3° congresso provinciale FLAI - CGIL

MESSINA

Relazione di

Enzo Cocivera

Segretario Provinciale  FLAI-CGIL Messina

        Care compagne e cari compagni, amici invitati,

Diversi sono stati i mesi trascorsi dall’elaborazione e dall’approvazione dei documenti posti in discussione ed in votazione nelle assemblee congressuali.

        Diversi, tumultuosi e drammatici sono stati i fatti in questo tempo avvenuti. Dalle orrende azioni di guerra terroristica dell’11 settembre con le quali è stata colpita l’America, al conseguente intervento anglo-americano contro i Talebani in Afghanistan, alla decisione del Parlamento Italiano d’inviare truppe a supporto delle stesse operazioni militari in Afghanistan.

        Pure confermando che la lotta contro il terrorismo costituisce una priorità assoluta, la CGIL, interpretando sentimenti sempre più diffusi tra i lavoratori, i pensionati, i cittadini, è fortemente preoccupata circa le devastazioni e le drammatiche conseguenze che ciò determina sui civili afgani.

        La lotta al terrorismo, proprio perché rappresenta la negazione della libertà, dei diritti universali delle persone, contro i valori della convivenza civile, dev’essere condotta senza esitazioni, con azioni repressive mirate in grado di neutralizzarlo, bloccandone le fonti economiche  di sostegno, frutto di riciclaggio di denaro sporco, di produzione e vendita di droga.

        Per questo, non v’è dubbio, è indispensabile che l’Organizzazione per le Nazioni Unite sia vista quale Organismo cui compete l’autorevolezza necessaria per un governo del mondo basato sulla libera convivenza tra i popoli, la stessa autodeterminazione, a partire da quello Palestinese, la Pace. Nessuna nazione, nessuno Stato, seppur autorevole, può con il proprio diritto di veto impedire la libera espressione della volontà dell’ONU; meno che mai sulla base ed in funzione di ragionamenti tattici e/o strategici. La rapida applicazione delle risoluzioni ONU in favore del martoriato popolo Palestinese, anche quale atto coraggioso ed intransigente contro gli estremismi, anche se opposti e sempre da condannare, è irrinviabile.

        Ora è tempo, in Afghanistan, anche dopo i positivi lavori della Conferenza di Bonn, che vi sia un governo provvisoriamente espresso dalle varie Etnie della nazione, che garantisca libertà e pari condizioni ai propri cittadini, che non si sostituisca, insomma, al sanguinario regime appena cacciato. A ciò si dovrà accompagnare una opportuna missione di Pace delle Nazioni del mondo a garanzia della libera convivenza, in favore degli sforzi umanitari sempre più indispensabili, pena ancora la morte di centinaia di migliaia di persone, a partire dalle categorie più deboli della società, tra i quali i bambini, molte volte fin’ora costretti a lavorare nelle miniere Pachistane per oltre 12 ore al giorno  per non morire di fame. Per assurdo, i tragici fatti avvenuti devono servire a stabilire un nuovo ordine mondiale, dove le differenze storiche, culturali e religiose rappresentino risorse e non pericoli da combattere. In questo l’Italia e l’Europa devono operare affinché si esprima un’iniziativa efficace e sostengano con maggiore autorevolezza le funzioni dell’ONU.

        Del resto, le stesse problematiche circa le profonde trasformazioni che hanno investito i sistemi economici ed i modelli organizzativi sociali attraverso una dimensione sopranazionale, spesso globale, privilegiando un modello di sviluppo ambientalmente e   socialmente insostenibile, rappresentano un limite se non  accompagnate dall’ambizione di avere a riferimento di questo processo valori positivi, obiettivi concreti che diminuiscano le disuguaglianze fra territori e tra le persone, che si basino su una nuova tutela del lavoro, sul miglioramento della condizione umana. Gli stati nazionali ed i loro governi dovranno affrontare con determinazione questo stato di cose. I paesi sviluppati hanno la responsabilità di riformare e democratizzare le Istituzioni sovranazionali, cedendo ad esse quote di sovranità, di governo, perché possano dotarsi di regole condivise ed efficaci.

