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Catania, 21/04/2008

 

Seminario sulla contrattazione industria agro-alimentare

 

RELAZIONE DI LAURA DISTEFANO, RESP.LE COORD. INDUSTRIA ALIMENTARE

FLAI-CGIL SICILIA

 

Abbiamo ritenuto importante, nell’ambito del  Coordinamento Industria della Flai Sicilia,  fornire un quadro delle più significative realtà dell’agro-industria siciliana, in cui la Flai è presente.

 Su tutta la regione, la Flai conta 139 aziende. Sulla maggior parte, esattamente 52, si applica il CCNL industria alimentare, su 46 il CCNL operai agricoli e florovivaisti e sulla restante parte contratti vari, dal CCNL cooperative agricole, CCNL agricoltura e impiegati agricoli, CCNL forestali , consorzi di bonifica, ortofrutta etc..

 

Avremmo voluto prendere  a campione  19 aziende, ma sono risultate un po’ meno perchè una provincia non ha risposto . Alle ns RSU/RSA presenti in queste aziende abbiamo sottoposto un questionario su vari temi. La prima parte del questionario è servita ad individuare la tipologia di contratto applicato, il numero dei lavoratori occupati a tempo indeterminato e determinato, la presenza di lavoratori con contratti di lavoro atipico, interinale, a progetto, etc..

 

Nonostante il campione non sia così ampio numericamente parlando, appare comunque molto diversificato, nel senso che in così poche aziende incontriamo  una variegata serie di contratti.

 

Ovviamente è d’obbligo riallacciarmi alla relazione di Enzo per cui appare evidente la necessità di semplificare la moltitudine di contratti esistenti. Ricordiamo che ve ne sono tantissimi e alcuni servono a tutelare categorie poco rappresentative, numericamente parlando (es. Associazione Allevatori). Per cui una semplificazione e unificazione sarebbe più che auspicabile e molto significativa,  in giorni in cui si accenna al federalismo contrattuale, che equivarrebbe al ritorno alle gabbie salariali, che legavano le retribuzioni alle realtà locali. Tale percorso non farebbe altro che aumentare ,  la disparità di trattamento e le differenze tra i lavoratori su tutto il territorio nazionale.

Ritengo necessario, anche in questa sede, visto che è argomento più che attuale, ribadire la necessità di salvaguardare il ruolo del CCNL, esso svolge una funzione fondamentale di garanzia dei diritti e di tutela per tutti i lavoratori.

 

Ritornando al questionario, molto scarso appare il ricorso alla flessibilità in ingresso e a contratti di lavoro atipico, che risultano poco significativi. Si è riscontrato invece una forte diffusione dei contratti a tempo determinato, soprattutto a sostegno dell’organico ordinario nei periodi di punte di lavorazione. Sembrerebbe questo il contratto di ingresso più diffuso, ovviamente con i livelli più bassi: VI e V , in prevalenza e molto raramente IV.  Prevalgono i contratti  a tempo indeterminato e potremmo ipotizzare che forse grazie agli sgravi fiscali di cui possono fruire le aziende per l’assunzione di lavoratori con tale tipologia di contratto, si ricorre poco alle forme contrattuale prevista dalla legge 30.

 

Con successive domande abbiamo chiesto di indicare la presenza femminile nelle aziende e i livelli di inquadramento, le opportunità di formazione professionale ed i percorsi di carriera delle donne, in poche parole pari opportunità. A questo proposito è emerso che,  la percentuale di occupazione femminile equivale a circa il 34% rispetto ai livelli occupazionali considerati nel totale. Se però teniamo conto delle donne occupate a t.d, che sono la stragrande maggioranza, la percentuale di occupate stabilmente si abbassa notevolmente, aggirandosi intorno al 24%.

Anche i livelli di inquadramento sono leggermente più bassi per le donne, eccezione fatta per qualche sporadico caso, in cui ai livelli più elevati, dal II al I S, la presenza femminile equivale quasi quella maschile.

