5 settembre 2001
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Inaugurazione della Nuova sede della C.G.I.L. Camera del Lavoro
di Niscemi
Relazione: Giuseppe Cultraro
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110° anniversario della Costituzione del Fascio dei Lavoratori
di Niscemi
Commemorazione: Rosario Antonio Rizzo
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La scelta di inaugurare la
nuova sede della Camera del Lavoro di Niscemi il 5 Settembre non
è casuale, in questa data ricade il 110° anniversario della
costituzione del Fascio dei Lavoratori di Niscemi.
l Fasci dei Lavoratori Siciliani sono da
considerarsi le prime strutture organizzative ed associative di
tipo sindacale sorte in Italia, nel 1888 nasce a Messina il
Fascio dei Lavoratori, l'adesione non fu di natura individuale
da parte dei singoli lavoratori ma di natura consociativa da
parte delle singole associazioni di arti e Mestieri ed ebbe
carattere mutualistico, la sua attività fu di breve durata,
venne ricostituito dopo quattro anni sulla scia del Fascio dei
Lavoratori di Catania con prevalente attività nell'area urbana
della città.
Il 1° Maggio 1891 a Catania viene costituito il
1° Fascio dei lavoratori Siciliano con carattere di adesione
individuale del singolo lavoratore, il raggio delle sue attività
politiche fu di carattere urbano e non interessò le campagne
circostanti, ebbe però delle massicce adesioni.
Il 5 Settembre del 1891 ad opera del Dott.
Giuseppe Secondo Crescimone viene costituita ed aperta la
sezione del Fascio dei Lavoratori di Niscemi; la sede di Niscemi
del Fascio dei Lavoratori ebbe un prevalente raggio d'azione
nelle campagne, fù il secondo Fascio ad operare nel contesto
Siciliano; l'importanza della sua azione politica tra i
contadini fu elemento propulsore per la costituzione della
sezione di Terranova ( diretto da Aldisio Sammito ) e nei vari
centri della Sicilia.
Elemento aggregante nei Fasci dei Lavoratori "La
Terra –ovvero l'assegnazione e il possesso"; per essa in Sicilia
in tempi precedenti la costituzione dei Fasci si erano avuti
diversi tumulti e moti:
1820 a Ragusa dopo una sommossa popolare i
contadini danno l'incarico ad un agrimensore un certo Puglisi
per dividersi le terre demaniali; 1837 a Monterosso Almo sempre
in provincia di Ragusa i contadini nel corso di un moto popolare
proclamano una sorta di Città Stato ( mezza repubblica e mezza
Monarchia emettono a capo di essa un RE VILLANO un certo Fatuzzo
( musso i Furettu ) al quale viene assegnata l'onore della
guardia del corpo e una paga di tre Tarì al giorno;
1860 Bronte il moto popolare mira alla conquista
della terra attraverso la divisione della terra della ducea dei
Nelson, dopo lo sbarco in Sicilia Garibaldi emana un proclama
dittatoriale per la divisione delle terre ma l'affare Bronte non
presenta il classico enigma della storia ma bensì la chiarezza
estrema "non può essere fatto torto agli Inglesi".
Garibaldi manda a Bronte N. Bixio e il moto viene
represso con la fucilazione dei capi dei rivoltosi.
Un Carbonaio mentre viene condotto in galera,
balbetta: "dove mi conducete, in Galera, o perché, non mi e
toccato neppure un palmo di terra e mi avevano detto che c'era
la libertà".
Fame di terra, elemento decisivo e chiave di
lettura per comprendere l'adesione alle lotte del 1860 in
Sicilia che portano all'unità nazionale, suonano le campane e si
grida VIVA LA LIBERTA', la novella di Verga "La Libertà" in
Sicilia ha interessato diversi comuni, la trama verista i
braccianti l'hanno scritta con il loro sangue.
"La Terra e di cu la zappa e no di cu porta la
cappa ntesta" il proverbio evidenzia il rapporto inalienabile ed
indissolubile sui diritti che i braccianti rivendicano per il
possesso della terra, la robba e i frutti in campagna sono di
chi lavora e zappa, ma quando viene riposta nei magazzini del
padrone per il bracciante cessa ogni diritto.
Ma cchi cc'è ri manciari
Trufili cotti e favi caliati.
Matri nun mi chianciti quannu moru,
un baulleddu ri ricotta maviti a fari,
ppi chiumazzeddu ddu capona cotti,
ppi crupecchiu ducentu ova fritti,
ppi cannili cordi ri sasizza,
ppi acqua biniritta vinu forti,
a latu a latu ddu picciotti schetti,
lassatila fari a mia sta mala morti.
Nta li Pulizzia nun cci stati a iri
dda cc'è lu nfernu ppi li criaturi,
Tanu Spartà ommu ri Cuvernu
picciotti cu vo broru cc'ì ni rugnu,
Turi La Rosa Cori Cainu
e iammi ri gnumminu
pigghia lu litru e lu metti scianchinu.
Ordine del feudo
Fatturi
Suprastanti
camperi
Varda costi
larzuna
Caicchi
e raitteri.
