Divorzio di Stato


 


Quante storie, quante balle,

quante inutili parole

e che sterili discorsi:

se il divorzio è di stato

certamente è regolare,

la Città del Vaticano,

che protesta urla sovente,

non ha nulla da obbiettare,

non s’indigna, non dissente.

 

All’alba degli anni ‘50

partivano treni dal Sud

pieni di tanti braccianti

di manovali e giovani

con chitarra e mandolino,

con le valige inspaghettate,

piene di soppresate e pecorino.

 

Andavano a “Melano”,

o in tanti altri centri industriali:

cercavano lavoro, del pane per i figli.

Partivano per la Germania occidentale,

salpavano per il pianeta americano,

o per il continente australiano,

qualcuno forse andava più lontano.

Nessun Papa da sotto il baldacchino

reagiva alla disgregazione familiare.

I parroci anzi erano contenti

ed anche i sagrestani, compiacenti

suonavano a lungo le campane.

Le rimesse erano oro brillante

riscattavano la classe degli oppressi,

ma gonfiavano anche le casse delle banche

(del Nord soprattutto e più di tutto),

sostentavano le curie e le congreghe.

 

“Terroni“, “maccaroni”, “mandolino”;

ma l’emigrante ci rideva sopra,

fingeva a volte di non aver capito

e le famiglie intanto “divorziavano”

nei fatti, per legge si sfaldavano.

 

E spesso al Sud  più non ritornavano

perché avevan messo su nuove famiglie

con nuove mogli e tanti figli e figlie

o erano rimasti in fondo a un miniera

o volati giù da un grattacielo

o stritolati dalle pressse industriali.

 

E nuovi pargoli allietavano le case!

Amore solo per corrispondenza?

Ma il seme allora non si congelava

e la sera, nei rioni popolari,

il clero, anticipando i tempi,

in abiti civili al fresco si sedeva

in mezzo ad una schiera di bambini

felici tra tanti zii e tanti cugini,

tra tante spose a forza divorziate.

.

“Figli del prete” si sussurava in giro,

“miscredenti” urlavan le vecchiette

e si segnavano turbate, sgranocchiando

un Pater, un’Ave, qualche Gloria,

invocando la grazia per quei peccatori.

 

Infine il divorzio si ratificò per legge:

la Chiesa, i preti con in testa il Papa,

i bigotti, la DC, il clero e le congreghe

urlarono alla scomposizione familiare.

 

Com’eran buffi a predicar dai pulpiti

ad urlare dietro ai santi in processione

col popolo che non stava più a sentirli,

che “NO” votò compatto al Referendum

indetto dai comitati dei bigotti,

dai servi sciocchi e reazionari del regime

che volevano abrogar la legge sul divorzio.

 

Quand’era lo stato a incoraggiar l’emigrazione

con la piaga cruda della disoccupazione,

con la legge agraria sempre rinviata,

con i baroni ed i latifondisti assenti

che lasciavano la campagna abbandonata,

che non spartivano le terre ai contadini,

che l’avrebbero curata e migliorata

per dare decoro e pane a mogli e figli;

quand’era lo stato con la sua incoerenza

a favorir la divisione tra moglie e marito

mai nessun comitato clerico-fascista,

nessuna congrega di preti e di bigotti,

nessun curia o soglio vaticano

avevano sollevato voce e mano,

non avevano mai stretto la briglia

per difendere l’unità della famiglia.

Salvatore Armando Santoro