        Le Organizzazioni sindacali mondiali o sovranazionali, nel cui ambito la Cgil svolge un ruolo importante, hanno presentato ai potenti della Terra, in ultimo in occasione del G8 di Genova, una piattaforma con obiettivi ampiamente convergenti con il popolo di Seattle, sulla quale è auspicabile possa consolidarsi un rapporto di scambio e di collaborazione, tra i quali:

Ÿ         misure coordinate che stimolino la crescita e riportino l’economia globale sulla strada della piena occupazione;

Ÿ         sostegno a politiche di sviluppo attraverso la cancellazione del debito, un consistente aumento degli aiuti, iniziative per la salute e l’istruzione onde ridurne la povertà; riforma delle istituzioni finanziarie internazionali;

Ÿ         rafforzare il ruolo dell’OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) per garantire i diritti fondamentali del lavoro;

Ÿ         assicurare che la crescita sia economicamente socialmente ed ambientalmente sostenibile;

Ÿ         riformare le regole dei mercati finanziari, rilanciare l’iniziativa in Italia e nel mondo contro il lavoro minorile.

        Il sindacato che in tutto il mondo si propone la difesa degli interessi dei lavoratori su valori di solidarietà ed uguaglianza può essere un attore decisivo, promovendo un’idea di sviluppo  che accresce la libertà delle persone, la capacità e la possibilità di scelta del proprio futuro, che lotta contro tutte le forme di vecchia e nuova schiavitù, alla messa al bando dello sfruttamento dei bambini, alla salvaguardia dell’ambiente naturale, alla sicurezza alimentare, alla tutela della salute.

        Il processo di globalizzazione deve basarsi su una nuova tutela del lavoro.

L’intesa raggiunta nella conferenza del WTO segna un importante passo avanti in favore dei Paesi in Via di Sviluppo e specialmente per quel che riguarda l’accesso ai farmaci salvavita. La conferenza è stata molto deludente, invece, per non avere accettato la proposta dell’Unione Europea di istituire un collegamento permanente tra WTO e l’OIL: ci si è solamente limitati ad una dichiarazione d’intenti. Nessun vincolo, quindi, tra lavoro minorile e diritti sindacali da un lato e scambi commerciali dall’altro.

 

           Compagne e compagni,

martedì le segreterie confederali di CGIL CISL UIL hanno deciso la proclamazione di due ore di sciopero per tutte le categorie con assemblee sui posti di lavoro dal 5 al 7 dicembre quale prima risposta al mantenimento della delega da parte del governo circa la cosiddetta riforma del mercato del lavoro, la sospensione dell’art. 18 dello statuto ad una platea sempre più vasta di lavoratori. E’ stato confermato lo sciopero del pubblico impiego per il 14 dicembre finalizzato al reperimento delle risorse per i rinnovi contrattuali, è stata indetta la conferenza dei delegati sindacali delle regioni meridionali finalizzata a colmare il buco nero della finanziaria per il Sud. Un impegnativo periodo di mobilitazione attende il Sindacato italiano. L’auspicio è che unitariamente si continuino a stabilire le linee di contrasto agli atti che s’intendono compiere e le cui avvisaglie, purtroppo, si erano già manifestate prima ancora della vittoria del 13 maggio dell’attuale maggioranza di centrodestra. Dallo storico intervento dell’ attuale presidente del consiglio al convegno di Parma degli industriali, su chi dei due fosse l’estensore del programma di Confindustria, talmente le idee tra D’ Amato e Berlusconi collimavano, alle dichiarazioni di singoli ministri dell’ attuale governo è stato un crescendo, un’ escalation.