Il
Fascio dei Lavoratori, genesi del sindacato sia sotto l'aspetto
organizzativo che aggregativo, svolse l'azione politica nelle
campagne affrontando la questione agraria per l'assegnazione
delle terre Comunali e demaniali nonché per migliori condizioni
del patto agrario che all'epoca si reggeva su Patti Agrari
usurari ed Angarici ( sulle sementi anticipate dal padrone al
bracciante sugli affitti dei terreni a Terraggio venivano pagati
ed imposti tassi di interessi da usura e da strozzinaggio,
tipico il detto tra i contadini "0 x 0 = a 1 Cantaro e
venticinque il resto a magazzino", nulla restava al
bracciante dopo un anno di duro lavoro solo miseria e
povertà.
Uomini generosi ed audaci come il Crescimone,
sotto la bandiera della libertà lanciarono un forte grido di
riscossa organizzata nei Fasci dei lavoratori per demolire lo
stato del sopruso feudale e liberare la Sicilia dai vincoli
feudali.
I fasci proliferano in tutta la Sicilia, gli
obiettivi, le rivendicazioni per migliori condizioni di vita e
di diritto nelle campagne; dal movimento bracciantile
organizzato nel Fasci nascono i patti agrari di Corleone che
mirano al superamento del sistema Feudale ed Usurario
dell'affitto della terra.
Per l'annata agraria 1893/94 viene proposta
l'abolizione del terraggio terratico (affitto dei terreni), la
trasformazione del terraggio o affitto in Mezzadria, il
proprietario inoltre deve apprestare la terra ed anticipa le
sementi a fondo perduto, la retribuzione del lavoro del
bracciante e la disponibilità della terra avverranno attraverso
la ripartizione dei prodotti in natura e in parti uguali.
l Patti Agrari di Corleone nel loro contenuto
invocano il principio di eguaglianza e di giustizia, essi
costituiscono un primo passo verso la rottura con la tradizione
di origine feudale dei patti usurari.
I Fasci dei Lavoratori pur movendosi attorno ad
una proposta collettiva, mantengono un atteggiamento molto
legalista nel rispetto dell'art.32 dello Statuto dello Stato
Unitario, essi esercitano il diritto di adunarsi.
La crisi economica degli anni 1892/93 colpisce
maggiormente l'agricoltura per la quale il governo centrale
guidato da F. Crispi anziché adottare misure di soccorso per
l'economia agricola, risponde con provvedimenti fiscali quali il
dazio sul grano, sull'orzo, sull'olio, sul vino e sugli altri
prodotti alimentari quali verdure e carni; il dazio era una
imposizione fiscale feudale di tipo indiretto che colpiva
l'intera popolazione riducendo a zero i consumi mentre l'imposta
diretta sul grande patrimonio della nobiltà era inesistente.
La popolazione affamata dalle nuove tasse, da
vita a sollevazioni e a dimostrazioni di
massa con manifestazioni in tutta l'isola:
-Caltavoturo (PA) 20 gennaio 1893 la popolazione
manifesta contro il dazio, 11 morti e 40 feriti;
-Serradifalco (CL) 19 marzo 1893 ancora morti e
feriti nel corso di una manifestazioni contro il dazio sul
grano;
-Gibellina 1° gennaio 1894 a Gibellina la
manifestazione contro il dazio si traduce in 20 morti e diverse
decine di feriti;
-Pietraperzia (EN) pochi giorni dopo i fatti di
Gibellina nel corso della manifestazione di protesta sul dazio
vengono uccisi 8 contadini e 15 vengono feriti.
18.1.1894, alle sollevazioni popolari il governo
Crispi risponde con la repressione e la proclamazione dello
stato d'assedio (il gen. Roberto Morra di Lavriano viene
nominato Commissario Straordinario con pieni poteri civili e
militari), vengono sciolti i Fasci dei Lavoratori compreso
quello di Niscemi; viene scatenata una violenta repressione con
l'arresto di 2000 dirigenti dei Fasci.
Il Comitato Centrale dei Fasci dei lavoratori
viene azzerato con l'arresto di Garibaldi Bosco, di Barbato e di
Verro, l'onorevole De Felice viene arrestato e dichiarato
decaduto dal mandato parlamentare; per molti saranno irrorati
10, 15 e a volte 18 anni di carcere per avere diretto i Fasci
dei Lavoratori che restano le più antiche associazioni sindacali
cancellate con la violenza.
La conquista e la tutela dei propri diritti,
l'emancipazione morale e materiale delle masse nonché le libertà
e i diritti reclamati hanno turbato in Sicilia il blocco
d'Ordine Agrario e Feudale del quale Crispi fu garante ed
esecutore nel cancellare e calpestare la ventata di democrazia e
di libertà espressa dai Fasci.
Tra il 1896 e il 97 in Sicilia si rafforza il
Movimento Sindacale, nascono le prime Camere del Lavoro, avviene
il naturale passaggio e trasformazione dell'eredità politica e
morale dei Fasci nella forza organizzata del sindacato.
Nel 1906 sotto la spinta del Movimento
bracciantile organizzato nel sindacato i contenuti dei Patti di
Corleone diventano una norma imperativa di legge.
Niscemi nella sua tradizione agricola e
bracciantile ha espresso momenti di civiltà nel processo di
trasformazione portato avanti con le lotte dei braccianti e dei
contadini, memorabili le battaglie per l'occupazione delle terre
nei feudi Terrana e Priolo dove si è fuso il ruolo della Camera
del lavoro di Niscemi con la presenza illuminata dell'allora
sindaco Dott.Giuseppe Secondo Crescimone .
La scelta di inaugurare oggi la nuova sede della
Camera del Lavoro di Niscemi rimarca la continuità della
funzione guida del sindacato nel processo di cambiamento
dell'economia della nostra città.
