19 Dicembre 2005, Caltagirone


 

 

19 Dicembre 2005, Caltagirone

 

Care compagne e compagni,delegati, signori invitati,quattro anni fa nel nostro 3° congresso territoriale, affrontammo, quali erano, e ancora oggi sono le cause, di uno scarso sviluppo del settore agro alimentare industriale, tutto ciò a fronte di produzioni agricole d’eccellenza. A distanza di quattro anni, e con le radicali trasformazioni realizzate in massima parte grazie ai finanziamenti comunitari, nazionali e regionali, possiamo affermare senza correre il rischio di essere smentiti, che i problemi si sono ulteriormente aggravati. Infatti, scontiamo il peso di una mentalità imprenditoriale ancora non sufficientemente all’altezza, delle rivoluzioni imposte dal mercato globale.

Oggi  con il 4° congresso del comprensorio Calatino, ci avviamo ad affrontare vecchie e nuove sfide, consapevoli come siamo, che il nostro impegno, potrà determinare la costruzione di un moderno sistema agro-alimentare industriale riconoscendo ai lavoratori la loro professionalità, il ruolo insostituibile che essi svolgono.  Siamo consapevoli però, dei limiti e delle debolezze strutturali del nostro territorio. Avere come punto di riferimento il rispetto del lavoro e dei lavoratori, diventa essenziale per invertire la rotta di un settore, sempre più marginalizzato dalle politiche di un governo di centro destra, che tiene in scarsa considerazione il lavoro agricolo. Politiche liberiste selvagge, senza regole e vincoli, hanno determinato lo sbilanciamento tutto da una parte, del potere contrattuale, con un vistoso arretramento del potere d’acquisto dei lavoratori agricoli. Riaffermare la necessità di regole certe e di politiche di sviluppo agro alimentare – industriale, ora più che mai è di vitale importanza. Il settore agrumicolo, molto rilevante per l’economia del nostro territorio, da alcuni anni a questa parte subisce continui arretramenti ed accusa difficoltà di commercializzazione sempre maggiori. La perdita di forti quote di mercati internazionali, ha portato il settore a uno stato comatoso, che si ripete ormai ciclicamente.  A questo stato di cose, gli imprenditori non hanno saputo ancora dare uno sbocco positivo. L’incapacità di reazioni ed investimenti adeguati, la scarsa percezione del fatto che ormai, ci dobbiamo confrontare in un mercato globalizzato, il quale imporrebbe scelte coraggiose: confrontarsi con il sindacato per trovare insieme soluzioni diverse. Invece, sono ancora intenti a cercare scorciatoie e soluzioni unilaterali, tutte incentrate nel risparmio da caricare sulle spalle dei produttori delle materie prime,  e dei lavoratori. Una di queste soluzioni, per uscire dalle loro difficoltà, è stata quella di non assumere più i lavoratori alle loro dipendenze, e di ricorrere invece ai servizi offerti loro dalle cooperative di servizi. Questa mossa, a messo le aziende commerciali al riparo da rivendicazioni salariali, ed il sindacato, a non aver una controparte certa, perché, le cooperative sono formate in molti casi da lavoratori nostri iscritti. Le aziende acquistano le materie prime dagli agricoltori e delegano quasi totalmente la raccolta dei prodotti, a queste cooperative cosiddette senza terra, così denominate perché non possiedono nulla al di fuori dei mezzi, che trasportano i lavoratori. Questa soluzione, ha determinato squilibri nel mercato del lavoro. Vero è che in quei comuni dove sono sorte queste cooperative, la manodopera bracciantile trova più occasioni di lavoro, ma è anche vero, che le condizioni dei lavoratori sono peggiorate, in termini di orario e di paga. Infatti, i lavoratori che vi sono occupati, per percepire il salario contrattuale, sono obbligati a lavorare anche a cottimo, più delle 6 ore e 1/2 di quelle previste. Il dato negativo, ovviamente, riguarda i luoghi in cui i lavoratori vanno a svolgere la loro attività, determinando forti contrasti con i lavoratori residenti, che si vedono ridurre le occasioni di lavoro e proporre salari più bassi. Queste tensioni sociali, con le leggi attualmente in vigore sono difficilmente risolvibili. La mancanza di regole certe, i controlli ispettivi quasi inesistenti, l’allargamento delle maglie nei controlli di regolarità contributiva, la mancata riscossione della contribuzione a carico delle aziende, non fanno altro che incoraggiare l’ingresso in questo settore di soggetti che nulla hanno a che fare con il mondo agricolo. Difatti, le recenti notizie di cronaca, che hanno portato la guardia di Finanza alla scoperta di alcune false cooperative sorte nella nostra provincia, e alla denuncia di 5.000 lavoratori. Questo dato deve fare riflettere le istituzioni, sulla vastità del lavoro nero e sull’evasione contributiva in provincia di Catania. L’iniziativa della FLAI