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Intervento
di Francesco Battiato
Segretario generale C.d.L.M. Catania
Venerdì
5 marzo 2004
Hotel
San Paolo
Palermo
La
Provincia di Catania rappresenta un
caso forse unico nel nostro Paese, per la
ricchezza di varietà di produzioni agricole, di qualità e tipicità.
Tuttavia,
mancando quel sistema di filiera che
garantisca la trasformazione e la
commercializzazione dei prodotti
per i grandi mercati
nazionali ed europei, queste grandi potenzialità non si sono finora trasformate
in fattori di sviluppo stabile e duraturo.
Emblematica
in questo senso, è la condizione che vive il comparto agrumicolo.
Un comparto polverizzato in migliaia di aziende che riescono a trattenere solo il 24% del valore finale del prodotto, contro il 64%, ad esempio dei concorrenti spagnoli
La
produzione di arance della Provincia Etnea insieme a quella di Siracusa, è di
tipo pigmentato o arancia rossa IGP
(indicazione geografica protetta) ed è la sintesi perfetta tra elevata qualità
e tipicità strettamente legata al
territorio che va ricordato garantisce l’occupazione a 20 mila
lavoratori agricoli.
Ogni
anno, in gennaio si svolge una campagna
di promozione legata alla manifestazione “Arance della Salute”
organizzata dall’AIRC (Associazione italiana per la Ricerca sul Cancro) in
collaborazione con la Regione Sicilia, che ne
pubblicizza la particolare
ricchezza di antiossidanti e di
sostanze protettive contro il cancro.
Nonostante
ciò, anche quest’anno le associazioni dei produttori denunciano un calo del
venduto pari al 30 -40 per cento delle arance da tavola, di qualità elevata,
mentre è in crescita il
conferimento all’industria, per la trasformazione in succhi, che ormai
viaggia al ritmo del 2.5% annuo.
Il
trend positivo che riguarda soltanto i succhi, rischia di essere messo in
discussione, dalla circolare del Ministro alle Attività Produttive Antonio
Marzano che ha aperto
la strada alle bevande cosiddette
di fantasia al gusto di frutta che,
pur prive di succo di agrumi, ma
ricche di aromatizzanti e coloranti, possono
riportare sull’etichetta la dizione
“al gusto di limone” o “al sapore d’arancia”, ed immagini con
esplicito riferimento alla frutta
che non c’è.
A
seguito delle proteste sollevate dalle organizzazioni
sindacali, dalle associazioni dei produttori, da quelle dei consumatori,
da numerosi Consigli Comunali e Provinciali
di Catania e della Sicilia che hanno chiesto la modifica o il ritiro del
provvedimento, il Ministro ha promesso un tavolo
sulla etichettatura degli alimenti con tutte le associazioni, di cui ancora
però non si ha notizia.
Risulta
evidente che la deregulation sul
fronte della etichettatura, arrecherebbe
un danno non solo all’economia ma anche all’immagine
della produzione siciliana poiché gli
effetti sarebbero dirompenti non
solo per il trasformato, ma
anche per il mercato del fresco, poiché la conseguente minore richiesta
da parte dell’industria, provocherebbe l’immissione sul mercato, di
produzioni meno pregiate oggi destinate alla trasformazione.
Sono
certo, che la FLAI di Franco
Chiriaco e di Italo Tripi che si è fin
qui caratterizzata per il sindacato del territorio, che vuole essere attore
dello sviluppo sostenibile, che fa della sicurezza alimentare e della
certificazione di qualità punti qualificanti
e strategici della sua iniziativa,
continuerà ad essere in prima linea nel contrastare le sciagurate scelte del
Ministro Marzano.
Nel
settore agro – alimentare con particolare riferimento alla filiera lattiero
– casearia, si sono affermate due aziende : Zappalà e Latte Sole presenti non
solo sul mercato regionale ma anche
fuori da questo ambito.
La
più antica delle due, è la Latte Sole fondata mezzo secolo fa
dall’imprenditore Pugliesi – Cosentino che nel periodo di maggiore
espansione produttiva, aveva aperto anche due stabilimenti rispettivamente nel
Lazio ed in Emilia Romagna,
successivamente ceduti. Poi nel 2000 è stata acquisita da Parmalat quando
ancora si chiamava “Gala Italia
SpA” con i suoi due stabilimenti a Catania (latte) e Ragusa (formaggi e
mozzarelle).
Nel
2003 ha prodotto ricavi per 72 milioni di euro, ad essa
conferiscono il latte 750 piccole e medie imprese e nella misura di oltre
il 50% del latte prodotto in Sicilia pari a 86 milioni di litri l’anno.