L’ obiettivo dichiarato è quello di ridurre il ruolo ed il peso della rappresentanza sociale dei lavoratori, superare il CCNL, individualizzare lo stesso contratto di lavoro, destinare i lavoratori italiani alla mercé dell’ impresa, o del padrone come dir si voglia. Ci troviamo di fronte ad un maldestro tentativo di riscrivere il nuovo diritto del lavoro in Italia, o meglio ancora il non diritto, tutto centrato sull’ impresa. A ciò si aggiunga la stessa ampiezza della delega richiesta che si configura quale forzatura dei poteri dello stesso Parlamento. Per la sua dimensione e per il fatto che interviene su tutta la legislazione del lavoro, è un problema enorme che va al di là del merito. Cambia, infatti, una parte rilevante della costituzione materiale e cambiano le dinamiche interne alle varie forme di rappresentanza e alle loro funzioni. Il punto di partenza è che non decide più il Parlamento e non c’ è più una sede nella quale sulle decisioni del Parlamento possa influire la decisione delle parti sociali. E’ stato così completamente cancellato l’accordo del ’98 tra le parti sociali e il governo che fissa con precisione le procedure che regolano le relazioni Sindacati-Governo, ferma restando la sovranità del Parlamento. Insomma, il problema prioritario, non è solo il contratto nazionale di lavoro, ma la possibilità o meno di mantenere una forma di democrazia che consenta ai lavoratori di decidere, negata alla radice dall’ impianto del libro bianco e dall’ idea di rappresentanza che esprime, anche attraverso sindacati di comodo, quelli cioè che il governo può “scegliere” prescindendo dal loro peso e rappresentatività. Anche per queste ragioni occorre riproporre con forza e determinazione il tema della democrazia e della rappresentanza, e nei confronti delle controparti che all’interno delle stesse Organizzazioni Sindacali, dall’elaborazione delle piattaforme, alle verifica nelle successive fasi di negoziazione, al mandato alla firma. Una griglia di regole certe, definite e condivise. A pochi giorni dallo straordinario successo dello sciopero dei metalmeccanici della Cgil  che fa seguito all’accordo separato sul Contratto, la questione della democrazia è prioritaria.

La legge finanziaria non si discosta per impostazione alle altre attualità. A parte lo slogan del milione al mese per i pensionati, rispetto al quale si deve ancora definirne con esattezza la platea dei beneficiari, e l’aumento delle detrazioni d’imposta per i figli a carico in misura uguale per i redditi fino a 70 milioni, non si procede alla riduzione delle aliquote IRPEF come definito con la finanziaria precedente, si riducono gl’investimenti al Mezzogiorno di 4.500 miliardi, scompaiono tutti gli interventi in favore delle aree svantaggiate, si prevede una crescita al 2,3% nonostante lo stesso Governatore della Banca d’ Italia preveda una crescita dell’1,8%, con la conseguenza che se tale ipotesi di crescita non si dovesse realizzare il governo dovrà ridimensionare ulteriormente la spesa corrente, ed è facile prevedere quali potrebbero essere i capitoli interessati da tagli. Legge finanziaria inefficace ed iniqua, quindi.

        Il riequilibrio tra Nord e Sud non è più una priorità di questo governo, sancito anche con l’abbandono della programmazione negoziata, di uno sviluppo locale condiviso e concertato da tutti i protagonisti sociali, capace di mettere in moto energie, vocazioni e risorse indispensabili alla creazione di un tessuto produttivo di qualità. In merito alla regionalizzazione degli strumenti di programmazione negoziata su cui è la regione chiamata ad avere nuovi compiti e prevedere nuovi strumenti, non ci è dato di conoscere come il governo Cuffàro voglia intervenire per verificare i limiti e i ritardi attuali e come superarli relativamente ai patti territoriali e ai patti verdi già finanziati. Cosa intenda fare per quelli che sono ritenuti validi ma mancano ancora le risorse, che tipo di disponibilità finanziaria garantirà, quale opportuno coordinamento esprimerà per governare un processo di sviluppo locale dei vari territori. La spesa dei 18 mila miliardi previsti per agenda 2000 può rappresentare opportunità di sviluppo irripetibili per interi territori della nostra regione, occorre superare i noti ritardi che da sempre ci hanno contraddistinto nei rapporti con l’U.E., sopratutto velocizzando la macchina amministrativa e istituendo lo sportello unico.