sul lavoro nero ed irregolare, tenuta a Catania, a contribuito certamente a far emergere un fenomeno ampiamente sottovalutato dalle istituzioni, a scoperchiare una pentola in cui continua a bollire di tutto. Siamo convinti che il settore ha bisogno di essere gestito, con regole certe, i lavoratori hanno bisogno di sentirsi tutelati dal sindacato, e protetti dalle leggi dello stato. Le aziende, dal canto loro sono ormai obbligate a fare un salto di qualità, pena la chiusura delle aziende, sia esse commerciali che agricole. Attardarsi ancora sull’attuale sistema di commercializzazione, fortemente parcellizzato ed individualista, non può essere la carta vincente per competere adeguatamente con le produzioni provenienti dai paesi emergenti e con le  quali, nostro malgrado saremo costretti a fare i conti. Questi paesi, che possono contare su una mano d’opera pagata a prezzi inferiori, alla concentrazione dell’offerta, alla garanzia di fornire agrumi per circa 8 mesi l’anno anziché come avviene in Italia per 6 mesi, aiuti al credito, ai trasporti e agevolazioni varie, hanno la possibilità di farci concorrenza sul nostro stesso terreno. Non sono poche ormai, le aziende di casa nostra, che comprano agrumi, frutta ed ortaggi dai paesi del nord Africa, le quali sopperiscono in alcuni periodo dell’anno alla mancanza di nostre produzioni. Quando questo si verifica,  è normale che si riforniscano da paesi terzi, non condividiamo invece la scelta di chi, importa agrumi delle nostre stesse varietà e nei medesimi periodi di maturazione. Sappiamo che la scelta e determinata dai prezzi molto più bassi, ma siamo certi che oggi su questi agrumi pende il sospetto sempre più reale, che vengono trattati con sostanze nocive per la salute umana che non sono più consentite in Italia ed in Europa. Ingannare i consumatori, i quali credono di consumare un prodotto italiano, a basso costo, inculca una mentalità penalizzante per le produzioni di qualità. Valorizzare i nostri prodotti agricoli, con l’utilizzo dei finanziamenti ancora disponibili dei patti territoriali, destinati alla filiera agricola, diventa più che necessario, urgente. Fino ad oggi l’elargizione di questi finanziamenti, non hanno determinato gli effetti sperati, perché pur avendo favorito la creazione di moderne ed efficienti strutture, queste scontano sempre la stessa concezione, avere manufatti di modeste dimensioni, che non rispondono più a criteri di economicità e di concentrazione del prodotto.  Per competere con le altre nazioni, occorre riorganizzarsi a tappe forzate. I commercianti di casa nostra invece cercano di sopperire a queste difficoltà riducendo i salari e non rispettando l’aumento degli addetti, a fronte dei finanziamenti ricevuti. Noi ci chiediamo,  se possono essere utilizzare risorse pubbliche per ammodernare gli impianti, senza che gli enti erogatori dei finanziamenti, richiamino questi soggetti al rispetto degli obblighi sottoscritti e vincolanti per ottenere gli aiuti. In passato l’iniziativa fatta dalla CGIL, per stimolare gli imprenditori a dare corso a quanto detto, è stata vista con sospetto, ovviamente non si è capito lo spirito che ci animava e ci anima, che andava soltanto nella direzione del normale rispetto delle leggi. Non può passare il messaggio che una volta spesi i finanziamenti, tutto deve essere accettato, qualunque sia il risultato ottenuto. Occorre invece insistere, sapendo però che il sindacato vigilerà, e, se necessario, per i casi di grave inadempienza chiedere la revoca dei finanziamenti. Ridare fiducia ai lavoratori ed alla società, contribuirà di certo a creare una mentalità positiva. Per questo diventa estremamente urgente e non più rinviabile, la ricostruzione di un modello di commercializzazione e di promozione dei nostri prodotti. Sfruttare fino in fondo le opportunità che ci vengono dalla costituzione di O.P. , associarsi per diventare più grandi, più forti e competitivi, per garantire la continuità delle aziende, dell’occupazione e della esigibilità dei diritti contrattuali dei lavoratori. Cavalcare il trend positivo del momento, che vede gli agrumi a polpa rossa, in forte ascesa nei mercati di tutto il mondo, incentivare la produzione biologica di agrumi, valorizzare le produzioni di pregio di cui il nostro territorio può vantarsi, tra le quali l’uva da tavola di mazzarrone che ha ottenuto il prestigioso riconoscimento “ I.G.P. ma che deve vedere i produttori farsi partecipi di questo strumento per dare sempre più un prodotto sicuro e di qualità elevata. Incentivare la  produzione e l’imbottigliamento di olio di oliva extra vergine con la denominazione della D.O.P. monti Iblei, nella quale ricadono alcuni comuni del nostro territorio. Ammodernare la filiera commerciale dei fichidindia di San