Insomma,
un’azienda sana tant’è che è l’unica
(assieme alla centrale del Latte di Roma) società
del gruppo Parmalat, all’indomani del
crac, per cui il commissario Bondi, non ha chiesto l’ammissione alla procedura
di amministrazione straordinaria.
Nonostante
ciò, e nonostante l’azienda catanese detenesse
linee di credito autonome, completamente slegate dalla Parmalat, a cui
non sono riconducibili né fideiussioni e né alcun tipo di garanzia bancaria,
inopinatamente e senza preavviso gli istituti di credito con in testa il Banco
di Sicilia hanno prima sospeso e poi
revocato gli affidamenti, mettendo a rischio il futuro dell’azienda dei suoi
171 dipendenti diretti e di oltre mille nell’indotto e la stessa sopravvivenza
della filiera del latte in Sicilia.
Il
caso vuole che, in questi giorni stiamo vivendo un’esperienza
simile con un’altra realtà produttiva “La Cesame” azienda storica
catanese che produce ceramica sanitaria.
Ammessa
alla procedura Prodi/bis è intervenuto successivamente
un accordo tra il
Commissario governativo e le OO.SS.
con il coinvolgimento delle istituzioni locali
e del Governo regionale, determinando così le condizioni
per la ripresa produttiva ed
il rilancio.
Tuttavia,
nonostante l’azienda sia piena di
ordini, non si possono acquistare
le materie prime, pagare le spettanze arretrate ai lavoratori, pagare gli
agenti incaricati oltretutto della riscossione dei crediti, perché ancora una
volta il Banco di Sicilia unico del cartello delle banche coinvolte
nell’operazione di rilancio, ha limitato il suo impegno finanziario
condizionando così negativamente il
comportamento delle altre banche di
interesse Nazionale, che hanno rivisto al ribasso le loro disponibilità
mettendo così a rischio il futuro
dell’Azienda.
Va
ricordato che il Banco di Sicilia, che fa capo al Gruppo Capitalia, ha una
presenza capillare sul territorio regionale, e che la Regione ne conserva una
quota azionaria, tant’è che il Presidente della Regione Cuffaro siede nel
Consiglio di Amministrazione, e se
così rappresenta gli interessi della Sicilia sarebbe bene
si dimettesse.
Abbiamo
sempre saputo
e denunciato che in Sicilia il rapporto tra impieghi
bancari e risparmio è sbilanciato, aggirandosi sul 67% mentre in alcune
aree del nord supera il 125%, questo secondo gli ultimi dati
a nostra disposizione.
Ma
i due casi (Latte Sole e Cesame) che ho ritenuto inizialmente due
episodi da considerare fuori da un contesto generale, sembrerebbero
invece costituire una tendenza consolidata.
Me
lo fanno pensare, le risultanze
di una recente indagine
voluta dal Cnel sull’evoluzione del sistema bancario meridionale, da cui si
evince che le banche con sede legale nel Mezzogiorno hanno assunto fra il 1990 e
il 2002 comportamenti così conservativi da essere la causa
della minore crescita degli impieghi registrata nelle regioni
meridionali.
Dal
documento del Cnel arriva una
smentita alle nostre
convinzioni che imputano alle banche del
Nord la colpa di sottrarre i risparmi del
Sud per trasferirli altrove.
Anzi
lo studio sottolinea che gli
istituti di credito centro – settentrionali, nello stesso periodo
hanno aumentato i loro finanziamenti al Sud
in misura sostanzialmente analoga
a quanto fatto nel
resto del Paese e in misura
grosso modo equivalente a quanto
raccolto nella stessa
area.
Comunque
sia, resta ineludibile porre l’urgenza di una modifica della politica del
credito nel nostro Paese, non solo come evidenziato nel dibattito politico
odierno, dopo i crac Cirio e
Parmalat, in direzione di una maggiore tutela dei risparmiatori, ma anche in
direzione del sostegno
alla crescita economica del Paese e
del Mezzogiorno in particolare, dove il costo
del denaro è più elevato rispetto al Centro – Nord e questo
rappresenta un fattore estremamente
penalizzante.
Ritornando
al tema.
Un
fiore all’occhiello del settore
agro – alimentare della Provincia Etnea è costituito dal comparto apicolo di
Zafferana. Qui vi sono 300 aziende che producono
fino a 2000 tonnellate di miele l’anno pari al 20% della produzione
nazionale, con un fatturato di 15 milioni di euro.
