3° congresso regionale FLAI - CGIL Relazione introduttiva di Italo Tripi Segretario Generale FLAI - Sicilia L’anno che sta per
concludersi lascia scenari nuovi e inediti che non erano immaginabili
quando il direttivo della Cgil decise la convocazione di questo congresso. Scenari che suggeriscono
una forte coesione interna della Cgil, e che nella nostra categoria,a
livello regionale,si è sostanziata con un accordo politico tra le
mozioni,nel rispetto delle diversità, per la gestione di questo congresso. Novità date : - dal tragico e vile
attacco terroristico a New York e a Washington - dalle scelte,che il
governo nazionale porta avanti, basate sulla cancellazione della politica
dei redditi,l’accantonamento della concertazione, la progressiva rottura
dell’idea della rappresentanza collettiva, il libro bianco sul mercato del
lavoro e i connessi decreti delegati, che hanno portato alla rottura con il
sindacato unitario, e alla proclamazione dello sciopero che in Sicilia la
nostra categoria effettuerà il 7 dicembre. - dalla strategia messa in
campo da Confindustria tesa a scardinare il sistema delle tutele ed a
dividere i sindacati - dalla profonda
crisi dei partiti della sinistra italiana precipitati, elettoralmente, al
minimo storico;una crisi alla quale guardiamo con preoccupazione, noi che di
questa sinistra siamo una parte importante, seppur nella nostra autonomia.
Nelle settimane passate
abbiamo conosciuto, ancora una volta, la ferocia del terrorismo
internazionale contro gente inerme e il conseguente terribile linguaggio
della guerra. Abbiamo visto
materializzarsi uno schieramento di paesi inedito, rispetto a quello che
hanno conosciuto coloro che come me sono diventati adulti nell’era dei
blocchi contrapposti; abbiamo visto, ad esempio, atterrare aerei americani
nelle basi di ex repubbliche sovietiche a conferma di quante cose siano in
movimento negli scenari internazionali. Non siamo ancora in grado
di dire quale sarà il nuovo equilibrio che si determinerà,ma una cosa è
certa:le vecchie categorie interpretative dei fatti internazionali che si
usavano dopo Yalta sono obsolete, così come sono inadeguate quelle usate
dopo il crollo del muro di Berlino. La crisi internazionale ha
dimostrato,allo stesso tempo, tutta la debolezza di un’Europa unita
nell’euro, ma priva di una politica estera, che non ci sarà fino a quando
non si realizzerà l’unità politica dei popoli d’Europa. In via di principio non
sono contrario all’uso della forza, come nel caso del Kosovo, ma nel caso
del terrorismo internazionale, le operazioni di polizia fatte con le bombe
intelligenti hanno effetti terribili, fanno stragi di civili inermi e
producono solo profughi. Per questo condivido le
posizioni assunte dalla Cgil nel corso della crisi Afgana. L’uso esclusivo delle armi
contro il terrorismo può alimentare solamente una nuova generazione di
terroristi. Se è necessario l’uso della forza,esso deve essere accompagnato
dalla “buona politica” Un grande esponente della
sinistra europea, Willy Brandt, già nel 1977 mise a fuoco il nodo essenziale
dei rapporti Nord-Sud del mondo, affermando allora che: senza una
cooperazione fra le due metà del pianeta,fenomeni come il terrorismo
continueranno a proliferare. Brandt indicando le
strade per giungere a un ordine economico più equo suggeriva l’introduzione
del concetto di “politica interna del mondo”. E’ quello che manca oggi.La
crisi dell’ONU ne è evidente testimonianza. Chi come noi opera nel
campo dell’alimentazione sa bene che lo sviluppo del nostro settore, come di
altri, passa attraverso una politica di pace e di cooperazione. Sappiamo che le dinamiche
internazionali hanno forti ricadute sul nostro settore. E’ noto che le
scelte di politica agricola che ci riguardano si decidono a Bruxelles.E’ là
che si decide, ad esempio, su quella PAC di cui chiediamo una profonda
revisione. Le politiche
dell’alimentazione sono strategiche nelle relazioni tra i paesi,e in
particolare tra Nord e Sud del mondo. Noi che viviamo in una
isola al centro del Mediterraneo, che siamo la punta più avanzata
dell’Europa in questo bacino, sappiamo che il nostro futuro, la nostra
prosperità si basa sulla capacità di dialogo con i paesi rivieraschi,in
primo luogo con quelli musulmani, sapendo essere Europa nel Mediterraneo. E’ noto l’orientamento
della Commissione europea di creare entro il 2010 nel Mediterraneo una zona
di libero scambio che comprenderà una quarantina di Paesi e un mercato di
oltre 600 milioni di abitanti. Significa cogliere
l’occasione rappresentata dalla nuova centralità che il bacino del
Mediterraneo riacquisterà dal punto di vista geopolitico. Siamo molto
preoccupati per l’aggravarsi della crisi mediorientale e riteniamo
insufficiente l’iniziativa per la pace della comunità internazionale. E’ positivo che da
qualche tempo aziende siciliane investano nell’agricoltura nord-africana. La Flai,come abbiamo
affermato nella iniziativa fatta a Siracusa assieme alla Filt siciliana,
rivendica per la Sicilia il ruolo di grande piattaforma europea
specializzata per l’agroalimentare mediterraneo,intendendo con questo non
solo la base logistica(porti,linee di navigazione, aeroporti, trasporto
