RELAZIONE DI

 SALVATORE LO BALBO

 SEGRETARIO REGIONALE DELLA FLAI SICILIA

AL DIRETTIVO REGIONALE DEL 21 FEBBRAIO 2003

SU

 “PRIME RIFLESSIONI SUL RINNOVO DEI CONTRATTI PROVINCIALI DI LAVORO PER I LAVORATORI AGRICOLI DELLA SICILIA”

 

Compagne e compagni,

 i CPL scadono il  31 dicembre 2003, le disdette dei CPL vanno inviate entro il 30 giugno 2003 , le piattaforme vanno presentate entro il 31 agosto 2003.

 Il quadro di riferimento nazionale, ad oggi, entro il quale si svilupperà questa contrattazione è:

-         Nuovo contratto nazionale

-         Decreto legislativo riforma collocamento e mercato del lavoro

-         Attacco ai diritti collettivi dei lavoratori a partire dal:

-         “Diritto al contratto nazionale”

-         “Diritto ad una contribuzione accettabile”

-         “Diritto ad un lavoro civile”

-         “Agenda 2000”

-         Riproposizione delle questioni del Mezzogiorno

In questo contesto quali linee in Sicilia per il rinnovo del CPL, nell’ambito degli articoli 88 e 89 del CCNL e delle esigenze del lavoro dipendente agricolo siciliano?

 Dire che le ultime due tornate contrattuali provinciali si sono fatte perché c’era il riallineamento penso che si avvicini alla realtà.

 La prima questione sta nel fatto che non faremo un rinnovo dei CPL basato su una opportunità di scambio “meno salario contrattuale = firma dei CPL”.

 Abbiamo già espresso un giudizio negativo su questa stagione e sulla facilità con la quale si sono presentate all’INPS circa 24.000 accordi di riallineamento.

 Di questa stagione dobbiamo salvare la rilanciata capacità di promuovere una contrattazione aziendale reale e non finta; dobbiamo salvare le riassunzioni e le conversioni; dobbiamo salvare gli aumenti salariali e la sindacalizzazione.

 Ma ad arrivare a 24.000 accordi c’è n’è di strada.

 Lo strumento era interessante, ma la pratica sindacale (e per sindacale intendo prevalentemente le migliaia di accordi truffa fatti dalle altre organizzazioni sindacali, confederale e no) è stato un fatto negativo. In alcuni casi si sono perpetrate delle vere truffe e i controlli da parte dell’INPS sono stati zero.

 Otto anni, comunque, sono stati abbastanza per riallineare differenze che a volte c’erano e a volte non c’erano.

 Con il 1° gennaio 2004, tutte le aziende agricole siciliane escono dal riallineamento.

 Il tema dell’applicazione dei minimi contrattuali nazionali, più il salario provinciale, ritorna con forza nella contrattazione.

 I minimi salariali per area e per tipologia di rapporto di lavoro sono:

AREE PROFESSIONALI

 MINIMI

 3° ELEMENTO

 TOTALE

 AREA 1°

          990,87

            301,62

       1.292,49

 AREA 2°

          911,82

            277,56

       1.189,38

 AREA 3°

          589,61

            179,48

          769,09

 

 

 

 

 AREE PROFESSIONALI

 MINIMI

 3° ELEMENTO

 TOTALE

 AREA 1°

      1.918.592

          584.019

      2.502.611

 AREA 2°

      1.765.530

          537.427

      2.302.957

 AREA 3°

      1.141.644

          347.516

      1.489.161

 

A questi minimi nazionali va aggiunto il salario provinciale.

 Mettere al centro il nodo salariale con valore essenziale per la remunerazione del lavoro svolto da 160.000 lavoratori agricoli penso che sia il perno della nuova contrattazione provinciale.

 La centralità salariale va intesa nella triplice valenza:

1.     applicazione del CCNL e del CPL;

2.     salario per qualifica e per mansione;

3.     tutela dell’inflazione reale.

