Relazione: VITO CIULLA
Care
compagne e compagni. Signori invitati
Il
14° Congresso della Cgil, dopo gli orrendi atti terroristici di New York e
Washington del’11 settembre, l’intervento militare in Afghanistan e
l’entrata in guerra dell’Italia, impone un ulteriore approfondimento,
riflessione e aggiornamento su quello che sarà il futuro del mondo.
Con
il crollo delle Torre Gemelle, oltre alle migliaia di vittime, ci ha colpito la
reale fragilità dei servizi segreti Americani e all’improvviso ci siamo resi
conto che niente sarà più come prima.
Ciò
che è accaduto a Manhattan non
deve indurre all’errore di attardarsi alla ricerca delle colpe dell’America:
l’analisi ci porterebbe lontano e sarebbe semplicemente un inutile esercizio
verbale.
Il
terrorismo rappresenta la negazione della libertà e dei diritti universali
delle persone, mina i valori della convivenza civile e innesca divisioni che
alimentano le posizioni di intolleranza e xenofobia nei confronti delle diversità.
La
lotta al terrorismo deve essere condotta senza esitazione, con un’azione
repressiva che non diventi una rappresaglia alla cieca ma un’azione mirata in
grado di neutralizzare il terrore, e con il blocco delle fonti economiche fatte
di speculazioni finanziarie, di riciclaggio del denaro frutto della produzione e
della vendita della droga. Sgominare questa organizzazione capillare e ben
organizzata diventa, infatti, una priorità assoluta per garantire la pace, la
giustizia e la sicurezza della comunità internazionale.
È
indispensabile evitare di imputare all’Islam quanto il fondamentalismo e il
fanatismo hanno compiuto, per scongiurare che l’azione militare si trasformi
in una guerra di religione dalle imprevedibili conseguenze. Per questo è
auspicabile che all’ONU venga restituita l’autorevolezza che gli compete per
assicurare un governo del mondo fondato sulla pace e l’autodeterminazione dei
popoli a cominciare da quello Palestinese.
È
tempo che gli Stati Uniti e l’Occidente oltre a
fare pressioni sugli Israeliani e Palestinesi perché riprendano il
processo di pace, assumano un ruolo
impegnativo per il rispetto delle
risoluzioni ONU e degli accordi di Oslo per il riconoscimento dello Stato
Palestinese, senza il quale è difficile disinnescare l’ostilità incessante
che alimenta il mondo islamico.
È
convincente l’impegno della CGIL di promuovere iniziative che possano favorire
una prima fase di tregua, garantita da forze internazionali di interposizione
per disinnescare la spirale di violenza che rischia di destabilizzare l’intera
area medio-orientale, e successivamente avviare
un processo di pace duraturo.
Occorre,
altresì, che l’Europa e l’America si misurino con i drammatici problemi di
vaste aree geografiche del mondo. È, quindi, priorità assoluta sanare le
ferite, pacificare le aree di crisi e prevenire nuovi e più aspri conflitti:
l’11 settembre ha dimostrato che le guerre non hanno più confini.
La
notizia che Kabul è stata conquistata dall’Alleanza del Nord rappresenta una
svolta importante dell’intervento
militare: nella città liberata si sono viste scene di festa, l’accoglienza dei Mujahiddin
con musica e canti vuole aprire una nuova speranza per un popolo da vent’anni
in guerra.
Compito
della Comunità internazionale sotto l’egida dell’ONU è quello di
scongiurare che al governo dei Talebani succeda un altro governo, che non sia
espressione di tutte le etnie presenti nel territorio Afgano.
In
questo senso è utile, dopo oltre un mese di bombardamenti, che le associazioni
umanitarie internazionali intervengano per garantire assistenza alla popolazione
civile ammassata nei confini con il Pakistan e favorire il rientro.
La
grave crisi internazionale ci ripropone le problematiche in merito alla
globalizzazione. Spesso la reale attuazione di questa ha rappresentato una forma
di nuova colonizzazione che tende a uniformare e omologare, rispondendo solo
alle logiche economiche e di mercato e non favorendo un’equa distribuzione del
reddito tra paesi poveri e paesi ricchi.
Le
contestazioni che partono da Seattle sino al G8 di Genova, trovano fondamento
poiché la globalizzazione ha acuito il problema della disoccupazione, ha
aumentato il divario tra il Nord e il Sud, tra l’Occidente e l’Oriente del
mondo, ha ampliato sacche di povertà anche nei paesi fortemente
industrializzati.
In
questo conteso l’Europa può assumere un ruolo rilevante: ad una logica di
frenesia economica, in cui non hanno spazio i diritti delle persone, come
cittadini e come lavoratori, bisogna rispondere
con un modello sociale basato sulla solidarietà e sull’estensione dei
diritti. Da questo punto di vista il vertice di Nizza, a
È
positivo il fatto che Franco Chiriaco, Segretario Generale della Flai-Cgil
Nazionale, in un articolo pubblicato su
Agenzia Flai-Cgil, abbia sottolineato che
il processo di globalizzazione deve basarsi su una nuova tutela del lavoro e sul
miglioramento delle condizioni di convivenza umana e sociale e che, come
sindacato dell’agroindustria, vogliamo contribuire a costruire l’anima
sociale, culturale e civile dell’Europa che fonda le sue radici nella stretta
correlazione fra mondo cittadino e mondo rurale. Da questo punto di vista esiste
uno stretto legame tra queste
problematiche e quelle che noi rappresentiamo, a partire da un modello di
sviluppo sostenibile basato sul rispetto dell’ambiente e sulla sicurezza
alimentare.
