5 settembre 2001


 


5 settembre 2001

 

- Inaugurazione della Nuova sede della C.G.I.L. Camera del Lavoro di Niscemi

Relazione: Giuseppe Cultraro

 

- 110° anniversario della Costituzione del Fascio dei Lavoratori di Niscemi

Commemorazione: Rosario Antonio Rizzo

 

 

 

La scelta di inaugurare la nuova sede della Camera del Lavoro di Niscemi il 5 Settembre non è casuale, in questa data ricade il 110° anniversario della costituzione del Fascio dei Lavoratori di Niscemi.

l Fasci dei Lavoratori Siciliani sono da considerarsi le prime strutture organizzative ed associative di tipo sindacale sorte in Italia, nel 1888 nasce a Messina il Fascio dei Lavoratori, l'adesione non fu di natura individuale da parte dei singoli lavoratori ma di natura consociativa da parte delle singole associazioni di arti e Mestieri ed ebbe carattere mutualistico, la sua attività fu di breve durata, venne ricostituito dopo quattro anni sulla scia del Fascio dei Lavoratori di Catania con prevalente attività nell'area urbana della città.

Il 1° Maggio 1891 a Catania viene costituito il 1° Fascio dei lavoratori Siciliano con carattere di adesione individuale del singolo lavoratore, il raggio delle sue attività politiche fu di carattere urbano e non interessò le campagne circostanti, ebbe però delle massicce adesioni.

Il 5 Settembre del 1891 ad opera del Dott. Giuseppe Secondo Crescimone viene costituita ed aperta la sezione del Fascio dei Lavoratori di Niscemi; la sede di Niscemi del Fascio dei Lavoratori ebbe un prevalente raggio d'azione nelle campagne, fù il secondo Fascio ad operare nel contesto Siciliano; l'importanza della sua azione politica tra i contadini fu elemento propulsore per la costituzione della sezione di Terranova ( diretto da Aldisio Sammito ) e nei vari centri della Sicilia.

Elemento aggregante nei Fasci dei Lavoratori "La Terra –ovvero l'assegnazione e il possesso"; per essa in Sicilia in tempi precedenti la costituzione dei Fasci si erano avuti diversi tumulti e moti:

1820 a Ragusa dopo una sommossa popolare i contadini danno l'incarico ad un agrimensore un certo Puglisi per dividersi le terre demaniali; 1837 a Monterosso Almo sempre in provincia di Ragusa i contadini nel corso di un moto popolare proclamano una sorta di Città Stato ( mezza repubblica e mezza Monarchia emettono a capo di essa un RE VILLANO un certo Fatuzzo ( musso i Furettu ) al quale viene assegnata l'onore della guardia del corpo e una paga di tre Tarì al giorno;

1860 Bronte il moto popolare mira alla conquista della terra attraverso la divisione della terra della ducea dei Nelson, dopo lo sbarco in Sicilia Garibaldi emana un proclama dittatoriale per la divisione delle terre ma l'affare Bronte non presenta il classico enigma della storia ma bensì la chiarezza estrema "non può essere fatto torto agli Inglesi".

Garibaldi manda a Bronte N. Bixio e il moto viene represso con la fucilazione dei capi dei rivoltosi.

Un Carbonaio mentre viene condotto in galera, balbetta: "dove mi conducete, in Galera, o perché, non mi e toccato neppure un palmo di terra e mi avevano detto che c'era la libertà".

Fame di terra, elemento decisivo e chiave di lettura per comprendere l'adesione alle lotte del 1860 in Sicilia che portano all'unità nazionale, suonano le campane e si grida VIVA LA LIBERTA', la novella di Verga "La Libertà" in Sicilia ha interessato diversi comuni, la trama verista i braccianti l'hanno scritta con il loro sangue.

"La Terra e di cu la zappa e no di cu porta la cappa ntesta" il proverbio evidenzia il rapporto inalienabile ed indissolubile sui diritti che i braccianti rivendicano per il possesso della terra, la robba e i frutti in campagna sono di chi lavora e zappa, ma quando viene riposta nei magazzini del padrone per il bracciante cessa ogni diritto.

 Ma cchi cc'è ri manciari

Trufili cotti e favi caliati.

 Matri nun mi chianciti quannu moru,

un baulleddu ri ricotta maviti a fari,

ppi chiumazzeddu ddu capona cotti,

ppi crupecchiu ducentu ova fritti,

ppi cannili cordi ri sasizza,

ppi acqua biniritta vinu forti,

a latu a latu ddu picciotti schetti,

lassatila fari a mia sta mala morti.

 

Nta li Pulizzia nun cci stati a iri

dda cc'è lu nfernu ppi li criaturi,

Tanu Spartà ommu ri Cuvernu

picciotti cu vo broru cc'ì ni rugnu,

Turi La Rosa Cori Cainu

e iammi ri gnumminu

pigghia lu litru e lu metti scianchinu.

 

Ordine del feudo

 

Fatturi

Suprastanti

camperi

Varda costi

larzuna

Caicchi

e raitteri.

