CONFERENZA
"MEZZOGIORNO E SOSTENIBILITÀ NELLE POLITICHE EUROPEE" "Il contesto: allargamento
e scadenze euromediterranee" Intervento di Silvia CALAMANDREI Capodivisione della Sezione
Agricoltura, sviluppo rurale e ambiente del Comitato economico e sociale
dell'Unione europea |
Ringrazio anzitutto la FLAI dell'invito al Comitato economico e sociale
dell'Unione europea, organo consultivo delle istituzioni europee ed espressione
delle organizzazioni socio-economiche e delle associazioni della società civile
a livello europeo, del quale il vostro Segretario generale Franco Chiriaco è
membro nell'ambito della delegazione italiana. Ho ascoltato con molto interesse
le relazioni introduttive su Agricoltura, agroalimentare e mezzogiorno e
l'intervento del Professor Spataro sulla dimensione euromediterranea e mi
permetterò di aggiungere qualche considerazione agli importanti elementi di
riflessione offerti.
Agenda 2000 e Programma di sviluppo del Mezzogiorno 2000-2006
La consapevolezza di questa prospettiva
è stata presente nell'esercizio
compiuto per Agenda 2000 e per la programmazione dei fondi strutturali
2000-2006, quando attraverso un largo dibattito tra le forze politiche, le
autorità regionali e locali e le rappresentanze economiche e sociali e della
società civile vennero definiti in Italia, a partire dalla conferenza di
Catania del dicembre 1998, quegli “orientamenti per il programma di sviluppo
del Mezzogiorno” che fissano l’orizzonte fino al 2006. Questo esercizio è
in corso d’opera e già siamo alle prime valutazioni del percorso compiuto,
nella prospettiva della revisione a metà percorso. L’ambizione progettuale
iniziale, che implicava forti elementi di discontinuità e rottura rispetto al
passato, e lo sforzo di programmazione che ha visto impegnate le autorità
nazionali e regionali, ed i partner economico-sociali nonché le associazioni
della società civile, si misura ora con le capacità effettive di realizzazione
e già si individuano elementi di criticità da correggere.
Lo sforzo di mettere in piedi un
approccio partecipativo, che integrasse fortemente la dimensione dell’impatto
ambientale, dotandosi altresì di una strumentazione operativa quale la rete
delle autorità ambientali, è stato indubbiamente premiante laddove meglio sono
state aggiornate le competenze amministrative e tecniche e coinvolte
effettivamente le forze vive sul terreno, praticando e garantendo continuità al
partenariato in tutte le fasi. La valutazione preventiva, ex
ante, dello stato dell’ambiente, al fine di poter monitorare gli impatti
dei progetti, elemento indispensabile per l’adozione dei piani, si è
scontrata nella fase iniziale con la debolezza della struttura dei controlli
ambientali esistenti nelle regioni del Sud, ed ha imposto la messa in
opera di task force e di percorsi accelerati di formazione degli amministratori
al fine di dotare queste regioni delle autorità ambientali e delle agenzie
regionali di protezione dell’ambiente già operanti in gran parte del Centro
Nord.
Positivo sembra
l'andamento del Fondo destinato alla pesca e la mobilitazione di queste risorse
è essenziale nella prospettiva dell'impatto soci-economico che le misure di
riforma della PCP avranno, soprattutto sull pesca artigianale.
La revisione della PAC
E’ evidente a tutti l'accelerazione del
dibattito sul futuro della PAC, che ha assunto un'ampiezza che va ben al di là
di una semplice messa a punto a metà percorso, come prefigurato a suo tempo
negli accordi di Berlino. I termini di questo dibattito sono del resto
illustrati da altre relazioni di questo convegno.
