3° congresso provinciale FLAI - CGIL MESSINA Relazione di Enzo Cocivera Segretario Provinciale FLAI-CGIL Messina
Care compagne e
cari compagni, amici invitati,
Diversi sono stati i mesi
trascorsi dall’elaborazione e dall’approvazione dei documenti posti in
discussione ed in votazione nelle assemblee congressuali.
Diversi, tumultuosi
e drammatici sono stati i fatti in questo tempo avvenuti. Dalle orrende
azioni di guerra terroristica dell’11 settembre con le quali è stata colpita
l’America, al conseguente intervento anglo-americano contro i Talebani in
Afghanistan, alla decisione del Parlamento Italiano d’inviare truppe a
supporto delle stesse operazioni militari in Afghanistan.
Pure confermando
che la lotta contro il terrorismo costituisce una priorità assoluta, la
CGIL, interpretando sentimenti sempre più diffusi tra i lavoratori, i
pensionati, i cittadini, è fortemente preoccupata circa le devastazioni e le
drammatiche conseguenze che ciò determina sui civili afgani.
La lotta al
terrorismo, proprio perché rappresenta la negazione della libertà, dei
diritti universali delle persone, contro i valori della convivenza civile,
dev’essere condotta senza esitazioni, con azioni repressive mirate in grado
di neutralizzarlo, bloccandone le fonti economiche di sostegno, frutto di
riciclaggio di denaro sporco, di produzione e vendita di droga.
Per questo, non v’è
dubbio, è indispensabile che l’Organizzazione per le Nazioni Unite sia vista
quale Organismo cui compete l’autorevolezza necessaria per un governo del
mondo basato sulla libera convivenza tra i popoli, la stessa
autodeterminazione, a partire da quello Palestinese, la Pace. Nessuna
nazione, nessuno Stato, seppur autorevole, può con il proprio diritto di
veto impedire la libera espressione della volontà dell’ONU; meno che mai
sulla base ed in funzione di ragionamenti tattici e/o strategici. La rapida
applicazione delle risoluzioni ONU in favore del martoriato popolo
Palestinese, anche quale atto coraggioso ed intransigente contro gli
estremismi, anche se opposti e sempre da condannare, è irrinviabile.
Ora è tempo, in
Afghanistan, anche dopo i positivi lavori della Conferenza di Bonn, che vi
sia un governo provvisoriamente espresso dalle varie Etnie della nazione,
che garantisca libertà e pari condizioni ai propri cittadini, che non si
sostituisca, insomma, al sanguinario regime appena cacciato. A ciò si dovrà
accompagnare una opportuna missione di Pace delle Nazioni del mondo a
garanzia della libera convivenza, in favore degli sforzi umanitari sempre
più indispensabili, pena ancora la morte di centinaia di migliaia di
persone, a partire dalle categorie più deboli della società, tra i quali i
bambini, molte volte fin’ora costretti a lavorare nelle miniere Pachistane
per oltre 12 ore al giorno per non morire di fame. Per assurdo, i tragici
fatti avvenuti devono servire a stabilire un nuovo ordine mondiale, dove le
differenze storiche, culturali e religiose rappresentino risorse e non
pericoli da combattere. In questo l’Italia e l’Europa devono operare
affinché si esprima un’iniziativa efficace e sostengano con maggiore
autorevolezza le funzioni dell’ONU.
Del resto, le
stesse problematiche circa le profonde trasformazioni che hanno investito i
sistemi economici ed i modelli organizzativi sociali attraverso una
dimensione sopranazionale, spesso globale, privilegiando un modello di
sviluppo ambientalmente e socialmente insostenibile, rappresentano un
limite se non accompagnate dall’ambizione di avere a riferimento di questo
processo valori positivi, obiettivi concreti che diminuiscano le
disuguaglianze fra territori e tra le persone, che si basino su una nuova
tutela del lavoro, sul miglioramento della condizione umana. Gli stati
nazionali ed i loro governi dovranno affrontare con determinazione questo
stato di cose. I paesi sviluppati hanno la responsabilità di riformare e
democratizzare le Istituzioni sovranazionali, cedendo ad esse quote di
sovranità, di governo, perché possano dotarsi di regole condivise ed
efficaci.
