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ALDO AMORETTI 

02/03/2001

 1- Oggi in questa piazza parla una fetta fondamentale del lavoro di questa regione. 190.000 persone che lavorano e vogliono lavorare, che vogliono progresso, ammodernamento, regole giuste e rispettate. Vogliamo legalità in tutti i sensi:

-       dal rispetto dei contratti di lavoro;

-       fino a che si vada con decisione e coerenza nella lotta alla criminalità mafiosa.

 E non sarà un caso se anche in situazioni recenti dove la magistratura ha pescato i mafiosi con le mani nel sacco a gestire imprese; ebbene li non si voleva  il sindacato tra i piedi. Chi non sta al gioco della legalità non sopporta il sindacato che è agente di legalità e rispetto delle regole.

 Noi siamo pronti e sempre disponibili e interessati a fare la nostra parte, ma basta scaricabarile. Ognuno si assuma le sue responsabilità:

-       lavoratori e sindacati

-       datori di lavoro, imprese e le loro associazioni;

-       la PA;

-       polizia e magistratura;

-       lo Stato e i Governi a tutti i livelli.

 E’ provato che si può avere un sistema:

-       moderno e ricco;

-       che non danneggi la natura e il territorio, ma anzi che ne promuove la tutela;

-       che sia rispettoso delle leggi, dei contratti e dei diritti di chi lavora e dei consumatori.

 Ci vogliono volontà e assunzioni di responsabilità. Non si hanno attività produttive moderne dove ci sono rapporti di lavoro arcaici. La modernità delle organizzazioni produttive va insieme alla modernità delle relazioni.

 2-     E’ insopportabile la vastità e gravità del lavoro irregolare e nero che c’è in agricoltura, nella pesca e anche in talune attività industriali e artigiane.

 La strada dei patti di gradualità ha dato pochi frutti perché dal mondo imprenditoriale non è stata presa come un modo per mettersi in regola seppure a tappe, ma come una maniera per legalizzare l’evasione dai contratti. 

 Questo deve finire,  ma per ottenere risultati:

-       la gente che lavora deve prendere l’abitudine, con il sindacato, a chiedere il rispetto dei diritti;

-       lo Stato deve organizzare la repressione;

-      unire e coordinare le forze di INPS, ispettorati, polizie;

-   fare ispezioni mirate cominciando da quelle aziende che hanno produzione ma non denunciano manodopera; oppure da quelle che denunciano manodopera, ma non esiste produzione.

 E poi anche  gradualità se davvero serve e anche sostegni per l’ammodernamento.

 3-    Le vicende recenti dicono quanto sia di attualità la faccenda della qualità dei prodotti.

 Ci viene da osservare come sia singolare  che a protestare siano allevatori e macellai; chi ha ragione di protestare sono i consumatori, mentre gli allevatori hanno qualche ragione per fare autocritica.

 E poi assurdo che si pensi a come indennizzare agricoltori e macellai, ma non si prendono in considerazione i dipendenti delle imprese medesime.

 Una agricoltura e una industria alimentare moderne devono:

-       tutelare la natura;

-       mettere sul mercato prodotti sani;

-       rispettare la salute e tutti i diritti di chi ci lavora.

4-     Si torna spesso a discutere di assistenza. Dei troppi soldi che si spendono a questo titolo in agricoltura, nel mezzogiorno, in Sicilia, nei LSU, nella forestazione ecc..

 C’è del vero in queste osservazioni; ma ci sono delle verità ancora più evidenti da ristabilire:

-       le forme più ricche di assistenza sono le pensioni di anzianità; ma nate per favorire le ristrutturazioni delle grandi industrie soprattutto del Nord;

-       e ancora i pensionamenti baby del PI ancora in vigore alla Regione Siciliana.

 Ma chi è più assistito di tutti sono padroni e imprenditori di tutte le categorie:

-       agricoltori;

-       industriali;

-       commercianti;

-       armatori di pesca.

 A loro va il grosso della torta attraverso un sacco di rivoli:

-       integrazione di prezzo;

-       sconti sui carburanti;

-       sostegni agli investimenti;

-       crediti di imposta;

-       fiscalizzazioni.

 Noi desideriamo ridurre l’assistenza nelle sue varie forme.

 Per ottenere questo bisogna dare lavoro alle persone, un lavoro pagato secondo contratto e nel rispetto delle leggi.

 Siamo anche per il giusto rigore nei confronti degli stessi lavoratori quando ci marciano.

 Ma non accettiamo che si facciano carte false colpevolizzando alla stessa maniera chi intasca una DS non dovuta e chi piglia i miliardi con i vari trucchi e imbrogli che ogni tanto saltano fuori.

 Anche i sostegni alle imprese devono cambiare.

