Orizzonti
Meridionali
Lavoro,
alimentazione, ambiente
Palermo
21 gennaio 2003
Cari
compagni, desidero in primo luogo ringraziarvi per l’invito che ci offre la
possibilità di conoscerci meglio e condividere le strategie sindacali che per
buona parte sono comuni ai nostri sindacati.
Chiedo
preventivamente perdono per la pronuncia italiana imperfetta ma spero comunque
ci si possa capire.
Il
mondo del lavoro, l’alimentazione e l’ambiente formano una significativa
trilogia di quelle che sono le priorità del settore agroalimentare.
Il
settore agrario nel Mediterraneo (e qui in Sicilia siamo proprio nel cuore del
Mediterraneo) è parte integrante, come è parte integrante della sua più
ancestrale cultura.
Questo
settore, fondamentale anche in Spagna sia per il livello di occupazione sia per
il ruolo che svolge, rappresentando elemento essenziale di coesione sociale e
territoriale, presenta forti interrogativi per il futuro.
La
politica agraria comunitaria ha costituito un potente strumento per lo sviluppo
negli ultimi decenni, e anche se con grandi contrasti circa la sua impostazione,
è forse quella che ha meglio funzionato in Europa. Nonostante gli squilibri che
la caratterizzano ha finito per essere una delle poche politiche redistributive
dell’Unione Europea.
Ciò
nonostante, le sue politiche sociostrutturali hanno avuto sviluppi differenti.
Mentre la politica di mercato ha avuto un rapido sviluppo quella delle strutture
ha avuto sin dal principio un ritardo nel processo di sviluppo, e
conseguentemente la dimensione sociale è stata da sempre la sorella povera
della Politica Agraria Comunitaria.
La PAC
ha avuto e continua ad avere ripercussioni su questioni sociali: la vita
nell’ambiente rurale; il mantenimento delle imprese familiari; la produzione
degli alimenti sani e di buona qualità; lo sviluppo del terzo mondo; il
mantenimento della natura e dell’occupazione, ecc.
Malgrado
fosse tale potente strumento la PAC ha fallito in questi aspetti, ragion per cui
sta adesso affrontando una crisi di legittimità.
I
crescenti esuberi agrari, l’aumento della spesa cui corrisponde
l’abbassamento del numero degli agricoltori, il deterioramento dell’ambiente
rurale,
i confitti all’interno del GATT a seguito delle esportazioni
sovvenzionate, ed infine i gravi problemi verificatisi in tema di Sicurezza
Alimentare hanno comportato la pressante richiesta da parte della società di
riforma della PAC.
A
loro volta nuove situazioni politiche, come i negoziati della Organizzazione
Mondiale per il Commercio per un nuovo accordo agricolo, l’ampliamento
dell’Unione Europea a seguito dell’annessione di nuovi 10 stati membri, ed
infine i risultati della conferenza Mondiale dell’Alimentazione, hanno
comportato che l’accordo raggiunto a Bruxelles nel 1999 circa la riforma della
PAC comunitaria, lungi dall’essere una leggera revisione ha trasformato
l’ultima proposta della Commissione in una proposta di radicale cambiamento.
Il
dibattito circa la riforma della PAC deve essere ampio e democratico. Non può
limitarsi a riprodurre patti franco-tedeschi,
dal momento che
sono in gioco decisioni di tale entità.
La
riforma deve essere una occasione per avviare un processo di cambiamento che
porti ad una adeguata riforma nel 2007. E’ necessario che i sindacati dei
lavoratori del settore agrario si accostino alla riforma della PAC con proposte
che difendono nuove priorità, tra le quali le misure sociali e soprattutto
l’impiego, che deve essere uno dei suoi assi centrali.
I gravi
problemi verificatisi negli ultimi anni circa la Sicurezza Alimentare, la qualità
degli alimenti ed i metodi di produzione stanno mettendo in discussione le
politiche alimentari basate sui metodi di produzione intensiva che fomenta
l’uso dei fertilizzanti, degli anabolizzanti e rimedi per la rapida
crescita degli animali, e che favoriscono allo stesso tempo l’abbandono
delle tecniche meno produttive.
Sono
stati adoperati, abusandone, metodi produttivi che hanno finito con il non
rispettare alcun limite nella ricerca di produttività di animali e piante e
nella stessa industrializzazione dei prodotti alimentari.
Tutto
ciò ha dato luogo al depauperamento delle terre, dell’acqua e degli alimenti,
generando un vero e proprio allarme sociale, essendo stati ignorati i più
elementari principi di prudenza. Non è necessario produrre un maggiore numero
di alimenti quanto invece produrne di migliori.
Gli
aiuti provenienti dalla PAC perciò dovrebbero essere subordinati al porre in
essere quelle misure che proteggano la biodiversità, dando una grande
importanza alla qualità e alla salubrità delle produzioni, considerando questi
come fattori di competitività.