L’intesa
appena raggiunta nella quarta conferenza del WTO segna un importate passo in
avanti a favore dei Paesi in Via di Sviluppo e specialmente per quel che
riguarda l’accesso ai farmaci salvavita. La conferenza è stata fortemente
deludente, invece, da un altro punto di vista: la richiesta dell’Unione
Europea di riprendere la proposta della conferenza di Singapore del 1996, circa
l’istituzione di un collegamento permanente tra WTO e l’OIL
(l’Organizzazione Internazionale del Lavoro), non è stata accolta: ci si è
limitati alla sola dichiarazione
d’intenti. Nessun vincolo, quindi, tra lavoro minorile e diritti sindacali da
un lato e scambi commerciali dall’altro.
Per
quanto attiene l’agricoltura, diventa sempre più urgente una profonda
revisione della Politica Agricola Comune (P.A.C.) in direzione della
sostenibilità delle aziende nel rispetto dei contratti per una giusta
remunerazione del lavoro dipendente. È fuor di dubbio che il cammino è
tortuoso.
Le
recenti prese di posizione dell’attuale Governo Italiano di rinviare il
progetto di allargamento ai Paesi dell’Est e di allinearsi alle posizioni
dell’amministrazione Americana di Bush sull’ambiente,
allontanano le prospettive di un rafforzamento dell’Europa.
Ciò
diventa assolutamente contraddittorio nel momento in cui nel 2010 è prevista
l’entrata in vigore della zona di libero scambio nell’area euromediterranea,
dove si richiedono fin d’ora investimenti in termini economici e culturali per
un vero processo di integrazione
delle due sponde del Mediterraneo.
L’Italia
e la Sicilia, in particolare, possono scegliere di essere il centro politico di
questa nuova realtà, oppure rimanere solo un centro geografico isolato da tutto
quello che lo circonda.
Il
contesto politico e istituzionale che si è determinato dopo le elezioni
politiche e quelle regionali, che hanno visto vincere la coalizione di
centro-destra, modifica sostanzialmente le posizioni dell’Italia nei confronti
di tali problematiche a partire dalla rivisitazione della legge
sull’immigrazione.
Le azioni di governo delle destre, nei famosi primi 100 giorni, hanno mostrato le vere intenzioni di trasformare l’Italia in un Paese con meno diritti e meno tutele e contemporaneamente risolvere alcune questioni per favorire lo stesso Berlusconi e parte del suo entourage. La scandalosa legge sulle rogatorie internazionali ne è la prova. Infatti Berlusconi, oggi Presidente del Consiglio, e ieri padrone assoluto della Fininvest, chiede l’inutilizzabilità di tutta la documentazione raccolta dalla procura di Milano perché, secondo quanto riportato dalla stampa, “priva di bollini di autentica”; il fatto diventa ancora più grave quando, contrariamente a quanto sostenuto da autorevoli personaggi del centro destra al momento dell’approvazione della legge cioè che mai nessun imputato di reati gravi sarebbe stato messo in libertà, ad usufruirne sono gli indagati di riciclaggio in odore di mafia com’è il caso dell’imprenditore Giovanni Pozzi.
Care
compagne e compagni,
la
legge finanziaria, predisposta dal Governo, evidenzia con chiarezza che le
promesse fatte in campagna elettorale non sono esigibili. L’assenza di una
politica di interventi nei confronti del Mezzogiorno e di provvedimenti in
agricoltura, evidenziano il quadro drammatico in cui ci muoviamo.
Altro
aspetto preoccupante sono i contenuti presentati nel Libro bianco che il Ministro
Maroni ha presentato; in esso è evidente la linea politica della Confindustria
che punta a scardinare il sistema delle sicurezza e dei diritti e a
destrutturare la contrattazione collettiva e la rappresentanza sindacale. In
questo modo si favorisce la contrattazione individuale indebolendo il potere
contrattuale dei lavoratori.
La
decisione del governo Berlusconi di facilitare i licenziamenti, è un attacco
alla dignità della persona e al lavoratore stesso, tant’è vero che la CGIL
ha espresso parere totalmente contrario: con un colpo di mano, mentre a Roma si
svolgeva la manifestazione dei metalmeccanici aderenti alla Fiom-Cgil in difesa
dei diritti contrattuali e per la democrazia, il ministro leghista Maroni,
ignorando il sindacato, presenta in Consiglio dei Ministri la legge delega che
rende più facili i licenziamenti e attacca frontalmente l’art. 18 dello
statuto dei lavoratori. Non vi è cosa più odiosa quando si tende a monetizzare
la dignità delle persone cioè quando si sospende l’obbligo di
reintegro al proprio posto di lavoro per i licenziamenti effettuati senza giusta
causa.
Diventa
più pericolosa in Sicilia e a Palermo dove esistono ampi spazi di
assistenzialismo, arretratezza, lavoro sommerso e precariato.
È
qui che si incontrano le maggiori difficoltà: si è visto che anche i contratti
di riallineamento in agricoltura non hanno prodotto i risultati sperati; in
provincia di Palermo sono circa 700.
Siamo
perfettamente d’accordo con le posizioni della Flai-Cgil Nazionale circa il
superamento dei contratti di riallineamento ed è assolutamente vero che
l’impianto contrattuale viene vanificato e che il secondo livello costituito
dal Contratto Integrativo Provinciale è svuotato di significato.