intermodale, centri di stoccaggio, centri agroalimentare, ecc…) ma anche la
base dei servizi collegati al sistema agroalimentare mediterraneo. Chiediamo allo Stato e
alla Regione uno sforzo sinergico per l’internazionalizzazione del sistema
agroalimentare, non solo per le fasi di commercializzazione, ma anche di
produzione, assicurando alla Sicilia i mezzi , gli strumenti, le risorse
finanziarie per essere competitiva nel mercato globale. Le convergenze tra paesi
di aree diverse del pianeta all’indomani dell’attacco alle torri di New York
, l’ingresso della Cina e di Taiwan nel WTO, devono essere utilizzate per
affrontare i grandi squilibri del pianeta, coinvolgendo pienamente gli altri
stati che non ne fanno parte, tra i quali la Russia, e ponendo con forza la
questione dei diritti umani e civili. Invece permane una logica
tutta appiattita sulle funzioni regolatrici del mercato, sulla necessità di
comprimere i costi, a partire da quelli del lavoro, che porta ad una
dilatazione delle ingiustizie e delle disuguaglianze tra aree forti e deboli
del pianeta, e all’interno degli stessi stati nazionali. Ad esempio nelle
conclusioni del round dell’Organizzazione Mondiale del Commercio si è
passati,in via teorica, dal paradigma”ti aiuto ma proteggo i miei mercati”
al paradigma “ti aiuto a entrare nei miei mercati”, ma praticamente si è
riconfermato un modello di liberalizzazione degli scambi, che guarda
esclusivamente alla competizione attraverso la riduzione dei costi e che
riduce a puri costi di produzione la sostenibilità ambientale dello sviluppo
e i diritti fondamentali del lavoro. Terra, aria, acqua,
risorse del mare, salute sono al centro di un processo che non può tradursi
in sola merce o mercato, ma in risorse e processi che devono essere
governati a livello mondiale. Le risposte del mercato
per la gestione delle grandi risorse naturali sono inadeguate, basti
guardare quante difficoltà incontra il protocollo di Kioto sull’ambiente. C’è spazio, per dialogare,
pur nella diversità, con quei i movimenti “noglobal”che aspirano a vivere
in un mondo giusto, fatto di pace tra i popoli e di cooperazione tra razze
diverse. Purtroppo le scelte che il
governo nazionale va compiendo non aiutano questo processo. Così come non aiuta quella
idea del governo, mutuata da Confindustria, secondo la quale lo sviluppo si
possa basare su un restringimento delle tutele e dei diritti dei lavoratori. Il sistema Italia ha una
sola chance per essere competitivo: quello di investire in qualità. La qualità
nell’accezione più ampia. Il
governo nazionale sta adottando misure di politica economica che non
riducono il gap tra le aree più forti e quelle più deboli del Paese. Per questo
Cgil-Cisl-Uil terranno il 12 gennaio una conferenza meridionale dei
quadri,per rivendicare una inversione di tendenza nella politica economica
nazionale. Non produce qualità lo
squilibrio tra Nord e Sud.. Esso non è considerato una priorità nella
finanziaria 2002 del governo nazionale. Non produce qualità il
calo degli investimenti per ben 4500 miliardi rispetto alle previsioni della
scorsa legge finanziaria. Non produce qualità il
sostanziale abbandono della programmazione negoziata,del cui processo di
regionalizzazione non si fa alcun cenno negli atti del governo nazionale e
per il quale non vengono previste risorse. A questo proposito,sono
motivo di fondata preoccupazione le difficoltà e i ritardi sin qui
registrati sul pieno e qualificato utilizzo dei fondi strutturali europei
2000/2006,più famosi come Agenda 2000. Considerato che tanto il
governo nazionale quanto quello regionale affidano alle risorse europee la
maggior parte degli interventi per superare i gravi limiti infrastrutturali
dell’Isola,è più che legittimo l’allarme che da tempo abbiamo lanciato circa
l’urgenza di un cambiamento profondo della macchina
burocratica-amministrativa della Regione, per accelerare la capacità di
spesa e qualificare selettivamente gli interventi programmatori che, ad
oggi, scontano gravi ritardi anche sul versante della progettazione
esecutiva. E c’è di più: qualora non
dovessero essere raggiunti gli obiettivi di spesa,sia ben chiaro che, a
differenza dei precedenti interventi europei,stavolta sono davvero
stringenti e per niente negoziabili le condizioni di attuazione
particolarmente sul sistema dei controlli,sulla valutazione ambientale e sul
“disimpegno automatico”. Se poi guardiamo al
ritardo impressionante che il governo regionale sta accumulando sul terreno
del risanamento dei conti pubblici ci rendiamo conto della dimensione degli
ostacoli che bisogna superare per creare le condizioni dello sviluppo della
nostra isola. In Sicilia neanche la grande novità della elezione diretta del presidente della regione e della prevedibile stabilità politica ,in questi primi mesi ha funzionato. Ci sono evidenti segni di vecchie prassi assistenziali, di politiche di spreco e di scollamento con le realtà economicamente più dinamiche. Si assiste al solito rituale sulle manovre di bilancio. La
Cgil è pronta a un confronto serio per attuare in Sicilia politiche
economiche in grado di favorire meccanismi di crescita produttiva. In Sicilia non è
più tempo di “crescita senza sviluppo”.
