RELAZIONE
DI
SALVATORE
LO BALBO,
SEGRETARIO
REGIONALE DELLA FLAI SICILIA,
AGLI
ATTIVI REGIONALI UNITARI DEL 6 MARZO 2003,
SULLE
IPOTESI DI PIATTAFORME PER IL RINNOVO DEI CCNL DELL’INDUSTRIA ALIMENTARE E
DELLA COOPERAZIONE DI TRASFORMAZIONE ALIMENTARE
L’attivo regionale unitario Fai, Flai, e Uila di
oggi rappresenta una prima tappa intermedia del percorso che i Direttivi Unitari
nazionali si sono dati a Roma il 21 gennaio scorso e che si concluderà a Rimini
il 12 e 13 di questo mese con il varo definitivo della Piattaforma per il
rinnovo del CCNL dell’Industria alimentare e del CCNL della Cooperazione
alimentare.
La Sicilia non è una regione ad alta presenza di aziende dell’industria
alimentare. Siamo però una regione ad altissima produzione di materie prime,
siamo una regione al centro del Mediterraneo, siamo uno dei pilastri del
mezzogiorno.
Il settore nella nostra regione, dalla metà degli anni ’90 ad oggi ha
avuto una forte spinta espansiva sia con l’insediamento di gruppi nazionali e
multinazionali sia attraverso lo sviluppo di aziende siciliane, a prevalente
valenza provinciale o regionale.
I consumi dei siciliani hanno seguito e seguono le tendenze dei consumi
nazionali ed europei con la specificità di avere nella regione una base
produttiva di materie prime, condizione non presente in altre realtà.
La nostra regione può ulteriormente sviluppare un sistema
agro-alimentare-industriale basato sul controllo e la gestione della filiera –
dal vivaio alla tavola - , e siamo una piattaforma logistica e produttiva al
centro del mediterraneo (sono più di 300 milioni gli abitanti che si affacciano
sul mediterraneo) con condizioni fiscali e dei costi molto competitivi in
confronto ad altre regioni dell’Europa e dell’Italia.
Le aziende che hanno deciso di investire in Sicilia (Parmalat, Heineken,
Galbani, ILVA, Coca Cola, Amaro Averna), ma anche le aziende che investono nel
vitivinicolo, nell’orticolo, nell’olivicolo hanno determinano condizioni di
sviluppo economico basato sulla qualità, sulla innovazione di prodotto e di
processo, sul rispetto dell’ambiente e del territorio.
Per questi motivi siamo convinti della forza che la Sicilia ha nella
competizione di attrarre capitali e di sviluppare economie propulsive e non
assistenziali.
Il settore agro-alimentare in Italia ed in Sicilia è un settore – a
differenza del meccanico, del chimico e del tessile
- in costante crescita quantitativa e qualitativa e, cosa non secondaria,
a scarso impatto ambientale. Il
quasi inesistente impatto ambientale che le aziende del settore hanno è una
risorsa che viene scarsamente valorizzata, e che congiuntamente al buono
rapporto tra investimenti e redditività dovrebbe ulteriormente indirizzare
risorse pubbliche finalizzate attrarre investimenti
privati.
Scarse sono, specialmente nel
Mezzogiorno, i collegamenti all’interno della filiera. Al massimo si
sottoscrivono accordi interprofessionali per singolo prodotto. Il modo migliore
per programmare l’utilizzo delle risorse pubbliche quello di realizzare una
sinergica azione basata su una programmazione delle risorse pubbliche che
renda compatibili il vivaio con il campo, il campo con il consumo allo stato
fresco e con la trasformazione industriale.
Ancora oggi, invece assistiamo ad un utilizzo delle
risorse strutturali di Agenda 2000, dei contratti di programma, dei PIT, dei
Patti Territoriali, etc…non in termini di filiera ma a segmenti scollegati tra
di loro. Anche la stessa politica agricola comunitaria ancora risponde alle
esigenze dell’agricoltura e non della filiera, in contraddizioni, tra
l’altro, con linee tracciate dalla Commissione della Comunità Europea nel
Libro Bianco sulla Alimentazione pubblicato nel 2000 e con l’Accordo
Volontario Nazionale sulla Sicurezza e Qualità Alimentare sottoscritto in sede
di CNEL nel luglio del 2002.