La
destrutturazione del mercato del lavoro in agricoltura, affidando agli enti
bilaterali, con la gestione del sindacato e delle controparti, l’incontro fra
domanda e offerta di lavoro, rappresenta una pericolosa scorciatoia per la
regolamentazione del rapporto di lavoro, contraria agli interessi dei
lavoratori.
Ritengo,
invece, che l’impianto contrattuale, del mercato del lavoro e della previdenza
agricola, che sino ad oggi sono stati basati sulla solidarietà,
deve essere riformato e non stravolto puntando ad una maggiore tutela dei
lavoratori.
Il
precedente Governo, nel prevedere interventi urgenti in materia di
ammortizzatori sociali, ha escluso i lavoratori agricoli dall’aumento al 40%
dell’indennità di disoccupazione; l’attuale, addirittura, vorrebbe non
considerare il lavoro stagionale agricolo rilegandolo in un non lavoro e
continuare a mantenere separati, sul piano dei diritti, i lavoratori per i
quali, invece sarebbe necessario avviare la riforma della previdenza agricola
secondo le proposte che da molto tempo Flai, Fai e Uila hanno avanzato.
È
fuor di dubbio che a queste riflessioni devono essere collegati i temi dello
sviluppo e delle sue opportunità.
La
grande sfida che abbiamo davanti alla nostra realtà siciliana, è
l’equilibrio tra lo sviluppo economico, il soddisfacimento della richiesta
occupazionale e il miglioramento della qualità della vita.
In
questi ultimi anni l’avvio del processo di modernizzazione è stato il
risultato di azioni integrate e concertate nell’ambito territoriale tra i
livelli istituzionali e le parti sociali.
La
Programmazione Negoziata, i Patti territoriali, le intese istituzionali, gli
Accordi di Programma sono stati, in Sicilia, i segni di un nuovo slancio delle
politiche di sviluppo.
Dopo
i risultati elettorali, disastrosi per il centro sinistra, in Sicilia si assiste
ad una battuta d’arresto rispetto alle strategie concordate
che dovevano essere tramutate in atti concreti su Agenda 2000.
Siamo
sempre convinti che in Sicilia, dove il debito pubblico ha superato i 5.500
miliardi e dove c’è una grave crisi di liquidità, la fase caratterizzata da
investimenti assistenziali, debba essere conclusa.
Bisogna
invertire la tendenza ed accettare e vincere la sfida basata sulle produzioni di
qualità e non di quantità per conquistare i mercati europei e extracomunitari,
per produrre rispettando l’ambiente.
Quello
che poteva essere considerata semplicemente una moda il consumo dei prodotti
biologici “ ad alto contenuto salutistico”, oggi costituisce, in realtà, un
nuovo modello della qualità della vita. Ciò anche alla luce di quanto è
successo in tema di sicurezza alimentare.
Lo
scandalo della mucca pazza, i mangimi alla diossina, hanno turbato profondamente
l’opinione pubblica. Per i prodotti zootecnici occorre intervenire con una
normativa che identifichi le produzioni biologiche e certifichi le provenienze
da aziende in cui gli animali vengano allevati a stabulazione libera, su pascoli
naturali a comunque dispongano di spazio vitale sufficiente a favorire un
accrescimento naturale, in cui vengano somministrati alimenti derivanti da
coltivazioni che a loro volta escludano l’uso di pesticidi e concimi chimici
di sintesi.
L’
Associazione Regionale Allevatori, l’Istituto Sperimentale Zootecnico e quello
Zooprofilattico, devono avere, in questo contesto, un ruolo di primo piano
nell’indirizzo e nell’assistenza alle aziende.
Il
tema della sicurezza alimentare, con tutta la sua drammaticità, è penetrato
nei comportamenti quotidiani e difficilmente sarà rimosso, se non con azioni
che diano risposte positive, introducendo vincoli che avranno conseguenze nella
produzione, nella trasformazione e nella commercializzazione.
I
consumatori hanno diritto di attendersi informazioni sulla qualità degli
alimenti, sulla loro provenienza e sui loro ingredienti; tali informazioni
devono essere presentate in modo chiaro da consentire scelte consapevoli.
Le
vicende sulla sicurezza alimentare impongono un ripensamento nel modo di
produrre.
L’Unione
Europea ha delineato le strategie per i prossimi anni, tale strategia consentirà
di organizzare la sicurezza alimentare in modo più coordinato e integrato al
fine di raggiungere il livello più elevato possibile di protezione della
salute.
Sta
a noi sviluppare una politica che copra tutti i settori della catena alimentare
in uno slogan: “ dai campi alla tavola”, una politica che va dalla
produzione dei mangimi, alla produzione primaria, dalla lavorazione degli
alimenti all’immagazzinamento, la logistica, il trasporto e la vendita al
dettaglio.
Quando
scoppiò lo scandalo del vino al metanolo, il mondo della produzione
vitivinicolo entrò in crisi, la commercializzazione dei prodotti subì crolli
impersonanti, da quella esperienza è nata la consapevolezza che le produzioni
basate sulla quantità e non sulla qualità non avevano futuro.
Oggi
il settore vitivinicolo, grazie ai fattori climatici e alla ricerca della qualità,
ha subito un’inversione di tendenza, l’industria del vino costituisce una
delle voci più importanti della bilancia agroalimentare siciliana.