La
scelta strategica della qualità ci impone una selezione dell’uso delle
risorse pubbliche (comunitarie, nazionali, regionali) presupposto, questo,
fondamentale di ogni politica di bilancio e di programmazione economica. Credo si possa affermare
che l’agricoltura siciliana è la metafora dello sviluppo dell’isola, dove
convivono arretratezza e innovazione, produttività e assistenzialismo,
passato e futuro, lavoro tutelato e lavoro sommerso, punti di eccellenza e
di degrado diffuso. La piattaforma
agroalimentare che stava alla base dello sciopero del 2 marzo 2001 ha
rappresentato il tentativo di dare corpo a una idea dello sviluppo
produttivo siciliano dove il nostro comparto era ed è una componente
strategica. Le elezioni politiche,
prima, e regionali dopo, hanno vanificato la possibilità di un confronto
serio con il governo, confronto che noi rivendichiamo anche in questa sede. Chiediamo, al governo
regionale, l’apertura di un tavolo agroalimentare per affrontare le
problematiche della filiera, nella consapevolezza che la produzione fine a
se stessa determina solo assistenzialismo e sprechi. Sarebbe
interessante sapere quanta parte dei 4000 miliardi circa del bilancio
dell’assessorato all’agricoltura va ad investimenti realmente produttivi. Riteniamo utile instaurare
una qualità nuova del confronto con le organizzazioni datoriali
siciliane,che è pressoché inesistente. Con
le associazioni professionali di categoria vogliamo un confronto finalizzato
ad un uso produttivo delle risorse finanziarie,centrato sulla qualità e
sulla prospettiva euromediterranea. Noi vogliamo fare la
nostra parte,ed è per questo che siamo interessati a rivisitare il capitolo
di bilancio che riguarda la forestale,attorno al quale,spesso, si fanno
discorsi su un suo presunto utilizzo assistenziale,tutto da dimostrare. La Flai Cgil si
batte per una politica che esalti sia la funzione produttiva che quella
ambientale del bosco. I tagli previsti dal DPEF regionale sono sbagliati: la
questione vera è qualitativa non quantitativa.Bisogna spendere bene le
risorse finanziarie! Una cosa è certa:
l’agricoltura siciliana ha tutte le potenzialità per essere competitiva sui
mercati nazionali e internazionali,ha una grande varietà di produzioni, e,
quando si è scommessa ,con il vino per esempio, ha avuto risultati
importanti ; lo spontaneismo, però, da solo non è sufficiente. Nel dicembre dello scorso
anno ,alla presenza di Sergio Cofferati e del nostro segretario generale
Franco Chiriaco, abbiamo tenuto un convegno a Catania che per noi ha avuto
il significato di una vera e propria svolta politica. Infatti
abbiamo deciso di qualificare la nostra azione come sindacato
generale del comparto agroalimentare. Per raggiungere questo
obiettivo bisogna allargare il nostro raggio d’azione, concentrato, fino ad
oggi solamente, sulle tematiche collegate alla spesa pubblica,e cogliere le
potenzialità rappresentate dalla complessa,variegata e difficile realtà
dell’economia agroalimentare della nostra regione. E’ per questo che
assieme ai compagni dell’Alpa abbiamo promosso,lo scorso anno, un convegno
sulla crisi idrica e, con l’apposito dipartimento della Confederazione
regionale, abbiamo messo a punto una proposta che
tenta di dare una risposta ai fabbisogni idrici delle città e delle
campagne. L’acqua
è la precondizione di uno sviluppo di qualità. Vogliamo cogliere tutte le
potenzialità esistenti in questo importante segmento produttivo con una
strategia che si ponga l’obiettivo di creare occupazione, tutelare
l’ambiente, difendere gli interessi dei consumatori,innovare e modernizzare
le imprese del settore. Non si tratta di inventare
un modello di sviluppo,di scrivere l’ennesimo libro dei sogni,ma di
guardarsi attorno, analizzare le numerose iniziative che nascono e crescono,
come quelle contenute nei patti territoriali che il viceministro
dell’economia vuole liquidare. L’agricoltura siciliana è
al secondo posto per valore aggiunto ai prezzi di base dopo la Lombardia,
mentre l’industria alimentare siciliana per produzione, commercializzazione
e trasformazione è al sesto posto. Questo scarto evidenzia
quanto ci sia ancora da fare per una vera politica di filiera,ma al tempo
stesso ci dice quanto grandi siano le potenzialità. La Sicilia è
competitiva nei settori:vitivinicolo, olivicolo, floricolo, vivaistico,
ittico, ortofrutticolo, zootecnico, C’è ampio spazio per
una qualità nuova dell’iniziativa sindacale. Per
questo parliamo dell’agroindustria come risorsa per un nuovo sviluppo della
Sicilia. Per il sindacato si tratta
di capire che è necessario uscire dalle piccole certezze
quotidiane,riprendere il gusto di fare sindacato,sapere leggere le ansie, le
aspettative, le aspirazioni che stanno dietro a quelle migliaia di ds