Anche se la prima reazione
all’approccio presentato dal Commissario Fischler in luglio è stata di tipo
difensivo, sia da parte delle organizzazioni agricole che dei paesi che
maggiormente beneficiano del bilancio PAC, ed anche se la Francia è riuscita ad
imporre una battuta d'arresto sui tempi della riforma della PAC, richiamandosi
alle scadenze fissate a Berlino, e rinviando tutto al 2007, il pacchetto di
proposte che Fischler sta presentando proprio in questi giorni, accompagnato da
una serie di studi di impatto, mostra la volontà di procedere sulla strada
delineata. Fischler ha sottolineato che il 2003 sarà “l’anno delle
decisioni per la PAC”: il quadro finanziario per il primo pilastro della PAC a
25 è stato fissato al vertice di Bruxelles fino al 2013 ed è in questo ambito
che le risorse andranno redistribuite.
Disaccoppiando
gli aiuti dalla produzione, e prevedendo un pagamento unico basato sui
“precedenti storici”, le imprese agricole dovrebbero essere compensate
sempre più per i servizi resi in risposta alla domanda della società, mentre
utilizzando la leva della modulazione per spostare maggiori fondi dal primo al
secondo pilastro, dalle organizzazioni comuni di mercato allo sviluppo rurale,
si inseriranno nuovi criteri quali la qualità dei prodotti, il benessere
animale e le produzioni tipiche e di origine certificate, semplificando al
contempo le procedure amministrative e finanziarie e finanziando forme di
auditing che incoraggino le imprese agricole ad andare al di là delle “buone
pratiche” in termini di impatto ambientale, benessere animale e qualità dei
prodotti.
Su questi temi
il Comitato economico e sociale dell'Unione europea si è pronunciato con due
pareri, uno preparatorio sul futuro della PAC, su consultazione del Parlamento
europeo, e uno di valutazione della revisione a medio termine, ed ora si prepara
a pronunciarsi sul nuovo pacchetto.
In tutti questi
pareri, si esprime un orientamento favorevole al rafforzamento del secondo
pilastro chiedendo che esso disponga di maggiori risorse. Tale pilastro, oggetto
dei piani regionali di sviluppo rurale e gestito in cofinanziamento è quello
che meglio si intreccia con l'approccio integrato della programmazione dei fondi
strutturali, con i “piani territoriali integrati” (anche se nei primi due
anni la quota del FEOGA sull’ammontare delle risorse destinate ai PIT è stata
solo del 14%, ma con un significativo 34% della Basilicata - fonte INEA) e con i
“progetti integrati di filiera” (previsti nei POR Campania, Basilicata e
Calabria) in quanto promuove la multifunzionalità nel territorio rurale e si
presta a coniugarsi efficacemente con gli obiettivi perseguiti dagli altri fondi
in termini di protezione dell'ambiente e delle risorse naturali, valorizzazione
delle risorse umane e delle pari opportunità, ammodernamento tecnologico delle
imprese, innovazione dei processi etc.
Una maggiore
valorizzazione degli aspetti di qualità e di preservazione delle risorse
naturali, dovrebbe ben prestarsi alle caratteristiche delle regioni del Sud, ma
tenendo presente la necessità di farne la leva per correggere l’arretratezza
della struttura produttiva del Mezzogiorno, poco orientata sui settori a più
alto valore aggiunto e a maggior contenuto di innovazione: è evidente
l’importanza per il Sud dell’obiettivo 52 del PSM: “migliorare la
competitività dei sistemi agricoli ed agroindustriali in un contesto di filiera
e in un’ottica di sviluppo integrato, attraverso l’introduzione di
innovazioni, il rafforzamento delle funzioni commerciali, la gestione integrata
in tema di qualità, sicurezza e ambiente”.
