home > attività sindacale

 

INTERVENTO DI SALVATORE LO BALBO,

SEGRETARIO GENERALE DELLA FLAI CGIL DELLA SICILIA,

AL CONVEGNO DI COMMEMORAZIONE

DI PIO LA TORRE,

SEGRETARIO DELLA FEDERTERRA DI PALERMO.

Palermo, 9 maggio 2006

Facoltà di Agraria

 

Ringraziamenti agli intervenuti

 

La Flai della Sicilia e il Centro Pio La Torre vogliono ricordare e riflettere su uno spaccato della storia della CGIL e della Federterra regionale che va dalla fine della seconda guerra mondiale all’inizio di una fase che in Italia ha rappresentato la ripresa del sindacalismo italiano.

 

In quel contesto le aspettative di milioni di braccianti, mezzadri, affittuari e contadini poveri erano enormi. Ciascuno di loro lottava per un lavoro dipendente con maggiori diritti e maggiore salario o un lavoro autonomo libero dal padrone o dal mafioso, dove il sudore si potesse trasformare, quasi magicamente, in terra da coltivare, in prodotto da raccogliere, in reddito sufficiente per dare dignità a se stessi e alla propria famiglia.

 

Ma così non è andata per tutti.

 

Anzi, per molti migliaia di braccianti e di contadini poveri l’unica strada da percorrere è stata quella dell’emigrazione in tutto il mondo, portando con se valigie di cartone piene di sogni non realizzati in Sicilia e in buona parte del Sud e tanta di quella rabbia che è diventata voglia di riscatto.

 

L’Italia lentamente stava uscendo da uno dei periodi più bui della sua storia. Milioni di italiani delle città e delle campagne ritornavano ad una vita normale. Ma la normalità aveva un significato notevolmente diverso da quello a cui siamo abituati.

Lo stesso Pio in una sua nota descrive la normalità di allora:

La condizione dei braccianti e dei contadini poveri che costituivano la maggioranza della popolazione agricola siciliana erano allora veramente terribili. … .Io ho vissuto nelle case dei contadini poveri del corleonese e delle Madonie,…, ho dormito con loro settimane intere,…, e mancavano di tutto, del pane, delle strutture igieniche fondamentali. Nella casa di un bracciante di Corleone… in cui ho dormito molti giorni prima dell’autunno del ’49  e poi nella primavera del ‘ 50, avevano un secchio di acqua che non sapevo bene se era un secchio o una pentola, c’era la capra che girava liberamente per  la casa, come un animale sacro, in quanto solo grazie al suo latte si alimentavano i bambini che altrimenti sarebbero morti di tubercolosi e di fame. I braccianti e i contadini poveri di allora non avevano alcun salario previdenziale. … . per dare una minestra ai bambini dovevano andare a raccogliere un po’ di verdura nei campi e le mogli andavano a fare le spigolatrici, … . il bracciante e il contadino senza terra erano vittime di due parassitismi. In questa realtà l’occupazione delle terre costituiva un fatto tradizionale, biologico quasi, perché la terra è li e la fame sta di qua, dalla parte dei braccianti e dei contadini poveri.

 

In quel periodo i canoni d’affitto della terra ai contadini poveri assorbivano oltre il 50% del prodotto, i salari per i braccianti impegnati nella coltivazione dei giardini erano di 400 lire al giorno, per un orario che andava dall’alba al tramonto, e per i braccianti salariati fissi miserabili erano i salari e le condizioni di lavoro e di vita.

 

La Sicilia, come del resto le grandi regioni d’Italia come l’Emilia e Romagna, la Lombardia e la Puglia, ricominciava il suo lento cammino verso una vita senza guerra e senza nazifascismo. Ritornavano i soldati, ritornavano i partigiani. Una vita normale voleva dire anche l’inizio delle lotte sindacali. Rapidamente si ricostituivano le camere del lavoro e le leghe sindacali.

 

Dopo alcuni mesi di lavoro sindacale di ricostituzione fatto nelle città e nelle campagne, il 1° ottobre 1944 si svolgeva a Caltanissetta il primo congresso regionale della Confederazione Generale Italiana del Lavoro.

 

Tra gli altri argomenti riguardanti le drammatiche condizioni di vita e di lavoro del proletariato siciliano, venivano riconosciuti l’importanza e il profondo significato del Patto di Roma, firmato il 4 giugno 1944, che sanciva la rifondazione, su base unitaria, del sindacalismo democratico. Il convegno decideva entusiasticamente l’adesione ai concetti che avevano ispirato il “Patto” stesso e deliberava di chiedere il pronto intervento del governo affinché, come si legge dai documenti, “sia esteso il supplemento della razione ai braccianti agricoli,…, siano dati in gestione alle organizzazioni sindacali gli Uffici di collocamento, le Casse mutue malattie, l’assistenza sociale e assicurazione per integrare nello loro funzioni istituti di interesse collettivo dei lavoratori.”