Le lobby agricole, che hanno l’unico interesse a difendere i redditi
degli agricoltori e non i prodotti (che continuano anche ad essere distrutti)
non possono continuare a produrre alimenti fuori mercato e ad essere protetti
comunque. L’attuale fase di riforma della P.A.C. deve vedere la parte sana
della filiera fortemente mobilitata per una politica alimentare comunitaria e
nazionale dove sicurezza alimentare, sicurezza ambientale, sicurezza del mondo
del lavoro devono essere le discriminanti di base per una Europa allargata a 25
nazioni.
La qualità totale, la certezza totale per i consumatori, la
valorizzazione delle specificità alimentari sono obiettivi entro i quali la
nostra regione può marcare una propria presenza.
In questo ambito, spingere la
Regione Siciliana a dotarsi di strumenti formativi in grado di qualificare i
tecnici e i lavoratori mi sembra essere un contributo innovativo. Non bastano
solo le risorse pubbliche, le materie prime, bisogna anche avere professionalità
intermedie e di base. L’esperienza della ST Macroelettronics di Catania può
essere un ottimo esempio di riferimento.
La sinergia tra Università, Scuole Superiori e sistema delle Imprese è
una carta vincente sia per lo sviluppo futuro sia per rendere ancora più
competitive le imprese esistenti.
Non sto andando fuori tema, parlare di sviluppo e delle condizioni e della
qualità dello sviluppo penso che sia una delle questioni sostanziali entro le
quali collocare i rinnovo di questi CCNL.
Giustamente
la premessa alla ipotesi di piattaforma contiene un preciso riferimento al
“Mezzogiorno e alle zone interne”. Non penso che si una frase messa per
caso. Nella storia del sindacato Confederale il Mezzogiorno ha sempre
rappresentato un punto molto importante e, malgrado i problemi interni alle
Confederazioni, nel mese di Gennaio del 2002 a Palermo è stato oggetto di
mobilitazione e riflessione comune.
Per il
sindacato agro-alimentare lo sviluppo Mezzogiorno deve cominciare nuovamente ad
essere un obiettivo strategico e penso che sia utile al sostegno della
piattaforma e della fase contrattuale una iniziativa unitaria nazionale
che specifichi ed approfondisca i temi contrattuali e di relazioni con
Federalimentare sul Mezzogiorno, a partire dalla presenza stessa di
Federalimentare nelle regioni del sud, senza le quali non ci saranno tavoli ed
osservatori utili ad affrontare le tematiche contrattualmente demandate e
socialmente utili.
La
questione del Mezzogiorno va sviluppato nel corpo della trattativa e in
particolare, con l’ordine del giorno proposto dalle segreterie regionali come
sintesi della consultazione, vanno definiti precisi percorsi di discussione con
Federalimentare e di contrattazione con i gruppi e le aziende sovra-regionali
qualora esse prevedano un decentramento o una espansione produttiva con
conseguente dislocazione degli impianti.
Durante il mese di febbraio, in Sicilia, abbiamo fatto 33 assemblee che
hanno visto la partecipazione di 745 lavoratori, e la percentuale di voti
favorevoli alla ipotesi di piattaforma è stata del 99%. Purtroppo in qualche
azienda siciliana non abbiamo fatto le assemblee perché non siamo presenti
nelle aziende Zappalà, Elenca, e
tante altre.
Alle assemblee hanno partecipato dirigenti nazionali e regionali della
categoria, come il compagno Franco Chiriaco, Segretario Generale della Flai fino
all’amico Uliano Stendardi, Segretario Generale Aggiunto della Fai, che
ringrazio per la presenza e per il contributo che darà ai nostri lavori.
Per il CCNL della Cooperazione alimentare abbiamo fatto un attivo
provinciale a Trapani che ha visto la partecipazione di delegati e lavoratori
delle Cantine Sociali, i quali, attraverso diverse vicissitudini, finalmente a
partire dal 1° gennaio del 2004 avranno applicato questo contratto da parte
delle Cantine. I lavoratori e i delegati hanno sottolineato in particolare le
problematiche dei soci-lavoratori concordando con quanto proposto dalla
piattaforma. Le due figure vanno separate e gli interessi del socio e quelli del
lavoratore non devono rappresentare un alibi per le aziende per ridurre i
diritti dei lavoratori e anche dei soci.