        Guardiamo con particolare interesse ed attenzione ai cinque patti territoriali già sottoscritti in provincia di Messina; al termine di questa fase congressuale avanzeremo opportune richieste di confronto con i responsabili per una verifica a tutto campo, delle progettualità, dei ritardi, delle opportunità di lavoro dirette ed indirette  che si realizzeranno in un quadro di certezze contrattuali e legislative per gli stessi lavoratori.

L’agricoltura della provincia di Messina è caratterizzata dall’esistenza di un rilevante numero di aziende agricole. Dai dati forniti dall’Istituto assicuratore si rileva che a fronte di 170 mila ettari di superficie complessivamente coltivata le aziende attive sono pari a 17.148, di queste meno di 50, in genere nella qualità di affittuari di numerosi appezzamenti di terreno all’uopo accorpati ed attualmente sotto osservazione da parte dello stesso Istituto, assumono alle loro dipendenze circa cinque mila lavoratori. I lavoratori iscritti, o per meglio dire che dovrebbero essere iscritti negli elenchi anagrafici, stante i ritardi nella loro elaborazione e pubblicazione, sono circa 33.000, dei quali circa 4.300 sono avviati alle dipendenze dell’Ispettorato Forestale. Accanto ad imprenditori lungimiranti, che innovano, investono e producono per il mercato, assistiamo ad un agricoltura, in modo particolare nelle zone interne della provincia, composta da aziende che insistono per il mantenimento dell’esistente, fattore senz’altro nobile, che compiono le striminzite operazioni colturali atte al riconoscimento dei contributi comunitari per il mantenimento. La crisi che ormai da numerosi anni ha colpito il noccioleto, monocoltura per interi comuni e prevalente nei numerosi comuni dei Nebrodi, ha prodotto fenomeni di abbandono, incendi sempre crescenti, dissesto del territorio, personaggi attenti e disponibili a rilevare le aziende con conseguenti fenomeni d’inquinamento e di malaffare. Proprio a tutela degli interessi dei lavoratori agricoli ripetutamente chiediamo agli Organi Ispettivi accertamenti mirati e coordinati, in costanza di rapporto di lavoro, che servano a verificare fenomeni di assunzioni fittizie, se presenti, ed assunzioni in spregio alle norme previste dalla legge 608/96, se è vero come è vero che tutti gli Istituti di Ricerca individuano nel settore agricolo la più alta percentuale di lavoro nero ed evasioni contributive. La stessa esperienza dei Contratti di riallineamento dei salari, il cui numero, 19.900, superiore delle stesse aziende agricole ha fatto balzare la provincia di Messina agli onori della cronaca nazionale, non solo non è servita a fare emergere il lavoro nero, ma spesso non ha prodotto neppure risultati tangibili agli stessi lavoratori. A partire dal 1997 nella zona agrumetata di Rocca, Mirto, Longi, e Torrenova, una lunga vertenza si aprì con le aziende, le cooperative e le loro associazioni per rivendicare l’applicazione dell’accordo di riallinemento, con le percentuali di aumento previste nell’accordo del 96, non per la paga contrattuale. Eppure quella vertenza, quegli oltre 10 giorni di sciopero con il coinvolgimento di centinaia di lavoratori, è passata nell’indifferenza generale, senza che le Associazioni Professionali esercitassero il proprio ruolo e si è conclusa con il ricorso agli Organi di Vigilanza ed alla magistratura. Non conosciamo ancora gli atti prodotti. Il riallineamento è stato vissuto da alcune controparti e da pseudo organizzazioni sindacali quale strumento per accrescere il proprio peso organizzativo. Per fare risparmiare più soldi alle aziende indicando salari sempre più bassi quale riferimento per il calcolo dei Contributi Agricoli.