Le Organizzazioni
sindacali mondiali o sovranazionali, nel cui ambito la Cgil svolge un ruolo
importante, hanno presentato ai potenti della Terra, in ultimo in occasione
del G8 di Genova, una piattaforma con obiettivi ampiamente convergenti con
il popolo di Seattle, sulla quale è auspicabile possa consolidarsi un
rapporto di scambio e di collaborazione, tra i quali:
Ÿ
misure coordinate che stimolino la crescita e riportino l’economia
globale sulla strada della piena occupazione;
Ÿ
sostegno a politiche di sviluppo attraverso la cancellazione del
debito, un consistente aumento degli aiuti, iniziative per la salute e
l’istruzione onde ridurne la povertà; riforma delle istituzioni finanziarie
internazionali;
Ÿ
rafforzare il ruolo dell’OIL (Organizzazione Internazionale del
Lavoro) per garantire i diritti fondamentali del lavoro;
Ÿ
assicurare che la crescita sia economicamente socialmente ed
ambientalmente sostenibile;
Ÿ
riformare le regole dei mercati finanziari, rilanciare l’iniziativa
in Italia e nel mondo contro il lavoro minorile.
Il sindacato che in
tutto il mondo si propone la difesa degli interessi dei lavoratori su valori
di solidarietà ed uguaglianza può essere un attore decisivo, promovendo
un’idea di sviluppo che accresce la libertà delle persone, la capacità e la
possibilità di scelta del proprio futuro, che lotta contro tutte le forme di
vecchia e nuova schiavitù, alla messa al bando dello sfruttamento dei
bambini, alla salvaguardia dell’ambiente naturale, alla sicurezza
alimentare, alla tutela della salute.
Il processo di globalizzazione
deve basarsi
su una nuova tutela del lavoro.
L’intesa raggiunta nella
conferenza del WTO segna un importante passo avanti in favore dei Paesi in
Via di Sviluppo e specialmente per quel che riguarda l’accesso ai farmaci
salvavita. La conferenza è stata molto deludente, invece, per non avere
accettato la proposta dell’Unione Europea di istituire un collegamento
permanente tra WTO e l’OIL: ci si è solamente limitati ad una dichiarazione
d’intenti. Nessun vincolo, quindi, tra lavoro minorile e diritti sindacali
da un lato e scambi commerciali dall’altro.
Compagne e
compagni,
martedì le segreterie
confederali di CGIL CISL UIL hanno deciso la proclamazione di due
ore di sciopero per tutte le categorie con assemblee sui posti di lavoro dal
5 al 7 dicembre quale prima risposta al mantenimento della delega da parte
del governo circa la cosiddetta riforma del mercato del lavoro, la
sospensione dell’art. 18 dello statuto ad una platea sempre più vasta di
lavoratori. E’ stato confermato lo sciopero del pubblico impiego per il 14
dicembre finalizzato al reperimento delle risorse per i rinnovi
contrattuali, è stata indetta la conferenza dei delegati sindacali delle
regioni meridionali finalizzata a colmare il buco nero della finanziaria per
il Sud. Un impegnativo periodo di mobilitazione attende il Sindacato
italiano. L’auspicio è che unitariamente si continuino a stabilire le linee
di contrasto agli atti che s’intendono compiere e le cui avvisaglie,
purtroppo, si erano già manifestate prima ancora della vittoria del 13
maggio dell’attuale maggioranza di centrodestra. Dallo storico intervento
dell’ attuale presidente del consiglio al convegno di Parma degli
industriali, su chi dei due fosse l’estensore del programma di Confindustria,
talmente le idee tra D’ Amato e Berlusconi collimavano, alle dichiarazioni
di singoli ministri dell’ attuale governo è stato un crescendo, un’
escalation.