 Applicazione del CCNL e del precedente CPL vuol dire intanto onorare le firme apposte nella contrattazione e ritengo, non ci possono essere giustificazioni di sorta per negare – da parte delle aziende – il salario contrattuale dovuto, specialmente da parte di quelle aziende che hanno usufruito ed usufruiscono di finanziamenti pubblici (dai Patti Territoriali ad Agenda 2000, ai PIT, al credito d’imposta).

 Salario per qualifica e per mansione vuol dire riconoscere le professionalità esistenti, abbandonando la pratica di allocare tutti i lavoratori nella 3° area, ai livelli più bassi.

 Tutela del salario dall’inflazione vuol dire, invece, puntare ad aumenti che coprono realmente il differenziale tra inflazione prevista dal Governo e inflazione reale.

 Per il biennio 2004-2005 almeno il tasso di inflazione programmata e il tasso di inflazione ufficiale deve essere recuperato pienamente nei CPL.

 Il secondo punto, sul quale voglio riflettere, riguarda le refluenze nel CPL prodotte dalle “restaurazioni” nel mercato del lavoro dai provvedimenti selvaggi di cui ho già parlato.

 Nella seconda metà di marzo faremo un’iniziativa specifica sul mercato del lavoro, ma da subito dobbiamo centrare la nostra attenzione su quanto i CPL possono essere utili per garantire il diritto al lavoro ai lavoratori agricoli.

 “Riassunzioni” e “conversioni” mi sembrano due elementi di non ritorno da inserire e specificare nei CPL.

 Già il CCNL negli art. 18 e 25 ne prevede il loro utilizzo. Alla data della stipula del CCNL eravamo in presenza di una legislazione di riferimento.

 Oggi, con il decreto legislativo 297 del dicembre 2002 e con i provvedimenti approvati dal parlamento di totale e selvaggia liberalizzazione del mercato del lavoro (ex ddl 848b e 848bis) non esiste più una legislazione di riferimento, e –pertanto- è indispensabile rafforzare le norme contrattuali, a partire dai CPL.

 La “riassunzione” gia presente nei CPL, in quanto diritto individuale va esercitata come diritto automatico per l’anno successivo; la “conversione” -come diritto collettivo- va intesa come diritto collettivo da far valere nelle contrattazioni aziendali.

 Questi due strumenti sono da rivitalizzare e da utilizzare come strumenti di consolidamento dell’occupazione e come garanzia per una valorizzazione del diritto al lavoro e del lavoro nel diritto.

 Tutti gli altri strumenti, che ovviamente si applicheranno anche in agricoltura, rischiamo di schiavizzare la nostra categoria.

 Pensiamo cosa può essere un lavoro di raccolta fatta ad ore, con retribuzione oraria, con contributi pagati per le ore lavorative. O cosa può essere un lavoro fatto per conto di un caporale, non più soggetto illegale, che gestisce le fasi della produzione.

 Per la nostra categoria non sono novità, ma per decine di migliaia di braccianti sotto i cinquant’anni rappresenteranno un notevole passo indietro.

 Per questi motivi, il terzo punto mi sembra che possa essere quello di aver maggiori spazi per la contrattazione aziendale.

 Già in questi anni abbiamo prodotto una buona (qualitativamente), ma scarsa (quantitativamente) produzione di contrattazione sindacale aziendale.

 Molti dei compagni e in quasi tutte le province si sono misurati con vertenze aziendali e con problematiche che hanno evidenziato la necessità di fare uscire dalla “quasi clandestinità” la contrattazione aziendale. Nessun CPL e nemmeno il CCNL la prevede in modo esplicito.

 La contrattazione aziendali deve rappresentare un momento non più eludibile per la nostra attività sindacale e per un rapporto con i lavoratori che tende a valorizzare la democrazia sindacale e la partecipazione dei lavoratori.

 I temi della contrattazione aziendale, maturati in decine di contratti, sono quelli della formazione per gli occupati sia a tempo determinato che a tempo indeterminato, della sicurezza, della stabilizzazione occupazionale, della classificazione, della flessibilità, del salario per obiettivi, della conversione e della riassunzione, della innovazione di processo e di prodotto.