        Le iniziative assunte dalla sede INPS di Messina di verifica degli accordi già sottoscritti, con l’invio di circa 5000 prime diffide alle aziende firmatarie, e la successiva decisione di istituire una commissione paritetica, coinvolgendo i soggetti firmatari del Contratto Provinciale  possono individuare un percorso che salvaguardi atti e comportamenti lineari. Condivido ed ho condiviso ai vari livelli decisionali della Flai di ritenere comunque ormai definitivamente chiusa l’esperienza dei contratti di riallineamento.

Pensiamo ad una moderna agricoltura, dove sicurezza alimentare e qualità dei prodotti a tutela dei consumatori, rappresentino l’altra faccia della medaglia: salari civili, quindi contrattuali, riconoscimento della professionalità, stabilità occupazionale e garanzia di diritti. Un’agricoltura sinergicamente legata all’industria agro-alimentare, attraverso progetti settoriali di ammodernamento, e riconversione, è questa la sfida da raccogliere, pena un’ulteriore e forse definiva marginalità. La volontà delle associazioni datoriali di seguire questo oppure altri modelli può essere visionata già durante la fase delle trattative per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro.

Seppure con contraddizioni e proprio alla fine dell’anno, siamo riusciti ad ottenere le risorse necessarie affinché i lavoratori dei contingenti e quelli inseriti nelle graduatorie dell’art. 49 fossero tutti avviati al lavoro nel settore forestale.

        Già con lo sciopero regionale dei lavoratori forestali del 12 ottobre 2000, che con quello generale del 2 marzo di quest’anno, unitariamente abbiamo richiesto al governo regionale la poliennalità della spesa, per una funzione produttiva e di tutela del bosco. Le segreterie regionali sul finire dello scorso mese hanno già chiesto la convocazione di un tavolo di confronto con il Governo regionale sulla funzione produttiva e di tutela dell’ambiente e del bosco, sull’utilizzazione efficace dei lavoratori forestali, per ampliare la superficie boschiva, che in Sicilia rappresenta il 9% del territorio isolano, tra le più basse d’Italia.

        La Flai di Messina proporrà a Fai e Uila un’iniziativa atta a richiedere il riequilibrio della spesa in ambito regionale ed in funzione della superficie boschiva gestita dalle singole province. Convinti come siamo che la forestazione rappresenta un punto di riferimento importante per l’economia di oltre 60 comuni attualmente interessati, riteniamo si debba puntare su programmi di forestazione produttiva, su progetti che integrano zootecnia e forestale attraverso un utilizzo plurimo del bosco e del sottobosco. Non sarà tralasciata l’iniziativa nei confronti dei comuni, proprietari di migliaia di ettari di terreni quasi sempre incolti, affinché questo patrimonio possa essere, se non altro in parte, destinato ad un recupero produttivo attraverso l’intervento forestale. Determinando così condizioni vantaggiose per stabilizzare ed aumentare l’occupazione. A questo proposito mi sorprende la nota della Fai di Messina pubblicata su alcuni quotidiani in merito al servizio antincendio, sopratutto dopo avere concordato e resa pubblica un’ipotesi di lavoro unitaria. Spinte in avanti che non giovano a nessuno, poco chiare e comprensibili che prestano il fianco a proposte demagogiche inoltrate da soggetti i cui fini, almeno fin’ora, non appaiono chiari.