agricole che le nostre strutture compilano ogni anno con pazienza certosina. Con gli amici della
Fai-cisl e della Uila-uil i rapporti sono buoni, abbiamo una piattaforma
rivendicativa unitaria nei confronti del governo regionale e dei datori di
lavoro e una sufficiente capacità d’iniziativa. Mi auguro che la fase
positiva nelle relazioni unitarie che si è aperta a livello nazionale si
possa consolidare e aiuti il sindacato tutto, a risolvere quei contenziosi
che hanno determinato difficoltà al processo unitario, a cominciare dagli
accordi separati che, anche, nella nostra isola sono stati stipulati. Il sindacato di una grande
regione come la Sicilia può dare un contributo positivo alle confederazioni
nazionali. Vanno sicuramente in questa direzione le manifestazioni unitarie
da noi promosse, come quella dei sindacati dei pensionati. Credo che le confederazioni
regionali debbano superare ritardi e incomprensioni, e cogliere questa fase
per mettere a punto una proposta unitaria nei confronti del governo
regionale. Ci sono uomini e donne che
chiedono al nostro sindacato qualcosa in più dell’assistenza. Proprio loro
sono il filo rosso che ci consente di trovare le aziende, le fabbriche, i
posti di lavoro dove costruire un grande sindacato strumento indispensabile
di una politica di sviluppo. Consumatori e forze dell’ambientalismo
sono i naturali interlocutori del mondo del lavoro e nostri alleati nella
definizione di una politica di sviluppo ecocompatibile. Aderiamo con convinzione
al nuovo progetto portato avanti, a livello nazionale, dalla Flai,che vuole
fare della nostra categoria, il sindacato del territorio, attore dello
sviluppo sostenibile che assume la sicurezza alimentare, la difesa del
suolo, lo sviluppo rurale come punti strategici della propria iniziativa. Ferma restando l’azione
che, in Sicilia, portiamo avanti con gli amici di Fai e Uila, riteniamo
opportuno riprendere il confronto con le organizzazioni ambientaliste
poiché siamo convinti che sia utile mettere assieme le forze che
auspicano uno sviluppo sostenibile. La tutela
dell’ambiente,la difesa del territorio, lo sviluppo ecocompatibile, la lotta
alla illegalità e alla mafia sono punti strategici dell’azione del
sindacato, che giudica naturali interlocutori tutti coloro che si battono
per questi obiettivi. Non sarà qualche differenza
di opinione a rendere impossibile questo confronto. Diamo
la stessa disponibilità agli amici delle associazioni dei consumatori:
paesaggio, qualità delle produzioni,food safety, tipicità sono temi che ci
fanno parlare un linguaggio comune. Negli
ultimi due decenni l’Italia ha fatto enormi progressi sull’immagine che
proietta nel resto del mondo.La favorevole immagine del “made in Italy” ha
consolidato una diffusa accettazione di modelli di consumo alimentare legati
alla “dieta mediterranea”. Le produzioni
agro-alimentari siciliane sono materia prima per questo “made in Italy”,e
allo stesso tempo contribuiscono all’immagine positiva della Sicilia nel
mondo, attraverso l’esportazione diretta di prodotti freschi o trasformati. Altri obiettivi si pongono
le produzioni biotecnologiche, verso le quali abbiamo riserve che non sono
di natura ideologica. La bioingegneria come
qualsiasi altra scienza non è né buona né cattiva dipende dall’uso che ne fa
l’uomo. A noi preoccupa l’uso che se ne vuole fare in agricoltura. Come ad esempio l’uso
delle sementi transgeniche che inducono una dipendenza funzionale verso le
imprese titolari di brevetti e che tendono ad appiattire le differenze
qualitative dei prodotti agricoli verso standard predefiniti. E’ in atto una strategia
di innovazione tecnologica in campo agroalimentare che punta a colonizzare,
con lo strumento delle biotecnologie, interi comparti di produzione agricola
dei paesi in via di sviluppo. La diffusione di queste
tecnologie ,invece di favorire lo sviluppo di questi paesi con il pieno
utilizzo delle risorse locali , tramite la fornitura di sementi ogm , ha
creato o sta creando nuove dipendenze e gravi rischi di impatto ambientale
sulla biodiversità, che è una delle ricchezze della terra. Sosteniamo che in un
settore come quello delle biotecnologie, la ricerca debba procedere secondo
il “principio di precauzione”,
poiché attualmente è molto difficile prevedere le innumerevoli variabili
degli effetti delle modificazioni e delle ricadute sull’ambiente e sulla
salute umana. I vincoli della moratoria
,basati sul principio di precauzione, le regole che riguardano
l’informazione ai consumatori e ai cittadini, non sono un elemento di freno
alla ricerca, ma uno stimolo alla sua qualificazione. Abbiamo
appreso che l’applicazione acritica delle conoscenze derivanti dalle
ricerche scientifiche, può produrre disastri irreversibili.