Non
è un caso che multinazionali come il Gruppo Italiano Vino, l’ILVA di Saronno,
Marzotto, fanno rilevanti investimenti nella nostra Provincia.
La
GIV diventa maggiore azionista della Rapitalà di Camporeale: la produzione
passa da 400.000 bottiglie a circa 1.000.000, in questà realtà produttiva sono
occupati circa 20 lavoratori; l’ILVA di Saronno, dopo l’acquisizione delle
cantine Florio di Marsala, rileva la Casa Vinicola Duca di Salaparuta con un
investimento di oltre 140 miliardi;
Marzotto acquista una rilevante estensione territoriale in agro di Santa
Cristina Gela.
La
Flai e la Cgil con l’adesione ai Patti Territoriali ha dato un rilevante
contributo. Purtroppo costatiamo che tutto ciò non si è tramutato in benessere
per i lavoratori; riteniamo questa fase chiusa, occorre aprirne una nuova.
L’attuazione
delle misure previste in Agenda 2000, i POR, l’uso delle risorse ambientali,
la pianificazione e la programmazione territoriale, hanno bisogno, oramai di
essere negoziate e contrattate.
Per
la Flai si aprono nuove sfide, bisogna interpretare le esigenze del nuovo che
avanza e in primo luogo le aspettative dei lavoratori ed in particolare del
settore agricolo, ai quali spesso non si applicano i contratti.
Non
è sostenibile che nella nostra provincia esistono ancora sacche di schiavitù
dove l’orario di lavoro ricorda periodi da fine ottocento e dove i diritti
individuali non esistono: “tanto se ci stai ci stai se no al cancello bussano
tanti disoccupati”!!!!.
Non
è sostenibile che un bracciante agricolo percepisca mensilmente una
retribuzione di circa 1.060.000 lire.
La
dignità del lavoro dipendente è la grande questione che deve camminare
parallelamente alle questioni dello sviluppo.
Non
c’è sviluppo senza il rispetto dei diritti dei lavoratori; non c’è
sviluppo se il sommerso non emerge.
I
dati rivelano che in provincia di Palermo, su circa 19.000 lavoratori iscritti
negli EE.AA. ben 14.000 risultano assunti dalla Pubblica Amministrazione ( ESA,
Consorzio di Bonifica, Università, Istituti sperimentali e l’IRF con circa
12.000 addetti), i restanti 5.000 sono i lavoratori, che su una superficie
adibita a coltivazione di circa 260.000 ettari, contribuiscono a inserire, nella
graduatoria nazionale, l’agricoltura siciliana al secondo posto, dopo
la Lombardia.
È
evidente che qualcosa non funziona!!! Nonostante le agevolazioni previste dai
contratti di riallineamento, il sommerso non emerge: nella nostra provincia e,
permettetemi, in Sicilia continua ad essere praticato il lavoro nero e la
negazione dei diritti dei lavoratori.
Non
è con la costituzione degli Enti Bilaterali tra organizzazioni sindacali e
datoriali che risolviamo il problema, ma col processo di aziendalizzazione del
Sindacato, con l’iscrizione del lavoratore e la nomina delle RSA e degli RLS.
Questo processo, come Flai-Cgil, l’abbiamo avviato da alcuni anni e i
risultati, anche se parziali, sono soddisfacenti: i lavoratori hanno voglia di
sindacato. Non è un caso che siamo presenti nelle aziende come: L.E.N.A. di
Castelbuono, Rapitalà di Camporeale, Di Lorenzo di Grisì.
Il
rinnovo del Contratto Integrativo Provinciale dei Lavoratori Agricoli e
Florovivaisti e la costituzione della CILA ( la cassa extralegem per
l’integrazione della malattia e gli infortuni), ha migliorato le relazioni
sindacali con CIA, Coldiretti e Confagricoltura, se è vero questo, per Flai,
Fai e Uila, diventa più agevole
l’azione sindacale nelle aziende per il rispetto dei diritti, della sicurezza
nei posti di lavoro e della dignità dei lavoratori.
Esistono
tutte le condizioni per impostare una nuova strategia che vede come obiettivo lo
sviluppo nella legalità della nostra agricoltura.
I
settori dove la nostra provincia è competitiva sono: il vitivinicolo,
cerealicolo, ortofrutticolo e l’olivicolo.
Occorre
imprimere un’accelerazione nei processi di riconversione e ammodernamento
negli altri settori come quello florovivaistico e della vivaistica in generale.
Da uno studio condotto dall’Istituto Sperimentale per la Floricoltura di
Palermo, emerge che le piante ornamentali e principalmente quelle delle fronde
verdi, suscitano un enorme interesse nazionale: gli attuali 800 Ha, a livello
nazionale, di superficie coltivate, risultano assolutamente insufficienti a
coprire le richieste nazionali ed europee. A Palermo la superficie coltivata
viene quantificata in meno di un ettaro.
La
proposta che viene avanzata è quella che si possano riconvertire in
coltivazione di piante ornamentali, quei terreni dove le colture tradizionali,
quali quelle agrumicole nella fascia costiera e quelle cerealicole nelle zone
interne, risultano abbandonate, dando così un input allo sviluppo del settore
florovivaistico.
Se
da un lato tale proposta può essere condivisibile, dall’altro bisogna
guardare alla complessità dell’economia agro-alimentare-industriale della
nostra provincia.
Questa
realtà non ha mai avuto, nel passato, un forte apparato
agro-alimentare-industriale questo perché, secondo il mio punto di vista,
l’impresa, nella maggioranza dei casi, è stata pensata e costruita in
funzione dell’utilizzo del denaro pubblico e non per la competizione di
mercato.