L’ obiettivo dichiarato è
quello di ridurre il ruolo ed il peso della rappresentanza sociale dei
lavoratori, superare il CCNL, individualizzare lo stesso contratto
di lavoro, destinare i lavoratori italiani alla mercé dell’ impresa, o del
padrone come dir si voglia. Ci troviamo di fronte ad un maldestro tentativo
di riscrivere il nuovo diritto del lavoro in Italia, o meglio ancora il non
diritto, tutto centrato sull’ impresa. A ciò si aggiunga la stessa ampiezza
della delega richiesta che si configura quale forzatura dei poteri dello
stesso Parlamento. Per la sua dimensione e per il fatto che interviene su
tutta la legislazione del lavoro, è un problema enorme che va al di là del
merito. Cambia, infatti, una parte rilevante della costituzione materiale e
cambiano le dinamiche interne alle varie forme di rappresentanza e alle loro
funzioni. Il punto di partenza è che non decide più il Parlamento e non c’ è
più una sede nella quale sulle decisioni del Parlamento possa influire la
decisione delle parti sociali. E’ stato così completamente cancellato
l’accordo del ’98 tra le parti sociali e il governo che fissa con precisione
le procedure che regolano le relazioni Sindacati-Governo, ferma restando la
sovranità del Parlamento. Insomma, il problema prioritario, non è solo il
contratto nazionale di lavoro, ma la possibilità o meno di mantenere una
forma di democrazia che consenta ai lavoratori di decidere, negata alla
radice dall’ impianto del libro bianco e dall’ idea di rappresentanza che
esprime, anche attraverso sindacati di comodo, quelli cioè che il governo
può “scegliere” prescindendo dal loro peso e rappresentatività. Anche per
queste ragioni occorre riproporre con forza e determinazione il tema della
democrazia e della rappresentanza, e nei confronti delle controparti che
all’interno delle stesse Organizzazioni Sindacali, dall’elaborazione delle
piattaforme, alle verifica nelle successive fasi di negoziazione, al mandato
alla firma. Una griglia di regole certe, definite e condivise. A pochi
giorni dallo straordinario successo dello sciopero dei metalmeccanici della
Cgil che fa seguito all’accordo separato sul Contratto, la questione della
democrazia è prioritaria.
La legge finanziaria
non
si discosta per impostazione alle altre attualità. A parte lo slogan del
milione al mese per i pensionati, rispetto al quale si deve ancora definirne
con esattezza la platea dei beneficiari, e l’aumento delle detrazioni
d’imposta per i figli a carico in misura uguale per i redditi fino a 70
milioni, non si procede alla riduzione delle aliquote IRPEF come definito
con la finanziaria precedente, si riducono gl’investimenti al Mezzogiorno di
4.500 miliardi, scompaiono tutti gli interventi in favore delle aree
svantaggiate, si prevede una crescita al 2,3% nonostante lo stesso
Governatore della Banca d’ Italia preveda una crescita dell’1,8%, con la
conseguenza che se tale ipotesi di crescita non si dovesse realizzare il
governo dovrà ridimensionare ulteriormente la spesa corrente, ed è facile
prevedere quali potrebbero essere i capitoli interessati da tagli. Legge
finanziaria inefficace ed iniqua, quindi.
Il riequilibrio tra
Nord e Sud non è più una priorità di questo governo, sancito anche con
l’abbandono della programmazione negoziata, di uno sviluppo
locale condiviso e concertato da tutti i protagonisti sociali, capace di
mettere in moto energie, vocazioni e risorse indispensabili alla creazione
di un tessuto produttivo di qualità. In merito alla regionalizzazione degli
strumenti di programmazione negoziata su cui è la regione chiamata ad avere
nuovi compiti e prevedere nuovi strumenti, non ci è dato di conoscere come
il governo Cuffàro voglia intervenire per verificare i limiti e i ritardi
attuali e come superarli relativamente ai patti territoriali e ai patti
verdi già finanziati. Cosa intenda fare per quelli che sono ritenuti validi
ma mancano ancora le risorse, che tipo di disponibilità finanziaria
garantirà, quale opportuno coordinamento esprimerà per governare un processo
di sviluppo locale dei vari territori. La spesa dei 18 mila miliardi
previsti per agenda 2000 può rappresentare opportunità di sviluppo
irripetibili per interi territori della nostra regione, occorre superare i
noti ritardi che da sempre ci hanno contraddistinto nei rapporti con l’U.E.,
sopratutto velocizzando la macchina amministrativa e istituendo lo sportello
unico.