Non
è quindi possibile prescindere dalle valutazioni del rapporto che esiste tra
ricerca di base e il suo trasferimento nei processi produttivi. E’ possibile qui e ora
rafforzare un modello di produzione basato sui prodotti tipici, a cominciare
da quelli biologici, che colleghi la sicurezza alla qualità, in un rapporto
stretto tra ambiente, territorio, tradizione, inteso in termini di
trasferimento di conoscenze, competenze, procedure. La
sicurezza alimentare deve essere una priorità assoluta:riguarda,infatti,in
primo luogo la salute dei consumatori,e deve essere assicurata garantendo la
tracciabilità dei prodotti.
La tracciabilità impone una rivisitazione dei meccanismi produttivi e della
qualità del lavoro.Cosa che abbiamo sostenuto nell’
iniziativa fatta con Cerfeda sulla sicurezza alimentare lo scorso mese di
marzo. E’
importante che l’Italia rivendichi per Parma la sede dell’autorità europea
per la sicurezza alimentare. A questo proposito
per noi è indispensabile continuare quel dialogo
che già intratteniamo con studiosi ed esperti,e fare un salto di qualità nel
rapporto con le istituzioni culturali, a cominciare dalle università
siciliane e dagli istituti di ricerca. Le
questioni alimentari intersecano varie discipline, muovono questioni
complesse, coinvolgono interessi diversi. E’ essenziale
potersi avvalere delle conoscenze e dei saperi per interpretare la realtà e
fare proposte adeguate. Dopo il congresso
insedieremo la consulta scientifica della Flai,
che diverrà il nostro centro di confronto con gli studiosi e gli esperti in
materia agroalimentare. Inoltre, come Flai,
promuoveremo “forum”tra soggetti diversi, ma che sono accomunati da
interessi convergenti in materia di ambiente,difesa del territorio,
sicurezza alimentare, perché siamo in una fase che richiede la ricerca di
convergenze se si vogliono raggiungere risultati. Il “forum” sarà il
luogo di confronto permanente, di libera discussione, di approfondimento, di
proposta, di messa in rete delle conoscenze, di dialogo con la società
civile. La
nostra non è una fuga in avanti,siamo in grado di praticare questo modo di
“fare ed essere sindacato” perché siamo forti di Un’idea non assistenziale
del nostro comparto significa pretendere dagli imprenditori una assunzione
di responsabilità rispetto alla loro funzione di datori di lavoro. Alle
organizzazioni degli agricoltori, degli industriali, dei commercianti, degli
armatori chiediamo la verifica dello stato di applicazione dei contratti, di
quelli nazionali, di quelli provinciali, di settore, e, dove applicata,
della normativa sui contratti di emersione. Il
nostro è un settore dove si pratica a piene mani il lavoro nero, il
sottosalario, il lavoro grigio, l’evasione contributiva, lo sfruttamento
bestiale degli extracomunitari.
Nelle relazioni
sindacali la questione più macroscopica è data dagli
accordi di riallineamento che hanno assunto un
ruolo sovradimensionato. Questi accordi, con
la sola eccezione di quelle realtà dove si è contrattato restando coerenti
allo spirito della norma, sono divenuti, in generale, strumento di
aggiramento del contratto attraverso una sua applicazione estremamente
formale.
Secondo i dati Inps, al 26
febbraio 2001 le aziende presentatrici di contratti di riallineamento erano
24.650, su un totaledi33.520 aziende, pari al 73%. Com’è noto al
riallineamento, cioè alla definizione di un salario inferiore a quello
contrattuale, che a parametro 100 è 1.080.000 lire, sono legate sostanziali
fiscalizzazioni contributive. I controlli hanno accertato migliaia di
irregolarità e un uso sproporzionato della norma. Pertanto
siamo dell’opinione che bisogna andare al superamento di questo strumento e
limitarsi al governo delle code derivanti dal decreto Treu. Stando
nel tema delle relazioni sindacali, la Flai sostiene la lotta dei
lavoratori dell’Associazione regionale allevatori
impegnati nel rinnovo
dell’integrativo che si scontrano con un atteggiamento di ottuso
paternalismo della controparte, che genera una situazione di stallo nella
loro vertenza contrattuale.