Cono, Legare tutti i nostri prodotti al territorio ed alla Sicilia, affiancando ai prodotti agricoli le produzioni artigianali quali la ceramica di Caltagirone. Creare percorsi comuni per la fruizione dei beni ambientali e architettonici, quali il barocco dei comuni del calatino, riconosciuto e tutelato dall’UNESCO quale patrimonio dell’umanità, per l’importanza che questo riveste. Se sapremo far passare questo messaggio nella testa degli operatori del turismo e commerciali, degli artigiani e di quanti operano nel territorio, di sicuro avremo fatto parte del nostro lavoro per difendere i lavoratori e il lavoro. Battersi, affinché i finanziamenti per incentivare il settore non vengano decurtati, operare per la realizzazione ed il completamento delle infrastrutture, in mancanza delle quali le difficoltà aumentano. Spingere, ognuno per la propria parte affinché i lavori di completamento della diga sul fiume Pietra rossa vengano portati a compimento. Bisogna dire basta, alle tante favole che i governanti della regione, e i vari deputati del centro destra, ormai con periodicità elettorale vengono a propinarci. Bisogna avere la consapevolezza che un’opera così importante, che garantirebbe le coltivazioni esistenti, e potrebbe ampliare il territorio irriguo del nostro comprensorio, non è più rinviabile. Le questioni di natura legale sono state tutte rimosse, quelle di natura archeologica che tendono a salvaguardare il sito, sono state individuate e sperimentate in altri posti, e quindi utilizzabili anche qui. Ora è necessario fare in fretta, non siamo più disposti a tollerare il rimpallo di competenze, tra l’assessore all’agricoltura e quello ai beni culturali ed ambientali, all’inerzia del Presidente della regione Cuffaro, il quale fino ad ora non ha fatto valere il suo ruolo di commissario straordinario delle acque in Sicilia. Fare uscire la nostra regione da uno stato di arretratezza strutturale, a fronte di notevoli risorse idriche disponibili, ma concentrate in brevi periodi,  diventa indispensabile raccogliere, conservare l’acqua per renderla disponibile nei mesi estivi. Il ruolo che devono svolgere i consorzi di bonifica, oggi non viene esercitato, perché con il commissariamento e la nomina degli amministratori provvisori, di fatto ormai presenti da oltre dieci anni, hanno portato alla  gestione delle risorse idriche in chiave clientelare, alla sotto utilizzazione delle professionalità dei lavoratori, al ritardo nell’erogazione degli stipendi, ad ingenerare la mentalità che i diritti possono essere dati, facendoli passare per favori. Avere abolito di fatto i lavori di bonifica del territorio, non costruendo o ripristinando i canali di scolo e di regimentazione delle acque, porta ai disastri di cui purtroppo in questi giorni siamo vittime, il nostro territorio devastato da piogge eccezionali, le quali in poche ore hanno ingrossato a dismisura i torrenti ed i fiumi, e in mancanza di una rete di canali efficienti e puliti, hanno portato all’intasamento dei ponti, con il conseguente straripamento, determinando ingenti danni alle produzioni agricole. Utilizzare invece, le professionalità presenti tra i lavoratori, anche tra quelli assunti di recente, fare formazione continua per dare servizi più qualificati e rispondenti al nostro tempo. Eliminare sprechi e sacche di inefficienza, avviarsi verso la democratizzazione della gestione da parte dei produttori, deve essere il risultato a cui ambire. L’inerzia invece ha portato la nostra regione a rischio di desertificazione. Una risposta a questo problema, potrebbe venire dall’ipotesi di accordo di riforma della legge forestale 16/96, siglata il 30 Novembre tra l’Assessore regionale all’agricoltura on.le Leontini e il sindacato FAI-CISL, FLAI-CGIL e UILA-UIL. Questo importante passo in avanti, atteso dai lavoratori da circa tre anni, tanti ne sono passati da quando il 18 Dicembre del 2002, presentammo la nostra piattaforma rivendicativa, Ora abbiamo una buona proposta, io dico, il massimo che in queste condizioni economiche era possibile ottenere. Infatti con l’allargamento della superficie boschiva al 30 % da conseguire nei prossimi cinque anni, all’aumento di oltre un milione di giornate, tutti i lavoratori forestali avranno miglioramenti sostanziali, a partire dai 51unisti che passeranno a 78 giorni di lavoro minimo garantito, per i 101nisti che nell’arco di un triennio passeranno tutti a 151 giornate di lavoro, con l’ampliamento del contingente dei lavoratori a tempo indeterminato da 875 a 3.817 unità, un passaggio importante perché tutto questo si realizzi è quello che l’assessore Leontini, tenga fede a quanto sottoscritto nell’accordo, di inserire nella finanziaria del 2006, i fondi necessari a  realizzare gli obiettivi previsti nell’accordo.