Con un altro ordine del giorno il Convegno poneva al centro dell’impegno del sindacato la questione della terra e dei contadini, del latifondo e delle affittanze collettive, riprendendo immediatamente i grandi temi del movimento sindacale e democratico dell’isola.

 

Dal 28 gennaio al 1° febbraio 1945, trentasei dirigenti sindacali siciliani, capeggiati da Umberto Fiore, in rappresentanza di circa 79.000 iscritti alle Camere del Lavoro dell’isola partecipavano a Napoli al 1° Congresso delle organizzazioni CGIL dell’Italia liberata.

 

Già in quest’occasione la delegazione siciliana trattava il tema dello “sviluppo agricolo-industriale, oltre, ovviamente, ai temi delle altre categorie di lavoratori sia del pubblico sia del privato.

 

I decreti dell’allora ministro comunista Fausto Gullo, per la fissazione del prezzo del grano e per un premio di produzione (1944) e per la ripartizione dei prodotti e l’assegnazione delle terre incolte (1945), seguiti nel 1946 da un decreto del democristiano Segni alimentavano le lotte nelle campagne siciliane che impongonevano sia la rottura del latifondo con le sue implicazioni mafiose sia la conquista della terra come affermazione di quello che Togliatti aveva chiamato “sete di libertà e fame di terra” del popolo siciliano.

 

Nell’inverno 1946-1947 si registravano forti lotte a Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Palermo. Nel maggio del 1947, quando già numerosi erano i dirigenti della Federterra e della Cgil uccisi, il bandito Giuliano irrompe nella scena politico-sindacale con la strage di Portella delle Ginestre. Il 12 gennaio 1948 veniva organizzata a Palermo la “COSTITUENTE DELLA TERRA”, con l’afflusso in città di decine di migliaia di contadini poveri, braccianti e lavoratori di altre categorie. Si diffondevano gli scioperi dei braccianti per l’attuazione dell’imponibile di manodopera, come quello dell’alba del 19 ottobre 1948 di Lentini dove venne attuato uno “sciopero alla rovescia”. Nel 1949 si svolgevano le grandi lotte salariali in tutta la Sicilia dei braccianti agricoli e dei mugnai e pastai a Palermo, Catania, Messina e Siracusa.

 

Contemporaneamente la Federterra, le leghe agrumarie e il sindacato dell’alimentazione, in proporzione diversa, cominciavano ad affrontare i temi del lavoro dipendente in maniera stridente. Il comparto dell’alimentazione (campagna, magazzino, fabbrica) era molto diffuso, e varrebbe la pena iniziare ad analizzare – a distanza di tantissimi anni – non solo gli aspetti politici delle vicende di allora ma anche quelli storiografici e più prettamente sindacali.

 

Dai documenti in possesso presso l’archivio storico della Flai nazionale, documenti ancora in larga parte da studiare, si evidenzia una Sicilia a due facce. Nelle fasce costiere era presente una filiera agroalimentare fortemente dedita alle colture intensive, ai commerci e alle trasformazioni alimentari, mentre nelle zone interne persiste una agricoltura latifondista e assenteista, dedita a coltivazioni estensive, eccezion fatta per la coltivazione dei vigneti.

 

Questi due differenti tipi di economia agro-alimentare faranno scaturire due tipologie di lavoratori:

·        da una parte il proletario agro-alimentare, rappresentato dal bracciante, colui che ha le braccia come strumento di lavoro e tramite esse riesce a manipolare le piante per avere una adeguata resa produttiva, dall’agrumaio, presente nei principale centri medi dell’isola che manipola i prodotti allo stato fresco, principalmente agrumi e ortaggi e lavorandoli nella “rifazione” invade, in enormi casse di legno costruite dai segantini, i mercati nazionali ed europei, e dall’operaio dell’industria alimentare, che provvede a trasformare i prodotti agricoli, producendo sia semilavorati, anche per l’industria non alimentare (per esempio i coloranti naturali o mangimi per la zootecnia), sia i prodotti alimentari finiti come le conserve in scatolette (erano da poco arrivati queste nuove tecniche di confezionamento), il pane, la pasta, il vino etc… ;

·        dall’altra parte, le centinaia di migliaia di contadini poveri delle cosiddette zone interne. La contraddizione che vivevano era rappresentata dal fatto che pur essendo proprietari di un “pezzo” di terra, essa era largamente insufficiente a sfamare le tante bocche che allora componevano i nuclei familiari e che toccavano con le mani e con gli occhi la imponente ingiustizia tra chi possedeva tantissimo e chi nulla.

 

Il 28 febbraio 1948, a Ferrara, nasceva la Federbraccianti, e successivamente la Federmezzadri.