La
situazione sta mutando: nuove logiche stanno determinando interessanti realtà
produttive nel comparto vitivinicolo e lattiero- caseario.
La
stessa Casa Vinicola Duca di Salaparuta, come già detto, rilevata dall’ILVA
di Saronno, dopo un periodo di grandi incertezze produttive che stavano
compromettendo la stessa solidità economica dell’Azienda, ha visto migliorare
sensibilmente la qualità del prodotto. Alla Vini Corvo bisogna riprendere
l’azione e ridefinire le relazioni sindacali inserite in un contesto, oltre
che di azienda, di gruppo.
La
Rapitalà, ora della GIV, ha conquistato fette di mercato internazionale, così
come la cantina Maranfuso che
arriva ad una produzione di circa “ 12.000.000 di bottiglie”; la Cantina
Sociale Alto Belice, che ha svolto e continua a svolgere un importante ruolo
sociale nell’area del vigneto, cambia mentalità modifica le linee di prodotto
e viene premiata in importanti rassegne vinicole: anche tante altre micro realtà
hanno capito che bisogna puntare sulla qualità del prodotto.
Nel
settore lattiero-caseario, partendo da alcune considerazioni, possiamo affermare
che la produzione di latte in Sicilia assume importanza rilevante nel prodotto
lordo vendibile: dai dati Istat risulta, infatti, che tale valore è di oltre
159 miliardi di lire.
Del
latte prodotto (vaccino, bufalino e ovicaprino) il più significativo è
costituito dal latte vaccino che rappresenta oltre il 72% del totale.
A
questo va aggiunto che le produzioni lattiero- caseario tendono ad
incrementarsi maggiormente, perché le richieste dei consumatori del
latte fresco, della qualità del prodotto trasformato è largamente aumentata.
In
occasione del seminario “ Qualità e sicurezza Alimentare in Sicilia”,
organizzato dalla Flai siciliana il 19 marzo del 2001, abbiamo appreso che la
base produttiva zootecnica ammonta a circa 450.000 bovini; la popolazione ovina
è di circa 1.300.000 capi, quella caprina di 230.000, quella suina di 175.000 e
quella equina di 30.000. Il Prodotto Lordo Vendibile ammonta a circa 900
miliardi pari al 15% del comparto agricolo siciliano.
A
questo, nella nostra provincia, non corrisponde un apparato produttivo adeguato
ma una diffusa frammentazione di piccole aziende
a conduzione familiare spesso in grosse difficoltà per carenze di
strutture igieniche.
Giudichiamo
positivamente il recupero della “Centrale del latte di Corleone”; la Camera
del lavoro di Corleone e la Flai di Palermo hanno da sempre posto la questione
del recupero di tale struttura: non ultima l’iniziativa fatta a Corleone con
il compagno Giancarlo Battistelli.
Ci dispiace che in occasione dell’inaugurazione l’amministrazione
abbia dimenticato di invitare il sindacato che maggiormente si è battuto per la
realizzazione del progetto.
Altra
realtà produttiva nel comparto, è costituita dall’Industria Alimentare
Puccio di Capaci: in questa azienda i lavoratori hanno dovuto affrontare serie
difficoltà per avere riconosciuti i diritti contrattuali a partire dal rispetto
dell’orario di lavoro; l’iscrizione al sindacato è stata vista dalla
Direzione Aziendale come un tradimento dei dipendenti, nonostante la
disponibilità dei lavoratori e del sindacato a improntare relazioni sindacali
moderne. Saremo costretti, nostro malgrado, se in sede di Assindustria non
vengono risolti i problemi legati all’applicazione del contratto, ad agire con
gli strumenti sanciti dalla Legge e dal CCNL.
L’industria
alimentare a Palermo, oltre che da
quelle sopra menzionate e dalle aziende dolciarie, dei pastifici e delle acque
minerali, è caratterizzata dalla presenza di due multinazionali come la SIBEG
COCA-COLA e L’EMMEGÌ Agroindustriale del Gruppo Parmalat.
La
prima, dopo una fase di contrazione della produzione, con la ristrutturazione,
senza che ciò significasse perdita di posti di lavoro, è riuscita a
raggiungere standard produttivi interessanti: da circa due anni è stata messa
in servizio una terza linea di produzione. Siamo riusciti ad avere ottime
relazioni sindacali, è stata consolidata la contrattazione di secondo livello e
nel prossimo mese di Dicembre avvieremo la trattativa per il rinnovo del
contratto aziendale.
Anche
nella seconda abbiamo dovuto affrontare i problemi legati alla ristrutturazione:
con l’assistenza di Flai, Fai e Uila nazionali siamo riusciti, con lo
strumento dei Contratti di Solidarietà, a scongiurare i licenziamenti: da
quest’anno, con il completamento della linea di produttiva di brichettaggio e
stoccaggio, si pensa di rientrare nella normalità per inserirsi nella
contrattazione di gruppo da dove si era esclusi.
Quindi
pensiamo che la produzione e la trasformazione dei prodotti agricoli deve
avvenire nel rispetto e nella tutela ambientale.
Questo
significa, innanzitutto, affermare che un ambiente sano e pulito fa parte
integrante delle iniziative della Flai.