Per dire la verità non solo la provincia di Trapani
è interessata a questo contratto. Anche nella provincia di Agrigento e Palermo
vi sono aziende interessate che applicano però il CCNL dell’agricoltura.
Penso che sia indispensabile, per portare a legalità contrattuale questo
settore, una più incisiva definizione dell’area contrattuale assieme ad un
pressing da fare alle controparti contrattuali ai vari livelli. Inoltre molto
interesse ha suscitato tra i lavoratori la possibilità di potersi iscrivere al
fondo complementare FILCOOP, diritto che verrebbe negato qualora permanga questo
stato di illegalità contrattuale.
Nel corso delle assemblee i lavoratori hanno posto questioni riguardanti:
1.
il
salario,
riferendosi in particolare alla applicazione dell’accordo del ’93. Il
recupero salariale dall’inflazione reale maturata deve essere garantito e i
prezzi e le tariffe devono essere sotto controllo. Forte è l’allarme tra i
lavoratori sulla reale rispondenza tra inflazione ufficiale e aumenti reali del
costo della vita; molti hanno sottolineato l’inaffidabilità dei metodi di
rilevamento e gli scarsi strumenti messi in campo dal governo per calmare gli
aumenti che nell’ultimo biennio ci sono stati. Preoccupazioni sono venute
anche in riferimento alle conseguenze di una guerra che, già oggi senza essere
dichiarata, ha fatto schizzare il petrolio a 40 dollari al barile, con notevoli
conseguenze per la benzina e il gasolio e già si annunciano aumenti anche per
luce e gas.
2.
i
livelli di contrattazione,
e in particolare la contrattazione
aziendale come luogo di reale tutela e di miglioramento delle condizioni di
lavoro. In particolare in alcune aziende hanno posto l’esigenza di una
maggiore agibilità contrattuale aziendale nell’ambito della contrattazione di
gruppo in ordine ai problemi delle classificazioni, del salario aziendale
rapportato anche ai risultati di stabilimento,
agli investimenti e ai piani industriali.
3.
la
classificazione,
tenendo conto che i lavoratori svolgono più mansioni e apportano al processo
produttivo conoscenze individuali oggi non riconosciute. La classificazione è
nazionale, e per gruppo e per stabilimento vanno previsti interventi
contrattuali aziendali rapportate alle qualità professionali, alle flessibilità
e alle esigenze che l’azienda richiede al lavoratore.
4.
i
Fondi, si è
valutata positivamente l’esperienza di Alifond, ed è stato ritenuto
positivamente la possibilità di demandare a livello aziendale l’innalzamento
delle quote di versamento e l’abbassamento della soglia minima per iscriversi
ad Alifond a quattro mesi per i lavoratori a tempo determinato. Sarebbe,
inoltre, auspicabile un maggior impegno da parte di tutti i soggetti per
un’ulteriore campagna di adesioni ad Alifond.
5.
la
Formazione,
i lavoratori hanno ritenuto di dover sottolineare la sua indispensabilità in
rapporto sia alla sicurezza sul lavoro sia alla sicurezza alimentare. La
conoscenza dei processi produttivi (dal vivaio alla tavola), dei prodotti e dei
consumatori ai quali il prodotto è indirizzato sono elementi di formazione
indispensabili per capire l’alto valore sociale che i lavoratori del
agro-alimentare hanno. La formazione non
deve essere solo quella professionale. Essa deve fare acquisire la coscienza
della delicatezza sociale del lavoro
che si svolge. Il vino al metanolo, mucca pazza, il pollo alla diossina e tutte
le altre truffe alimentari che accadono sono un pericolo sociale per i
consumatori e per i lavoratori, per tutti i lavoratori. Nuovi processi formativi
dei quadri, dei dirigenti, degli impiegati, dei tecnici e degli operai sono
indispensabili per la difesa dei consumatori e dei lavoratori stessi.
6.
i
VV.PP., si
è sottolineato positivamente la questione dei 26esimi. I lavoratori hanno
sollecitato una nuova configurazione del profilo professionale dato che oggi
esso sintetizza una molteplicità di mansioni.