Guardiamo con
particolare interesse ed attenzione ai cinque patti territoriali già
sottoscritti in provincia di Messina; al termine di questa fase congressuale
avanzeremo opportune richieste di confronto con i responsabili per una
verifica a tutto campo, delle progettualità, dei ritardi, delle opportunità
di lavoro dirette ed indirette che si realizzeranno in un quadro di
certezze contrattuali e legislative per gli stessi lavoratori.
L’agricoltura della
provincia di Messina
è caratterizzata dall’esistenza di un
rilevante numero di aziende agricole. Dai dati forniti dall’Istituto
assicuratore si rileva che a fronte di 170 mila ettari di superficie
complessivamente coltivata le aziende attive sono pari a 17.148, di queste
meno di 50, in genere nella qualità di affittuari di numerosi appezzamenti
di terreno all’uopo accorpati ed attualmente sotto osservazione da parte
dello stesso Istituto, assumono alle loro dipendenze circa cinque mila
lavoratori. I lavoratori iscritti, o per meglio dire che dovrebbero essere
iscritti negli elenchi anagrafici, stante i ritardi nella loro elaborazione
e pubblicazione, sono circa 33.000, dei quali circa 4.300 sono avviati alle
dipendenze dell’Ispettorato Forestale. Accanto ad imprenditori lungimiranti,
che innovano, investono e producono per il mercato, assistiamo ad un
agricoltura, in modo particolare nelle zone interne della provincia,
composta da aziende che insistono per il mantenimento dell’esistente,
fattore senz’altro nobile, che compiono le striminzite operazioni colturali
atte al riconoscimento dei contributi comunitari per il mantenimento. La
crisi che ormai da numerosi anni ha colpito il noccioleto, monocoltura per
interi comuni e prevalente nei numerosi comuni dei Nebrodi, ha prodotto
fenomeni di abbandono, incendi sempre crescenti, dissesto del territorio,
personaggi attenti e disponibili a rilevare le aziende con conseguenti
fenomeni d’inquinamento e di malaffare. Proprio a tutela degli interessi dei
lavoratori agricoli ripetutamente chiediamo agli Organi Ispettivi
accertamenti mirati e coordinati, in costanza di rapporto di lavoro, che
servano a verificare fenomeni di assunzioni fittizie, se presenti, ed
assunzioni in spregio alle norme previste dalla legge 608/96, se è vero come
è vero che tutti gli Istituti di Ricerca individuano nel settore agricolo la
più alta percentuale di lavoro nero ed evasioni contributive. La stessa
esperienza dei Contratti di riallineamento dei salari, il cui
numero, 19.900, superiore delle stesse aziende agricole ha fatto balzare la
provincia di Messina agli onori della cronaca nazionale, non solo non è
servita a fare emergere il lavoro nero, ma spesso non ha prodotto neppure
risultati tangibili agli stessi lavoratori. A partire dal 1997 nella zona
agrumetata di Rocca, Mirto, Longi, e Torrenova, una lunga vertenza si aprì
con le aziende, le cooperative e le loro associazioni per rivendicare
l’applicazione dell’accordo di riallinemento, con le percentuali di aumento
previste nell’accordo del 96, non per la paga contrattuale. Eppure quella
vertenza, quegli oltre 10 giorni di sciopero con il coinvolgimento di
centinaia di lavoratori, è passata nell’indifferenza generale, senza che le
Associazioni Professionali esercitassero il proprio ruolo e si è conclusa
con il ricorso agli Organi di Vigilanza ed alla magistratura. Non conosciamo
ancora gli atti prodotti. Il riallineamento è stato vissuto da alcune
controparti e da pseudo organizzazioni sindacali quale strumento per
accrescere il proprio peso organizzativo. Per fare risparmiare più soldi
alle aziende indicando salari sempre più bassi quale riferimento per il
calcolo dei Contributi Agricoli.