 Basta con il dare soldi agli agrumicoltori per tenere le cose come stanno e trascinare una crisi che può solo aggravarsi.

 Dare soldi soltanto per trasformare e se vengono rispettati i contratti e le leggi.

 E Basta con il finto fermo biologico contro natura. E basta con i grandi armatori della pesca che strumentalizzano i piccoli e perfino talvolta i lavoratori per ottenere loro il grosso della torta.

 E basta con le associazioni professionali e imprenditoriali che coprono tutto e non si pongono quasi mai un reale obiettivo di risanamento e ammodernamento.

 5 -    Può fare molto la Regione, ma siamo in uno stato pietoso di governo di questa istituzione.

 Nel giro di un anno e mezzo abbiamo avuto tre governi.

 La prima esigenza è la stabilità che va insieme a governabilità e responsabilità.

 Alle prossime elezioni si eleggerà direttamente il Presidente e si potrà avere un governo che dura cinque anni e che può, se vuole, realizzare il programma per il quale chiede voti ai cittadini della nostra Regione.

 Dal Governo regionale dipende la soluzione di molte cose quali ACQUA, FORESTAZIONE – TERRITORIO, RIFORMA E FUNZIONAMENTO ENTI,  AGENDA 2000 E PROGRAMMAZIONE NEGOZIATA.

 6 -    L’altro ieri si è firmato il contratto dei regionali, una soluzione buona e onesta. Qualcuno aveva promesso molto di più sia tra i sindacati che tra i governanti.

 E adesso c’è qualcuno incazzato. D’altra parte si sono denominati proprio cosi, COBAS inkazzati.

 Si proclamano vittima della arroganza confederale e millantano di essere i difensori dei poveri, i paladini dei L.S.U.

 La verità è che l’anno passato questo sindacato è nato per impedire che un migliaio di LSU fossero assunti con contratto di diritto privato. Hanno dato vita a manifestazioni e ad una organizzazione appositamente contro questi altri lavoratori.

 E questo su una grande bugia: l’idea secondo la quale i nuovi arrivati, per di più con altro contratto, avrebbero messo in pericolo il loro diritto alla carriera.

 Girano chiacchere secondo le quali taluni ambienti del Governo regionale sarebbero intenzionati ad ascoltare le pretese di questi signori.

 Se questo fosse vero la cosa sarebbe molto grave, anche perché sarebbe la rinuncia alla riorganizzazione della P.A. regionale che va ristrutturata e resa capace di funzionamento efficiente per soddisfare esigenze e diritti di 5 milioni di siciliani.

 7–     Noi siamo persuasi che nel mondo delle imprese e delle loro associazioni ci siano tante persone che hanno intenzioni serie e volontà di cambiamento.

 Agricoltori, commercianti, Artigiani, Armatori, Industriali i quali pensano che è giusto ed è meglio anche nel loro interesse investire, ammodernare, ristrutturare, rispettare i lavoratori e chi li rappresenta, rispettare regole, leggi e contratti.

 Questi soggetti trovano nei sindacati CGIL, CISL, UIL degli interlocutori  interessati a ragionare sulle esigenze del miglior funzionamento nelle imprese per farle incontrare con i diritti e le esigenze dei lavoratori.

 E’ dimostrato che questo è possibile, noi ci stiamo. Ci stiamo a ragionare e a negoziare anche le flessibilità che servono, cosi come ci stiamo a essere fermi nella difesa dei diritti.

 8 –  Talvolta anche tra CGIL, CISL e UIL non è facile trovarsi d’accordo. Del resto siamo tre organizzazioni proprio perché siamo differenti. Ma la diversità delle opinioni non è un male incurabile; anzi non è per niente un male.

 E’ un fenomeno che c’è tra le organizzazioni, ma anche dentro ad ognuna di esse, proprio perché sono grandi organizzazioni con molte e differenti teste che ragionano.

 La soluzione è confrontarsi, ragionare e farlo insieme ai lavoratori che rappresentiamo.

 E’ dimostrato che mettendo insieme unità e democrazia sindacale si trovano le soluzioni giuste. Le nostre sono organizzazioni anche criticabili e che all’occorrenza vanno cambiate e migliorate.

 Ma attenzione a credere che sia meglio fare da sé oppure mettersi in piccoli gruppi gli uni contro e in gara con gli altri.

 Per stare nelle grandi organizzazioni confederali ognuno di noi si deve adattare a tenere conto di tutti gli altri poiché c’è un interesse generale che prevale sulle pretese particolari di ciascuno.

 Oggi c’è chi predica il far da sé, che le lotte collettive non servono e neppure l’organizzazione generale sarebbe utile. Invece serve l’organizzazione, servono le lotte, serve l’unità.

 Non è stata ancora inventata una difesa migliore per la gente che lavora.