Ai datori di lavoro poniamo
l’esigenza della corretta applicazione del decreto 626/94 sulla sicurezza
nel lavoro. Questo prima ancora che
un impegno politico è un impegno morale dal momento che il nostro è il
settore produttivo a più alta incidenza di infortuni. La Flai siciliana si
batterà per la costituzione e per l’efficace funzionamento dei comitati
paritetici provinciali per il pieno e concreto rispetto di quanto normato,
in materia di formazione e informazione,dal decreto legislativo 626/94. Con
questo congresso assumiamo l’impegno di superare i ritardi che abbiamo
nell’azione per l’applicazione della normativa per la sicurezza nel
lavoro(626/94). Fin qui abbiamo tentato di
sviluppare una riflessione che cogliesse l’insieme delle tematiche del
nostro comparto agro-alimentare-ambientale,che fissasse alcuni punti
strategici. Ma il congresso
regionale è anche la sede dove fare il punto su alcuni settori del nostro
comparto che hanno una valenza generale nella nostra ipotesi di sviluppo. Mi
riferisco alle attività ittiche, ai consorzi di bonifica, all’Esa, alla
forestazione. La flotta
siciliana, da sola, rappresenta con 4.616 battelli
circa il 24% di quelli operanti a livello nazionale e il 32% del
tonnellaggio impiegato nell’attività di pesca.Questi dati evidenziano il
ruolo di primo piano assunto dalla struttura produttiva siciliana. Gli
addetti in Sicilia sono13.297 e la plv è pari a circa 1.000 miliardi. E’un settore dove il
lavoro dipendente ha una bassa soglia di tutele, oberato da problemi che ne
precarizzano l’attività, di difficile sindacalizzazione. L’iniziativa del
sindacato deve puntare sulla innovazione e sulla
Bisogna fare una
selezione tra le rivendicazioni delle associazioni degli armatori per
privilegiare le scelte produttive su quelle puramente assistenziali, con
particolare attenzione all’obiettivo di migliorare le condizioni di vita e
di lavoro della gente imbarcata. Alla regione chiediamo
l’istituzione dei distretti marini e la creazione di un osservatorio sulla
pesca nel Mediterraneo. Miriamo anche al
trasferimento delle competenze della direzione pesca dall’assessorato alla
cooperazione all’assessorato alla agricoltura,coerentemente con quanto fatto
a livello nazionale. Il
tema dei consorzi di bonifica troppo spesso viene
agitato con toni scandalistici, come quelli di chi sostiene che la loro
crisi finanziaria sia dovuta al costo del lavoro, e magari sono gli stessi
che giustificano il fatto che gli utenti agricoli l’acqua o la pagano poco o
non la pagano affatto. La politica, invece,
continua ad avere un interesse esclusivamente clientelare sui consorzi, vedi
il loro eterno commissariamento. Ci siamo battuti
affinché la regione dotasse l’agricoltura siciliana di uno strumento in
grado di assicurarle servizi, acqua, difesa del suolo e dell’ambiente. Nel 1995 abbiamo
ottenuto una buona riforma degli istituti consortili, la l.reg.45. A distanza di sei anni
il bilancio non è gratificante. La legge non è a pieno
regime,la parte programmatica è scarsamente applicata,cosi come non è stata
recepita la l.naz.n.183(difesa del suolo) e ritardi e difficoltà applicative
frenano la l.n.10 del 1999 che recepisce la legge 36. C’è da dire che sono
tutte leggi importantissime per una regione che è afflitta da una grave
crisi idrica. Anche sotto il profilo
contrattuale le cose non vanno bene, vengono negati diritti ai lavoratori,
aprendo contenziosi, si nega la contrattazione di secondo livello, si
operano manovre clientelari. Le proposte unitarie
del sindacato sono note, si tratta di attuarle. Proponiamo agli amici
di Fai e Uila di promuovere una conferenza di produzione, che, partendo
dalla centralità dell’acqua per l’agricoltura, rilanci i consorzi, e ponga
con forza l’esigenza della fine del regime commissariale. I consorzi di bonifica
devono diventare delle vere e proprie aziende efficienti e la loro gestione
deve essere affidata a criteri di economicità, devono perseguire la
produttività attraverso la riscossione delle bollette dagli utenti, e devono
tendere, in tempi certi, all’autofinanziamento. Nel quadro del
riassetto istituzionale degli enti che sono preposti alla fornitura di
servizi al sistema agroalimentare non può sfuggire l’urgenza da tempo
avvertita di mettere mano alla riforma dell’Esa. Immaginare che questo
ente possa avere un futuro rimanendo allo stato attuale ci riesce difficile,
mentre pensiamo che possa avere un ruolo fondamentale nel quadro della legge
183 e più specificatamente nei compiti che essa demanda all’Autorità di
bacino. In un quadro
