A 4 anni dalle denunce di Msf, continua lo sfruttamento dei braccianti stranieri

 
9 giugno 2007


Età media 30 anni, in Sicilia in 20 mila raccolgono patate, fragole, arance, uva e olive per 25 euro al giorno, e i contributi li pagano ai caporali. Il 70% denuncia di aver subito maltrattamenti

ROMA - Niente di nuovo. A quattro anni dalle prime denunce di Msf sulle condizioni “inaccettabili” di sfruttamento dei braccianti stranieri in Sicilia, e ad un anno dal reportage di Fabrizio Gatti per “L’espresso”, lo sfruttamento nei campi continua. Età media 30 anni, raccolgono patate, fragole, arance, uva ed olive, 12 ore di lavoro per 25 euro al giorno e i contributi li pagano ai caporali. Sono i 20mila schiavi delle campagne siciliane. Da Alcamo a Cassibile, lavorano nelle 35.000 piccole e medie aziende agricole siciliane e vivono in casolari abbandonati subaffittati dai caporali, oppure in terrapieni sotto i ponti, nei cimiteri, in accampamenti di fortuna o in mezzo ai campi, buttati per terra., senza acqua né elettricità. Secondo Medici senza frontiere (Msf), il 50% vive senza acqua corrente, il 90% non ha riscaldamento, il 40% è senza bagni e uno su quattro non ha la corrente elettrica. Nemmeno l’acqua potabile è alla portata di tutti. Il 40% degli intervistati la compra in bottiglia, il 20% ogni giorno va a piedi in paese a riempire le taniche di acqua alla fontana.

Mentre scriviamo, a Cassibile - 5.500 abitanti, provincia di Siracusa - almeno 400 uomini stanno raccogliendo le patate. 120 sono ospitati nelle tende allestite dalla Croce rossa italiana, grazie ad un finanziamento di 130.000 euro erogato dalla Provincia e dal Comune di Siracusa. Gli altri, quelli senza permesso di soggiorno, pagano l’affitto ai caporali per un posto letto. “Ogni mattina, tra le cinque e le sei, quando è ancora buio, - racconta Alfonso Di Stefano (Rete antirazzista siciliana) – gli stagionali si radunano in piazza, e i caporali passano a caricarli per portarli al lavoro. Quest’anno sono un po’ più discreti, si danno l’appuntamento la sera per l’indomani mattina, ma fino allo scorso anno si contavano centinaia di persone nel centro del paese alle prime luci dell’alba”. Dodici ore di lavoro valgono 25-30 euro, e 15-20 euro a testa vanno ai caporali, siciliani ma anche stranieri, soprattutto marocchini, che ogni mattina li trasportano nei campi. “L’80% lavora fuori Cassibile – dice Tonino Trimarchi (Presidente della circoscrizione di Cassibile) – nelle imprese di Lentini, Pachino, Vittoria, Augusta. Cassibile ormai è diventato un punto di raccolta e collocamento. Qui la gente viene solo a dormire”.

Secondo Msf, il 95% degli stagionali lavora in nero e il 70% dichiara di avere subito maltrattamenti. Cesare Lo Balbo (segretario regionale Flai-Cgil) parla di “schiavi e schiavisti”. “Come altro dobbiamo chiamare un uomo costretto a rimanere 24 ore in azienda, mandato a lavorare 12 ore al giorno a ritmi insostenibili e per 20 euro, continuamente ricattato con la minaccia di chiamare la polizia e di farlo rimpatriare?”. “Per le patate – spiega Di Stefano - c’è una quota minima di cento cassette da venti chili al giorno. Due tonnellate. Se ne fai meno non ti pagano e il giorno dopo non ti richiamano a lavorare”.