Niscemi come in prevalenza l'economia agricola
della Sicilia nell'epoca precedente ai Fasci dei Lavoratori e
fino agli anni 50 presentava un tessuto economico arcaico e
feudale dove l'agricoltura manteneva i connotati di tipo
estensivo con prevalente conduzione e coltivazione della
cearicoltura, delle leguminose, del mandorleto, dell'uliveto,
del vigneto e della coltivazione del Fico d'india (per spezzare
la fame nell'inverno e causa di risse per furti con i vicini di
Terranova in lotta spesso per piccoli furti di fichi d'india e
di Santi), presente e rara era la coltivazione del carciofo.
Le rimesse degli emigranti di fine anni 50 e per
tutti gli anni 60, investite dagli stessi nell'acquisto di terre
nella piana vocate alla coltivazione del carciofo hanno dato
impulso alla nuova economia del carciofeto, poi verrà la serra,
ma restiamo fermi a livello dell'improvvisazione per
sopravvivere; si è ridotta l'emigrazione e sbarchiamo il lunario
con redditi da lavoro a volte più remunerativi.
Riusciamo a sopravvivere se il freddo brucia le
coltivazioni pugliesi, viviamo o meglio speriamo di vivere sui
guai e sul pianto altrui, ancora oggi vendiamo le carciofe con
il sistema del fascio simile al vecchio Rotulo introdotto da noi
dagli arabi, spesso il nostro prodotto parte con cassette con
impresso il marchio pugliese o di altre aree.
Ritengo che il sindacato possa e debba avere una
sua funzione guida per garantire in positivo il processo di
cambiamento e rafforzamento dell'economia della città per creare
certezze nuove che producano lavoro e benessere.
Non possiamo restare fermi all'interno del
recinto della sagra popolare del carciofo che nasce e muore
dentro l'ambito della città, vanno creati organismi quali i
Consorzi dei produttori per garantire l'origine e l'area di
provenienza del prodotto nonché la qualità e i ceppi del
prodotto stesso, oltre ai Consorzi debbono esercitare una
funzione guida il Comune, la Provincia, la Regione, la Camera di
Commercio, va creato un marchio di riconoscimento, dobbiamo
farci conoscere per conquistarci uno spazio di mercato con un
segmento certo, va regolata la domanda e l'offerta del prodotto
nei mercati attraverso il rafforzamento dei rapporti economia
informazione con moderne campagne d'immagine.
Dobbiamo inventarci il futuro, per questo
penserei ad un premio letterario in memoria di Mario Gori e di
Angelo Marsiano, un premio letterario su scala nazionale che
proietti una nuova immagine del Carciofo e dei nostri prodotti
agricoli, vedrei la costituzione di un libero "Principato del
Carciofo" che faccia immagine e ad un monumento perenne a Ponte
Olivo del Carciofo che possa costituire una comunicazione
permanente e continua sulla economia della città. Esiste l'istituto regionale della vite e del Vino dobbiamo lavorare per la costituzione di un istituto regionale con sede a Niscemi per lo studio e lo sviluppo del carciofo in qualità e genuinità per migliorare il prodotto è l'economia della nostra città affinché si possa passare dalle improvvisazioni ad una economia fatta di certezze per un futuro migliore.
I FASCI DEI LAVORATORI A NISCEMI
5 SETTEMBRE 1891
"Del passato dovremmo riprendere i fuochi e non le ceneri" Jean Juares
Non sono pochi a chiedersi il senso di questa
Commemorazione, di un avvenimento cioè, che ha le proprie radici
negli Anni Novanta del 1800.
Cento dieci anni che hanno contraddistinto, in
cambiamenti veloci, la vita di interi Continenti, della nostra
Nazione, della nostra Regione, della nostra Provincia e, anche,
della nostra Niscemi.
Le perplessità non nascono tutte da futili
motivi.
Viviamo un' epoca di globalizzazione, di apertura
verso l'esterno: un esterno che abbraccia il mondo intero. Per
cui ricordare un avvenimento di centodieci anni fa, potrebbe
rientrare in quella cultura passatista, fine a se stessa e senza
ricadute, di primo acchito nel nostro presente.
Ci ricordava lndro Montanelli, intelligente
maestro del paradosso, prima di andarsene, che Ugo Ojetti,
maestro del giornalismo del Novecento amava dire "...
l'Italia è un Paese di contemporanei senza antenati ne posteri,
perché senza memoria"(1).
Lo storico Rosario Romeo, invece, sosteneva che:
"Un Paese idealmente separato dal proprio passato, è un Paese
in crisi di identità e dunque disponibile, senza valori da cui
trarre ispirazione e senza quel sentimento di fiducia in se
stesso che nasce dalla coscienza di uno svolgimento coerente in
cui il passato si pone come premessa e garanzia del futuro".
E partendo da questo paradosso abbiamo voluto
indagare uomini, fatti, vicende, umori, lotte che centodieci
anni fa hanno portato alla nascita di un movimento, "I fasci
dei lavoratori", che ha saputo organizzare la classe
contadina e bracciantile per un'agricoltura dalle condizioni di
vita civili ed umani, sfidando i pregiudizi e le rivalse delle
famiglie feudatarie, gli eccidi di massa e le angherie del
braccio armato della classe padronale: "campieri,
amministratori di interi feudi, sensali arricchitisi perché
protetti dai "poteri" incontrollabili dei loro padroni "(2).