riformatore possono trovare ruolo e spazio, professionalità presenti tra i
lavoratori ed i suoi dirigenti, oggi mortificati da una condizione di
oggettiva difficoltà in cui versa l’ente. Avvertiamo il limite
della nostra azione tesa a tutelare soltanto i lavoratori della
meccanizzazione. E’ la situazione data che ci costringe in questo ruolo. Il punto che poniamo
con forza è la necessità di rendere sempre più produttivo il lavoro che
questi lavoratori svolgono nei vari centri dell’isola. L’ultimo accordo
stipulato con l’Esa va in questa direzione. Alla Cgil regionale e alla Fp
regionale chiediamo di ragionare con noi sul ruolo che questo ente deve
avere e di individuare le coordinate di una possibile riforma dell’Esa. Ho già avuto modo
di dire che siamo pronti al confronto sul capitolo di bilancio che riguarda
la forestale, abbiamo
chiesto, unitariamente, ai nostri interlocutori un incontro, ma fino a
questo momento non siamo stati convocati. E’ invece inquietante
apprendere dai giornali che il governo regionale avrebbe deciso tagli per
140 miliardi dall’apposito capitolo di bilancio e si appresterebbe a
insediare un tavolo per la forestale che non prevede la presenza del
sindacato. Contestiamo il metodo e
il merito. Se qualcuno pensa che il sindacato possa essere messo di fronte
al fatto compiuto si sbaglia di grosso. Fare tagli di bilancio
indiscriminati senza rivisitare i meccanismi di spesa, il come si spende, il
dove si spende, il chi spende non produce nessun effetto positivo per il
bosco e per il territorio, ma precarizza ulteriormente la situazione delle
foreste siciliane ed ha ricadute pesanti sullo stesso bilancio, basti
pensare ai costi dei danni prodotti da frane e smottamenti. Bisogna avere un altro
approccio. Le questioni che porremo al tavolo negoziale,se il governo avrà
l’amabilità,di convocarci saranno: Primo: raddoppiare la
superficie boscata; in Sicilia questa è circa il 10% del territorio,
rispetto al 30% della superficie boscata nazionale. Secondo: dispiegare
tutti gli effetti della legge reg.16, favorendo le attività complementari
che hanno un ritorno economico. Terzo:rivedere tempi e
modalità di finanziamento delle perizie e rendere, queste, coerenti con le
necessità del bosco. Quarto: separare
realmente le funzioni di indirizzo politico da quelle di gestione delle
foreste. Quinto:fare il
monitoraggio dei carichi di lavoro. Annunziare tagli
generici per 140 miliardi significa rinunciare ad avere una politica del
bosco e, allo stesso tempo, decidere di smantellare l’articolo 49 della l.r.16. In presenza di
dichiarazioni governative che annunziano la soluzione del precariato, lo
smantellamento dell’art.49 significa giocare sulla pelle della parte più
indifesa dei lavoratori a tempo determinato. Noi sappiamo bene che i
problemi della disoccupazione siciliana non possono essere risolti dal
bosco. E’ per questo che
rivendichiamo: -
una politica della montagna, il territorio
montano è più del 25% del territorio della Sicilia, nella quale la
forestazione sia, tra gli altri, solo uno degli strumenti di intervento. - l’attuazione
dei patti territoriali verdi, bloccati chissà per quale scellerato disegno
politico. - una riforma
degli ammortizzatori sociali. In poche parole è per
questo che rivendichiamo una politica agro-silvo-pastorale che esalti le
funzioni ambientale, conservative e produttive del bosco. Delegate e delegati,
il nostro attivo regionale dei delegati e delle
delegate del comparto agro-alimentare-ambientale tenutosi a giugno è stato
una tappa significativa della nostra azione di rinnovamento politico.
Vedere assieme circa 250 delegati e delegate
dipendenti da aziende agricole, forestali, alimentari, dei servizi pubblici
e privati è stata una esperienza estremamente positiva per la nostra
categoria; questo attivo ci ha fatto prendere coscienza e consapevolezza che
la fase di aziendalizzazione della Flai siciliana era già iniziata e che
dovevamo convincerci della esistenza di una FLAI diffusa sia nel territorio
che nelle aziende.
Potrebbe farsi un lungo elenco delle aziende
alimentari, silvo-pastorali, di servizio commerciali, di trasformazione
dove siamo presenti, mi scuso con i compagni se non lo faccio, correrei il
rischio di dimenticarne qualcuna.
-Le questioni discusse allora sono, ancora
oggi, i temi della nostra attualità sindacale:
1.
rinnovo dei contratti nazionali;
2.
rinnovo degli integrativi aziendali;
3.
applicazione del decreto legislativi 626/94;
4.
ingresso del sindacato nelle aziende;
5.
lotta al lavoro nero e al sottosalario;
6.
sviluppo della occupazione.