Le iniziative
assunte dalla sede INPS di Messina di verifica degli accordi già
sottoscritti, con l’invio di circa 5000 prime diffide alle aziende
firmatarie, e la successiva decisione di istituire una commissione
paritetica, coinvolgendo i soggetti firmatari del Contratto Provinciale
possono individuare un percorso che salvaguardi atti e comportamenti
lineari. Condivido ed ho condiviso ai vari livelli decisionali della Flai di
ritenere comunque ormai definitivamente chiusa l’esperienza dei contratti di
riallineamento.
Pensiamo ad una moderna
agricoltura, dove sicurezza alimentare e qualità dei prodotti a tutela dei
consumatori, rappresentino l’altra faccia della medaglia: salari civili,
quindi contrattuali, riconoscimento della professionalità, stabilità
occupazionale e garanzia di diritti. Un’agricoltura sinergicamente legata
all’industria agro-alimentare, attraverso progetti settoriali di
ammodernamento, e riconversione, è questa la sfida da raccogliere, pena
un’ulteriore e forse definiva marginalità. La volontà delle associazioni
datoriali di seguire questo oppure altri modelli può essere visionata già
durante la fase delle trattative per il rinnovo del contratto nazionale di
lavoro.
Seppure con contraddizioni
e proprio alla fine dell’anno, siamo riusciti ad ottenere le risorse
necessarie affinché i lavoratori dei contingenti e quelli inseriti nelle
graduatorie dell’art. 49 fossero tutti avviati al lavoro nel
settore forestale.
Già con lo sciopero
regionale dei lavoratori forestali del 12 ottobre 2000, che con quello
generale del 2 marzo di quest’anno, unitariamente abbiamo richiesto al
governo regionale la poliennalità della spesa, per una funzione produttiva e
di tutela del bosco. Le segreterie regionali sul finire dello scorso mese
hanno già chiesto la convocazione di un tavolo di confronto con il Governo
regionale sulla funzione produttiva e di tutela dell’ambiente e del bosco,
sull’utilizzazione efficace dei lavoratori forestali, per ampliare la
superficie boschiva, che in Sicilia rappresenta il 9% del territorio
isolano, tra le più basse d’Italia.
La Flai di Messina
proporrà a Fai e Uila un’iniziativa atta a richiedere il riequilibrio della
spesa in ambito regionale ed in funzione della superficie boschiva gestita
dalle singole province. Convinti come siamo che la forestazione rappresenta
un punto di riferimento importante per l’economia di oltre 60 comuni
attualmente interessati, riteniamo si debba puntare su programmi di
forestazione produttiva, su progetti che integrano zootecnia e forestale
attraverso un utilizzo plurimo del bosco e del sottobosco. Non sarà
tralasciata l’iniziativa nei confronti dei comuni, proprietari di migliaia
di ettari di terreni quasi sempre incolti, affinché questo patrimonio possa
essere, se non altro in parte, destinato ad un recupero produttivo
attraverso l’intervento forestale. Determinando così condizioni vantaggiose
per stabilizzare ed aumentare l’occupazione. A questo proposito mi sorprende
la nota della Fai di Messina pubblicata su alcuni quotidiani in merito al
servizio antincendio, sopratutto dopo avere concordato e resa pubblica
un’ipotesi di lavoro unitaria. Spinte in avanti che non giovano a nessuno,
poco chiare e comprensibili che prestano il fianco a proposte demagogiche
inoltrate da soggetti i cui fini, almeno fin’ora, non appaiono chiari.