Un movimento, "I fasci dei lavoratori",
che si proponeva, come possiamo leggere nel riassunto degli
obiettivi dello statuto di Caltanissetta, al quale i "Fasci"
di Niscemi facevano riferimento:
"1. Di stabilire le tariffe dei lavori in ragione
dei mezzi economici che occorrono per vivere e di farle
rispettare a favore del Socio.
2. Di ridurre le ore di lavoro per modo che il
lavoratore abbia la possibilità di educarsi e di riposare,
diminuendo così la disoccupazione.
3. Di prender parte, indipendentemente da ogni
partito, alla lotta pubblica, allo scopo di risvegliare nella
sua classe la coscienza dei propri diritti finora sacrificati
all'interesse del Capitalista.
4. Di appoggiare con ogni mezzo e
coll'organizzazione operaia per arti e mestieri, la
propaganda e l'attuazione dell'emancipazione
sociale" (3).
Si propone inoltre i seguenti scopi immediati:
l. Istituzione della Camera del Lavoro.
2. Società cooperative di produzione e consumo
fra i soci del Fascio.
3. Case economiche per i soci del Fascio.
Era l'anno 1891 i lavoratori siciliani finalmente
trovano il coraggio di organizzarsi per fronteggiare gli
attacchi della classe padronale e di uno Stato sempre schierato
dalla parte delle classi privilegiate.
I lavoratori siciliani finalmente si ponevano
degli obiettivi che i lavoratori in altre Regioni del Nord
Italia e d'Europa si erano posti almeno ottocento anni prima.
Pensiamo, dopo l'Anno Mille, ai regolamenti dell'industria
tessile della Toscana o quelli delle Arti e dei Mestieri della
Svizzera, della Germania, della Francia che disciplinavano il
rapporto tra operai e datori di lavoro.
Ma come si era arrivati a questo tipo di
organizzazione?
In primo luogo la crisi economica che investì
l'Italia, ma soprattutto la Sicilia, nel decennio 1880 - 1890.
Una crisi economica alla quale contribuirono
diversi elementi: dalla guerra doganale con la Francia, dove
finiva gran parte della produzione agraria siciliana, alla
politica protezionistica; dal divario esistente tra le scelte
delle colture e le tecniche agricole delle varie regioni
italiane, all'insensibilità di una classe padronale sempre alla
ricerca di maggiori profitti, adoperandosi per il fallimento
delle quotizzazioni e dell'assegnazione delle terre demaniali.
Una crisi economica che determinò la caduta dei prezzi agricoli
e che permise ai contadini di organizzarsi. Scrive Giuseppe
Miccichè sull' argomento: "Le masse popolari isolane, che per
lunghi anni erano rimaste divise ed emarginate, furono scosse
dall'inerzia e dalla passività e chiamate a svolgere una
funzione di forza egemone su una piattaforma di lotta per
obiettivi avanzati, tra cui l'abolizione dei patti angarici e
usurari, l'equa distribuzione dei gravami fiscali, la
democratizzazione delle amministrazioni locali"(4).
Abbiamo ritenuto necessaria questa beve premessa
prima di analizzare la situazione dei "Fasci dei lavoratori"
di Niscemi.
Il compianto prof. Angelo Marsiano è stato tra i
primi ad occuparsi di questo Movimento; ha letto la bibliografia
esistente sull'argomento; ha cercato negli archivi pubblici
documenti e testimonianze su Niscemi e ha riferito in sue
diverse pubblicazioni. Mentre l'archivio privato del dott.
Giuseppe Crescimone, animatore della Niscemi di fine Ottocento e
organizzatore dei "Fasci dei lavoratori", nonostante
fosse destinato, per sua dichiarata volontà, ad una pubblica
Fondazione, nessuno è riuscito a consultare.
Scrive Marsiano nella descrizione socioculturale
della Niscemi ottocentesca: "II nostro paese è molto giovane
di anni e nel primo periodo della sua esistenza non si
raccolgono testimonianze sufficienti per poter intravedere I
'esistenza di una vera e propria classe egemone acculturata. Il
comportamento di vita dei cittadini deve considerarsi basato
esclusivamente sulla saggezza e sull'esperienza popolare diffuse
per via orale, arricchite sempre più dagli immigrati medianti
apporti culturali acquisiti nei loro paesi di origine, che
venivano assimilati dall'intera comunità, anche se esisteva
qualche elemento necessariamente istruito per le mansioni civili
o religiose che era chiamato a svolgere nella società. La
cultura in questo periodo non si allontana dagli insegnamenti
morali e religiosi della Chiesa cattolica, e anche se si colgono
delle note polemiche tra gruppi contrastanti, esse sono mosse
più da diatribe personali che da motivazioni idologiche"(
5).
Ma a Niscemi arrivarono i riverberi dei grandi
Movimenti europei: dall'I1luminismo al Romanticismo, al
positivismo, dalle speranze della Rivoluzione francese alla
delusione per la restaurazione imposta dal Congresso di Vienna,
dopo la definitiva sconfitta di Napoleone, fino alla rivoluzione
del 1848 con la partecipazione attiva di alcuni nostri
concittadini, tra i quali va menzionato almeno Tommaso
Masaracchio.
A Niscemi, grazie ai giovani studenti che
frequentano le Università e che rientrano puntualmente per le
vacanze, nascono Gabinetti di lettura, Circoli culturali, Logge
massoniche e possiamo vantare almeno 279 pubblicazioni, dal 1850
al 1950, di concittadini illustri niscemesi.