 

 Il Fascio dei Lavoratori, genesi del sindacato sia sotto l'aspetto organizzativo che aggregativo, svolse l'azione politica nelle campagne affrontando la questione agraria per l'assegnazione delle terre Comunali e demaniali nonché per migliori condizioni del patto agrario che all'epoca si reggeva su Patti Agrari usurari ed Angarici ( sulle sementi anticipate dal padrone al bracciante sugli affitti dei terreni a Terraggio venivano pagati ed imposti tassi di interessi da usura e da strozzinaggio, tipico il detto tra i contadini "0 x 0 = a 1 Cantaro e venticinque il resto a magazzino", nulla restava al  bracciante dopo un anno di duro lavoro solo miseria e povertà.

Uomini generosi ed audaci come il Crescimone, sotto la bandiera della libertà lanciarono un forte grido di riscossa organizzata nei Fasci dei lavoratori per demolire lo stato del sopruso feudale e liberare la Sicilia dai vincoli feudali.

I fasci proliferano in tutta la Sicilia, gli obiettivi, le rivendicazioni per migliori condizioni di vita e di diritto nelle campagne; dal movimento bracciantile organizzato nel Fasci nascono i patti agrari di Corleone che mirano al superamento del sistema Feudale ed Usurario dell'affitto della terra.

Per l'annata agraria 1893/94 viene proposta l'abolizione del terraggio terratico (affitto dei terreni), la trasformazione del terraggio o affitto in Mezzadria, il proprietario inoltre deve apprestare la terra ed anticipa le sementi a fondo perduto, la retribuzione del lavoro del bracciante e la disponibilità della terra avverranno attraverso la ripartizione dei prodotti in natura e in parti uguali.

l Patti Agrari di Corleone nel loro contenuto invocano il principio di eguaglianza e di giustizia, essi costituiscono un primo passo verso la rottura con la tradizione di origine feudale dei patti usurari.

I Fasci dei Lavoratori pur movendosi attorno ad una proposta collettiva, mantengono un atteggiamento molto legalista nel rispetto dell'art.32 dello Statuto dello Stato Unitario, essi esercitano il diritto di adunarsi.

La crisi economica degli anni 1892/93 colpisce maggiormente l'agricoltura per la quale il governo centrale guidato da F. Crispi anziché adottare misure di soccorso per l'economia agricola, risponde con provvedimenti fiscali quali il dazio sul grano, sull'orzo, sull'olio, sul vino e sugli altri prodotti alimentari quali verdure e carni; il dazio era una imposizione fiscale feudale di tipo indiretto che colpiva l'intera popolazione riducendo a zero i consumi mentre l'imposta diretta sul grande patrimonio della nobiltà era inesistente.

La popolazione affamata dalle nuove tasse, da vita a sollevazioni e a dimostrazioni di

massa con manifestazioni in tutta l'isola:

-Caltavoturo (PA) 20 gennaio 1893 la popolazione manifesta contro il dazio, 11 morti e 40 feriti;

-Serradifalco (CL) 19 marzo 1893 ancora morti e feriti nel corso di una manifestazioni contro il dazio sul grano;

-Gibellina 1° gennaio 1894 a Gibellina la manifestazione contro il dazio si traduce in 20 morti e diverse decine di feriti;

-Pietraperzia (EN) pochi giorni dopo i fatti di Gibellina nel corso della manifestazione di protesta sul dazio vengono uccisi 8 contadini e 15 vengono feriti.

18.1.1894, alle sollevazioni popolari il governo Crispi risponde con la repressione e la proclamazione dello stato d'assedio (il gen. Roberto Morra di Lavriano viene nominato Commissario Straordinario con pieni poteri civili e militari), vengono sciolti i Fasci dei Lavoratori compreso quello di Niscemi; viene scatenata una violenta repressione con l'arresto di 2000 dirigenti dei Fasci.

Il Comitato Centrale dei Fasci dei lavoratori viene azzerato con l'arresto di Garibaldi Bosco, di Barbato e di Verro, l'onorevole De Felice viene arrestato e dichiarato decaduto dal mandato parlamentare; per molti saranno irrorati 10, 15 e a volte 18 anni di carcere per avere diretto i Fasci dei Lavoratori che restano le più antiche associazioni sindacali cancellate con la violenza.

La conquista e la tutela dei propri diritti, l'emancipazione morale e materiale delle masse nonché le libertà e i diritti reclamati hanno turbato in Sicilia il blocco d'Ordine Agrario e Feudale del quale Crispi fu garante ed esecutore nel cancellare e calpestare la ventata di democrazia e di libertà espressa dai Fasci.

Tra il 1896 e il 97 in Sicilia si rafforza il Movimento Sindacale, nascono le prime Camere del Lavoro, avviene il naturale passaggio e trasformazione dell'eredità politica e morale dei Fasci nella forza organizzata del sindacato.

Nel 1906 sotto la spinta del Movimento bracciantile organizzato nel sindacato i contenuti dei Patti di Corleone diventano una norma imperativa di legge.

Niscemi nella sua tradizione agricola e bracciantile ha espresso momenti di civiltà nel processo di trasformazione portato avanti con le lotte dei braccianti e dei contadini, memorabili le battaglie per l'occupazione delle terre nei feudi Terrana e Priolo dove si è fuso il ruolo della Camera del lavoro di Niscemi con la presenza illuminata dell'allora sindaco Dott.Giuseppe Secondo Crescimone .

La scelta di inaugurare oggi la nuova sede della Camera del Lavoro di Niscemi rimarca la continuità della funzione guida del sindacato nel processo di cambiamento dell'economia della nostra città.