“Si tratta di una scelta – denuncia Lo Balbo -. Lo sfruttamento avviene nelle zone ricche della costa, tra Trapani e Messina. Hanno scoperto una nuova manodopera a bassissimo costo e più facilmente ricattabile rispetto alle migliaia di lavoratori in nero siciliani di cui non ci dobbiamo dimenticare”. A ridurre in schiavitù i braccianti stranieri sono soprattutto le piccole e medie imprese. “Le grandi aziende sono più attente per via dei controlli, - spiega Di Stefano – anche se poi comprano spesso i raccolti delle piccole e medie aziende”.

I lavoratori più vulnerabili sono gli immigrati senza permesso di soggiorno. Sono loro i più ricattabili. Basta una telefonata alla polizia per far scattare prima un ordine di espulsione e poi la detenzione in un cpt e il rimpatrio. “Lo scorso anno a Cassibile – ricorda Di Stefano – ci furono delle retate della polizia e vennero arrestati i lavoratori irregolari. Nessuno però si preoccupò di perseguire caporali e datori di lavoro”. Anche i rapporti con la comunità di Cassibile sono ostili. “Lo scorso anno – continua Di Stefano - scoppiò un incendio in un accampamento di fortuna, probabilmente doloso, e recentemente ci hanno denunciato alcuni casi di aggressioni. Sono ragazzi del posto, girano in motorino e se beccano qualche straniero da solo lo riempiono di bastonate”. (Gabriele Del Grande)

Lo Balbo (Flai Cgil): ’’Tutti vedono, nessuno rompe l’omertà’’

In quattro anni mai una sola denuncia per riduzione in schiavitù. Nel 2006 solo 600 ispezioni su 35 mila aziende agricole. E per il 2007 assegnati alla regione solo 3.500 stagionali stranieri

ROMA - Niente di segreto. Gli enti locali, le Prefetture, i sindacati, Confagricoltura, Coldiretti, la stampa, tutti conoscono la realtà della riduzione in schiavitù nei campi siciliani. Eppure niente si muove. “Essendo irregolari non possiamo dargli una mano”, dice il presidente della circoscrizione di Cassibile, che però annuncia: “Stiamo preparando un’operazione congiunta con le forze dell’ordine, gli irregolari stanno occupando tutti i casolari in campagna per trovare un posto dove rifugiarsi, i residenti si lamentano”. Nessuna operazione in vista, invece, contro chi lucra sullo sfruttamento. “In quattro anni in Sicilia non c’è stata una sola denuncia per riduzione in schiavitù, articolo 600 del codice penale”, denuncia Lo Balbo. Nel 2006 l’Inps ha effettuato 1.881 ispezioni in Sicilia, di cui 1.289 solo a Messina e in settori non legati all’agricoltura. Tirando le cifre fanno 600 controlli all’anno per 35.000 aziende agricole e almeno 50.000 lavoratori. “Evidentemente conviene così – taglia corto Di Stefano. - Non è difficile risalire a chi sfrutta questi lavoratori. Basta scendere in piazza ogni mattina e seguire le auto dei caporali. Avviene tutto alla luce del giorno”. Intanto, in vista della stagione 2007, il Governo ha assegnato alla Sicilia una quota di soli 3.500 lavoratori stagionali non comunitari: “un invito ai padroni a continuare con lo sfruttamento e i comportamenti illeciti”, secondo Lo Balbo.

“E’ una vergogna! – continua il sindacalista – Lo scorso anno tutti gli occhi erano puntati su Cassibile, sembrava un reality show. I protagonisti che sudano e vengono sfruttati, ed è tutto vero. Alla fine però non una persona è stata arrestata”. In compenso l’amministrazione di Siracusa ha provveduto a pagare le spese di viaggio dei lavoratori a fine stagione. “Con quei soldi – continua Lo Balbo – se ne sono andati nelle Puglie a raccogliere i pomodori, nelle stesse condizioni di sfruttamento”.