Vogliamo
portare avanti con decisione una nuova cultura di programmazione e porre
l’attenzione sull’urgenza di avviare un proficuo dibattito che veda
protagonisti le forze sindacali, politiche, istituzionali, ambientaliste e
culturali interessate alla tutela e salvaguardia del territorio e in particolare
alla forestazione.
I
disastri che continuamente sconvolgono vasti territori, hanno chiaramente
dimostrato gli effetti negativi del disboscamento e della eccessiva
cementificazione di intere aree del nostro Paese.
L’impoverimento
della copertura vegetale diminuisce la capacità di ritenzione idrica del suolo
e favorisce lo scorrimento delle acque con gravi conseguenze di accelerazione
dei processi di erosione, di modifica dell’equilibrio idraulico e di
moltiplicazione dei fenomeni di frane e smottamenti.
La
problematica connessa ai fenomeni di erosione e di dissesto idrogeologico del
territorio è senza dubbio una delle più complesse, ciò a causa della mancanza
di un’adeguata e coordinata politica ambientale a salvaguardia del territorio.
Sia
l’insufficiente copertura boschiva e l’assenza di opere di sistemazione
idraulica forestale per la regimentazione dei corsi d’acqua, nonché la
progressiva cementificazione degli alvei fluviali e l’esodo agricolo dalle
zone marginali a bassa redditività, sono le cause specifiche
dell’aggravamento del degrado geologico ambientale.
A
questo va aggiunto il fattore inquinamento originato dai processi produttivi che
in modo inquietante aggredisce i complessi equilibri ambientali.
L’inquinamento
delle acque per effetto dei prodotti chimici e l’inquinamento atmosferico,
rappresentano il vero problema per il terzo millennio.
È
su questo che si registrano forti ritardi.
Le
posizioni dell’America, a cui si sono affiancate quelle Italiane, sui
negoziati avviati a Rio de Janeiro, in Brasile, nel 1992 e continuati a Kyoto,
in Giappone, nel 1997, hanno segnato una grave battuta d’arresto delle
politiche internazionali sulla difesa dell’ambiente. L’accordo di Marrakesh
sull’attuazione del protocollo di Kyoto di questi giorni ci fa ben sperare.
Ora, come giustamente ha chiesto la Segreteria Nazionale della CGIL, occorre che
il Governo Italiano si faccia carico
È
auspicabile che gli impegni assunti dalla maggioranza dei paesi aderenti vengano
ratificati, così come previsto il 14 giugno del 2002, e rendano, quindi, il
protocollo vincolante.
L’Unione
Europea, con l’emanazione dei regolamenti 2078 e 2080, ha voluto attivare un
programma d’azione nel settore forestale che se correttamente applicato
porterebbe:
1)
ad un ampliamento significativo della superficie boschiva;
2)
ad un miglioramento della qualità del patrimonio esistente.
In
Sicilia la gestione dei suddetti regolamenti è stata frammentaria e tardiva nella
loro attuazione.
In
modo particolare il 2080 disponeva la concessione d’incentivi per
un’utilizzazione alternativa delle terre agricole mediante l’imboschimento,
nonché lo sviluppo delle attività forestali nelle aziende.
Tale
regolamento è stato per lungo tempo sottovalutato e, quindi, non largamente
utilizzato sia dai soggetti privati che pubblici anche se, per quest’ultimi,
le possibilità di attuazione erano limitate.
Anche
se da un lato giudichiamo positiva la presenza di imprenditorialità privata
nell’ambito forestale, dall’altro registriamo il diffondersi del lavoro nero
e, dove questo emerge, la mancanza di
rispetto delle regole per gli avviamenti e del contratto di lavoro.
È
pertanto opportuno puntare a definire le strategie per recuperare il deficit di
programmazione in cui tutti i soggetti si integrano per rafforzare la tutela
dell’ambiente e continuare a garantire l’occupazione a migliaia di
lavoratori.
È
su questo che come Flai ci vogliamo interrogare: per quanto tempo può reggere
la logica dell’emergenza? È possibile invertire la tendenza? Può il settore
forestale diventare effettivamente produttivo?
È
evidente che se alla base manca la programmazione difficilmente si possono avere
le risposte.
Con
molta onestà dobbiamo dire che, anche senza una programmazione, il lavoro
forestale ha assolto oltre che la funzione di tutela del territorio e del bosco,
una funzione sociale legata alla difficoltà occupazionale: tale condizione
richiede un equilibrio nella distribuzione della forza lavoro ed una forte
azione di riqualificazione professionale a mansioni ed attività sempre più
impegnative.
Penso
che oramai è necessario imboccare una via che punta ad un rilancio in chiave
economica – produttiva della risorsa forestale.
Il
sindacato unitario, con lo sciopero generale sull’agro - alimentare -
ambientale del 2 marzo 2001, ha lanciato nuove sfide alla classe politica
rivendicando tra l’altro l’intervento pluriennale nel settore.
Parte
rilevante assume la questione degli incendi. Nel corso dello scorso anno e di
quest’anno abbiamo assistito alla distruzione di importanti aree boschive
della provincia di Palermo. C’e da chiedersi quali interessi si muovono dietro
a quanto è successo. Pensiamo che esiste una regia criminale che tenta di
scaricare ai lavoratori forestali le responsabilità per poi proporre la
privatizzazione degli interventi.
Il
punto nodale è quindi la prevenzione. Su quest’aspetto le responsabilità del
Governo Regionale sono rilevanti. Non è concepibile che, ancora per il quinto
anno consecutivo, la spesa venga concentrata negli ultimi due mesi dell’anno,
facendo saltare fasi colturali importanti e funzionali alla prevenzione degli
incendi.