Niscemi come in prevalenza l'economia agricola della Sicilia nell'epoca precedente ai Fasci dei Lavoratori e fino agli anni 50 presentava un tessuto economico arcaico e feudale dove l'agricoltura manteneva i connotati di tipo estensivo con prevalente conduzione e coltivazione della cearicoltura, delle leguminose, del mandorleto, dell'uliveto, del vigneto e della coltivazione del Fico d'india (per spezzare la fame nell'inverno e causa di risse per furti con i vicini di Terranova in lotta spesso per piccoli furti di fichi d'india e di Santi), presente e rara era la coltivazione del carciofo.

Le rimesse degli emigranti di fine anni 50 e per tutti gli anni 60, investite dagli stessi nell'acquisto di terre nella piana vocate alla coltivazione del carciofo hanno dato impulso alla nuova economia del carciofeto, poi verrà la serra, ma restiamo fermi a livello dell'improvvisazione per sopravvivere; si è ridotta l'emigrazione e sbarchiamo il lunario con redditi da lavoro a volte più remunerativi.

Riusciamo a sopravvivere se il freddo brucia le coltivazioni pugliesi, viviamo o meglio speriamo di vivere sui guai e sul pianto altrui, ancora oggi vendiamo le carciofe con il sistema del fascio simile al vecchio Rotulo introdotto da noi dagli arabi, spesso il nostro prodotto parte con cassette con impresso il marchio pugliese o di altre aree.

Ritengo che il sindacato possa e debba avere una sua funzione guida per garantire in positivo il processo di cambiamento e rafforzamento dell'economia della città per creare certezze nuove che producano lavoro e benessere.

Non possiamo restare fermi all'interno del recinto della sagra popolare del carciofo che nasce e muore dentro l'ambito della città, vanno creati organismi quali i Consorzi dei produttori per garantire l'origine e l'area di provenienza del prodotto nonché la qualità e i ceppi del prodotto stesso, oltre ai Consorzi debbono esercitare una funzione guida il Comune, la Provincia, la Regione, la Camera di Commercio, va creato un marchio di riconoscimento, dobbiamo farci conoscere per conquistarci uno spazio di mercato con un segmento certo, va regolata la domanda e l'offerta del prodotto nei mercati attraverso il rafforzamento dei rapporti economia informazione con moderne campagne d'immagine.

Dobbiamo inventarci il futuro, per questo penserei ad un premio letterario in memoria di Mario Gori e di Angelo Marsiano, un premio letterario su scala nazionale che proietti una nuova immagine del Carciofo e dei nostri prodotti agricoli, vedrei la costituzione di un libero "Principato del Carciofo" che faccia immagine e ad un monumento perenne a Ponte Olivo del Carciofo che possa costituire una comunicazione permanente e continua sulla economia della città.

Esiste l'istituto regionale della vite e del Vino dobbiamo lavorare per la costituzione di un istituto regionale con sede a Niscemi per lo studio e lo sviluppo del carciofo in qualità e genuinità per migliorare il prodotto è l'economia della nostra città affinché si possa passare dalle improvvisazioni ad una economia fatta di certezze per un futuro migliore.

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I FASCI DEI LAVORATORI A NISCEMI

5 SETTEMBRE 1891

"Del passato dovremmo riprendere i fuochi e non le ceneri"

Jean Juares

Non sono pochi a chiedersi il senso di questa Commemorazione, di un avvenimento cioè, che ha le proprie radici negli Anni Novanta del 1800.

Cento dieci anni che hanno contraddistinto, in cambiamenti veloci, la vita di interi Continenti, della nostra Nazione, della nostra Regione, della nostra Provincia e, anche, della nostra Niscemi.

Le perplessità non nascono tutte da futili motivi.

Viviamo un' epoca di globalizzazione, di apertura verso l'esterno: un esterno che abbraccia il mondo intero. Per cui ricordare un avvenimento di centodieci anni fa, potrebbe rientrare in quella cultura passatista, fine a se stessa e senza ricadute, di primo acchito nel nostro presente.

Ci ricordava lndro Montanelli, intelligente maestro del paradosso, prima di andarsene, che Ugo Ojetti, maestro del giornalismo del Novecento amava dire "... l'Italia è un Paese di contemporanei senza antenati ne posteri, perché senza memoria"(1).

Lo storico Rosario Romeo, invece, sosteneva che: "Un Paese idealmente separato dal proprio passato, è un Paese in crisi di identità e dunque disponibile, senza valori da cui trarre ispirazione e senza quel sentimento di fiducia in se stesso che nasce dalla coscienza di uno svolgimento coerente in cui il passato si pone come premessa e garanzia del futuro".

E partendo da questo paradosso abbiamo voluto indagare uomini, fatti, vicende, umori, lotte che centodieci anni fa hanno portato alla nascita di un movimento, "I fasci dei lavoratori", che ha saputo organizzare la classe contadina e bracciantile per un'agricoltura dalle condizioni di vita civili ed umani, sfidando i pregiudizi e le rivalse delle famiglie feudatarie, gli eccidi di massa e le angherie del braccio armato della classe padronale: "campieri, amministratori di interi feudi, sensali arricchitisi perché protetti dai "poteri" incontrollabili dei loro padroni "(2).