 

Dati poco significativi sono  pervenuti sull’avvio di corsi di formazione. La formazione continua che tanto auspichiamo, sembra sconosciuta alle imprese. Qui non si fa distinzione di sesso, semplicemente non si fa formazione. Ricordo che in  Sicilia hanno avuto avvio i corsi di formazione di Fondimprese e di COOPform per il settore vitivinicolo, e solo poche aziende tra cui Sottesoli ( che forse non lo sa perché non lo ha indicato nel questionario, ma noi lo sappiamo perché è nella graduatoria delle imprese che faranno parte di tali corsi) vi hanno aderito. Noi intendiamo fare pressione su questo fronte anche perché questi corsi sono occasioni di arricchimento importanti per i lavoratori e  tra l’altro non costano nulla all’azienda, se non la durata del corso in termini di ore non lavorate dedicate alla formazione, che ovviamente devono essere retribuite. 

 

Uno sguardo si è rivolto alla organizzazione del lavoro, alla richiesta di flessibilità, al ricorso al lavoro straordinario, alla polivalenza e polifunzionalità, allo svolgimento di lavori disagiati.

 

L’immagine che è venuta fuori è quella di imprese poco organizzate, che addirittura in qualche caso programmano giornalmente l’orario di lavoro. Pensate al disagio di un lavoratore o di una lavoratrice, che non può disporre e d organizzare il proprio tempo libero per il giorno successivo, solo perché non sa fino alla fine della giornata di lavoro, che turno e che orari di lavoro dovrà coprire il giorno successivo. Si ricorre frequentemente alla flessibilità intesa dunque non solo con riferimento all’orario di lavoro, ma anche come richiesta di svolgimento di più mansioni. Nel 60% delle aziende si svolgono lavori considerati disagiati, ma solo nella quasi metà dei casi, il disagio viene compensato con una indennità .

 

In merito alla applicazione della normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, si è parlato delle modalità di nomina del RLS e della formazione di squadre antincendio, primo soccorso, nonché dello svolgimento dei corsi sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.

 

Abbiamo chiesto se viene regolarmente osservato il protocollo sanitario e se pertanto i lavoratori sono periodicamente sottoposti alle visite mediche di controllo e se vengono loro consegnati idonei dispositivi di protezione individuali.

 

Sull’argomento sicurezza, ci sarebbe molto da dire e soprattutto c’è molto da fare. La presenza del RLS è contemplata dalla legge e quindi esistono le nomine. In particolare nel 60% dei casi, i RLS  sono eletti tra i componenti della RSU, in tre casi la designazione è fata dal sindacato, e nelle restanti aziende è il datore che nomina il RLS. C’è da chiedersi che peso hanno queste nomine. Il sospetto è che gli incarichi siano formali e di fatto svuotati di ogni funzione. Solo il 50% dei RLS è avviato ai corsi di formazione, che ricordo sono obbligatori, cioè imposti dalla normativa. Vi sono aziende in cui ai lavoratori non vengono consegnati in dotazione neanche i DPI ( 40% circa), e  addirittura in due casi i lavoratori non vengono neanche sottoposti alle visite mediche di controllo.

 

Non parliamo poi delle squadre antincendio e primo soccorso: nel 40% delle aziende considerate non esistono, mentre nelle restanti, sono previsti e attuati anche i corsi di formazione per i componenti le squadre…

 

Non  posso non sottolineare come la scarsa attenzione dedicata alla sicurezza, è palesemente segno grave di quanto poco conti la salute del lavoratore e la salubrità dell’ambiente di lavoro. E’ sintomo del poco rispetto per i lavoratori e per la vita in generale, in poche parole è segno di decadimento di valori. C’è da augurarsi che l’inasprimento delle sanzioni previsto dal testo unico di recente approvato, produca i suoi effetti  e scoraggi  i datori di lavoro dal compiere inadempienze.

 

In merito alla distribuzione dei prodotti e quindi alla rete di vendita, si è chiesto se è affidata a lavoratori VV e PP dipendenti oppure autonomi. L’esito è stato che ove previsti, sono tutti autonomi, spesso mal retribuiti, se si considera il disagio e la valenza del  loro lavoro.