Guardando ad esempio agli sviluppi della
certificazione ambientale EMAS in Italia, uno strumento volontario di
miglioramento delle prestazioni ambientali che era stato individuato come
importante leva per integrare l’approccio dei fondi strutturali in termini di
riduzione degli impatti ambientali, messa a norma e ammodernamento delle
imprese, è interessante rilevare che la crescita si registra soprattutto al
centro-nord, con una punta eccezionalmente elevata in Emilia Romagna proprio nel
settore agroalimentare, grazie alla promozione dei processi di tracciabilità e
di certificazione di filiera. Il Sud e le isole restano al 5%, e ciò nonostante
il sistema EMAS sia stato esteso dal settore industriale a quello dei servizi e
dell’agricoltura, con particolari incentivi alle piccole imprese.
Probabilmente le difficoltà di EMAS, che implica il rispetto delle normative
vigenti e implica verifiche da parte di organismi riconosciuti, nonché la
partecipazione attiva dei lavoratori dell'impresa ed una pubblica dichiarazione
prima di poter avviare passi avanti, risente delle stesse difficoltà
dell’emersione del lavoro nero, oltre che di una più limitata assistenza
tecnica alle imprese presente sul territorio. Saluto perciò molto positivamente
l'iniziativa di promuovere la certificazione EMAS nel Parco delle Madonie,
annunciata nella relazione iniziale
Altrettanti problemi può incontrare il
boom a cui si assiste della conversione al biologico, anche nelle regioni del
Sud, che rischia di essere utilizzato come semplice misura assistenziale di
sostegno al reddito di breve respiro se non riesce a tradursi in crescita di
produzioni certificate secondo standard di cui si preannuncia una maggiore
armonizzazione a livello europeo.
Elementi per un’agricoltura sostenibile
Altri punti significativi per indirizzare
l’agricoltura del Sud verso la sostenibilità saranno i criteri di
“ecocompatibilità” inseriti nello schema degli aiuti, ed una più stretta
integrazione con una serie di misure ambientali quali la Direttiva nitrati, la
Direttiva habitat, la Direttiva quadro acque, e le strategie tematiche del VI
programma ambiente quali quella per la sostenibilità del suolo, quella per
l’uso sostenibile dei pesticidi, quella per la protezione dell’ambiente
marino.
In un seminario organizzato nella primavera 2002 dall'IEEP (Istituto
europeo per la protezione dell'ambiente) sotto gli auspici della Commissione
europea, finalizzato alla produzione di un rapporto[1]
sulla integrazione della dimensione ambientale nella PAC, pubblicato nel
settembre 2002, si evidenzia come siano scarse le misure specificamente
destinate a regolamentare l'inquinamento agricolo (da fonti diffuse), con
l'eccezione della direttiva nitrati (91/676), che stabilisce soglie di
applicazione dei fertilizzanti organici per mantenere al di sotto di determinati
valori le concentrazioni di nitrati nelle acque. E il dato preoccupante è che
questa è una delle direttive più disattese nell'applicazione, anche nelle
regioni del Mezzogiorno d’Italia, il che crea forti ipoteche per
l’utilizzazione dei fondi strutturali, essendo condizione sine qua non.
·
eutrofizzazione da nutrienti e residui soprattutto in zone ad
alta concentrazione dell'allevamento;
·
residui di pesticidi nelle falde acquifere (culture arabili ed
ortofrutta);
·
estrazione "non sostenibile" di acqua per
l'irrigazione agricola (molte culture tradizionali, particolarmente in Spagna e
nell'Italia meridionale, sono passate a sistemi intensivi ad alta irrigazione,
ivi compresi olivi, viticoltura ed agrumi).
Tenendo presente che la direttiva quadro Acque ha un approccio
partecipativo che implica la consultazione di tutti gli attori presenti sul
territorio nella predisposizione dei piani di bacino e degli obiettivi
qualitativi da perseguire, essa potrebbe essere un contesto di riferimento per
il consolidamento del patto tra agricoltori e società in termini di servizi
resi.
Altri strumenti da prendere in considerazione sono le strategie tematiche
derivanti dal VI Programma Ambiente, per l'utilizzazione dei suoli e per
l'utilizzazione sostenibile dei pesticidi, attualmente in corso di adozione a
livello europeo.