Questo consentirà di portare questa categoria verso la stabilizzazione, lavorare rispettando il calendario silvano, avere la certezza di essere pagati in tempi rapidi, per eliminare la vergogna di quello che è successo quest’anno.

        Le aziende agricole, svolgono la loro attività in un vasto territorio, con pochi addetti, e quasi mai sottoposti a controlli ispettivi. Per il sindacato, è impossibile entrare in queste aziende, perché i lavoratori impiegati non raggiungono quasi mai il numero minimo richiesto per costituire le rappresentanze sindacali, negli altri casi, il fattore limitante, è il timore dei lavoratori di essere licenziati, perché sempre più spesso i lavoratori locali vengono rimpiazzati da lavoratori extracomunitari, i quali nella maggioranza dei casi sono clandestini e subiscono questa loro situazione accettando di lavorare a salari bassissimi e orari che in estate arrivano anche a 10, 12 ore al giorno e condizioni abitative nelle stesse aziende in cui lavorano al limite della schiavitù. Questi fatti stanno creando un clima di forte disagio e l’aumento del fenomeno odioso del razzismo. E’ necessario rivendicare adeguati strumenti legislativi che portino questi lavoratori ad essere regolarizzati ed a lavorare a parità di condizioni del lavoratori locali. Le rivendicazioni salariali, vengono avanzate e ottenute con buoni risultati, solo in occasione delle grandi campagne di raccolta degli agrumi. Per le altre lavorazioni, il salario è determinato dalla domanda e dall’offerta di manodopera. Questa azione regolatrice del mercato del lavoro, è ritornata ad essere utilizzata da molti datori di lavoro. Il contratto integrativo di lavoro degli operai agricoli, è quasi in dirittura d’arrivo, ma di fatto è un contratto che non viene più vissuto dai lavoratori, i quali vedono la firma di questo strumento come un fatto puramente dovuto e di cui si devono occupare i dirigenti sindacali. Scelta sbagliata e perdente che alla lunga potrebbe avere conseguenze pesanti. Il taglio della disoccupazione speciale ai braccianti agricoli, con l’introduzione del comma 147 nella finanziaria 2005, provvedimento congelato a seguito delle imponenti manifestazioni fatte nello sciopero generale a Dicembre 2004, e le successive delegazioni di lavoratori che hanno presidiato il Senato a Roma il 14 Dicembre 2004, ha chiarito a tutti qual è la volontà del governo che si muove nella direzione dello smantellamento delle regole e della distruzione della previdenza in agricoltura. La promessa fatta dal ministro Alemanno, di cancellare il comma 147, nel corso della discussione di riforma della previdenza agricola, non è stata mantenuta, il sindacato si è visto costretto a mettere in atto manifestazioni e scioperi che sono sfociate nel presidio di Palazzo Chigi a Roma il 7 Dicembre 2005, per chiedere di cancellare il comma 147 . Alle promesse del ministro, purtroppo non sono seguiti i fatti, ancora una volta le promesse fatte non vengono mantenute. E’ stato annunciato che un provvedimento di sospensione temporanea, forse sarà inserito domani, nel decreto mille proroghe. Il sindacato nazionale FAI, FLAI ed UILA hanno deciso lo sciopero generale della categoria. In Sicilia siamo impegnati ad una manifestazione provinciale che sostenga lo sforzo del sindacato per arrivare alla cancellazione di questa norma odiosa a danno dei lavoratori agricoli.