Non
è concepibile che l’alta professionalità dei tecnici si trasformi in mero
esercizio di conoscenza delle leggi sul collocamento forestale!!
È
da altre 15 anni che assistiamo alla produzione di leggi importanti per la
programmazione degli interventi nel settore forestale non ultima la L.R. 16/96:
all’articolo 13 prevede la realizzazione dei piani di assestamento, strumento
importante per la realizzazione dei programmi e per gli interventi colturali ed
infrastrutturali; l’articolo 14 riguarda le attività complementari che
consentono la gestione delle riserve naturali, gli interventi di conservazione,
miglioramento e valorizzazione su terreni anche privati compresi nei territori
dei parchi naturali.
A
quanto detto, va aggiunta la necessità di dare copertura finanziaria ai
progetti di nuovi impianti, come quello previsto per l’imboschimento della
montagna sovrastante Monreale, dove il Club Alpino Siciliano ha reso disponibile
l’area adiacente all’importante maniero comunemente chiamato “il
Castellaccio”.
Lo
schema organizzativo che la L.R. 16/96 ha dato è importante!! Ma non
risolutivo: riteniamo che i Distretti forestali devono diventare i centri
propulsori di intervento e di programmazione.
L’attività
antincendio deve essere decentrata al massimo; ogni distretto deve essere dotato
di uomini e mezzi, le squadre di pronto intervento devono essere addestrate e
professionalizzate.
Il
Distretto forestale, come un’azienda, deve gestire le risorse finanziarie con
criteri di economicità, promovendo iniziative che consentano di valorizzare le
risorse ambientali e di migliorare la qualità della vita nel territorio in cui
ricade; in questo modo, anche con il concorso dei privati, si deve tendere a
stabilizzare il rapporto di lavoro.
Altra
questione rilevante assume il Centro Vivaistico Regionale. Alla data odierna è
servito a chiudere buona parte dei vivai della provincia.
Riteniamo
che il vivaismo sia un settore importante e delicato per la promozione e la
conservazione delle specie forestali.
A
completamento del ragionamento sulla forestazione, una riflessione va fatta sui
Parchi e sulle riserve.
Dopo
il varo del Piano delle Riserve della Regione Siciliana nella provincia di
Palermo, sono state istituite 19 riserve.
Ci
sembra che sia stato privilegiato
maggiormente l’obiettivo basato sulla quantità e non un reale risultato di
attuazione dei contenuti e di sviluppo.
Il
Parco delle Madonne rappresenta un patrimonio naturalistico di notevole valore.
L’intreccio
della ricchezza culturale (conservazione delle caratteristiche architettoniche
dei Paesi) e la tutela della natura, rappresenta una grande potenzialità di
sviluppo territoriale e un’opportunità concreta di crescita socio –
economica. La Flai di Palermo intende aprire un confronto con le istituzioni e
l’ente Parco affinché si realizzino i progetti agro – alimentari –
ambientali capaci di dare da subito risposte occupazionali alle popolazioni
residenti e costruire un consenso sociale che è molto debole per la
frammentazione dei risultati.
Il
governo del territorio, la difesa dagli incendi, le azioni di cui necessitano le
bonifiche ambientali, pongono problemi di crescente qualificazione.
Strumenti
fondamentali sono: il CCNL che, dopo anni di lotte e rivendicazioni, siamo
riusciti a fare recepire, e il CIRL nel quale si è previsto il Comitato
Paritetico Provinciale, strumento importante per l’organizzazione del lavoro
ed il riconoscimento delle professionalità.
Ritengo
comunque che sulle problematiche forestali bisogna ritornare a discutere in una
specifica riunione e, partendo dalla L.R. 16/96, modellare una proposta che
conduca alla reale stabilizzazione del rapporto di lavoro.
Per
questo riteniamo che il patrimonio dell’unità sindacale vada spesa alla
ricerca di idonee soluzioni.
In
questi ultimi anni il rapporto unitario con la Fai e la Uila
ha raggiunto livelli soddisfacenti.
L’esperienza
unitari ha fatto in modo che le problematiche dei lavoratori, specialmente nel
settore forestale venissero affrontate con serenità e determinazione
consentendo di raggiungere risultati importanti per ricomporre le fratture che
si erano create fra i lavoratori e il sindacato: mi riferisco principalmente al
settore antincendio.
Care
compagne e cari compagni,
assumono
importante rilevanza le questioni connesse ai servizi in agricoltura: riteniamo
che essi siano indispensabili, oggi più che in altri tempi, perché i nuovi
strumenti di programmazione e di pianificazione territoriale sono di notevole
importanza per gli interventi economici nel comparto agro - industriale -
alimentare.
In
questo contesto di grandi trasformazioni ed evoluzioni, l’E.S.A., se
riformata, e i Consorzi di Bonifica, possono svolgere un ruolo decisivo.
Infatti,
molte delle competenze sono sovrapposte e spesso producono ritardi e non
rispondono con sollecitudine alla domanda di servizi funzionali
all’agricoltura.
Gia
nel 1994 era stato presentato un disegno di legge che prevedeva la
trasformazione dell’E.S.A. in agenzia regionale per lo Sviluppo agricolo e
l’innovazione, questo disegno di legge si basava essenzialmente su tre
argomenti fondamentali.
1)
servizi allo sviluppo: (assistenza tecnica, certificazione e
pianificazione);
2)
ricerca applicata;
3)
formazione.