 

Giuseppe Di Vittorio, bracciante di Cerignola, primo Segretario Generale della CGIL del dopoguerra, riuscì ad interpretare bene questa realtà. Le parole d’ordine erano: pane e lavoro, salari più dignitosi, collocamento gestito dal sindacato, imponibile di manodopera, la terra a chi lavora, cassa malattia, assegni familiari, indennità di disoccupazione. I proletari dell’alimentazione (braccianti, agrumai, alimentaristi) e i contadini poveri erano uniti dalla loro condizione di sfruttati ed erano vittime delle angherie che latifondisti, agrari, commercianti, industriali, caporali, camperi e mafiosi operavano nei loro confronti per sfruttarli giornalmente, sotto il sole cocente o il freddo implacabile e in condizioni di lavoro e di vita da animali, fino alla morte.

 

Lo scontro con il padronato agrario si fece drammatico in tutta l’Italia e l’intervento repressivo delle forze di polizia scelbiane e della mafia fu pesante e sanguinoso. Il numero dei braccianti e dei contadini poveri del Sud arrestati arrivò a 20 mila e di quelli uccisi a 84.

 

In questo contesto, tratteggiato per grandi linee, nel marzo del 1950, mentre si trovava in carcere, Pio La Torre veniva eletto segretario della Federterra di Palermo.

In Sicilia esisteva ancora la Federterra e non si era costituita la Federbraccianti (la prima Federbraccianti si costituirà a Catania nel 1950). Questo ritardo, a mio avviso, era dovuto al fatto che i partiti comunisti, socialisti e democristiani – tutti presenti con propri rappresentanti dentro la CGIL - alimentavano in via prioritaria la lotta per dare la terra ai contadini poveri e ai braccianti e non per la tutela del proletariato agricolo e alimentare. Non sempre però la terra assegnata era la migliore e la più produttiva.

Nell’immaginario collettivo e nelle scelte delle classi dirigenti sindacali e politiche questo era un obiettivo primario da perseguire, che si coniugava inoltre con la ancestrale voglia di proprietà, della “roba” come ci ricorda Verga.

 

A questa legittima scelta politica di grande valore si accompagnava la difficoltà giornaliera dei proletari della terra di lottare sia contro i padroni per un salario contrattato, per l’orario di otto ore, per il riconoscimento delle professionalità, per l’applicazione dell’imponibile di manodopera, per un contratto nazionale e provinciale di lavoro sia contro con il governo per avere riconosciuti i diritti previdenziali, assistenziali e sociali totalmente assenti.

 

Entrambi i movimenti erano la faccia della stessa medaglia. Entrambi erano caratterizzati da una forte e marcata politicizzazione. I sindacalisti della CGIL uccisi dalla mafia non lottavano contro gli agrari e i mafiosi per l’uno o per l’altro motivo. Sia quelli delle zone interne, sia quelli delle fasce costiere erano a capo di movimenti di liberazione dalla schiavitù, dove braccianti e contadini poveri rappresentavano la punta più avanzata e più numerosa del movimento sindacale siciliano.

 

Vale la pena ricordare la presenza nella categoria di frange di anarco-sindacalismo nonché di estremismi politici e sindacali legati al radicalismo di sinistra con venature di luddismo. Non erano inoltre assenti influenze politiche filo-sovietiche che alimentavano una sorta di ricerca di giudizio universale socialista che doveva arrivare da un momento all’altro.

 

Ma anche la stessa vicenda di Pio La Torre, che  in carcere trascorre diciotto mesi, quasi dimenticato da tutti, la dice lunga sulle condizioni politiche interne ai partiti della sinistra.

 

E’ lo stesso Paolo Bufalini, eletto segretario della Federazione del PCI di Palermo, a raccontare come viene a conoscenza di questo giovane dirigente comunista e segretario della Federterra che si trova in carcere. In via Libertà, a Palermo, venne avvicinato dal dott. Francesco Zacco, padre di Giuseppina, la moglie di Pio, che in maniera dura attaccò la direzione del partito che aveva lasciato in carcere Pio e molti altri compagni.

 

Da queste vicende scaturisce la necessità di ricercare in maniera più profonda le ragioni storiche di un movimento politico, sindacale, sociale ed economico che ha visto centinaia di migliaia di “analfabeti” lottare contro la mafia e le illegalità, per l’affermazione dei diritti della persona e dei lavoratori e per una società più giusta.

 

Da allora centinaia di dirigenti sindacali, dalle leghe alle federazioni provinciali e regionali, hanno dato il loro contributo politico per il miglioramento delle condizioni di lavoro e di vita di centinaia di migliaia di lavoratori e di lavoratrici che nel tempo hanno assunto un ruolo di soggetto politico progressista adeguato allo sviluppo della società siciliana.

 

Concludo questo intervento, assumendo l’impegno che la Flai della Sicilia continuerà a scavare nel proprio passato per riportare alla luce il grande e generoso patrimonio di vicende politiche e personali che hanno determinato l’identità politica, sociale ed economica di cui oggi siamo eredi.