questi mondi è un handicap notevole allo sviluppo.

 

A queste condizioni di disagio debbo, purtroppo, aggiungere  che in Sicilia vi sono realtà assurde: aziende dove il Sindacato NON PUO’ ENTRARE.

Dove i lavoratori non possono  parlare con un sindacalista, pena il licenziamento. Alla faccia della giusta causa!

Negli ultimi anni, inoltre, l’acuirsi del fenomeno dell’immigrazione sta peggiorando ulteriormente la situazione: un gran numero di clandestini vengono impiegati da aziende con pochi scrupoli che trovano così manodopera a costi bassissimi e senza dover sborsare un centesimo per i contributi.

Tre danni in uno, praticamente: sfruttamento di questa povera gente, che si accontenta anche solo di un posto dove dormire e di qualcosa da mangiare, evasione contributiva totale, diminuzione della richiesta di personale locale.

Senza alcun dubbio questo è un problema da attenzionare maggiormente rispetto a quanto si sta facendo, magari rimodulando le attuali leggi sull’immigrazione, che sono, di fatto, quantomeno, inadeguate.

La Sicilia è già, da tempo, territorio di frontiera a causa di due elementi specifici che sono: la collocazione geografica sul Mediterraneo e l'economia agricola a carattere intensivo. 
Questi elementi favoriscono il fenomeno dell'immigrazione.

Infatti, periodicamente, in base alle condizioni metereologiche positive, si verificano innumerevoli sbarchi di immigrati.

A volte però, quando le previsioni sono sbagliate, può capitare il dramma, come è successo nelle coste siciliane (vedi  Portopalo, Scoglitti e Pozzallo).

Come possono essere combattute questi gravi fenomeni?

Io penso che solo creando condizioni legislative adeguate i lavoratori super sfruttati possono denunciare la propria condizione e solo così le aziende possono rinunciare ai loro indubbi privilegi. 

Infine il Meridione, ed in particolare modo la Sicilia, è penalizzato da una spaventosa carenza di infrastrutture che impedisce lo sviluppo economico.

In conclusione io voglio dire questo: ci stiamo avvicinando al Centenario della nascita di questa grande Confederazione che è la CGIL. Una data importante, come importanti, per la vita del Paese e dei lavoratori, sono state le tappe sino ad ora raggiunte.

Ma non c’è mai stata e non ci sarà mai una tappa finale, ce ne saranno sempre, piccole o grandi, e tutte in salita.

Consentitemi un  paragone ciclistico.

Per arrivare al traguardo un atleta ha bisogno sì di buoni muscoli, ma, soprattutto, di una grande determinazione.

Allora il mio auspicio è questo: Che si possa festeggiare il Centenario della fondazione della CGIL con una sempre maggiore determinazione, un sempre maggiore impegno nell’aiutare le fasce deboli a non essere sopraffatte dalle organizzazioni datoriali o da legiferazioni inique di governi capitalistici.

Grazie.