Un movimento, "I fasci dei lavoratori", che si proponeva, come possiamo leggere nel riassunto degli obiettivi dello statuto di Caltanissetta, al quale i "Fasci" di Niscemi facevano riferimento:

"1. Di stabilire le tariffe dei lavori in ragione dei mezzi economici che occorrono per vivere e di farle rispettare a favore del Socio.

2. Di ridurre le ore di lavoro per modo che il lavoratore abbia la possibilità di educarsi e di riposare, diminuendo così la disoccupazione.

3. Di prender parte, indipendentemente da ogni partito, alla lotta pubblica, allo scopo di risvegliare nella sua classe la coscienza dei propri diritti finora sacrificati all'interesse del Capitalista.

4. Di appoggiare con ogni mezzo e coll'organizzazione operaia per arti e mestieri, la

propaganda e l'attuazione dell'emancipazione sociale" (3).

Si propone inoltre i seguenti scopi immediati:

l. Istituzione della Camera del Lavoro.

2. Società cooperative di produzione e consumo fra i soci del Fascio.

3. Case economiche per i soci del Fascio.

Era l'anno 1891 i lavoratori siciliani finalmente trovano il coraggio di organizzarsi per fronteggiare gli attacchi della classe padronale e di uno Stato sempre schierato dalla parte delle classi privilegiate.

I lavoratori siciliani finalmente si ponevano degli obiettivi che i lavoratori in altre Regioni del Nord Italia e d'Europa si erano posti almeno ottocento anni prima. Pensiamo, dopo l'Anno Mille, ai regolamenti dell'industria tessile della Toscana o quelli delle Arti e dei Mestieri della Svizzera, della Germania, della Francia che disciplinavano il rapporto tra operai e datori di lavoro.

Ma come si era arrivati a questo tipo di organizzazione?

In primo luogo la crisi economica che investì l'Italia, ma soprattutto la Sicilia, nel decennio 1880 - 1890.

Una crisi economica alla quale contribuirono diversi elementi: dalla guerra doganale con la Francia, dove finiva gran parte della produzione agraria siciliana, alla politica protezionistica; dal divario esistente tra le scelte delle colture e le tecniche agricole delle varie regioni italiane, all'insensibilità di una classe padronale sempre alla ricerca di maggiori profitti, adoperandosi per il fallimento delle quotizzazioni e dell'assegnazione delle terre demaniali. Una crisi economica che determinò la caduta dei prezzi agricoli e che permise ai contadini di organizzarsi. Scrive Giuseppe Miccichè sull' argomento: "Le masse popolari isolane, che per lunghi anni erano rimaste divise ed emarginate, furono scosse dall'inerzia e dalla passività e chiamate a svolgere una funzione di forza egemone su una piattaforma di lotta per obiettivi avanzati, tra cui l'abolizione dei patti angarici e usurari, l'equa distribuzione dei gravami fiscali, la democratizzazione delle amministrazioni locali"(4).

Abbiamo ritenuto necessaria questa beve premessa prima di analizzare la situazione dei "Fasci dei lavoratori" di Niscemi.

Il compianto prof. Angelo Marsiano è stato tra i primi ad occuparsi di questo Movimento; ha letto la bibliografia esistente sull'argomento; ha cercato negli archivi pubblici documenti e testimonianze su Niscemi e ha riferito in sue diverse pubblicazioni. Mentre l'archivio privato del dott. Giuseppe Crescimone, animatore della Niscemi di fine Ottocento e organizzatore dei "Fasci dei lavoratori", nonostante fosse destinato, per sua dichiarata volontà, ad una pubblica Fondazione, nessuno è riuscito a consultare.

Scrive Marsiano nella descrizione socioculturale della Niscemi ottocentesca: "II nostro paese è molto giovane di anni e nel primo periodo della sua esistenza non si raccolgono testimonianze sufficienti per poter intravedere I 'esistenza di una vera e propria classe egemone acculturata. Il comportamento di vita dei cittadini deve considerarsi basato esclusivamente sulla saggezza e sull'esperienza popolare diffuse per via orale, arricchite sempre più dagli immigrati medianti apporti culturali acquisiti nei loro paesi di origine, che venivano assimilati dall'intera comunità, anche se esisteva qualche elemento necessariamente istruito per le mansioni civili o religiose che era chiamato a svolgere nella società. La cultura in questo periodo non si allontana dagli insegnamenti morali e religiosi della Chiesa cattolica, e anche se si colgono delle note polemiche tra gruppi contrastanti, esse sono mosse più da diatribe personali che da motivazioni idologiche"( 5).

Ma a Niscemi arrivarono i riverberi dei grandi Movimenti europei: dall'I1luminismo al Romanticismo, al positivismo, dalle speranze della Rivoluzione francese alla delusione per la restaurazione imposta dal Congresso di Vienna, dopo la definitiva sconfitta di Napoleone, fino alla rivoluzione del 1848 con la partecipazione attiva di alcuni nostri concittadini, tra i quali va menzionato almeno Tommaso Masaracchio.

A Niscemi, grazie ai giovani studenti che frequentano le Università e che rientrano puntualmente per le vacanze, nascono Gabinetti di lettura, Circoli culturali, Logge massoniche e possiamo vantare almeno 279 pubblicazioni, dal 1850 al 1950, di concittadini illustri niscemesi.