Gli incendi che annualmente si verificano rappresentano ormai un fatto strutturale con il quale siamo chiamati a fare i conti. I danni provocati, nonostante l’abnegazione e la professionalità degli addetti alle squadre antincendio, sono rilevanti, ma nello stesso tempo giustificano gli sforzi e gli impegni finanziari sostenuti per garantire la prevenzione ed il rimboschimento. Occorre coordinare meglio l’attività, attraverso l’anticipo della fase di  prevenzione da effettuarsi nei mesi precedenti la stagione estiva, un’attenta opera di controllo del territorio, un migliore utilizzo delle guardie forestali in opere di repressione e non già di sub agenti tecnici o chissà cosa, occorre ancora rendere effettiva la mappatura dei boschi percorsi da incendio con il conseguente controllo circa le attività eventualmente esercitate. Altro che i lavoratori forestali responsabili degli incendi. I lavoratori, la Flai, ritengono indispensabile che le politiche per la protezione, la salvaguardia e la conservazione dei boschi conseguano sempre più risultati apprezzabili, lo sappiano i nostri amici ambientalisti, con i quali siamo sempre pronti a momenti di confronto ed approfondimento, senza schemi precostituiti, con la certezza che possiamo rivendicare obiettivi condivisi. Non riesco comunque a comprendere come si possa parlare di stabilizzazione occupazionale, onorevole Castiglione, con i tagli preventivati nel documento di programmazione economica varato dal Governo Cuffaro, di cui lo stesso Castiglione è autorevole assessore. In una situazione d’invarianza di spesa, o peggio di riduzione, è difficile stabilizzare l’occupazione, tranne che non si pensi ad altro, a tentativi di esternalizzazione di servizi di forestazione, peggiorando così le condizioni di migliaia di lavoratori, circa 2700 nella nostra provincia, a tanto ammontano i lavoratori inseriti nelle graduatorie con garanzia pari a 51 giornate. Se questa dovesse essere l’idea la nostra opposizione sarà netta.

La stessa determinazione dobbiamo mettere in campo per affermare alcuni elementari principi: il rispetto delle norme e delle retribuzioni fissate nei contratti di lavoro, sono diritti inalienabili dei lavoratori, indipendentemente dalle generalità dal datore di lavoro, sia esso pubblico sia privato. Centinaia di migliaia di milioni annualmente sono destinati alle aziende agricole quali contributi comunitari per aiuto alle coltivazioni, per progetti d’imboschimento privato. Siamo in possesso degli elenchi dei beneficiari dei contributi per impianti d’imboschimento; con il coinvolgimento dei nostri compagni delle leghe interessate avvieremo, intanto, iniziative di confronto per rivendicare opportunità di lavoro e conseguenti salari dignitosi. Tale metodo, per un sindacato quale la Flai, sempre più proiettato a rafforzarne la presenza nelle aziende con propri delegati aziendali quali strumento insostituibile di rappresentanza, opportunamente perfezionato ed adattato alle singole realtà dovrà trovarci quotidianamente impegnati a contrattare migliori condizioni e sicurezza sul lavoro, riconoscimento dei diritti, salari dignitosi.

Nelle piccole aziende alimentari in cui siamo presenti, in cui per la prima volta il Sindacato è presente, penso alla Loma, al Salumificio Mediterraneo, stentiamo ancora ad affermare che i rapporti tra le parti sono normati dal contratto di lavoro per la piccola industria alimentare, anche se formalmente è applicato. Solo per incontrarci e discutere con queste aziende siamo stati costretti a convocarli all’Ufficio del Lavoro, a pretendere la mediazione della stessa Api Industria. Pensate, un ambiente in cui il “padrone” sostiene che gli stipendi vanno pagati quando ci sono i soldi e scaglionati secondo un criterio di bisogno del dipendente, ovviamente dallo stesso determinato: oggi a te che mi sei più simpatico, domani a quest’altro se ti comporti bene e così via. Anni ed anni di frustrazioni, di sofferenze, di dinieghi e di capricci. So che sta agevolando in ogni modo l’inserimento di qualche altra Organizzazione Sindacale che, probabilmente, dovrebbe fare da contrappeso alla Flai, dovrebbe forse frenarne l’iniziativa, limitare quelle rivendicazioni che in normali aziende non avrebbero motivo d’esistere. Vedremo, noi da sempre sia in queste sia in tutte le aziende le decisioni li assumiamo dopo il confronto con i lavoratori, nelle assemblee che siamo abituati a fare.