Riteniamo
che quel DDL vada aggiornato anche alla luce delle novità introdotte dalla L.R.
45/95.
La
riforma dell’Ente deve essere tesa ad erogare maggiori e qualificati servizi
alle imprese agricole a partire dalla costituzione dei centri di lotta biologica
e lotta integrata, al fine di incrementare la divulgazione dell’agricoltura
biologica e modulare la meccanizzazione alle vere esigenze del territorio
agricolo.
È
fuor di dubbio che, in un contesto di riforma, risulta illogico il mantenimento
della precarietà.
È
positivo il fatto che quest’anno, e senza ricorrere ad alcun intervento
legislativo, i lavoratori hanno prolungato la prestazione lavorativa.
Per
quanto riguarda il Consorzio di Bonifica 2 Palermo, l’approvazione della L.R.
45/95 ha ampliato, oltre che il territorio di competenza estendendosi per tutta
la provincia, le competenze e la gestione delle acque per uso irriguo.
La
Flai di Palermo, nell’iniziativa del 6 febbraio 2001 sul tema “l’acqua
elemento di sviluppo dell’agricoltura attraverso la bonifica”, ha voluto
sottolineare l’importanza che assume la bonifica nel territorio.
Il
quadro normativo della legge 183/89 e della legge 36/94 rappresenta il punto di
riferimento per gli enti che gestiscono acqua e si candidano alla gestione
dell’assetto
idrogeologico del territorio.
In
Sicilia tali regole non valgono perché la normativa non è stata recepita.
La
stessa L.R. 45/95, non essendo totalmente applicata, stenta a fare decollare le
potenzialità economiche del Consorzio e con essa la contrattazione aziendale
sui livelli di produttività e redditività.
Fatto
positivo è l’adozione del Piano di Organizzazione Variabile collegato ad un
progetto di ampliamento della superficie irrigua del territorio. Questo consente
la stabilizzazione occupazionale per circa 100 lavoratori.
Care
compagne e cari compagni,
nell’avviarmi
alla conclusione, intendo esternare la preoccupazione per la caduta di tensione
per la lotta alla mafia. Le iniziative del governo contro il CSM,
l’eliminazione delle scorte a personaggi ad alto rischi, le esternazioni
contro i giudici, sia del Presidente del Consiglio che di autorevoli
rappresentanti del Governo, ci fanno tornare indietro nel tempo: il sacrificio
di tanti servitori dello Stato non è servito. Ritengo che come sindacato non
dobbiamo rassegnarci, la nostra azione quotidiana deve essere orientata a fare
rispettare i diritti e la dignità dei lavoratori.
Ai
giudici va la nostra solidarietà!!
La
mafia può essere sconfitta non ci rassegniamo!! Perché è la mafia il
principale ostacolo allo sviluppo del sud.
Care
compagne e cari compagni,
questo
è il secondo congresso provinciale della Flai, il percorso di unificazione dei
comprensori di Palermo e di Termini – Cefalù – Madonine si è
concluso.
Ritengo
che in questi ultimi cinque anni sono serviti a consolidare il rapporto fra i
compagni, i lavoratori e il gruppo dirigente.
A
questo deve rispondere un modello organizzativo adeguato e decentrato nel
territorio per rispondere al meglio alle esigenze dei lavoratori: le compagne e
i compagni capi lega, i delegati devono assumere il ruolo di dirigenti
territoriali.
Una
rinnovata capacità politica ed organizzativa, rappresenta il punto di partenza
per liberare energie e risorse che vanno oltre alla semplice attività
quotidiana.
Quando
parliamo delle leghe facciamo riferimento alla centralità dell’organizzazione
e non solo della Flai ma di tutta la CGIL nel
territorio: alle stesse, bisogna dare potere contrattuale, capacità di
rappresentanza e risorse, altrimenti le strutture che non hanno risorse sono
strutture che non funzionano.
Per
queste ragioni è necessario ripensare al ruolo e alle funzioni degli organismi
dirigenti.
Alla
Segreteria e al direttivo pensiamo, altresì, che debbano essere affiancati i
dipartimenti di settore che possano rispondere meglio alle esigenze dei
lavoratori.
Questo
mio intervento introduttivo, sicuramente incompleto, ( penso ai lavoratori della
ricerca della Facoltà di Agraria per i quali
è stata presentata la
piattaforma
rivendicativa per la stabilizzazione del rapporto di lavoro, ai lavoratori
dell’A.R.A.S. a cui viene negato il rinnovo contrattuale di secondo livello,
ai lavoratori della pesca a cui bisogna prestare attenzione per la tutela dei
loro diritti, ai tanti lavoratori dell’industria alimentare impegnati nella
distribuzione, etc.), ritengo debba essere completato ed arricchito dagli
interventi delle delegate e dei delegati.
Compagne
e compagni,
quest’anno
la Camera del Lavoro di Palermo ha compiuto
100 anni.
Questi,
sono stati 100 anni di protagonismo, le lotte sostenute dai lavoratori sono
state decisive per la democrazia, il riconoscimento dei diritti e il
miglioramento delle condizioni sociali ed economiche.
Sono
stati 100 anni di impegno di tanti dirigenti e lavoratori, che a rischio della
propria vita hanno contribuito a cambiare il mondo: al nuovo gruppo dirigente il
compito di portare avanti le iniziative e le lotte,
convinti che la situazione politica attuale in Italia richiederà
maggiore impegno e determinazione.