Ed è tra questi giovani intellettuali che, nell'ultimo decennio dell'800, si distingue Giuseppe Secondo Crescimone, nato a Niscemi il 16 ottobre 1864 e morto a Caltanissetta il 25 dicembre 1935.

Crescimone, medico, politico, scrittore, dopo la laurea in medicina all'Università di Napoli, ritorna a Niscemi e professa le idee radicali e socialiste. Idee che circolavano grazie agli apporti di uomini come Mario Rapisardi, Napoleone Colajanni, Giuffrida De Felice, Mario Aldisio Sammito, Antonio Labriola, Filippo Turati, Anna Kulascioff, Edmondo De Amicis, Emilo Zola. ..!

Uomo di grande sensibilità umana. Era unanimemente conosciuto a Niscemi come "il medico della povera gente": quella gente che poteva ripagarlo solo con stima ed ammirazione.

Uomo di grande carisma. Nell'ambito dell'Amministrazione Comunale niscemese, sia come Consigliere sia come Sindaco, veniva ascoltato e seguito nei suoi progetti in favore del Paese.

Uomo di grande intuizione politica. Con l'apporto di altri giovani studenti e professionisti, il 5 settembre 1891 apre a Niscemi la sezione dei "Fasci dei lavoratori", sull'entusiasmo di quella aperta a Catania il lo Maggio di quell'anno.

Ed è quel 1891, anche l'anno dell'istituzione della Camera del lavoro di Milano: una tra le più importanti e le più attive nell'organizzazione dei lavoratori per la conquista dei loro sacrosanti diritti.

Ad onor del vero, come ci ricordano gli storici Francesco Renda (6) e Salvatore Romano (7), alla città di Messina spetterebbe il primato dei primi "Fasci", avendoli costituiti nel 1889, per sospendere l'attività subito dopo e riprenderla nel 1892.

A Niscemi si costituisce il Comitato del quale fanno parte:

"Giuseppe Crescimone, medico, presidente,.

Franco Runza, agrimensore, vice presidente,.

Antonino Montemagno, impiegato, segretario;

Vincenzo Buscemi, medico, membro,.

Rosario Buscemi, avvocato, membro,.

Mariano lacona, notaio, membro,.

Sa/vatore Lambertini, agrimensore, membro,.

Francesco Buscemi, studente, membro;

Gioacchino Groi, studente, membro,.

Francesco Alfano, scrivano, membro,.

Giuseppe Alfano, scrivano, membro,.

Giovanni De Maria, scrivano, membro,'

Giacomo De Maria, scrivano, membro,.

Alessandro De Maria, scrivano, membro" (8).

Gli scritti al "Fascio" di Niscemi sono 328, come risulta dalla documentazione nell' Archivio di Stato di Caltanissetta e così suddivisi per categorie:

"Villici, 95 iscritti; contadini, 55; calzolai, 49; muratori, 26; pastai, 9; barbieri, 9; sarti, 9; borgesi, 7; macellai, 6; cotonai, 6; scalpellini, 6; industriosi, 5; murifabbri, 5; servi, 5; scrivani, 4; carbonai, 3; studenti, medici, ferrai, civili, bastai, agrimensori, stagnini, crivellatori, falegnami, 2 per ogni categoria; domestici, musicanti, avvocati, cocchieri, panieri, uscieri, fruttivendoli, caffettieri e notai 1 per categoria" (9).

Ai "Fasci" potevano aderire gli operai di tutte le arti e mestieri, di ogni età e di ogni sesso, purché fossero in grado di vivere dal frutto del proprio lavoro.

L'iscrizione avveniva tramite domanda scritta o dietro presentazione di un altro socio. Inoltre la richiesta di adesione veniva affissa per 8 giorni consecutivi nella sala delle riunioni e, se non pervenivano lamentele sulla condotta pubblica o privata del richiedente, l' iscrizione diventava esecutiva.

Il luogo dove gli aderenti ai “Fasci” niscemesi si riunivano si trovava in Via Regina Margherita, di fronte alla farmacia Buscemi. Si trattava di un locale messo a disposizione del bastaio socialista Filippo Giugno.

Le attività di Giuseppe Crescimone se creavano entusiasmo tra la popolazione di Niscemi, non mancavano di creare preoccupazione alle Autorità dell'epoca.

In una nota del 17 febbraio 1894, trasmessa al sottoprefetto del circondario di Terranova, l'attuale Gela, così veniva descritta l'attività politica di Crescimone:

1. Crescimone fu sempre di accaniti principi socialisti, iniziatore del fascio e sempre presidente, vi si iscrissero diversi pregiudicati che egli espulse;

2. nelle conferenze parla contro il dazio e contro la proprietà, quale presidente rappresentò il sodalizio a Vittoria, Terranova, Palermo. E' in relazione coi capi dei sodalizi suddetti e con De Felice" (11).

Le condizioni economiche, sociali e politiche della Niscemi di fine Ottocento erano tali che qualsiasi persona dotata di "senso comune" avrebbe potuto con facilità affennare: "Questo è un Paese senza futuro", togliere il disturbo e ritornare nelle città dove ci si era formati e dove il futuro avrebbe potuto riservare sicuramente un avvenire dalle prospettive meno fosche.