I
consumatori devono disporre delle informazioni almeno sufficienti
per scegliere gli alimenti adatti al proprio bisogno, informazioni
riguardanti i metodi di produzione degli stessi. Per far questo è necessaria
una normativa efficace circa il trattamento con alimenti transgenici, circa le
proprietà nutritive, funzionali e sanitarie; ed inoltre l’adozione di misure
che evitino per quanto possibile che le navi che trasportano migliaia di
tonnellate di gasoli, transitino per le acque territoriali con conseguenze
disastrose che si protraggono per anni, come è avvenuto in Galizia.
La
proposta della Commissione porta avanti in tale senso un discorso avanzato, che
però non stabilisce i meccanismi che ne garantiscano il compimento da parte
degli stati membri.
Oltre
ai criteri indicati si devono tenere presenti misure che limitino gli oligopoli
nel mercato agroalimentare delle grandi multinazionali, come per esempio quello
esistente nel mercato mondiale delle sementi, che diventa poi esclusivo quando
si tratta di sostanze transgeniche che crea dipendenza da fertilizzanti e
pesticidi dello stesso gruppo.
Strategie
che come quella dell’esportazione sovvenzionata con effetti disastrosi sul
terzo mondo. Tutto questo non può essere ignorato né dall’Unione Europea né
dagli altri fori mondiali.
Inoltre
è imprescindibile per una politica agraria fondata sulla coesione, che si
realizzi una vera distribuzione degli aiuti: in Spagna il 70% degli agricoltori
riceve il 14%, mentre solo il 2% degli agricoltori riceve il 32% di quanto
previsto ed ancora mentre viene speso il 79% per le produzioni continentali,
solo il 22% ricevuto dalle produzioni mediterranee.
Per
questo motivo si rende necessario riorientare a livello regionale e settoriale
il discutibile criterio di distribuzione attuale adottato.
Così
anche, lo squilibrio nella percezione degli aiuti rapportati alla dimensione, al
numero di capi di bestiame o al livello di produzione ha favorito i grandi
proprietari a discapito del modello di agricoltura familiare. Ciò non valutando
la funzione sociale che tale modello esercita, essendo necessario un numero di
agricoltori sufficiente ad evitare lo spopolamento, la desertificazione e lo
squilibrio del territorio.
Il
criterio introdotto di multifunzionalità dell’attività agraria deve
consentire capacità di gestione del patrimonio rurale realizzato dagli stessi
agricoltori.
La
multifunzionalità implica necessariamente un modello di sviluppo rurale che
consenta lo sfruttamento sostenibile dell’agricoltura.
La
proposta della Commissione circa la divisione degli aiuti direttamente collegata
alla produzione può favorire il modello di agricoltura familiare senza dubbio
la proposta di ricevere un sussidio per la produzione in base al rendimento
storico oltre a pregiudicare l’agricoltura mediterranea che presenta una
minore produttività della terra, comporterebbe altri pericoli come
l’abbandono dell’attività agricola e con essa anche la perdita
dell’occupazione.
L’impiego
e soprattutto l’impiego stabile e di qualità, non è stato mai considerato
trai i criteri base della PAC.
La
proposta presentata lo scorso luglio dal commissario Fischler segna un passo,
che con tutta la cautela del caso, potrebbe apportare elementi favorevoli per la
promozione attiva dell’impiego.
Per la
prima volta la PAC trova un collegamento tra lavoro, appoggio pubblico e
agricoltura seppure, non lo ponga come misure obbligatoria bensì lo contempli
solo come correttivo del quantitativo di aiuti.
In
questo modo non si stabilisce alcuna misura rivolta a migliore le condizioni
lavorative del settore.
La
riforma della PAC deve costituire occasione per rivendicare con chiarezza
l’inclusione dell’impiego come concetto centrale laddove le proposte
economiche , sociali e fiscali formino parte integrante di una coerente politica
per l’impiego.
-
con
misure dirette a sostegno dei piani di impiego rurale finanziati con risparmi
prodotti per la modulazione;
-
ampliamento
dei programmi agroalimentari diretti a migliorare la sicurezza nel lavoro e il
miglioramento delle condizioni di lavoro in uno dei settori con maggiore
presenza di infortuni sul lavoro;
-
subordinare
gli aiuti al rispetto delle norme minime in tema di sicurezza sociale e di
contrattazione con carattere stabile;
-
è necessaria
maggiore attenzione alla qualificazione e alla formazione professionale che
contrasti la mancanza di professionalità ed il lavoro non qualificato e
pertanto sottopagato;
-
i sindacati
all’unisono devono farsi artefici di una politica agricola in cui gli assi
portanti della qualità, del rispetto per l’ambiente e il lavoro stabile
configurino il nuovo modello dell’agricoltura europea.
Cecilia
Sanz Fernandez
Segretaria
Generale della Federazione
Agroalimentare delle CC.OO.