Nell’industria, lo stabilimento della Birra Messina con i suoi 56 addetti rappresenta la realtà produttiva più importante, ciò, nonostante la ristrutturazione avviata negli anni che ha lasciato allo stabilimento di Messina, all’interno del gruppo Heineken, solamente il confezionamento della Birra e non già la produzione. Al congresso aziendale, presente il compagno Sgalla della Flai Nazionale, abbiamo lanciato la proposta di una conferenza di produzione, che metta insieme il Sindacato, le Istituzioni, il gruppo; rivendicheremo in tale occasione, investimenti corposi per rispondere alle esigenze che il mercato manifesta, incrementando le potenzialità produttive unitamente all'alta professionalità delle maestranze. La Ciappazzi si caratterizza sempre più come  una nebulosa, la trattativa tra il gruppo Sorgenti Spa, Ciarrapico e Banco di Roma, con la Parmalat si trascina da molti mesi; il confronto in sede aziendale ripetutamente richiesto è fissato e puntualmente rinviato con la stessa motivazione: la trattativa è ancora in corso, non ci sono elementi di novità per discutere con il Sindacato. La confusione regna sovrana, si lavora con obiettivi a brevissimo tempo, senza prospettive; con Fai e Uila assumeremo la decisione di proclamare lo stato di agitazione dei lavoratori, rivendicando un tavolo di confronto a breve, possibilmente in sede nazionale. Per le altre due industrie di acque minerali, in cui siamo presenti, La Sibam Fontalba, stenta a consolidare ed ampliare il proprio mercato, da oltre un anno, e dopo una precedente mobilità concordata, che ha riguardato sei lavoratori, con alterne vicende discutiamo nuovamente di esuberi, di cassa integrazione; nei primi giorni di gennaio è già fissato l'incontro con l'azienda per una verifica delle prospettive, dando serenità  e certezze lavorative ai giovani dipendenti professionalmente preparati; L'Ambra, da qualche anno attiva, con i propri 11 dipendenti, e da pochi mesi presente sul mercato, stenta ad imporre il proprio prodotto, acqua e bibite, in un settore molto concorrenziale con presenze sul mercato di gruppi anche sovranazionali, molto competitivi e leaders nella pubblicità. Abbiamo,  in un incontro già tenutosi, concordato un periodo di cassa integrazione ordinaria; a giorni verificheremo le condizioni per la piena ripresa dell'attività. 

Rafforziamo la nostra presenza in aziende di scarsa dimensione, con poche unità lavorative, ma che rappresentano il tessuto economico della nostra provincia nell'agro alimentare. Penso, per fare un esempio, all'esperienza nella Pelagos, cooperativa di allevamento ittico in San Pier Niceto, commercialmente e finanziariamente legata alla Ittica Mediterranea di Trapani, e le cui traversie rischiano di incidere pesantemente sui livelli occupazionali.

Compagne e compagni, da tempo la nostra attività quotidiana fronteggia fenomeni di crisi e di espulsione di lavoratori dal processo produttivo, la Sanderson, la Panagrum e Finagrum, per citarne alcune emblematiche di cessata attività. Il già debole tessuto produttivo della città di Messina e della nostra provincia ha subito un ulteriore colpo. Per centinaia di lavoratori si è aperta la strada, da noi senza uscita, della mobilità. Per qualche decina di lavoratori della Sanderson, azionista L'ESA, scaduta la mobilità non si sono determinate situazioni di reimpiego. Forse unico caso in Sicilia per i dipendenti di un'azienda sotto il controllo diretto di mamma Regione. Nell'indifferenza generale si è consumato un dramma. Pesanti sono le responsabilità  delle Istituzioni, ai vari livelli.