Ma Crescimone non era un uomo dotato di "senso comune", ma un grande uomo dotato di grandissime capacità organizzative, sensibilissimo allo spirito umanitario e libertario dei grandi socialisti della seconda metà dell'Ottocento europeo; cosciente che le masse lavoratrici andavano aiutati nel prendere consapevolezza dei loro diritti; educati alle attività economiche, politiche ed amministrative se si voleva uscire dal vicolo cieco dove Mille e più anni li avevano relegati in uno stato di soggezione nei confronti del padre padrone, questa figura di feudatario insensibile ad ogni apertura e ad ogni richiamo di progresso.

Da un'analisi dei bisogni della Comunità niscemese di fine Ottocento, oltre a quelli economici, sicuramente importantissimi, ne esistevano altri di immediata e dirompente attualità: una completa e radicale trasformazione della società.

Giuseppe Crescimone aveva partecipato all'inaugurazione della bandiera dei "Fasci" di Marsala, dove Napoleone Colajanni aveva tenuto un discorso che poteva rappresentare un Manifesto per coinvolgere le masse popolari alla gestione della Pubblica Amministrazione.

Afferma Colajanni solo se "... i nostri operai sapranno mostrarsi uniti e compatti, potranno conseguire la concessione dei terreni, la legge sugli infortuni del lavoro, la legge sul lavoro dei fanciulli e la legge sulle pensioni per la vecchia: tutta una serie di trasformazioni economiche piccini, se vogliamo, ma molto utili". E ancora più avanti Colajanni evidenzia l'assoluta necessità di alfabetizzare ed istruire i lavoratori: "Quella istruzione severa che infonda le idee e tutti gli elementi di cultura che formino l'uomo e il cittadino. Quando avremo quest'arma in mano, oh! Allora saremo davvero invincibili, e procederemo innanzi. sulla nostra strada sicuri della vittoria che nessun partito potrà contrastarci." (12).

Questo discorso di Colajanni non poteva non infiammare l'animo del giovane Crescimone.

Su questo episodio e riferendosi al Crescimone, scrive sempre Marsiano: "Trattandosi di una completa trasformazione dell'organismo sociale, Giuseppe Crescimone considerava necessario avere con se le masse consapevoli del fine a cui tendevano e consci del loro concorso. Per rendere possibile ciò era necessaria un'opera lunga e costante di educazione civile e morale delle masse quasi completamente analfabete, le quali non avevano alcuna cognizione e nessuna esperienza di organizzazione sociale e di amministrazione della cose pubblica. Occorreva organizzare ed educare economicamente, politicamente ed amministrativamente il proletariato per prepararlo ad assumere e a mantenere la gestione della società collettivizzata.

Bisognava quindi incominciare a sollecitare e a sfruttare in proprio favore tutte le riforme e tutte le istituzioni che giovavano ad infondere nel proletariato il senso e la coscienza di classe e ad abilitarlo alla libera ed efficace espressione politica dei suoi interessi,. approfittare di tutte le riforme e di tutte le istituzioni che, ponendo un argine allo sfruttamento capitalistico elevano le condizioni economiche e morali del proletariato e lo iniziano alI 'amministrazione e al governo della cosa pubblica. Occorreva fare applicare quei provvedimenti che innalzavano il valore e le condizioni del proletariato come classe nei rapporti delle capacità intellettuali e del vigore morale e fisico e che stanziavano i mezzi finanziari necessari alle riforme che più direttamente lo interessavano"( 13).

L 'educazione, l'istruzione e la formazione alla base di ogni progresso civile e sociale della classe lavoratrice. Ecco la scommessa dei "Fasci dei lavoratori" niscemesi per uscire dallo stato di soggezione in cui erano stati tenuti da una classe feudale insensibile ad ogni processo di emancipazione.

Ed ecco un altro paradosso. Doveva essere, Giuseppe Crescimone, figlio di questa classe feudale ad iniziare il processo di riscatto dei lavoratori. Crescimone, con altri giovani, quotidianamente riunivano i lavoratori e leggevano, a voce alta, il giornale socialista "L'Avanti", o qualche pagina delle numerose riviste che Crescimone metteva a disposizione di tutti nella sede dei "Fasci": La Critica Sociale, fondata a Milano da Filippo Turati, nel 1891 , o Il Collettivista, La Giustizia sociale, Il Corriere dell'Isola, Lotta di classe, La Fiaccola, L 'Emancipazione, Il Vigile, L 'Unione, Vita nuova, Gazzetta Nissena, Sempre Avanti, Il Sole dell'avvenire. ..!

Quella della lettura a voce alta è una pratica che a Niscemi è durata fino a tempi più vicini a noi.

Pensiamo al sindacalista Nunzio Panebianco, segretario della Camera del lavoro, o a Pasquale Piazza, segretario della Cooperativa il Risveglio che ogni pomeriggio leggevano a voce alta "L'Unità" per informare i loro soci su fatti e avvenimenti di portata regionale, nazionale e internazionale.

Ma i "Fasci dei lavoratori." niscemesi, con Crescimone ed altri giovani studenti, organizzano dei corsi serali di alfabetizzazione perché l'espressione del voto, durante le elezioni politiche, era negata a chi non sapeva leggere, scrivere e far di conto.