A
differenza di quanto avvenuto per
altri comparti, la tendenza
dei produttori ad unirsi è stata fortissima ed
è stata la scelta vincente.
Il
70% dell’invasettato prende la
strada della grande distribuzione con
etichette di aziende locali, tra il
10 – 15% viene fornito ai grandi
marchi nazionali ed il
rimanente prende
la strada dell’industria
dolciaria e della pasticceria.
Il
70% del prodotto invasettato è
miele di fiori
d’arancio per i quali i produttori locali chiedono invano da tempo il
riconoscimento dell’IGP (Indicazione geografica
tipica).
Anche
il comparto vitivinicolo sta vivendo una nuova stagione di rilancio soprattutto
nell’area dell’Etna, rinverdendo il periodo d’oro degli inizi del 900,
quando fu costruita la ferrovia circumetnea
con lo scopo di trasportare , il vino prodotto
fino al porto di Riposto da
dove partivano le navi
che lo commercializzavano per tutto il Mediterraneo.
Oggi,
sono cambiate le modalità di trasporto e le destinazioni ma il vino
dell’Etna sta
conquistando mercati esteri,
come quello degli USA,
dell’Olanda, del Belgio.
A
questo proposito pensiamo che l’Etna per
la notorietà che ha nel mondo per
essere il più importante vulcano
attivo d’Europa, per il suo
straordinario patrimonio
naturalistico e ambientale, con
i suoi boschi, in cui ricordo vi lavorano 5 mila forestali, con i suoi prodotti
tipici e di qualità (vino, miele, pistacchio, frutta), può diventare un
marchio formidabile per la
promozione e la commercializzazione dei suoi prodotti.
Pertanto,
pensiamo che l’Ente Parco, che nella sua azione
di tutela e conservazione dell’ambiente, viene da
taluni periodicamente indicato come elemento di freno dello sviluppo
economico dell’area, può rafforzare
la sua funzione positiva, attribuendogli il compito di controllo,
certificazione e tutela della qualità dei prodotti del Distretto agro –
alimentare del Vulcano.
Un’altra
produzione interessante è costituita dal ficodindia di San Cono,
una coltivazione considerata
un tempo marginale, usata soprattutto per segnare i confini, per contenere le
frane e che per una felice
intuizione degli agricoltori di questo piccolo
Comune, negli anni 80 è
diventata una coltivazione
intensiva con impianti razionali e moderni, che dà reddito
a circa il 70% della popolazione residente
La
produzione annua si attesta
su 25 mila tonnellate , pari al 50% della produzione regionale con un
giro d’affari di 3 milioni di euro.
Il
successo di questa coltivazione si deve all’alta qualità
del prodotto di cui si chiede il marchio DOP (Denominazione di origine
protetta) ed anche all’eliminazione
delle spine tramite apposite
macchine despinatrici.
Questo
prodotto che viene esportato non solo in Europa ma anche in Canada e Australia,
va consumato entro sette giorni dalla raccolta e quindi si ripropone il problema
di un sistema di
commercializzazione più efficiente e adeguato.
Il
tempo a mia disposizione mi
impedisce di continuare la descrizione dei
comparti e delle problematiche presenti nell’insieme del sistema agro –
alimentare catanese.
Concludendo,
vorrei fare alcune considerazioni finali.
Come
è facile prevedere, l’appuntamento del 2010 che vedrà la nascita di una zona
di libero scambio nel Mediterraneo, che
sono certo porterà grandi benefici, provocherà pure l’invasione
nei nostri mercati ed in quelli dell’UE di prodotti agro – alimentari dei
Paesi Terzi estremamente competitivi dal punto di vista dei prezzi al consumo.
Pertanto,
l’unico modo per reggere la concorrenza sarà di puntare sulla qualità dei
nostri prodotti.
I
consumatori dovranno quindi essere messi nella condizione di riconoscere la
qualità che significa in primo
luogo sicurezza alimentare e dovranno essere abituati all’idea
che la qualità costa di più.
Per
garantire la qualità, è necessario implementare la collaborazione con
l’Università ed i centri di ricerca, nel settore agro – alimentare.
A
questo proposito nella nostra Provincia esistono esperienze interessanti, che
però vanno potenziate
ulteriormente, mi riferisco all’”Istituto sperimentale di agrumicoltura”
ed al “Parco Scientifico e Tecnologico”. Accanto a questo, bisogna puntare a
riformare unificandolo il sistema di commercializzazione e a incrementare
l’attività di promozione.
Manifestazione
Regionale
“Dall’agricoltura
una forte e competitiva industria
alimentare
per lo sviluppo della Sicilia,
il
lavoro e il salario”