Dalla “guida sicura” alla garanzia che i cibi siano sotto controllo “hccp”,
dalle “relazioni con i punti vendita” alla “conoscenza dei prodotti”,
dalle “qualità dietetiche e salutiste” all’utilizzo di “tecniche di
comunicazioni informatiche avanzate”. Tutto ciò in una organizzazione del
lavoro non tradizionalmente dipendente, con fortissime flessibilità sugli
orari, sulle ferie, sui riposi e in alcuni casi sugli stessi diritti sindacali.
7.
Mercato
del lavoro,
preoccupazioni sono state sollevate sui recenti provvedimenti governativi sul
mercato del lavoro, in relazione sia ad una minore tutela del lavoro a tempo
determinato sia ad una maggiore precarizzazione per gli stessi lavoratori a
tempo indeterminato. Per questi motivi si ritiene indispensabile rafforzare
gli strumenti contrattuali ad essi deputati non per ridurre le
flessibilità ma per governare e contrattualizzare i processi di
esternalizzazione e di terziarizzazione oggi presenti. Questo tema coinvolge
buona parte della nostra categoria e necessita di una particolare attenzione.
Non deve esistere la presenza di lavoratori a tempo determinato che ormai hanno
maturato sette o otto anni di lavoro costante in azienda e che sotto il ricatto
del non rinnovo del contratto rimangono a tempo determinato. Non mi riferisco a
lavoratori dipendenti da piccole aziende marginali, ma alla Galbani e a qualche
altra azienda che trasforma normale lavoro a tempo determinato in lavoro
interinale, facendo pagare al lavoratore i costi dell’agenzia interinale. Nel
contratto devono essere inserite regole chiare per entrambi i soggetti e, alla
luce dei provvedimenti governativi, esse devono avere precisi ambiti di
esercizio e di legittimità.
Questi mi sembrano i principali temi affrontati
nelle assemblee e negli attivi. Sono
certo che nel corso del dibattito verranno ulteriormente approfonditi e
integrati.
Un ultimo
argomento voglio affrontare.
In
Sicilia cominciano ad arrivare anche i venti di crisi. Crisi derivante sia da
appesantimenti di settore, come le acque e le bevande gassate o quello delle
paste e mulini, sia da ristrutturazioni o riorganizzazioni aziendali. Proprio
per il ragionamento sviluppato all’inizio, il sindacato deve essere fortemente
impegnato nel contrastare processi di ridimensionamento e di chiusure di
aziende. Coca Cola, Florio, Vini Corvo, Galbani, Pastificio Curiale, Demetra,
Acqua Ciappazzi, Food Line, non sono singoli punti critici di un settore.
Nelle
dovute proporzioni, qualche preoccupante segnale di declino industriale
cominciamo a registrarlo. Sarebbe molto grave sottovalutare questi segnali e
sono certo che il sindacato confederale sarà in grado di mobilitare i
lavoratori e di impegnare pienamente le controparti private e pubbliche a fare
scelte idonee a superare questi punti di crisi. In particolare vanno rivendicati
e aperti tavoli di concertazione tripartiti a livello regionale dove il Governo
della Regione, e gli Assessorati all’Industria e all’Agricoltura devono
essere in grado di svolgere un forte ruolo di orientamento e di indirizzi
dei flussi finanziari.
A
conclusione di questa relazione introduttiva penso che sia giusto rimarcare
l’importanza che il comparto agro-alimentare-industriale-ambientale ha nella
nostra regione, che con i suoi 160.000 occupati nell’agricoltura e i suoi
20.000 addetti nella commercializzazione e nella industria alimentare è un
settore portante dell’economia siciliana e del mezzogiorno. Il Comparto nel
suo insieme ha un Prodotto Interno Lordo superiore a 4 miliardi e mezzo di
€, circa 9.000 miliardi delle vecchie lire.
Il
comparto interessa quasi tutti i settori merceologici con specificità che ormai
sono di sistema, quali la produzione biologica. Riteniamo che i presupposti ci
siano tutti per un futuro agro-alimentare della Sicilia interconnesso con tutte
le altre manifestazioni economiche e sociali legati al comparto. Alla
realizzazione di questi obiettivi il rinnovo di questo contratto può dare un
contributo decisivo anche tendendo conto della forte spinta unitaria che
anima questo rinnovo.