La scuola viene inaugurata domenica 19 febbraio 1893 e dal titolo della conferenza di Crescimone, "La necessità della cultura per le classi lavoratrici che attendono il grande risveglio" si ricavano indicazioni utili sul suo pensiero sociale e politico. E l'anno 1893 e a Milano, all'interno della Camera del lavoro, viene istituita "L'Umanitaria" per lo sviluppo dell'istruzione professionale e per la creazione di laboratori di perfezionamento.

Cieca la sua fiducia nel socialismo come motore di ogni e qualsiasi trasformazione sociale ed universale.

Cieca la sua fede nella inderogabile necessità per i lavoratori di istruirsi per prendere parte attiva nella politica e nell'amministrazione.

Cieca la sua speranza nel dovere dello Stato di intervenire affinché si offrano pari opportunità a tutti i cittadini, con interventi mirati affinché siano ridotte, fino alla scomparsa completa, le differenze sociali operando energicamente sulle sacche di miseria, sull'ignoranza e sulla povertà. E questo sarà possibile anche offrendo a tutti i cittadini il diritto. allo studio e alla formazione e assistendoli con mezzi adeguati ad uno sviluppo completo ed armonioso.

Ma il pensiero sociale e politico di Giuseppe Crescimone possiamo ricostruirlo con uno studio del suo settimanale "Il sole dell'avvenire. Organo dei lavoratori" che viene pubblicato dal 1° gennaio al 25 giugno 1893 unitamente ai "Fasci dei lavoratori" di Terranova organizzati da Mario Aldisio Sammito, figlio di nobile ed agiata famiglia, come possiamo leggere in una sua nota biografica.

Sulla figura di Aldisio Sammito e la sua collaborazione al settimanale di Crescimone rimandiamo gli interessati, per motivi di tempo, alla bellissima pubblicazione "Il fascio dei lavoratori a Terranova di Sicilia", a cura di Emanuele Zuppardo.

A partire dal n°22 del 28 maggio 1893 il settimanale è portavoce anche dei "Fasci" di Vittoria, Comiso, Scoglitti, Santa Croce e Modica.

La chiusura del settimanale di Crescimone precede di due giorni la circolare, 27 giugno 1893, del presidente del consiglio Giovanni Giolitti ai prefetti della Sicilia per accertare il numero e le identità degli aderenti ai "Fasci" che andavano sciolti come una qualsiasi associazione di malfattori con un semplice provvedimento di polizia giudiziaria. L 'inchiesta diede esito negativo perché, come abbiamo visto prima, gli infiltrati malavitosi venivano espulsi senza compromessi alcuni.

Era il preludio ad un'azione di forza da parte del governo che si concretizza con lo scioglimento dei "Fasci dei lavoratori" a seguito dei decreti 5 e Il gennaio 1894 del regio commissario per la Sicilia fautore il governo di "sinistra" del siciliano Francesco Crispi.

Il concetto. di "strage di stato" è una metafora di lunga, lunghissima data e la Sicilia, come insegnano i fatti di Bronte di garibaldina memoria, è stato un laboratorio buono per ogni occasione.

Un'estate ed un autunno, quelli del 1893, drammaticamente e tristemente ricordati per le proteste e gli scioperi dei lavoratori, contadini e minatori, contro la legge sulle quotizzazioni delle terre demaniali, nella richiesta di lavoro, per l' aumento dei salari, contro le tasse e l' inasprimento fiscale, contro la modifica dei patti agrari, per l'aumento del prezzo del grano e dei prodotti agricoli: un prezzo sceso vertiginosamente dal 1888 al 1893.

Tra il mese di giugno del 1893 e gennaio 1894 in Sicilia erano stati inviati da Roma un direttore di Polizia il commissario Sensales, che iniziò una dura repressione con oltre ottocento arresti tra dirigenti e iscritti ai "Fasci"; una forza armata di 40.000 uomini; la decretazione dello stato di assedio.

Il prefetto di Caltanissetta con decreto 15 gennaio 1894 chiude i "Fasci dei lavoratori" di 18 Comuni della provincia: Acquaviva Platani, Barrafranca, Butera, Campofranco, Castrogiovanni, Delia, Marianopoli, Milena, Mussomeli, Niscemi, Riesi, Santa Caterina, San Cataldo, Sommatino, Sutera, Terranova, Valguamera,e Villarosa.

Lo scioglimento dei "Fasci" del Nisseno veniva giustificato dal Prefetto "...perché costituivano un pericolo permanente e per la pubblica sicurezza: essendone prove i saccheggi, gli incendi, le sommosse e le ribellioni che erano avvenuti in molti comuni della provincia".

Arresti di massa, eccidi di piazza, processi sommari, confino politico che videro decimati i quadri e gli affiliati ai "Fasci".

Tra il 1° e il 5 gennaio 1894, come ci informa Giuseppe Micciché (14), la truppa caricando i cittadini/manifestanti provocava: 8 morti a Pietraperzia, 20 a Gibellina, 2 a Belmonte Mezzano, 18 a Marineo e 14 a S. Caterina Villermosa; mentre i feriti sfuggivano ad una ragionevole conta.

A Niscemi non ci furono morti. Ma l' azione di Crescimone non si fermò. Socialista riformista della prima ora, convinto che un'azione di mediazione valesse più di un atto rivoluzionario fine a se stesso, operò per il bene della Comunità fino la fine dei suoi giorni. E potremmo dire, se non si fossero innescati fatti noti ma mai indagati adeguatamente, altro paradosso, anche dopo la sua morte.