Gli incendi che annualmente
si verificano rappresentano ormai un fatto strutturale con il quale siamo
chiamati a fare i conti. I danni provocati, nonostante l’abnegazione e la
professionalità degli addetti alle squadre antincendio, sono rilevanti, ma
nello stesso tempo giustificano gli sforzi e gli impegni finanziari
sostenuti per garantire la prevenzione ed il rimboschimento. Occorre
coordinare meglio l’attività, attraverso l’anticipo della fase di
prevenzione da effettuarsi nei mesi precedenti la stagione estiva,
un’attenta opera di controllo del territorio, un migliore utilizzo delle
guardie forestali in opere di repressione e non già di sub agenti tecnici o
chissà cosa, occorre ancora rendere effettiva la mappatura dei boschi
percorsi da incendio con il conseguente controllo circa le attività
eventualmente esercitate. Altro che i lavoratori forestali responsabili
degli incendi. I lavoratori, la Flai, ritengono indispensabile che le
politiche per la protezione, la salvaguardia e la conservazione dei boschi
conseguano sempre più risultati apprezzabili, lo sappiano i nostri amici
ambientalisti, con i quali siamo sempre pronti a momenti di confronto ed
approfondimento, senza schemi precostituiti, con la certezza che possiamo
rivendicare obiettivi condivisi. Non riesco comunque a comprendere come si
possa parlare di stabilizzazione occupazionale, onorevole Castiglione, con i
tagli preventivati nel documento di programmazione economica varato dal
Governo Cuffaro, di cui lo stesso Castiglione è autorevole assessore. In una
situazione d’invarianza di spesa, o peggio di riduzione, è difficile
stabilizzare l’occupazione, tranne che non si pensi ad altro, a tentativi di
esternalizzazione di servizi di forestazione, peggiorando così le condizioni
di migliaia di lavoratori, circa 2700 nella nostra provincia, a tanto
ammontano i lavoratori inseriti nelle graduatorie con garanzia pari a 51
giornate. Se questa dovesse essere l’idea la nostra opposizione sarà netta.
La stessa determinazione
dobbiamo mettere in campo per affermare alcuni elementari principi: il
rispetto delle norme e delle retribuzioni fissate nei contratti di lavoro,
sono diritti inalienabili dei lavoratori, indipendentemente dalle generalità
dal datore di lavoro, sia esso pubblico sia privato. Centinaia di migliaia
di milioni annualmente sono destinati alle aziende agricole quali contributi
comunitari per aiuto alle coltivazioni, per progetti d’imboschimento
privato. Siamo in possesso degli elenchi dei beneficiari dei contributi per
impianti d’imboschimento; con il coinvolgimento dei nostri compagni delle
leghe interessate avvieremo, intanto, iniziative di confronto per
rivendicare opportunità di lavoro e conseguenti salari dignitosi. Tale
metodo, per un sindacato quale la Flai, sempre più proiettato a rafforzarne
la presenza nelle aziende con propri delegati aziendali quali strumento
insostituibile di rappresentanza, opportunamente perfezionato ed adattato
alle singole realtà dovrà trovarci quotidianamente impegnati a contrattare
migliori condizioni e sicurezza sul lavoro, riconoscimento dei diritti,
salari dignitosi.
Nelle piccole aziende
alimentari
in cui siamo presenti, in cui per la prima volta il Sindacato è presente,
penso alla Loma, al Salumificio Mediterraneo, stentiamo ancora ad affermare
che i rapporti tra le parti sono normati dal contratto di lavoro per la
piccola industria alimentare, anche se formalmente è applicato. Solo per
incontrarci e discutere con queste aziende siamo stati costretti a
convocarli all’Ufficio del Lavoro, a pretendere la mediazione della stessa
Api Industria. Pensate, un ambiente in cui il “padrone” sostiene che gli
stipendi vanno pagati quando ci sono i soldi e scaglionati secondo un
criterio di bisogno del dipendente, ovviamente dallo stesso determinato:
oggi a te che mi sei più simpatico, domani a quest’altro se ti comporti bene
e così via. Anni ed anni di frustrazioni, di sofferenze, di dinieghi e di
capricci. So che sta agevolando in ogni modo l’inserimento di qualche altra
Organizzazione Sindacale che, probabilmente, dovrebbe fare da contrappeso
alla Flai, dovrebbe forse frenarne l’iniziativa, limitare quelle
rivendicazioni che in normali aziende non avrebbero motivo d’esistere.