Ed è tra questi giovani intellettuali che,
nell'ultimo decennio dell'800, si distingue Giuseppe Secondo
Crescimone, nato a Niscemi il 16 ottobre 1864 e morto a
Caltanissetta il 25 dicembre 1935.
Crescimone, medico, politico, scrittore, dopo la
laurea in medicina all'Università di Napoli, ritorna a Niscemi e
professa le idee radicali e socialiste. Idee che circolavano
grazie agli apporti di uomini come Mario Rapisardi, Napoleone
Colajanni, Giuffrida De Felice, Mario Aldisio Sammito, Antonio
Labriola, Filippo Turati, Anna Kulascioff, Edmondo De Amicis,
Emilo Zola. ..!
Uomo di grande sensibilità umana. Era
unanimemente conosciuto a Niscemi come "il medico della
povera gente": quella gente che poteva ripagarlo solo con
stima ed ammirazione.
Uomo di grande carisma. Nell'ambito
dell'Amministrazione Comunale niscemese, sia come Consigliere
sia come Sindaco, veniva ascoltato e seguito nei suoi progetti
in favore del Paese.
Uomo di grande intuizione politica. Con l'apporto
di altri giovani studenti e professionisti, il 5 settembre 1891
apre a Niscemi la sezione dei "Fasci dei lavoratori",
sull'entusiasmo di quella aperta a Catania il lo Maggio di
quell'anno.
Ed è quel 1891, anche l'anno dell'istituzione
della Camera del lavoro di Milano: una tra le più importanti e
le più attive nell'organizzazione dei lavoratori per la
conquista dei loro sacrosanti diritti.
Ad onor del vero, come ci ricordano gli storici
Francesco Renda (6) e Salvatore Romano (7), alla città di
Messina spetterebbe il primato dei primi "Fasci", avendoli
costituiti nel 1889, per sospendere l'attività subito dopo e
riprenderla nel 1892.
A Niscemi si costituisce il Comitato del quale
fanno parte:
"Giuseppe Crescimone, medico, presidente,.
Franco Runza, agrimensore, vice presidente,.
Antonino Montemagno, impiegato, segretario;
Vincenzo Buscemi, medico, membro,.
Rosario Buscemi, avvocato, membro,.
Mariano lacona, notaio, membro,.
Sa/vatore Lambertini, agrimensore, membro,.
Francesco Buscemi, studente, membro;
Gioacchino Groi, studente, membro,.
Francesco Alfano, scrivano, membro,.
Giuseppe Alfano, scrivano, membro,.
Giovanni De Maria, scrivano, membro,'
Giacomo De Maria, scrivano, membro,.
Alessandro De Maria, scrivano, membro"
(8).
Gli scritti al "Fascio" di Niscemi sono 328, come
risulta dalla documentazione nell' Archivio di Stato di
Caltanissetta e così suddivisi per categorie:
"Villici, 95 iscritti; contadini, 55; calzolai,
49; muratori, 26; pastai, 9; barbieri, 9; sarti, 9; borgesi, 7;
macellai, 6; cotonai, 6; scalpellini, 6; industriosi, 5;
murifabbri, 5; servi, 5; scrivani, 4; carbonai, 3; studenti,
medici, ferrai, civili, bastai, agrimensori, stagnini,
crivellatori, falegnami, 2 per ogni categoria; domestici,
musicanti, avvocati, cocchieri, panieri, uscieri, fruttivendoli,
caffettieri e notai 1 per categoria" (9).
Ai "Fasci" potevano aderire gli operai di tutte
le arti e mestieri, di ogni età e di ogni sesso, purché fossero
in grado di vivere dal frutto del proprio lavoro.
L'iscrizione avveniva tramite domanda scritta o
dietro presentazione di un altro socio. Inoltre la richiesta di
adesione veniva affissa per 8 giorni consecutivi nella sala
delle riunioni e, se non pervenivano lamentele sulla condotta
pubblica o privata del richiedente, l' iscrizione diventava
esecutiva.
Il luogo dove gli aderenti ai “Fasci”
niscemesi si riunivano si trovava in Via Regina Margherita, di
fronte alla farmacia Buscemi. Si trattava di un locale messo a
disposizione del bastaio socialista Filippo Giugno.
Le attività di Giuseppe Crescimone se creavano
entusiasmo tra la popolazione di Niscemi, non mancavano di
creare preoccupazione alle Autorità dell'epoca.
In una nota del 17 febbraio 1894, trasmessa al
sottoprefetto del circondario di Terranova, l'attuale Gela, così
veniva descritta l'attività politica di Crescimone:
1. Crescimone fu sempre di accaniti principi
socialisti, iniziatore del fascio e sempre presidente, vi si
iscrissero diversi pregiudicati che egli espulse;
2. nelle conferenze parla contro il dazio e
contro la proprietà, quale presidente rappresentò il sodalizio a
Vittoria, Terranova, Palermo. E' in relazione coi capi dei
sodalizi suddetti e con De Felice" (11).
Le condizioni economiche, sociali e politiche
della Niscemi di fine Ottocento erano tali che qualsiasi persona
dotata di "senso comune" avrebbe potuto con facilità affennare:
"Questo è un Paese senza futuro", togliere il disturbo e
ritornare nelle città dove ci si era formati e dove il futuro
avrebbe potuto riservare sicuramente un avvenire dalle
prospettive meno fosche.