 

Rappresentano la forza vendita nel senso che la sostengono , gestiscono le relazioni con il punto vendita, inseriscono gli ordini, collocano i prodotti sugli scaffali.

 

La figura del venditore spesso si forma sul campo, senza nessuna formazione teorica che invece sarebbe più che auspicabile. Sono queste figure spesso senza nessuna tutela, che lavorano in condizioni di forte pressione psicologica e con retribuzioni per niente adeguate agli orari ed alla tipologia di lavoro. Questi lavoratori, causa le motivazioni di cui sopra, risultano le figure con il turn over più elevato, cioè sottoposte ad un ricambio continuo… solo che non sono mandati via dall’azienda, ma vanno via spontaneamente perché non riescono a sostenere i disagi di questo lavoro non adeguatamente compensati…il tutto a discapito dei risultati aziendali, con particolare riferimento ai volumi di vendita.

 

La nostra indagine ha anche riguardato la contrattazione di 2° livello. Qui siamo veramente fermi all’età paleolitica, nel senso che in qualche azienda si stanno avviando le trattative, solo in una o due aziende è abbastanza consolidata e per il resto è praticamente inesistente.

 

Ricordiamo che tutti i contratti fanno riferimento alla contrattazione aziendale, in particolare per il CCNL dell’industria alimentare, l’argomento è affrontato all’art. 6. I riferimenti contrattuali indicano quali sono i soggetti e quale è l’oggetto della contrattazione. E’ bene ricordare che la contrattazione aziendale si fa partendo dalla stesura di una piattaforma, a cura della RSU, tale piattaforma deve essere sottoposta ai lavoratori, e dopo le eventuali modifiche e la approvazione, deve essere presentata al datore di lavoro…. Seguono lunghe e spesso estenuanti trattative, di cui Stefania sa bene qualcosa!

 

Ne deriva che, qualunque altro metodo seguito, mi riferisco agli accordi verbali sanciti con una stretta di mano, benché possano portare ad accordi generosi, non hanno valore né sindacale, né legale!

 

La contrattazione di 2° livello,  è un elemento di valorizzazione del lavoro e delle sue condizioni.

 

Essa va senz’altro rinforzata sia su tutto il  territorio nazionale, dove  causa anche la struttura delle imprese  prevalentemente di medie e piccole dimensioni, la contrattazione di II livello non è molto diffusa, ed ovviamente va incentivata soprattutto nella ns regione.

 

La diffusione di tale contrattazione oltre ad essere limitata nella quantità, lo è anche nella qualità, cioè nella tipologia dei temi affrontati, che riguardano prevalentemente : trattamento economico, rapporti sindacali e orario di lavoro.

 

Per quanto riguarda il trattamento economico, si è innescato un meccanismo distorto,  per cui anziché legare il salario, attraverso lo strumento del PPO, alla produttività ,cresce l’incidenza del salario legato soprattutto alla presenza dei lavoratori. Spesso infatti il PPO appare  svuotato del suo reale significato e diventa un riferimento sterile, poiché poco possono fare i lavoratori per il raggiungimento di obiettivi che spesso non dipendono dal loro impegno, ma da condizioni di mercato e dalla semplice presenza in azienda( es, alla Latte Sole il premio si prende se non si fanno molte assenze per malattia e se si smaltisce il monte ferie annuo oppure se si mantengono certi volumi di vendita) . Il cosiddetto salario variabile che dovrebbe essere legato ad obiettivi finanziari, diventa così sempre più una quota fissa che le imprese elargiscono a prescindere dai risultati, perché legato quasi esclusivamente alla presenza. Diventa una specie di una tantum mascherata da PPO.  e.

 

Gli obiettivi  ai  quali al  contrario si dovrebbe fare  riferimento sono  la efficienza e la produttività, la qualità, anche con riferimento ai risultati di bilancio.

 

Quanto detto dovrebbe essere oggetto della contrattazione di 2° livello, ma chi sono i soggetti interessati?

 

Da un lato l’impresa e dall’altro la RSU.