Vedremo, noi da sempre sia in queste sia in tutte le aziende le decisioni li
assumiamo dopo il confronto con i lavoratori, nelle assemblee che siamo
abituati a fare.
Nell’industria, lo
stabilimento della Birra Messina con i suoi 56 addetti
rappresenta la realtà produttiva più importante, ciò, nonostante la
ristrutturazione avviata negli anni che ha lasciato allo stabilimento di
Messina, all’interno del gruppo Heineken, solamente il confezionamento della
Birra e non già la produzione. Al congresso aziendale, presente il compagno
Sgalla della Flai Nazionale, abbiamo lanciato la proposta di una conferenza
di produzione, che metta insieme il Sindacato, le Istituzioni, il gruppo;
rivendicheremo in tale occasione, investimenti corposi per rispondere alle
esigenze che il mercato manifesta, incrementando le potenzialità produttive
unitamente all'alta professionalità delle maestranze. La Ciappazzi
si caratterizza sempre più come una nebulosa, la trattativa tra il gruppo
Sorgenti Spa, Ciarrapico e Banco di Roma, con la Parmalat si
trascina da molti mesi; il confronto in sede aziendale ripetutamente
richiesto è fissato e puntualmente rinviato con la stessa motivazione: la
trattativa è ancora in corso, non ci sono elementi di novità per discutere
con il Sindacato. La confusione regna sovrana, si lavora con obiettivi a
brevissimo tempo, senza prospettive; con Fai e Uila assumeremo la decisione
di proclamare lo stato di agitazione dei lavoratori, rivendicando un tavolo
di confronto a breve, possibilmente in sede nazionale. Per le altre due
industrie di acque minerali, in cui siamo presenti, La Sibam Fontalba,
stenta a consolidare ed ampliare il proprio mercato, da oltre un anno, e
dopo una precedente mobilità concordata, che ha riguardato sei lavoratori,
con alterne vicende discutiamo nuovamente di esuberi, di cassa integrazione;
nei primi giorni di gennaio è già fissato l'incontro con l'azienda per una
verifica delle prospettive, dando serenità e certezze lavorative ai giovani
dipendenti professionalmente preparati; L'Ambra, da qualche
anno attiva, con i propri 11 dipendenti, e da pochi mesi presente sul
mercato, stenta ad imporre il proprio prodotto, acqua e bibite, in un
settore molto concorrenziale con presenze sul mercato di gruppi anche
sovranazionali, molto competitivi e leaders nella pubblicità. Abbiamo, in
un incontro già tenutosi, concordato un periodo di cassa integrazione
ordinaria; a giorni verificheremo le condizioni per la piena ripresa
dell'attività.
Rafforziamo la nostra
presenza in aziende di scarsa dimensione, con poche unità lavorative, ma che
rappresentano il tessuto economico della nostra provincia nell'agro
alimentare. Penso, per fare un esempio, all'esperienza nella Pelagos,
cooperativa di allevamento ittico in San Pier Niceto, commercialmente e
finanziariamente legata alla Ittica Mediterranea di Trapani, e le cui
traversie rischiano di incidere pesantemente sui livelli occupazionali.
Compagne e compagni, da
tempo la nostra attività quotidiana fronteggia fenomeni di crisi e di
espulsione di lavoratori dal processo produttivo, la Sanderson, la Panagrum
e Finagrum, per citarne alcune emblematiche di cessata attività. Il già
debole tessuto produttivo della città di Messina e della nostra provincia ha
subito un ulteriore colpo. Per centinaia di lavoratori si è aperta la
strada, da noi senza uscita, della mobilità. Per qualche decina di
lavoratori della Sanderson, azionista L'ESA, scaduta la
mobilità non si sono determinate situazioni di reimpiego. Forse unico caso
in Sicilia per i dipendenti di un'azienda sotto il controllo diretto di
mamma Regione. Nell'indifferenza generale si è consumato un dramma. Pesanti
sono le responsabilità delle Istituzioni, ai vari livelli.