Dall’altro versante, il governo nazionale pensa di fare opere faraoniche, a cui personalmente, e per principio non siamo contrari, ma prioritariamente diciamo che, vanno fatte le opportune verifiche di impatto ambientale e paesaggistico,  e determinando le priorità, non ci sembra che il ponte di Messina, abbia oggi queste caratteristiche, sapendo bene che queste risorse, se mai saranno disponibili, potrebbero essere indirizzate verso la costruzione di strade, ed autostrade, di cui questa zona ha fortemente bisogno, realizzando l’0biettivo di far viaggiare le merci più velocemente, in modo di raggiungere i mercati regionali e nazionali più velocemente. Garantire la sicurezza delle persone,  raddoppiare le corsie nella strada a scorrimento veloce Catania – Gela, tristemente denominata la strada della morte, per i continui incidenti mortali che vi si registrano. Completare la strada a scorrimento veloce  Licodia Eubea – Libertinia. I provvedimenti tampone adottati da provincia e regione non sono più sufficienti.

         La giusta reazione di 3 milioni di lavoratori e cittadini, che hanno partecipato alla manifestazione indetta dalla CGIL il 23 marzo 2002 a Roma, ha portato successivamente tutte e tre le confederazioni a prendere coscienza delle reali intenzioni di questo governo, che vorrebbe dividerci per spadroneggiare liberamente. Nella confusione successiva alle elezioni politiche del 2001, il sindacato è stato l’unico soggetto che ha saputo reagire di fronte agli attacchi governativi, è stato punto di riferimento dei lavoratori. Il momento in cui saremo chiamati a dare un giudizio sull’operato dei governanti nazionali e regionali si avvicina rapidamente, il popolo siciliano, saprà dare una risposta adeguata. I segnali provenienti dal test elettorale di Messina sono incoraggianti. C’è la speranza che la coalizione di centro sinistra a Palermo ed a Roma, meno rissosa, con un programma chiaro a favore dei ceti meno abbienti, cancellando o riformando i provvedimenti adottati dal governo Berlusconi, in materia di pensioni, sanità, scuola, e mercato del lavoro. Da parte nostra, occorre la massima vigilanza affinché queste priorità siano portate avanti senza tentennamenti e senza sconti ideologici. Riorganizzare il nostro lavoro, estendere e rafforzare la presenza del sindacato unitario all’interno delle aziende, eleggere i rappresentanti sindacali, incoraggiare i lavoratori ad esercitare i loro diritti, che diventino effettivamente esigibili, deve diventare il pane quotidiano di cui ci nutriamo nel nostro lavoro. Dedicare un pò più di tempo nella ricerca, e nella formazione dei quadri sindacali è un obiettivo ambizioso ma possibile, percepire i segnali del malessere che a volte serpeggia tra i lavoratori, è un atto di attenzione dovuto, il ritardo nel capire il disagio dei lavoratori, ha portato alla costituzione di movimenti autonomi per nulla disinteressati,  che niente hanno a che fare con i lavoratori. Incoraggiare l’ingresso dei giovani e di quanti vogliono cimentarsi nel difficile compito di lottare per tutelare i diritti dei lavoratori. Se vogliamo veramente, che il titolo del documento del 15 congresso della CGIL, Ricostruire il paese: Lavoro, saperi, diritti, libertà non resti una frase priva di significato, occorre che tutti: dirigenti sindacali per primi, e lavoratori, ognuno per la propria parte facciamo il nostro dovere.

Spero che questa mia relazione, sintetizzata per ragioni di spazio, dia spunti per un dibattito serio ed approfondito, che ci porti ad affrontare le sfide del futuro con la giusta consapevolezza di contribuire alla costruzione di una società migliore più giusta e più rispettosa nei confronti dei lavoratori.