Ma Crescimone non era un uomo dotato di "senso
comune", ma un grande uomo dotato di grandissime capacità
organizzative, sensibilissimo allo spirito umanitario e
libertario dei grandi socialisti della seconda metà
dell'Ottocento europeo; cosciente che le masse lavoratrici
andavano aiutati nel prendere consapevolezza dei loro diritti;
educati alle attività economiche, politiche ed amministrative se
si voleva uscire dal vicolo cieco dove Mille e più anni li
avevano relegati in uno stato di soggezione nei confronti del
padre padrone, questa figura di feudatario insensibile ad ogni
apertura e ad ogni richiamo di progresso.
Da un'analisi dei bisogni della Comunità
niscemese di fine Ottocento, oltre a quelli economici,
sicuramente importantissimi, ne esistevano altri di immediata e
dirompente attualità: una completa e radicale trasformazione
della società.
Giuseppe Crescimone aveva partecipato
all'inaugurazione della bandiera dei "Fasci" di Marsala,
dove Napoleone Colajanni aveva tenuto un discorso che poteva
rappresentare un Manifesto per coinvolgere le masse popolari
alla gestione della Pubblica Amministrazione.
Afferma Colajanni solo se "... i nostri operai
sapranno mostrarsi uniti e compatti, potranno conseguire la
concessione dei terreni, la legge sugli infortuni del lavoro, la
legge sul lavoro dei fanciulli e la legge sulle pensioni per la
vecchia: tutta una serie di trasformazioni economiche piccini,
se vogliamo, ma molto utili". E ancora più avanti Colajanni
evidenzia l'assoluta necessità di alfabetizzare ed istruire i
lavoratori: "Quella istruzione severa che infonda le idee e
tutti gli elementi di cultura che formino l'uomo e il cittadino.
Quando avremo quest'arma in mano, oh! Allora saremo davvero
invincibili, e procederemo innanzi. sulla nostra strada sicuri
della vittoria che nessun partito potrà contrastarci." (12).
Questo discorso di Colajanni non poteva non
infiammare l'animo del giovane Crescimone.
Su questo episodio e riferendosi al Crescimone,
scrive sempre Marsiano: "Trattandosi di una completa
trasformazione dell'organismo sociale, Giuseppe Crescimone
considerava necessario avere con se le masse consapevoli del
fine a cui tendevano e consci del loro concorso. Per rendere
possibile ciò era necessaria un'opera lunga e costante di
educazione civile e morale delle masse quasi completamente
analfabete, le quali non avevano alcuna cognizione e nessuna
esperienza di organizzazione sociale e di amministrazione della
cose pubblica. Occorreva organizzare ed educare economicamente,
politicamente ed amministrativamente il proletariato per
prepararlo ad assumere e a mantenere la gestione della società
collettivizzata.
Bisognava quindi incominciare a sollecitare e
a sfruttare in proprio favore tutte le riforme e tutte le
istituzioni che giovavano ad infondere nel proletariato il senso
e la coscienza di classe e ad abilitarlo alla libera ed efficace
espressione politica dei suoi interessi,. approfittare di tutte
le riforme e di tutte le istituzioni che, ponendo un argine allo
sfruttamento capitalistico elevano le condizioni economiche e
morali del proletariato e lo iniziano alI 'amministrazione e al
governo della cosa pubblica. Occorreva fare applicare quei
provvedimenti che innalzavano il valore e le condizioni del
proletariato come classe nei rapporti delle capacità
intellettuali e del vigore morale e fisico e che stanziavano i
mezzi finanziari necessari alle riforme che più direttamente lo
interessavano"( 13).
L 'educazione, l'istruzione e la formazione alla
base di ogni progresso civile e sociale della classe
lavoratrice. Ecco la scommessa dei "Fasci dei lavoratori"
niscemesi per uscire dallo stato di soggezione in cui erano
stati tenuti da una classe feudale insensibile ad ogni processo
di emancipazione.
Ed ecco un altro paradosso. Doveva essere,
Giuseppe Crescimone, figlio di questa classe feudale ad iniziare
il processo di riscatto dei lavoratori. Crescimone, con altri
giovani, quotidianamente riunivano i lavoratori e leggevano, a
voce alta, il giornale socialista "L'Avanti", o qualche
pagina delle numerose riviste che Crescimone metteva a
disposizione di tutti nella sede dei "Fasci": La Critica
Sociale, fondata a Milano da Filippo Turati, nel 1891 , o Il
Collettivista, La Giustizia sociale, Il Corriere dell'Isola,
Lotta di classe, La Fiaccola, L 'Emancipazione, Il Vigile, L
'Unione, Vita nuova, Gazzetta Nissena, Sempre Avanti, Il Sole
dell'avvenire. ..!
Quella della lettura a voce alta è una pratica
che a Niscemi è durata fino a tempi più vicini a noi.
Pensiamo al sindacalista Nunzio Panebianco,
segretario della Camera del lavoro, o a Pasquale Piazza,
segretario della Cooperativa il Risveglio che ogni pomeriggio
leggevano a voce alta "L'Unità" per informare i loro soci su
fatti e avvenimenti di portata regionale, nazionale e
internazionale.
Ma i "Fasci dei lavoratori." niscemesi, con
Crescimone ed altri giovani studenti, organizzano dei corsi
serali di alfabetizzazione perché l'espressione del voto,
durante le elezioni politiche, era negata a chi non sapeva
leggere, scrivere e far di conto.