Infatti scrive Angelo Marsiano, Niscemi tra le due guerre mondiali, vol.I° pagg.332 e 333, Lussografica, Caltanissetta, 1991: "Giuseppe Crescimone Con testamento olografo redatto in data 15 luglio 1930, pubblicato il 17 aprile 1936 dal notaio avv. Angelo Leopardi di Caltanissetta, dispose la Fondazione di un "Premio Crescimone per il romanzo e la poesia siciliana" con sede nel Comune di Niscemi designando come segretaria amministrativa la signorina Pia Pelegatti"(15).

Marsiano ha trovato tutti i riscontri giuridici per il riconoscimento sia da parte del Governo Italiano sia della Regione Siciliana e gli atti amministrativi per la nomina dei Consigli di Amministrazione.

In che cosa consisteva il patrimonio di cui Crescimone aveva dotato la Fondazione?

Scrive sempre Marsiano nell'opera citata:

a)titoli al portatore del prestito redimibile 3.50 per cento del valore nominale di £.248.400;

b)titoli al portatore del prestito redimibile 5 per cento del valore nominale di £ 1.800;

c)titoli al portatore Rendita Italiana, 3.50 per cento emissione 1906, del valore ominale di £ 9.400;

d) secondo piano del palazzo Crescimone in Niscemi;

e) utti gli scritti editi ed inediti del defunto Giuseppe Crescimone.

Marsiano cercò con i propri mezzi, molto modesti, di andare fino in fondo alla questione, ma dovette fermarsi davanti all'indifferenza generale e alle perplessità burocratiche.

Infine conclude: "Così la fondazione del Premio Crescimone per il romanzo e la poesia siciliana, con sede nel comune di Niscemi, è rimasta fino ad oggi senza alcuna pratica realizzazione e forse sconosciuta alla grande maggioranza della nostra cittadinanza".

Ultimo paradosso. In questi giorni di preparazione di questo Anniversario, abbiamo sentito bisbigli stanchi ed offuscati sull'inutilità di queste ricorrenze, accanto ad entusiasmi di giovani, quelli, per intenderci che si laureano con i massimi dei voti e nessuno sembra accorgersene, tolto il riconoscimento pubblico durante le festività della nostra patrona. E' nostra opinione che la memoria, la storia, le tradizioni, la letteratura riescano a dare "un 'immagine mentale della città" diversa della nostra Comunità e capace di riscatto, ce lo ricordava nei giorni scorsi in una bellissima intervista Raffaele La Capria in riferimento alla sua Napoli.

E, quotidianamente, ce lo ricordano altri giovani che si impegnano caparbian1ente nella ricerca e nello studio affinché di Niscemi si possa finalmente avere un'immagine più vera e più reale di quella che emerge dalle cronache nere ricorrenti.

E lo stesso Crescimone aveva scritto sulla testata della sua rivista settimanale: "Si pensa, si sente. Ma pochi hanno il coraggio di dire!"

Per rendere onore a Lui, a Marsiano, ai giovani speriamo che la Commemorazione di questo, come di altri Avvenimenti, serva almeno a dimostrare che il numero di coloro che "hanno il coraggio di dire" sia in netto aumento e che si riesca a fare luce su quella parte poco chiara di tutta la faccenda, affinché la Fondazione con tutti i suoi beni possa finalmente operare.

Glielo dobbiamo, come niscemesi e come cittadini di una comunità civile.

 

Rosario Antonio Rizzo

Niscemi, 5 settembre 2001

 

(1) Bob Krieger,: "Italiani. Giovani. E grandi maestri", Prefazione di Indro Montanelli, di prossima pubblicazione;

(2) Filippo Salvatore Oliveti, Prefazione, in Giacomo Cumbo, "Tensioni sociali a Mssomeli  e nella Sicilia Centrale (1892-1910)", Edizioni Lussografica, Caltanissetta, 1997;

(3) "Statuto  del Fascio del lavoratori di Caltanissetta", Tipografia Lencioni, Caltanissetta, 1893;

(4) Giuseppe Micciché "I fasci dei lavoratori nella Sicilia Sud-Orientale", Sicilia Punto L, Zuleima Edizioni, Catania, 1981;

( 5) Angelo Marsiano, "Geografia antropica", Lussografica, Caltanissetta, 1995;

(6) Francesco Renda, "I Fasci Sicilia" edizione Piccola biblioteca Einaudi, Torino, 1977;

(7) Salvatore Romano, "Storia dei Fasci Siciliani", Laterza, Bari, 1959;

(8) Archivio di Stato, Caltanissetta, "Fondo Pubblica Sicurezza", Filza 10;

(9) Archivio di Stato, Caltanissetta, Ibdm.;

(10)Angelo Marsiano, "Gli usi civici e i boschi del Comune di Niscemi", Lussografica, Caltanissetta, 1984;

(11) Angelo Marsiano, Ibdm.;

(12) Angelo Marsiano, Ibdm.;

(13) Angelo Marsiano, Ibdm.;

(14) Giuseppe Micciché, op. cit.;

(15) Angelo Marsiano, "Niscemi tra le due fluerre mondiali", col.I°, Lussografica, I

Caltanissetta, 1991;