E’ questo un contributo alla valida proposta di Tripi sulla questione
dell’agroalimentare in Sicilia e alla piattaforma dello sciopero
generale del 26 Marzo.
La
revisione di medio termine della PAC ha “rivoluzionato il modo in cui la
U.E. sostiene il settore agricolo”, mentre quanto è avvenuto a Cancun è
un’ultima e rilevante testimonianza di quello che oggi è il conflitto
economico, e non solo, nel mondo, tra paesi ricchi e paesi poveri su
questi temi derivanti da una globalizzazione selvaggia che si manifesta
come aggressione alle fondamenta della democrazia ed attacco al mondo
del lavoro ed ai suoi diritti.. Atomizzare il mondo del lavoro,
frantumarlo ed isolarlo è l’obiettivo perseguito da questo neoliberismo.
Tutto ciò si riflette pesantemente sul nostro sistema produttivo
agro-alimentare.
La lunga transizione che conosce il Mezzogiorno, tra ciò che c’era e
quello che ancora non c’è, rende il percorso per lo sviluppo
accidentato, incerto e problematico.
In particolare va denunciata, da parte di questo Governo Nazionale ma
vale anche per quello Regionale, l’assenza
di una idea e di un modello chiaro e
condiviso di sviluppo autopropulsivo in grado di colmare il divario
Nord-Sud.
La riforma dello Stato in senso federalista appare lontana dalla realtà
ed essa assume il carattere della rottura dell’unità del paese.
Almeno tre grandi questioni oggi rendono il Mezzogiorno non competitivo
:
· il
bassissimo livello di infrastrutturazione;
· l’insufficienza
del sistema della formazione e della ricerca scientifica e
dell’istruzione permanente;
· la
scarsa valorizzazione del territorio delle sue risorse endogene, della
tutela ambientale ed idrogeologica.
Infatti le tante produzioni alimentari
legate alla peculiarità di questo territorio ed intrise di
stratificazioni storiche e culturali, nonché sostenute da un’ampia
biodiversità, se non sono sviluppate in una
politica di sistema,
che va dalla valorizzazione delle tipicità alla loro commercializzazione
e diffusione nel mondo, rischiano di essere cancellate ed di lasciare
campo libero alla “omologazione di una globalizzazione
senza limiti e regole”.
La nostra convinzione è invece che questo Mezzogiorno può superare le
storiche ed attuali difficoltà proprio se punta sulle proprie forze e
sulla possibilità di uno sviluppo autogeno basato sulla difesa,
valorizzazione, qualificazione della propria specificità.
Questo naturalmente confrontandosi ed aprendosi ai processi di
mondializzazione a partire dal confronto-integrazione nel Mediterraneo.
Il Mezzogiorno ed il bacino del Mediterraneo sono due entità
culturali-storiche inscindibili; la possibilità di rafforzare
l’integrazione economica di queste due realtà non è
solo funzionale allo sviluppo di entrambi ma soprattutto ad affermare la
stabilità e la pace in tutta l’area.
L’Italia può svolgere una positiva funzione se sviluppa tutte le sue
risorse endogene, se allarga il sistema produttivo agricolo di qualità e
di tipicità, se mette in gioco il patrimonio di biodiversità, storico e
culturale presente nelle nostre aree.
In particolare la Montagna è una grande risorsa
Questo è tanto più vero se noi tutti intendiamo lo sviluppo sostenibile
non come un limite allo sviluppo ma come un sistema, una condizione che
produce piena occupazione e di cui è necessario assicurare la
sostenibilità nel tempo, non distruggendo le sue risorse con l’uso
smodato ma garantendone la continuità per le future generazioni.
La ricchezza della biodiversità, presente in queste aree, richiede una
valorizzazione supportata da una
forte ricerca scientifica e
non certo di OGM che sarebbero la causa di un impoverimento del nostro
patrimonio
Per mantenere tale diversità, peraltro molto fragile, bisogna sostenere
un costo il quale non può
che essere collettivo; sono perciò necessarie politiche comunitarie
e nazionali più forti.
La rivalutazione del ruolo attivo e della funzione dell’agricoltura di
qualità e di tipicità conferma la possibilità di differenti modelli di
sviluppo possibili del territorio. La funzione dell’agricoltura oggi si
modifica al mutare delle nuove attese sulla qualità della vita e dei
consumi alimentari delle moderne società.
Il concetto di multifunzionalità esprime
la diversificazione delle funzioni sociali che il primario è in grado di
svolgere all’interno delle aree rurali.
Esso, infatti, è portatore oltre alla rilevante ma tradizionale funzione
di produzione alimentare di base, anche di attività “di pubblica
utilità” per una società
che avanza nuovi bisogni ambientali-alimentari-culturali in un
riequilibrio dei processi di modernizzazione spinta.
La
multifunzionalità non è solo frutto della possibilità propria
dell’agricoltura di queste aree, ma essa è una necessità ed un’ampia
riserva di risorse per una collettività che ha mutato le sue esigenze e
modelli di vita.
L’Alpa ha assunto il
lavoro e le pluriattività dell’agricoltura
come uno dei parametri qualificanti della riforma del primario e della
sua sostenibilità ambientale. Vogliamo far emergere il forte nesso tra
la dimensione
ecologica e economica e quella sociale, in un rapporto
virtuoso tra ambiente e lavoro.
La lotta alla precarizzazione ed alla divisione degli interessi dei
lavoratori sono gli obiettivi da perseguire con uguale tenacia sul piano
sindacale, economico e culturale.