La scuola viene inaugurata domenica 19 febbraio
1893 e dal titolo della conferenza di Crescimone, "La
necessità della cultura per le classi lavoratrici che attendono
il grande risveglio" si ricavano indicazioni utili sul suo
pensiero sociale e politico. E l'anno 1893 e a Milano,
all'interno della Camera del lavoro, viene istituita
"L'Umanitaria" per lo sviluppo dell'istruzione professionale e
per la creazione di laboratori di perfezionamento.
Cieca la sua fiducia nel socialismo come
motore di ogni e qualsiasi trasformazione sociale ed universale.
Cieca la sua fede nella inderogabile
necessità per i lavoratori di istruirsi per prendere parte
attiva nella politica e nell'amministrazione.
Cieca la sua speranza nel dovere dello
Stato di intervenire affinché si offrano pari opportunità a
tutti i cittadini, con interventi mirati affinché siano ridotte,
fino alla scomparsa completa, le differenze sociali operando
energicamente sulle sacche di miseria, sull'ignoranza e sulla
povertà. E questo sarà possibile anche offrendo a tutti i
cittadini il diritto. allo studio e alla formazione e
assistendoli con mezzi adeguati ad uno sviluppo completo ed
armonioso.
Ma il pensiero sociale e politico di Giuseppe
Crescimone possiamo ricostruirlo con uno studio del suo
settimanale "Il sole dell'avvenire. Organo dei lavoratori"
che viene pubblicato dal 1° gennaio al 25 giugno 1893 unitamente
ai "Fasci dei lavoratori" di Terranova organizzati da
Mario Aldisio Sammito, figlio di nobile ed agiata famiglia, come
possiamo leggere in una sua nota biografica.
Sulla figura di Aldisio Sammito e la sua
collaborazione al settimanale di Crescimone rimandiamo gli
interessati, per motivi di tempo, alla bellissima pubblicazione
"Il fascio dei lavoratori a Terranova di Sicilia", a cura di
Emanuele Zuppardo.
A partire dal n°22 del 28 maggio 1893 il
settimanale è portavoce anche dei "Fasci" di Vittoria, Comiso,
Scoglitti, Santa Croce e Modica.
La chiusura del settimanale di Crescimone precede
di due giorni la circolare, 27 giugno 1893, del presidente del
consiglio Giovanni Giolitti ai prefetti della Sicilia per
accertare il numero e le identità degli aderenti ai "Fasci" che
andavano sciolti come una qualsiasi associazione di malfattori
con un semplice provvedimento di polizia giudiziaria. L
'inchiesta diede esito negativo perché, come abbiamo visto
prima, gli infiltrati malavitosi venivano espulsi senza
compromessi alcuni.
Era il preludio ad un'azione di forza da parte
del governo che si concretizza con lo scioglimento dei "Fasci
dei lavoratori" a seguito dei decreti 5 e Il gennaio 1894 del
regio commissario per la Sicilia fautore il governo di
"sinistra" del siciliano Francesco Crispi.
Il concetto. di "strage di stato" è una
metafora di lunga, lunghissima data e la Sicilia, come insegnano
i fatti di Bronte di garibaldina memoria, è stato un laboratorio
buono per ogni occasione.
Un'estate ed un autunno, quelli del 1893,
drammaticamente e tristemente ricordati per le proteste e gli
scioperi dei lavoratori, contadini e minatori, contro la legge
sulle quotizzazioni delle terre demaniali, nella richiesta di
lavoro, per l' aumento dei salari, contro le tasse e l'
inasprimento fiscale, contro la modifica dei patti agrari, per
l'aumento del prezzo del grano e dei prodotti agricoli: un
prezzo sceso vertiginosamente dal 1888 al 1893.
Tra il mese di giugno del 1893 e gennaio 1894 in
Sicilia erano stati inviati da Roma un direttore di Polizia il
commissario Sensales, che iniziò una dura repressione con oltre
ottocento arresti tra dirigenti e iscritti ai "Fasci"; una forza
armata di 40.000 uomini; la decretazione dello stato di assedio.
Il prefetto di Caltanissetta con decreto 15
gennaio 1894 chiude i "Fasci dei lavoratori" di 18 Comuni
della provincia: Acquaviva Platani, Barrafranca, Butera,
Campofranco, Castrogiovanni, Delia, Marianopoli, Milena,
Mussomeli, Niscemi, Riesi, Santa Caterina, San Cataldo,
Sommatino, Sutera, Terranova, Valguamera,e Villarosa.
Lo scioglimento dei "Fasci" del Nisseno
veniva giustificato dal Prefetto "...perché costituivano un
pericolo permanente e per la pubblica sicurezza: essendone prove
i saccheggi, gli incendi, le sommosse e le ribellioni che erano
avvenuti in molti comuni della provincia".
Arresti di massa, eccidi di piazza, processi
sommari, confino politico che videro decimati i quadri e gli
affiliati ai "Fasci".
Tra il 1° e il 5 gennaio 1894, come ci informa
Giuseppe Micciché (14), la truppa caricando i
cittadini/manifestanti provocava: 8 morti a Pietraperzia, 20 a
Gibellina, 2 a Belmonte Mezzano, 18 a Marineo e 14 a S. Caterina
Villermosa; mentre i feriti sfuggivano ad una ragionevole conta.
A Niscemi non ci furono morti. Ma l' azione di
Crescimone non si fermò. Socialista riformista della prima ora,
convinto che un'azione di mediazione valesse più di un atto
rivoluzionario fine a se stesso, operò per il bene della
Comunità fino la fine dei suoi giorni. E potremmo dire, se non
si fossero innescati fatti noti ma mai indagati adeguatamente,
altro paradosso, anche dopo la sua morte.