L'ESA,
nei centri di Barcellona ed Acquedolci, nel corso di questo e dello scorso
anno ha raddoppiato le ore di lavoro destinate alla meccanizzazione
agricola. Numerose sono state le aziende che hanno beneficiato di questo
servizio, con risultati soddisfacenti. Riteniamo debbano determinarsi le
condizioni per una stabilizzazione definitiva degli addetti, attraverso
un'opportuna legge di riforma. Già intanto, in seguito alle nostre costanti
iniziative, da quest'anno siamo riusciti ad ottenere il prolungamento delle
giornate ai lavoratori, rispettivamente a 175 ed a 151.
Compagne e compagni, le
conclusioni di questo congresso, con i contributi che verranno dal
dibattito, dagli interventi del comp. Maio, del comp. Gioia e le conclusioni
di Giorgio Scirpa, il documento politico che la Commissione elaborerà,
impegnerà il nuovo gruppo dirigente che oggi sarà eletto. Dovremo essere
nelle condizioni di lanciare una sfida alle Istituzioni, alle nostre
controparti. La provincia di Messina, in un immaginario collettivo
culturalmente definito, è indicata "babba"; non voglio qui disquisire sul
termine e sulle motivazioni di questo aggettivo. Ritengo comunque che le
istituzioni e le controparti dovranno sempre più da noi essere incalzati sui
temi dello sviluppo, sulle progettualità, sulla valorizzazione del
territorio e delle risorse, sulla qualità e sulla sicurezza dei prodotti
alimentari, sulla peculiarità delle nostre produzioni tipiche, poco
conosciute e non ancora censite Al Ministero per le politiche agricole e
forestali solamente pochi prodotti riferiti alla provincia di Messina
risultano nell'elenco delle produzioni tipiche, nonostante la ricchezza e la
varietà degli stessi. Al convegno sul Parco dei Nebrodi che
abbiamo tenuto a Caronia lo scorso aprile unitamente alla Cgil ed alla
Funzione Pubblica, ed al quale per brevità rimando, concluso dal compagno
Nerozzi, lanciammo la proposta che l'Ente Parco, nei confronti del quale è
urgente riprendere il confronto, veicolasse le istanze per il riconoscimento
della tipicità dei nostri prodotti.
Compagne e compagni, le
scelte attuate al Congresso Nazionale Flai, sulla spinta delle
organizzazioni meridionali, hanno finalmente prodotto la costituzione dell'ALPA,
l'associazione dei lavoratori e produttori, costituita nella nostra
provincia con risultati lusinghieri per quanto attiene il tesseramento.
L'informatizzazione già avviata consentirà di dare risposte puntuali e
precise agli associati, oltre ad un'attenta politica rivendicativa in
direzione dei piccoli produttori, da sempre privi di voce nei confronti
delle istituzioni che erogano sovvenzioni.
Sono già trascorsi 10 anni
da quando i due comprensori esistenti in provincia si unificarono. La Flai
attraverso l'unificazione sancita in quel congresso, rappresentò per
l'intera confederazione esempio concreto d'unificazione dei gruppi
dirigenti. Questi anni hanno arricchito le esperienze dei compagni, hanno
messo a disposizione dei lavoratori un'organizzazione più forte e
capillarmente diffusa, frutto del lavoro quotidiano di centinaia di
rappresentati sindacali, capi lega, semplici lavoratori. Verso un processo
irreversibile d'aziendalizzazione della categoria, accanto ai punti di forza
mantenuti con il rafforzamento delle leghe comunali, momento di sintesi e di
coordinamento per la nostra attività, questo è un patrimonio per la Flai,
per la Cgil ed oggi voi con i vostri volti, con le vostre esperienze di vita
e di lavoro egregiamente lo rappresentate, lo siete.
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