Cioè sono i temi sui quali ci siamo già misurati in questi mesi in diverse realtà.

 Questa contrattazione aziendale va esercitata non solo sul fronte operaio, ma per tutti i dipendenti, compresi gli impiegati agricoli e i tecnici; unità contrattuale già previste in Sicilia dal CIRL degli impiegati agricoli.

 Questo è il miglior apporto che possiamo dare allo sviluppo dell’impresa agricola.

 Una maggiore aziendalizzazione del sindacato e una tutela sindacale di tutti i lavoratori, siano essi operai, tecnici impiegati è un contributo di modernizzazione che diano in autonomia al sistema dell’impresa.

 Chiedere una “normale” attività sindacale nel settore non penso voglia significare chiedere cose utopistiche.

 Il settore agricolo usufruisce e usufruirà di tutte le “liberalizzazioni selvagge” del mercato del lavoro e della contrattazione che il Governo e il centro-destra stanno realizzando.

A queste “liberalizzazioni selvagge” dobbiamo controbilanciare la contrattazione aziendale, quale strumento di difesa e di miglioramento delle conquiste sindacali e delle condizioni di lavoro.

Per ultimo, non per importanza, voglio sottolineare l’esigenza di affrontare le questioni legate al funzionamento delle casse integrazione malattie e infortuni per i lavoratori agricoli, alle indennità varie, all’applicazione della 626, ai temi della sicurezza alimentare ed ambientale.

Per quanto riguarda le casse integrazioni malattia e infortuni la situazione in Sicilia non è omogenea. Ci sono province in cui le casse funzionano, ci sono province dove non sono state nemmeno costituite. Quasi tutti i presidenti sono di nomina delle controparti. Non tutti hanno aggiornato gli statuti. Nessuna cassa va oltre all’erogazione ad interpretazioni economiche.

Alcuni obiettivi dobbiamo porceli:

a)     allargamento delle competenze delle casse nella gestione della 626 (comitati provinciali, RLST tutelato e garantito delle casse, informazione e formazione dei RLS e dei RLST, etc…);

b)    aggiornamento di tutti gli statuti;

c)     aumento della gamma di offerta dei servizi;

d)    maggiori presidenze sindacali.

Per quanto riguarda le indennità sono da rivisitare quelle relative agli attrezzi (non c’è solo la zappa o le forbici), il trasporto, da inserire la mensa.

Per l’applicazione del decreto legislativo 626, sulla sicurezza, bisogna essere più stringenti nella costituzione dei Comitati Provinciali e, come già detto, coinvolgere le casse nella gestione della 626 e nel riconoscimento dei Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza Territoriale in aggiunta a quelli aziendali.

Compagne e compagni,

ho voluto, con questa relazione, introdurre spunti di dibattito e di riflessione sul rinnovo dei CPL che mi sembrano confacenti alla attuale fase di rinnovamento della FLAI.

Le difficoltà e le contraddizioni sono tante e a volte sembrano insormontabili; ma la convinta e chiara scelta politica di costruire un sindacato che sia in grado di dare risposte chiare alle tante domande che decine di  migliaia di lavoratori agricoli ci fanno giornalmente ci obbliga a coniugare lo sviluppo del settore con il miglioramento delle condizioni di lavoro.

Lavorare in agricoltura, essere un operaio agricolo non deve rappresentare una condizione di sconfitta sociale.

Con orgoglio possiamo rivendicare di essere il primo anello produttivo di una catena che garantisce giornalmente a decine di milioni di cittadini quantità e qualità alimentare, tutela del territorio e del paesaggio, difesa dell’ambiente e della salute collettiva.

Operai agricoli, tecnici, impiegati, dirigenti e quadri dell’agricoltura rappresentano oggi la continuità storica di una millenaria tradizione mediterranea e una certezza per un futuro dove alimentazione, ambiente e territorio sono una ricchezza e una opportunità si sviluppo. In questo sviluppo deve  trovare la sua dignitosa collocazione il mondo del lavoro manuale ed intellettuale del comparto agro-alimentare-ambientale.