Infatti scrive Angelo Marsiano, Niscemi tra le
due guerre mondiali, vol.I° pagg.332 e 333, Lussografica,
Caltanissetta, 1991: "Giuseppe Crescimone Con testamento
olografo redatto in data 15 luglio 1930, pubblicato il 17 aprile
1936 dal notaio avv. Angelo Leopardi di Caltanissetta, dispose
la Fondazione di un "Premio Crescimone per il romanzo e la
poesia siciliana" con sede nel Comune di Niscemi
designando come segretaria amministrativa la signorina Pia
Pelegatti"(15).
Marsiano ha trovato tutti i riscontri giuridici
per il riconoscimento sia da parte del Governo Italiano sia
della Regione Siciliana e gli atti amministrativi per la nomina
dei Consigli di Amministrazione.
In che cosa consisteva il patrimonio di cui
Crescimone aveva dotato la Fondazione?
Scrive sempre Marsiano nell'opera citata:
a)titoli al portatore del prestito redimibile
3.50 per cento del valore nominale di £.248.400;
b)titoli al portatore del prestito redimibile 5
per cento del valore nominale di £ 1.800;
c)titoli al portatore Rendita Italiana, 3.50 per
cento emissione 1906, del valore ominale di £ 9.400;
d) secondo piano del palazzo Crescimone in
Niscemi;
e) utti gli scritti editi ed inediti del defunto
Giuseppe Crescimone.
Marsiano cercò con i propri mezzi, molto modesti,
di andare fino in fondo alla questione, ma dovette fermarsi
davanti all'indifferenza generale e alle perplessità
burocratiche.
Infine conclude: "Così la fondazione del
Premio Crescimone per il romanzo e la poesia siciliana, con sede
nel comune di Niscemi, è rimasta fino ad oggi senza alcuna
pratica realizzazione e forse sconosciuta alla grande
maggioranza della nostra cittadinanza".
Ultimo paradosso. In questi giorni di
preparazione di questo Anniversario, abbiamo sentito bisbigli
stanchi ed offuscati sull'inutilità di queste ricorrenze,
accanto ad entusiasmi di giovani, quelli, per intenderci che si
laureano con i massimi dei voti e nessuno sembra accorgersene,
tolto il riconoscimento pubblico durante le festività della
nostra patrona. E' nostra opinione che la memoria, la storia, le
tradizioni, la letteratura riescano a dare "un 'immagine mentale
della città" diversa della nostra Comunità e capace di riscatto,
ce lo ricordava nei giorni scorsi in una bellissima intervista
Raffaele La Capria in riferimento alla sua Napoli.
E, quotidianamente, ce lo ricordano altri giovani
che si impegnano caparbian1ente nella ricerca e nello studio
affinché di Niscemi si possa finalmente avere un'immagine più
vera e più reale di quella che emerge dalle cronache nere
ricorrenti.
E lo stesso Crescimone aveva scritto sulla
testata della sua rivista settimanale: "Si pensa, si sente.
Ma pochi hanno il coraggio di dire!"
Per rendere onore a Lui, a Marsiano, ai giovani
speriamo che la Commemorazione di questo, come di altri
Avvenimenti, serva almeno a dimostrare che il numero di coloro
che "hanno il coraggio di dire" sia in netto aumento e che si
riesca a fare luce su quella parte poco chiara di tutta la
faccenda, affinché la Fondazione con tutti i suoi beni possa
finalmente operare.
Glielo dobbiamo, come niscemesi e come cittadini
di una comunità civile.
Rosario Antonio Rizzo
Niscemi, 5 settembre 2001
(1) Bob Krieger,: "Italiani. Giovani. E
grandi maestri", Prefazione di Indro Montanelli, di
prossima pubblicazione;
(2) Filippo Salvatore Oliveti, Prefazione, in
Giacomo Cumbo, "Tensioni sociali a Mssomeli
e nella Sicilia Centrale (1892-1910)", Edizioni
Lussografica, Caltanissetta, 1997;
(3) "Statuto
del Fascio del lavoratori di Caltanissetta",
Tipografia Lencioni, Caltanissetta, 1893;
(4) Giuseppe Micciché "I fasci dei
lavoratori nella Sicilia Sud-Orientale", Sicilia Punto
L, Zuleima Edizioni, Catania, 1981;
( 5) Angelo Marsiano, "Geografia antropica",
Lussografica, Caltanissetta, 1995;
(6) Francesco Renda, "I Fasci Sicilia"
edizione Piccola biblioteca Einaudi, Torino, 1977;
(7) Salvatore Romano, "Storia dei Fasci
Siciliani", Laterza, Bari, 1959;
(8) Archivio di Stato, Caltanissetta, "Fondo
Pubblica Sicurezza", Filza 10;
(9) Archivio di Stato, Caltanissetta, Ibdm.;
(10)Angelo Marsiano, "Gli usi civici e i
boschi del Comune di Niscemi", Lussografica,
Caltanissetta, 1984;
(11) Angelo Marsiano, Ibdm.;
(12) Angelo Marsiano, Ibdm.;
(13) Angelo Marsiano, Ibdm.;
(14) Giuseppe Micciché, op. cit.;
(15) Angelo Marsiano, "Niscemi tra le due
fluerre mondiali", col.I°, Lussografica, I
Caltanissetta, 1991; |