Rispetto agli anni passati qualche passo avanti è stato fatto, anche se la situazione rimane drammatica. A Cassibile per esempio la Guardia Medica ha esteso il servizio di 20 ore settimanali, rimanendo aperta fino alle 22:00 e permettendo così anche ai braccianti stagionali di farsi visitare dopo il lavoro nei campi, dove ci si fa male e ci si ammala. “Le patologie riscontrate sono quelle della povertà – sostiene Andrea Accardi (Msf) –. Arrivano sani in Italia, ma in queste condizioni, si ammalano nel giro di sei mesi”. Sono soprattutto malattie dermatologiche (23,6%), parassiti intestinali e malattie del cavo orale (15,5% ciascuna) e malattie respiratorie (14,3%) correlabili alle precarie condizioni di vita.

Intanto a Siracusa, i sindacati hanno firmato un protocollo con le organizzazioni dei datori di lavoro, il prefetto e la provincia, con l’obiettivo di risolvere il problema casa e definire una volta per tutte le quote reali di stagionali da inserire nei decreti flussi annuali. Ma tutto sembra far credere che il reality show continuerà anche quest’anno. “In Sicilia ormai è un fenomeno accettato. Serve maggiore attenzione. – conclude Lo Balbo – E serve al più presto la riforma della legge sull’immigrazione, unitamente a una nuova prassi che dovrebbe prevedere il rilascio di un permesso di soggiorno a tutti i lavoratori che denuncino i loro sfruttatori, come avviene oggi per le vittime dello sfruttamento della prostituzione”. (Gabriele Del Grande)

Un video contro la riduzione in schiavitù dei braccianti siciliani

Lo ha realizzato la Flai-Cgil, con la regia di Enzo Rizzo. 26 minuti girati in sei province dell’isola raccontano lo sfruttamento di 25.000 lavoratori stagionali

ROMA –Un video di 26 minuti girati in sei province siciliane per denunciare lo sfruttamento dei braccianti stranieri nelle campagne dell’isola. Si intitola “Sicilia ventimila schiavi” e lo ha realizzato il sindacato dei lavoratori agricoli Flai-Cgil, con la regia di Enzo Rizzo. Le immagini parlano da sole. Si vedono i crocicchi di lavoratori che aspettano di essere reclutati e i caporali che fanno il giro per le campagne con i furgoni. Un giovane rumeno pagato 10 euro l’ora, racconta di essere stato tenuto per mesi a latte e patate e ricattato dopo la scadenza del visto turistico di tre mesi con cui era entrato in Italia, magari su uno degli autobus della Atlassib, tanto attiva sulle tratte Bucarest-Sicilia. “Mi faceva paura – racconta il ragazzo – mi diceva che mi portava alla polizia e che se parlavo mi buttava dentro la fossa”. Le donne intervistate da Rizzo dicono di essere costrette a lavorare 15 ore al giorno “se no non ci richiamano”. Nel filmato parlano anche gli imprenditori, che negano, addebitando le voci di scontento dei lavoratori a una presunta rivalità religiosa tra cattolici e musulmani. Il video è scaricabile su http://www.cgil.it/flai.sicilia/schiavismo.htm

La Flai-Cgil stima che in Sicilia si evadano 13 milioni di giornate di lavoro all’anno. Lo sfruttamento riguarda anche lavoratori italiani, senza contratto e sottopagati. Ma la situazione dei circa 20.000 lavoratori stranieri senza permesso di soggiorno, provenienti dal Maghreb e dall’est europeo, sono ancora più precarie e vicine alla schiavitù.

“Ci auguriamo- commenta Salvatore Lo Balbo, segretario regionale Flai-Cgil - che il disegno di legge del governo di centro sinistra diventi presto legge, che il caporalato venga riconosciuto come reato e chi denuncia premiato col premesso di soggiorno temporaneo”. Di denunce oggi non ce ne sono, per timore di ritorsioni. “Certo però – commenta Alfondo Di Stefano, Rete antirazzista siciliana - alle forze dell’ordine basterebbe scendere in piazza ogni mattina e seguire le auto dei caporali. Avviene tutto alla luce del giorno”. (Gabriele Del Grande)

http://www.isolapossibile.it/article.php3?id_article=2320