 

Ma che impresa è quella con cui andiamo a contrattare? Essa sembra avere un duplice aspetto: è debole se la si confronta con i concorrenti. Appare infatti inserita in un contesto in continuo cambiamento e sembra subire la competizione globale,la concorrenza, il mercato, le innovazioni.

 

Al contrario sembra forte e inflessibile quando tratta con le RSU.

 

E la RSU, come svolge la sua funzione, come ricopre il suo ruolo?

 

Siamo convinti che la RSU spesso non abbia piena autonomia gestionale e il suo ruolo si riduce a semplice destinatario di informazioni o di procedure congiunte, senza lasciare che nei fatti i rappresentanti intervengano su argomenti come la organizzazione del lavoro solitamente esclusiva dei dirigenti. E’ questo uno dei temi più importanti della contrattazione, perché è uno degli elementi di qualità della contrattazione sui luoghi di lavoro, riguardando direttamente le condizioni di lavoro e i rapporti di potere con l’azienda.

 

La necessità diventa non solo lavorare in qualità, ma quando rivestiamo il ruolo di RSU, dobbiamo anche contrattare in qualità. Significa per noi avere una rappresentanza sindacale capace di essere una controparte negoziale, capace di conoscere i cambiamenti, capace anche di leggere i bilanci e le buste paga.

 

La RSU deve avere un ruolo da protagonista nella contrattazione, deve essere in grado di aprire discussioni sulla qualità del lavoro, sulla quantità delle prestazioni.  Deve essere una RSU in grado di rivendicare, non solo l’applicazione dei diritti già acquisiti, ma capace di rivendicarne di nuovi.

 

Una RSU più forte dovrebbe riuscire ad ampliare i temi della contrattazione di 2° livello, parlando anche di pari opportunità, di formazione, di mansioni e qualifiche, di ambiente e salute, di stabilizzazione di lavoratori a termine, etc.

 

Ovviamente non si deve pensare che la crisi della contrattazione prescinda dalle politiche sociali del Governo, considerato che politiche volte all’indebolimento dei lavoratori con scelte di deregolazione e di precarietà,  producono i loro effetti di indebolimento non solo a livello macro, ma anche a livello locale.

 

La formazione continua che auspichiamo per i lavoratori delle imprese, ad es. attraverso l’accesso anche ai corsi di Fondimpresa, come già detto, la auspichiamo anche per i rappresentanti sindacali affinché possano mettere in campo non solo il frutto delle personali capacità che da sole  non consentono di affrontare le svariate circostanze problematiche, ma che siano supportati da un processo di acquisizione di competenze sia di carattere politico-culturale, sia di carattere professionale.

 

Ci si forma e si cresce innanzitutto grazie ai saperi conquistati sul campo, attraverso l’esperienza quotidiana, ma è anche vero che tali conoscenze e abilità  possono essere consolidate con interventi formativi specifici attraverso ad es. i corsi formativi della fondazione Metes, nei quali sappiamo quanto la Flai creda.

 

Nel ricordare che in Sicilia è stato fatto un corso di formazione sulla contrattazione aziendale, a cui eravamo presenti in molti, non posso non invitare a far sì che quanto appreso in aula esca poi dall’aula e si metta in pratica sul campo, altrimenti abbiamo perso tempo e danaro e soprattutto non abbiamo guadagnato nulla, siamo stati cioè un pessimo investimento!

 

Concludendo, siamo dinnanzi ad un mondo del lavoro in continuo cambiamento, cambiano le tipologie di lavoro,  cambiano le esigenze di tutela, cambia la domanda di sindacato. Devono pertanto cambiare anche le risposte che il sindacato, deve essere in grado di dare, ora più che mai,  se vuole restare punto di riferimento dei lavoratori presenti e futuri, avendo anche e soprattutto  il coraggio di rinnovarsi, non solo a parole, come si sente dire in tutte le occasioni di incontro e di confronto,  ma anche nei fatti. e prendo al volo l’occasione per dare la difficoltà, vede svuotare la propria funzione e sminuito il suo di presenza, che non sono da