Non vanno infine trascurati anche altri strumenti, soprattutto in termini
di formazione. Basti pensare a come garantire un capitale umano all'altezza
delle nuove sfide, ivi comprese quelle delle nuove tecnologie e della società
della conoscenza, offrendo nuove opportunità ai giovani in agricoltura. Su
questo il Comitato ha recentemente prodotto un parere di iniziativa, in
parallelo con analoghe prese di posizione del Comitato delle Regioni e del
Parlamento europeo, intitolato proprio "Nuova economia, società della
conoscenza e sviluppo rurale: le prospettive per i giovani agricoltori[2]".
In effetti, come afferma il parere, "uno
sviluppo sostenibile, basato su un patto con le generazioni future, per la
conservazione delle risorse disponibili, non può prescindere da un'agricoltura
e uno sviluppo rurale di qualità, che offra sbocchi occupazionali alle nuove
generazioni.
Il fattore umano
Solo invertendo
le tendenze alla marginalizzazione e all'invecchiamento del fattore umano in
agricoltura si può stringere un nuovo patto tra agricoltura e società,
sfruttando i potenziali offerti dalle nuove tecnologie dell'informazione e della
comunicazione e colmando i divari che già si registrano tra aree rurali in
declino e aree a forte innovazione.
L'agricoltura
deve essere pienamente coinvolta nella promozione della società della
conoscenza e dell'innovazione e beneficiare delle ricadute occupazionali che
possono derivarne: i nuovi orientamenti nel campo dell'educazione e della
formazione ("eLearning") e nella promozione delle nuove tecnologie
dell'informazione ("eEurope"), avviati dal Consiglio di Lisbona,
devono tradursi in azioni specifiche anche nel settore agricolo, in particolare
rivolte ai giovani.
Si rende pertanto
necessaria una riflessione su come meglio combinare le politiche e gli strumenti
di intervento esistenti, soprattutto in termini di formazione, incentivo alla
ricerca e all'innovazione e disseminazione dell'informazione, per farli
funzionare a pieno anche nel settore agricolo e nelle aree rurali, destinandoli
in particolare ai giovani agricoltori, uomini e donne. Il fattore umano va posto
in evidenza quale elemento fondamentale del cambiamento.
Un'esperienza di
"buone pratiche" fatta conoscere recentemente dalla Regione Toscana è
uno studio sul rischio chimico in vari settori, condotto dalla Provincia di
Livorno, con finanziamento del Fondo Sociale europeo, una parte del quale è
dedicato all'agricoltura e al rischio da pesticidi. Questo studio, finalizzato a
individuare nuovi strumenti di formazione ed aggiornamento professionale per i
lavoratori agricoli, potrebbe avere ricadute positive anche per l'informazione
dei produttori agricoli, degli utenti e dei consumatori in generale. In effetti,
la riduzione del rischio chimico interessa un arco vasto di soggetti sul
territorio, in una prospettiva di agricoltura sostenibile che preserva la salute
sia dei lavoratori che dei consumatori che degli abitanti del territorio.
Un altro filone
da esplorare, a cui già ho accennato, è quello del consolidamento
dell’agricoltura biologica (si annuncia per il 2003 una riconsiderazione della
normativa in questo campo), con le ricadute positive in termini di qualità
alimentare ed ambientale che ne derivano per i consumatori e i cittadini a
livello territoriale. L’Italia, soprattutto in alcune regioni, si è
fortemente impegnata nello sviluppo del biologico e nell’elaborazione di
sistemi di certificazione e di tracciabilità che implicano anche aspetti
ambientali e che potrebbero utilmente intrecciarsi con meccanismi di auditing a
livello delle aziende agricole, ancora da mettere a punto.