L'ESA, nei centri di Barcellona ed Acquedolci, nel corso di questo e dello scorso anno ha raddoppiato le ore di lavoro destinate alla meccanizzazione agricola. Numerose sono state le aziende che hanno beneficiato di questo servizio, con risultati soddisfacenti. Riteniamo debbano determinarsi le condizioni per una stabilizzazione definitiva degli addetti, attraverso un'opportuna legge di riforma. Già intanto, in seguito alle nostre costanti iniziative,  da quest'anno siamo riusciti ad ottenere il prolungamento delle giornate ai lavoratori, rispettivamente a 175 ed a 151.

Compagne e compagni, le conclusioni di questo congresso, con i contributi che verranno dal dibattito, dagli interventi del comp. Maio, del comp. Gioia e le conclusioni di Giorgio Scirpa, il documento politico che la Commissione elaborerà, impegnerà il nuovo gruppo dirigente che oggi sarà eletto. Dovremo essere nelle condizioni di lanciare una sfida alle Istituzioni, alle nostre controparti. La provincia di Messina, in un immaginario collettivo culturalmente definito, è indicata "babba"; non voglio qui disquisire sul termine e sulle motivazioni di questo aggettivo. Ritengo comunque che  le istituzioni e le controparti dovranno sempre più da noi essere incalzati sui temi dello sviluppo, sulle progettualità, sulla valorizzazione del territorio e delle risorse, sulla qualità e sulla sicurezza dei prodotti alimentari, sulla peculiarità delle nostre produzioni tipiche, poco conosciute e non ancora censite Al Ministero per le politiche agricole e forestali solamente pochi prodotti riferiti alla provincia di Messina risultano nell'elenco delle produzioni tipiche, nonostante la ricchezza e la varietà degli stessi. Al convegno sul Parco dei Nebrodi che abbiamo tenuto a Caronia lo scorso aprile unitamente alla Cgil ed alla Funzione Pubblica,  ed al quale per brevità rimando, concluso dal compagno Nerozzi, lanciammo la proposta che l'Ente Parco, nei confronti del quale è urgente riprendere il confronto, veicolasse le istanze per il riconoscimento della tipicità dei nostri prodotti.

Compagne e compagni, le scelte attuate al Congresso Nazionale Flai, sulla spinta delle organizzazioni meridionali, hanno finalmente prodotto la costituzione dell'ALPA, l'associazione dei lavoratori e produttori, costituita nella nostra provincia con risultati lusinghieri per quanto attiene il tesseramento. L'informatizzazione già avviata consentirà di dare risposte puntuali e precise agli associati, oltre ad un'attenta politica rivendicativa in direzione dei piccoli produttori, da sempre privi di voce nei confronti delle istituzioni che erogano sovvenzioni.

Sono già trascorsi 10 anni da quando i due comprensori esistenti in provincia si unificarono. La Flai attraverso l'unificazione sancita in quel congresso, rappresentò per l'intera confederazione esempio concreto d'unificazione dei gruppi dirigenti. Questi anni hanno arricchito le esperienze dei compagni, hanno messo a disposizione dei lavoratori un'organizzazione più forte e capillarmente diffusa, frutto del lavoro quotidiano di centinaia di rappresentati sindacali, capi lega, semplici lavoratori. Verso un processo irreversibile d'aziendalizzazione della categoria, accanto ai punti di forza mantenuti con il rafforzamento delle leghe comunali, momento di sintesi e di coordinamento per la nostra attività, questo è un patrimonio per la Flai, per la Cgil ed oggi voi con i vostri volti, con le vostre esperienze di vita e di lavoro egregiamente lo rappresentate, lo siete.