7.
lotta alla illegalità e alla mafia
Come ribadito in altre occasioni in
Sicilia esiste una vera e propria questione salariale,che s’intreccia con la
necessità di tutele sociali e con il riconoscimento di diritti elementari. La
deroga all’art.18 dello statuto dei lavoratori, i decreti delegati,la
destrutturazione del mercato del lavoro e della previdenza in
agricoltura,introducono ulteriori elementi di instabilità in una realtà
caratterizzata da un mercato del lavoro fortemente precarizzato come il
nostro. Per questo bisogna
partecipare compatti allo sciopero di giorno 7 dicembre. Avere aziende
competitive, dove si pratica la qualità, significa poter creare nuove
occasioni di lavoro. Difendere i due livelli
contrattuali è decisivo. La
precarietà produce solo precarietà! Nel 2000 si è superato
il tetto dei 5.000 operai agricoli a tempo indeterminato presenti nella
nostra regione, con un incremento di ben 1.300 unità rispetto al 1999. Voglio ricordare,tra gli
altri, l’importante ed esemplare accordo firmato dalla FLAI a Siracusa che
prevede il passaggio di circa 100 operai agricoli da tempo determinato a
tempo indeterminato. Dati altrettanto
positivi non si possono registrare per i quadri, gli impiegati e i tecnici,
che soffrono una crisi occupazionale e di riconoscimento di ruolo molto
forte. Avere buste paga più
adeguate è una delle condizioni indispensabili per incentivare la
professionalità dei lavoratori e delle lavoratrici e per la loro continuità
lavorativa nelle aziende. Oltre ad una questione
salariale e di stabilità occupazionale, in tutte le aziende si pongono i
problemi della formazione professionale, degli orari, della previdenza
completare, della agibilità sindacale, dei profili professionali e delle
mansioni, della presenza produttiva dei gruppi nazionali ed europei in
Sicilia. Dobbiamo continuare ad
avere una più forte proposta per determinare una politica sindacale
nazionale sempre più valorizzante delle opportunità ambientali presenti in
Sicilia. Contrattare una
allocazione meridionale e siciliana degli assetti produttivi nazionali ed
europei è una battaglia che il sindacato si deve intestare assieme con
quanti (vedi aziende e gruppi nazionali), hanno già hanno operato tali
scelte. E’ opportuno ricordare
che gli investimenti attuali, per circa 2.500 miliardi nel nostro settore
sono determinati dal basso costo delle strutture aziendali e dal basso costo
dei salari che rendono la nostra regione appetibile rispetto ad altri paesi
del mediterraneo. Delegate e delegati, sappiamo il rilievo che
le questioni previdenziali e quelle dello stato sociale hanno per la nostra
categoria e come sia importante introdurre delle riforme. Ma quelle che vuole fare
il governo nazionale,imponendo i suoi decreti delegati,produrranno più
precarietà nella nostra categoria. Qui mi voglio
soffermare sull’Inail e sull’ Inps.
La prima si caratterizza
sempre più come inefficiente ente erogatore di prestazioni economiche
dipendenti da infortuni piuttosto che come ente in grado di promuovere
politiche attive per la prevenzione e l’applicazione formale e sostanziale
del decreto legislativo 626/94. L’inps, invece, continua
ad essere ostaggio di mentalità autoreferenziali e burocratiche,nonostante
il notevole apporto dato, per l’ammodernamento del comparto, dalla legge
nazionale 608 e dalle successive evoluzioni. Esprimiamo un giudizio
critico su una gestione che: - determina
continui ritardi nella compilazione degli elenchi anagrafici e sulle
prestazioni ad essi collegate; - configura una mancanza
di controlli nell’applicazione degli accordi di riallineamento, se non una
vera e propria complicità con quegli accordi che si sono rilevati falsi; - malgrado le tecnologie e
il numero degli ispettori non riesce a perseguire le evasioni contributive. Chiediamo conto all’Inps
degli elenchi consegnati dalla Flai, da diversi mesi, riguardanti 700
aziende che hanno ricevuto contributi comunitari per la forestazione privata
e che avrebbero dovuto collocare circa 500 mila giornate. Care compagne e cari
compagni, la nostra è quindi l’idea
di un sindacato che gioca a tutto campo,che vuole esaltare la propria
funzione di sindacato generale e confederale,che non accetta come unica
attività quella del contratto o della funzione di servizio,cose
importantissime ma non esclusive. L’idea di un sindacato che
è al tempo stesso sindacato di categoria e sindacato del territorio. L’idea di un sindacato che
si batte contro l’illegalità, contro la mafia e l’ingiustizia. L’idea di un sindacato che
dialoga e ricerca convergenze con altri protagonisti, che non si chiude a
riccio nelle proprie contraddizioni, che sa coniugare gli interessi che è
chiamato a difendere con quelli più generali dei siciliani. L’idea del sindacato
unitario.
L’idea del sindacato che
tutela lavoratori e consumatori lungo tutto il percorso dai campi alla
tavola. L’idea di un sindacato
coerente che non china la testa come non la chinarono propri dirigenti come
Placido Rizzotto, Salvatore Carnevale e Pio La torre. Questo è un momento
difficile per il movimento dei lavoratori.
“Ha da passà a nottata”dice
Eduardo De Filippo. La Cgil è qui,
sveglia e attenta, con i lavoratori impegnata nella loro tutela.
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