Realizzare ciò è possibile, proprio in queste realtà territoriali, in
quanto diventa possibile modificare strutturalmente i parametri su cui
si è costruito l’attuale sistema di sviluppo in
quest’ultimo secolo.
Margini di profitti realizzati sulle esternalità ambientali, scaricate
sulla collettività, diffuse aree di lavoro nero, evasione fiscale,
sottosalario, riduzione dei diritti; squilibri territoriali con
conseguenti marginalizzazioni delle aree svantaggiate, sono solo alcune
delle contraddizioni di questo sistema che vanno superate.
Dal quinto censimento dell’agricoltura risulta
ancora massiccia la presenza di micro-aziende”. Queste sono pari a circa
il 45% del totale, con meno di un ettaro di SAU. Se si considerano
inoltre le aziende fino a 5 ettari, l’insieme raggiunge l’80% circa del
totale.
In Sicilia “è ulteriormente aumentata la prevalente presenza di
micro-aziende”. Il 50% pari a 182.469 hanno una superficie inferiore
all’ettaro.
Tutto ciò costituisce una
peculiarità del sistema agricolo italiano e
per molti aspetti un patrimonio
da valorizzare, tutelare, organizzare.
Questi
dati, infatti, evidenziano l’annosa questione, ben presente alla platea
di questo convegno, della frammentarietà della maglia poderale
soprattutto nelle aree meridionali e montane.
La nostra idea, in merito,
è quella di assumere questa realtà e di costruire una proposta in grado
di aggregare la frammentarietà del sistema produttivo valorizzando, nei
mercati, la qualità delle produzioni
La nostra considerazione verte sulla constatazione dell’ampia diffusione
delle figure miste dell’agricoltura.
Sono queste le figure centrali della multifunzionalità dell’agricoltura,
grazie a loro si riesce ancora a mantenere una presenza antropica in
molte aree preservando quel patrimonio naturalistico che rappresenta la
nostra grande ricchezza.
Bene. Noi ci rivolgiamo a queste fasce di lavoratori rendendoli
partecipi di un processo di sviluppo nuovo. Ciò richiede e lo diciamo in
modo esplicito, certi di rivendicare
un diritto e non un’assistenza; una
politica vera di sostegno e non una spesa agricola a pioggia, una
valorizzazione del lavoro e del sapere in agricoltura e non una
dequalificazione diffusa.
Il rafforzamento della politica territoriale basata sullo sviluppo
rurale e la coesione territoriale allarga l’intervento oltre il settore
agricolo verso attività economiche differenti in cui una “ruralità
di qualità” diviene
oggetto e soggetto di progresso generale.
L’esigenza
che avanza su questi temi per
le aree svantaggiate è quella di una “governance
locale” capace di produrre percorsi decisionali e partecipativi
virtuosi.
Tutto
questo trova nel Distretto
Rurale e agroalimentare
la risposta coerente ed efficace. Il Distretto Rurale va inteso “sia
come peculiare modello di sviluppo che come metodo di lavoro e di
governo dell’economia locale”.
La
nostra opzione è per questi modelli poiché riteniamo fondamentale
puntare sulla integrazione di una pluralità di attività economiche e di
usi diversi del territorio.
La
riforma di medio termine della PAC con l’affermarsi del pagamento
unico per azienda su base disaccoppiata
dell’aiuto al reddito ha
profondamente mutato la forma di sostegno all’agricoltore. Noi
condividiamo le ragioni di questa scelta. Ciò che, però, critichiamo
fortemente e consideriamo profondamente sbagliato, è la mancanza di
una modulazione dell’aiuto
che tenga conto della
dimensione aziendale e del rapporto con la qualità. Oggi la grande
azienda di pianura riceve lo stesso aiuto di quella marginale delle aree
montane. L’Alpa invece sostiene che l’aiuto al reddito vada finalizzato
prioritariamente al sostegno del reddito di quelle fasce di piccoli
produttori che svolgono quelle funzioni plurime nel processo agricolo e
nella tutela del territorio. In particolare questo deve valere nelle
aree di montagna
I principi di sussidiarità e di partenariato si
collocano alla base dei processi di crescita delle forze sociali ed
economiche locali in un contesto autopropulsivo dello sviluppo.
Si pone quindi al centro dell’iniziativa il rilancio della
programmazione negoziata finalizzata
a realizzare un mix di politiche di settore e territoriali per elevare
il grado di efficienza ed innovazione del sistema produttivo
agroalimentare.
Esperienze contraddittorie sono state realizzate, molte affossate dal
liberismo di questo governo, si tratta per noi invece di rilanciare il
metodo della
concertazione dal basso e della pianificazione territoriale costruita
con un circuito virtuoso fondato sulla partecipazione delle popolazioni
e delle loro rappresentanze sociali, culturali ed economiche. (I patti
territoriali, i PIT, i PIF, i Contratti d’Area e di Programma devono
riaffermare la loro vitalità e funzione strategica nel mobilitare
risorse umane e materiali a sostegno di una ripresa dei programmi di
sviluppo locali).
L’attività agricola resta centrale ma non esaustiva dei processi
economici. Ciò
che a noi interessa è lavorare per una prospettiva di progresso e per
rafforzare, con l’azione della Flai, la coesione del mondo del lavoro
dipendente agricolo e quindi le tutele ed i diritti delle figure miste
che con la loro presenza, in queste aree, garantiscono una possibilità
di sviluppo per l’intero paese e per questa regione siciliana.