Tutela delle risorse naturali
Un esempio
recente è un seminario dedicato alla “promozione dei benefici economico e
sociali di Natura 2000”, organizzato il 28 e 29 novembre scorso a Bruxelles
dal WWF e dall’IEEP, in preparazione anche della revisione annunciata per il
2003 del quadro finanziario per la rete Natura 2000 ed in particolare dei
meccanismi previsti dall’articolo 8 della direttiva 92/43 Habitat; si è
discusso di una migliore sinergia tra i fondi di LIFE Natura, di Natura 2000 e
delle misure agroambientali dello Sviluppo rurale, sottolineando l’importanza
della partecipazione e del dialogo a livello locale, oltre che di una migliore
comunicazione e promozione delle esperienze. Sono tutte misure che richiedono
cofinanziamento e dove l’applicazione crea forti diseguaglianze tra uno Stato
e l’altro ed una regione e l’altra, mentre i patrimonio paesistico ed
ambientale dovrebbe essere considerato come eredità comune europea.
L’imminente allargamento spinge anch’esso ad esaminare meccanismi più ampi
e flessibili e soprattutto a far meglio interagire le risorse provenienti dai
vari fondi comunitari, semplificando i meccanismi per gli utilizzatori.
L’asse I del
PSM, “risorse naturali” articola bene gli interventi prioritari sulle
tematiche sopra delineate, mettendo in rilievo alcuni punti cruciali, quali
“la sicurezza e la difesa dal rischio idrogeologico, sismico e da
inquinamento” e la necessità di potenziare “i sistemi informativi e di
monitoraggio, della ricerca e sviluppo, dell’innovazione tecnologica e della
dotazione infrastrutturale”. Il problema è di creare le sinergie necessarie
per una effettiva attuazione degli obiettivi individuati, soprattutto a livello
di partenariato locale. Il recente esempio di Priolo solleva interrogativi
inquietanti sulla capacità di adottare un approccio preventivo, anziché
rincorrere le emergenze e punire i reati; ma questo purtroppo non è fenomeno
limitato al Mezzogiorno, almeno per quanto riguarda i disastri della chimica e
la gestione dei rifiuti.
Di fronte alle
scadenze europee e globali, c’è infine un forte problema di immagine del
sistema-paese e della garanzia di legalità, se il Mezzogiorno vuole candidarsi
a piattaforma avanzata nel Mediterraneo; le parole del procuratore di Palermo
all’inaugurazione dell’anno giudiziario, relative alla crescita delle forme
di criminalità mafiosa, suscitano preoccupazione, così come i problemi di
controllo della criminalità in Puglia, sul versante adriatico. Si tratta di
problemi nazionali, e non del Sud: quando Business
week associa l’Italia all’ “ecomafia” nello smaltimento dei rifiuti
è l’intero sistema paese che ne risente.
Anche questo è
un fronte di intervento ben individuato nel Piano di sviluppo del
Mezzogiorno, accanto a quello di una maggiore efficienza delle strutture
amministrative e di controllo del territorio.
Per concludere,
gli obiettivi sono ben individuati e lo strumentario è stato messo in piedi; si
tratta di fare un bilancio degli elementi critici da superare e dei percorsi
virtuosi da valorizzare e generalizzare.
Lo sviluppo sostenibile è una sfida che riguarda tutti i soggetti e
l'apporto di esperienza che i lavoratori possono garantire a questo processo
risulta essenziale. La sostenibilità in
agricoltura e nella pesca, nell'orizzonte euromediterraneo, implica aspetti
economici, sociali ed ambientali sui quali i sindacati dei lavoratori possono
apportare un importante contributo, assumendo in pieno le loro responsabilità,
individuando interlocutori ed alleanze.
[1] "Environmental integration and the CAP – A report to the European Commission, DG Agriculture", Institute for European Environmental Policy (IEEP), settembre 2002.
[2]
Parere
d'iniziativa "Nuova economia, società della conoscenza e
sviluppo rurale: le prospettive per i giovani agricoltori", CESE n.
1314/2001 del 17.10.2001, GU C 36 dell'8.2.2002.